Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25052 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25052 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21251/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO (TEL NUMERO_TELEFONO), presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TORINO n. 623/2021 depositata il 03/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/06/2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Vercelli Franco RAGIONE_SOCIALE chiedendo il risarcimento del danno perché, quale avvocato incaricato di intraprendere azioni giudiziali allo scopo di interrompere l’usucapione da parte di un terzo di immobile (autorimessa) di proprietà attorea, usucapione poi verificatasi, aveva omesso di esperire l’azione di rivendicazione. Il Tribunale adito rigettò la domanda per mancanza di prova del conferimento dello specifico mandato professionale in relazione alla questione dell’usucapione. Avverso detta sentenza proposero appello gli attori ed appello incidentale il convenuto. Con sentenza di data 3 giugno 2021 la Corte d’appello di Torino rigettò entrambi gli appelli e dispose la compensazione delle spese processuali per un decimo, condannando per il resto la parte appellante alla rifusione delle spese medesime.
Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, premessa l’infondatezza dell’eccezione di inesistenza della procura alle liti di parte appellante, che gli unici capitoli di prova orale riguardanti l’eventuale conferimento di mandato professionale in relazione alla questione dell’usucapione erano formulati in modo generico ed inidoneo allo
scopo auspicato dagli appellanti in quanto: il capito sub d), con l’uso del verso ‘insistere’ era insufficiente ad attestare di per sé l’affidamento di un effettivo mandato difensivo; i capitoli sub e) e g) riguardavano circostanze successive al 1997 (quando si era già compiuto l’acquisto per usucapione), «sicché ogni eventuale iniziativa giudiziale o stragiudiziale da parte dell’appellato, per ciò stesso, non sarebbe stata proficua a impedire un effetto giuridico ormai irreversibilmente consumatosi, con conseguente radicale carenza del nesso di causalità tra la condotta del legale (anche ammettendone l’erroneità e la negligenza) e il danno da perdita dell’immobile»; il capitolo sub h) era privo di preciso riferimento temporale. Aggiunse che erano irrilevant i le lettere dell’8 luglio 1999 e del 26 novembre 2004, pur esse successive allo spirare della prescrizione acquisitiva, la prima perché attestava, con l’uso del presente indicativo («…i quali mi riferiscono di avere avuto conoscenza…»), che mai l’occupazi one abusiva dell’immobile era stata oggetto di uno specifico incarico difensivo, la seconda perché del tutto generica circa il riferimento temporale in cui l’eventuale mandato sarebbe stato conferito. Osservò ancora che l’appello non aveva contestato i due seguenti passaggi motivazionali: a) era inverosimile che gli attori per venti anni non avessero deciso di rivolgersi ad altro legale o non avessero contestato la condotta del convenuto, accettando passivamente le asserite rassicurazioni del legale circa l ‘idoneità delle cause di recupero canoni di locazione a recuperare il possesso del bene; b) nel giudizio possessorio del 2001 NOME COGNOME aveva sostenuto di avere avuto fino a quel momento il possesso dell’autorimessa, il che contraddiceva che la stessa avrebbe sollecitato il convenuto a recuperare il possesso del bene.
Hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME sulla base di sette motivi e resiste con controricorso la parte
intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. E’ stata presentata memoria.
Considerato che:
va premessa la tempestività del controricorso. Nella memoria di parte ricorrente se ne eccepisce la tardività sulla base della notifica del ricorso avvenuta il 22 luglio 2021. In base alla norma applicabile ratione temporis , il controricorso doveva essere notificato nel termine di giorni venti dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso (13 settembre 2021), e dunque il 4 ottobre 2021, e non il 1° ottobre 2021, come affermato dai ricorrenti, e per la tempestività, sempre diversamente da quanto affermato dai ricorrenti, va considerato il giorno di consegna del plico all’ufficio postale.
Con il primo motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che i capitoli di prova orale concernono circostanze antecedenti il perfezionamento dell’usucapione e che l’interversione del possesso fu resa palese dal 1° luglio 1979, da quando cioè l’occupante l’immobile cessò di pagare il c anone. Aggiunge che il mancato esame di tali mezzi di prova ha comportato l’impossibilità di dimostrare il fatto generator e del conferimento del mandato al professionista.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1176 e 2236 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che il danno da perdita dell’immobile è dipeso dalla condotta omissiva del professionista nel ventennio fra il 1° luglio 1979 ed il 1° luglio 1999, nonostante il mandato conferito nel 1997, e che l’azione redibitoria o restitutoria avrebbe interrotto il termine ventennale.
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che le lettere dell’8 luglio 1999 e
del 26 novembre 2004 dimostrano il conferimento dell’incarico, la cui prova può essere raggiunta anche mediante presunzioni, e che ulteriore prova presuntiva può essere ricavata dalla raccomandata a mani di NOME COGNOME, genitore dei ricorrenti, al RAGIONE_SOCIALE.
Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che vi è stata negazione immotivata di ingresso alle prove orali, dalle quali sarebbe emerso il rapporto di amicizia e fiducia intercorrenti fra le parti.
I motivi dal primo al quarto, da valutare congiuntamente in quanto attinti dal medesimo vizio, sono inammissibili. In primo luogo, in presenza di c.d. doppia conforme, ricorre il divieto di denuncia di vizio motivazionale previsto dall’art. 348 ter c.p.c., in mancanza della dimostrazione della divergenza al livello delle ragioni di fatto alla base delle due decisioni di merito, senza dire che ciò che si denuncia non è l’omesso esame di un fatto storico, ma l’omessa assunzione di una prova. In relazione a qu est’ultima, poi, va rammentato che, come affermato da risalente giurisprudenza (Cass. n. 1253 del 1975; n. 895 del 1970), il giudizio con cui il giudice di merito accolga o rigetti una istