Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2828 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2828 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17433/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE con elezione di domicilio digitale all’indirizzo pec: ;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE DI MODENA, domiciliat a ‘ex lege’ in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che lo rappresenta e difende;
-resistente- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE MODENA n. 1642/2020, pubblicata il 17/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dall’opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE quale coobbligata in solido, avverso il verbale di contestazione
elevato dalla Polizia Stradale di Modena per la violazione dell’art. 179, comma 2 e 9, del C.d.S., in quanto il conducente del pullman non aveva inserito la carta tachigrafica.
A sostegno dell’opposizione, la RAGIONE_SOCIALE dedusse che si trattava di un temporaneo malfunzionamento dell’apparecchio imprevisto, improvviso e non individuabile da parte del conducente e, a fortiori , dall’azienda.
La Prefettura di Modena si costituì per resistere all’opposizione.
Il Giudice di Pace di Modena rigettò l’opposizione.
La decisione venne confermata dal Tribunale di Modena in grado d’appello con la sentenza indicata in epigrafe.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale sulla base di cinque motivi.
La Prefettura di Modena ha depositato un mero ‘atto di costituzione’, al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
Il Consigliere delegato, ritenendo che il ricorso fosse manifestamente infondato, con provvedimento del 27.06.2024, ha proposto la definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc., nel testo introdotto dal d. lgs n. 149 del 2022.
In prossimità della camera di consiglio, parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 cpc, per carente o insufficiente motivazione e per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Si contesta che il Tribunale non abbia pronunciato sull’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per violazione dell’art. 112
c.p.c., perché detto giudice non avrebbe valutato la mancata corrispondenza tra norma contestata ed i fatti accaduti, con riferimento all’insussistenza della violazione dell’art. 179, comma 2 del C.d.S., dal momento che il malfunzionamento dell’apparecchio non sarebbe stato imputabile ad essa società ricorrente; in caso di eventuale responsabilità dell’autista, sarebbero stati applicabili il Reg. comunitario n. 1191/69 e la Legge 122/10 (art. 54 ter), che escluderebbero ogni tipo di responsabilità del proprietario del mezzo. 1.1. Il motivo è palesemente infondato.
Il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex art. 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda o di eccezione (cfr., per tutte, Cass. n. 28308/2017).
Nel caso di specie, il Tribunale ha esaminato i motivi di opposizione così come veicolati con l’atto di appello – ed ha ritenuto che il fatto contestato integrasse la violazione dell’art. 179, comma 2, del Codice della Strada.
La sentenza si sottrae al vizio di carente motivazione in quanto quest’ultima consente di seguire il percorso logico-giuridico che ha condotto all’affermazione della responsabilità della RAGIONE_SOCIALE (v., per tutte, Cass. SU n. 8053/2014), né il novellato art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. consente il sindacato di questa Corte per insufficiente motivazione.
La doglianza di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., è, peraltro, inammissibile anche ai sensi dell’art. 348-ter, comma V, c.p.c. (“ratione temporis” applicabile), avendo il Tribunale confermato la sentenza del Giudice di pace sulla scorta della stessa motivazione.
Con il secondo motivo di ricorso, si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 179, comma 2, del Codice della Strada, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., oltre alla carente e/o insufficiente motivazione ed all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
La RAGIONE_SOCIALE sostiene che, contrariamente a quanto contestato dai verbalizzanti, l’autobus era munito di cronotachigrafo funzionante, che l’apparecchio aveva le caratteristiche prescritte dalla normativa vigente e che vi era stato un temporaneo e momentaneo malfunzionamento risultante anche dalle schede delle visure prodotte, dovuto ad un evento casuale fortuito ed imprevedibile.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 200 e 201 del Codice della Strada, oltre alla carente e/o insufficiente motivazione ed all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c. perché non vi sarebbe stata la contestazione immediata della violazione, né l’esplicitazione dei motivi per i quali non era stato possibile procedere a tale forma di contestazione.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’ art. 10, commi n. 2, 3 e 4, del Reg. CE n. 561/2006, in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5, c.p.c., per carente e/o insufficiente motivazione, oltre all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, perché il Reg. CE n. 561/2006, all’art. 10, comma 3, non prevederebbe l’automatica responsabilità dell’azienda in caso di responsabilità del conducente per non aver rispettato le direttive impartite a tal riguardo dall’azienda.
Con il quinto motivo di ricorso, si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360,
comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., per la mancata ammissione dei mezzi istruttori richiesti ed articolati nel giudizio di primo grado e reiterati nel giudizio d’appello.
I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.
Non sussiste la violazione degli artt. 200 e 201 del Codice della Strada perché la contestazione immediata non è prevista obbligatoriamente per la violazione ascritta alla ricorrente, ricadendosi nell’ipotesi di cui all’art. 201, comma 1 bis, lett. d), del Codice della Strada, posto che, essendo stata constatata la consumazione dell’illecito all’esito de i controlli effettuati sull’automezzo due giorni dopo, non era stato possibile contestare l’illecito a colui che era il conducente al momento dell’infrazione, essendo diverso quello rinvenuto all’atto della verifica (pag. 4 della sentenza impugnata).
Questa Corte si è pronunciata di recente sulle questioni di diritto poste dalla RAGIONE_SOCIALE in altri giudizi, nei quali ha delineato la disciplina prevista in tema di circolazione di un mezzo privo o con cronotachigrafo non funzionante, anche in relazione alla normativa eurounitaria in tema di responsabilità di responsabilità delle imprese di trasporto (Cass., Sez. 2, ordinanza n. 1862 del 2025; Cass. Sez. 2, ordinanza n. 1804 del 2025).
L’art. 179, comma 2, del Codice della Strada, nella versione ratione temporis applicabile, così recita: ” chiunque circola con un autoveicolo non munito di cronotachigrafo, nei casi in cui esso è previsto, ovvero circola con autoveicolo munito di un cronotachigrafo avente caratteristiche non rispondenti a quelle fissate nel regolamento o non funzionante, oppure non inserisce il foglio di registrazione o la scheda
del conducente, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 849 a Euro 3.396 “.
È opportuno premettere che, in tema di violazione delle disposizioni sui cronotachigrafi, l’art. 174 del Codice della Strada opera un rinvio formale alle fonti eurounitarie, sicché le violazioni del Regolamento CE n. 561/2006, sia in materia di tutela dei lavoratori addetti all’autotrasporto, sia in materia di sicurezza stradale, rilevano come infrazioni del Codice della Strada, con la conseguente applicabilità
della relativa disciplina (Cass n. 22896/2019; Cass. n. 21062/2014).
L’art. 10 del citato Regolamento precisa che le imprese di trasporto sono responsabili per le infrazioni commesse dai rispettivi conducenti. L’art. 174 del Codice della Strada prevede per i datori di lavoro dei conducenti sia una responsabilità per fatto proprio derivante dall’inadempimento degli obblighi gravanti direttamente sugli stessi, sia una responsabilità solidale per le violazioni commesse dai propri dipendenti.
La previsione di una responsabilità per fatto proprio dei datori di lavoro dei conducenti (per inadempimento degli obblighi gravanti direttamente sugli stessi), sancita dalla norma in esame, la quale va ad aggiungersi a quella solidale per le violazioni commesse dai propri dipendenti, deriva direttamente dalle prescrizioni contenute nel Regolamento in esame, di cui la norma costituisce attuazione, il quale risponde alla finalità di soddisfare al contempo le esigenze di protezione del lavoratore dipendente e, indirettamente, di garantire la sicurezza dei trasporti, analogamente a quanto accade per gli obblighi posti a carico dei conducenti, che, pur miranti alla sicurezza dei trasporti, proteggono anche l’attività lavorativa dei conducenti medesimi (v. Cass. n. 20364/2024, non mass., in motivazione; sulla distinzione tra responsabilità dell’impresa per fatto proprio e in via
solidale vedi, ad es., Cass. n. 27324/2024; Cass. n. 22896/2018 e Cass. n. 13364/2003).
Tali finalità si desumono dai Considerando del Regolamento, che intende garantire regole comuni in materia di responsabilità delle imprese di trasporto e dei conducenti in caso di violazione del Regolamento, si propone di armonizzare le condizioni di concorrenza tra i modi di trasporto terrestre, in particolare nel settore dei trasporti su strada, e di migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza stradale delle persone che lavorano in questo campo; tali finalità vengono perseguite, in particolare, attraverso l’obbligo di dotare i veicoli utilizzati principalmente per il trasporto stradale di un tachigrafo omologato, che può essere utilizzato per monitorare il rispetto dei tempi di guida e di riposo da parte dei conducenti (CGUE 9/9/2021, in causa C-906/19, F.O. , punto 34; CGUE, 2.3.2017, Casa Noastra, in causa C-245/15, punto 28 con riferimenti giurisprudenziali).
In questo contesto si inseriscono gli obblighi gravanti sulle imprese di trasporto, le quali sono tenute non solo a dotare i veicoli di tachigrafo, del cui buon funzionamento sono responsabili unitamente ai conducenti, e a garantirne, sempre assieme a questi ultimi, il buon uso se digitali e il buon funzionamento se analogici, oltre a dover fare buon uso rispettivamente delle carte del conducente e dei fogli di registrazione (art. 32), ma anche ad organizzare “l’attività dei conducenti di cui al precedente paragrafo in modo che essi possano rispettare le disposizioni del Regolamento”, a fornire ad essi “le opportune istruzioni”, ad effettuare “controlli regolari per garantire che siano rispettate le disposizioni del Regolamento” ed a garantire che i propri conducenti ricevano una formazione e istruzioni adeguate per quanto riguarda il buon funzionamento dei tachigrafi, digitali o
analogici, ad effettuare controlli periodici per garantire che i propri conducenti li utilizzino correttamente e a non fornire ai conducenti alcun incentivo diretto o indiretto che possa incoraggiare un uso improprio dei tachigrafi (art. 33) (CGUE, 26/9/2019, in causa C600/18, UTEP 2006. Srl, punti 3 e 4).
Questa Corte (v., in particolare, Cass. n. 10327/2020) ha affermato che l’art. 10, par 2, del Regolamento n. 561/2002 individua una condotta illecita dell’imprenditore, collocata nel capo III dedicato alla responsabilità dell’impresa di trasporto, e una condotta del conducente, collocata, quanto alle regole relative ai periodi di riposo, nel capo II, e che il legislatore nazionale ha individuato, all’interno dell’art. 174 C.d.S., illeciti e sanzioni riguardanti direttamente il conducente rispetto alle quali l’impresa è obbligata in solido e una fattispecie che vede come soggetto attivo esclusivamente l’imprenditore.
Ne deriva che le posizioni del proprietario e del conducente del veicolo cui sia stata contestata l’infrazione prevista dall’art. 179 C.d.S., di mettere in circolazione (comma 3) e di circolare con un veicolo avente il cronotachigrafo non funzionante (comma 2) sono posizioni distinte, contestate a titolo di concorso di persone ai sensi dell’art. 5 della L. 24 novembre 1981, n. 689, e non già di responsabilità solidale ai sensi del successivo art. 6 (v. Cass. n. 21000/2004).
In relazione alla fattispecie prevista dall’art. 179 C.d.S., sussiste la colpa del titolare della licenza o dell’autorizzazione al trasporto di cose se il veicolo ha iniziato la circolazione già con il tachigrafo non funzionante, perché il titolare dell’autorizzazione deve vigilare che il veicolo sia messo in circolazione nelle condizioni prescritte dalla legge ovvero se il fatto che ha reso non funzionante il cronotachigrafo si è
verificato nel corso della circolazione, qualora tale fatto successivo sia in qualche modo rimproverabile al titolare (così Cass. n. 12244/2003).
È stato, infatti, ritenuto, in relazione alla fattispecie prevista dall’art. 179 del codice della strada, che sanziona il titolare della licenza o dell’autorizzazione al trasporto di cose il quale mette in circolazione un veicolo con cronotachigrafo non funzionante, la circostanza che il cronotachigrafo non sia stato manomesso e che il guasto sia dovuto al caso fortuito non è sufficiente a dimostrare l’assenza della colpa, ben potendo sussistere l’elemento psicologico dell’illecito per il solo fatto che il conducente, pur essendo o dovendo essere consapevole dell’avaria facendo uso dell’ordinaria diligenza, abbia ugualmente deciso di mettersi alla guida del mezzo (v., ad es., Cass. n. 7397/2023 e Cass. n. 19586/2009).
L’ignoranza incolpevole è configurabile solo ove si dimostri il rispetto dell’ordinaria diligenza consistente nel costante controllo del regolare funzionamento del cronotachigrafo e, in ogni caso, nel preventivo controllo tutte le volte che il veicolo venga messo in circolazione (cfr. Cass. n. 13165/2002).
Va, infine, ribadito che, in tema di sanzioni amministrative, ai sensi dell’art 3 della L. n. 689 del 1981, è richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva o omissiva, sia essa dolosa o colposa, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa, atteso che la norma pone una presunzione di colpa, in ordine al fatto vietato, a carico di colui che lo abbia commesso, con la conseguenza che grava su quest’ultimo l’onere di provare di aver agito senza colpa (v., tra le tante, Cass. n. 13610/2010 e Cass. n. 15580/2006).
Nell’ipotesi di circolazione con veicolo munito di cronotachigrafo non funzionante (la cui violazione è, per l’appunto, prevista e sanzionata
dall’art. 179 C.d.S.), questa Corte ha affermato che può ritenersi sussistente l’ignoranza incolpevole solo ove si dimostri il rispetto dell’ordinaria diligenza consistente nel costante controllo del regolare funzionamento del cronotachigrafo e, in ogni caso, nel preventivo controllo tutte le volte che il veicolo venga messo in circolazione (cfr. Cass. n. 13165/2002, cit.).
7.1. Tali principi di diritto sono stati correttamente applicati dal Tribunale di Modena.
7.2. E’ stato accertato che dal controllo effettuato dalla Polizia era emerso che nell’intervallo temporale oggetto di controllo , non era stata inserita alcuna scheda tachigrafa. Tale circostanza era stata verificata anche tramite apparecchiatura ‘Police controller’, come da check list prodotta in sede di merito.
La COGNOME – secondo la ricostruzione del Tribunale di Modena – non aveva allegato alcun elemento positivo per provare il malfunzionamento del mezzo non imputabile alla società, né la sussistenza di un caso fortuito.
E’ mancata , in sostanza, la prova, da parte della RAGIONE_SOCIALE, di aver vigilato che il veicolo fosse stato messo in circolazione nelle condizioni prescritte dalla legge, che il cronotachigrafo fosse funzionante e che il fatto che ha reso non funzionante il cronotachigrafo si fosse verificato durante la circolazione per fatto alla stessa non imputabile.
La prova orale articolata era irrilevante in virtù delle univoche risultanze degli accertamenti degli agenti verbalizzanti, essendo i capitoli di prova riportati nella censura a circostanze pacificamente escluse dagli esiti di detti accertamenti, dai quali era emerso che con riferimento all’intervallo oggetto di verifica – la carta tachigrafa non era inserita.
In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni svolte, il ricorso deve essere rigettato.
Non deve provvedersi sulle spese avendo la Prefettura di Modena depositato un mero ‘atto di costituzione’ , non implicante forma costituzione ai sensi dell’art. 370 c.p.c.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ.. (novellato dal d. lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere condannata al pagamento di una somma ex art. 96, comma 4, c.p.c. in favore della Cassa delle ammende, liquidata come in dispositivo.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater del DPR n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.13, comma 1-bis, del DPR n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c. al pagamento della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater del DPR n.115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, del DPR n.115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione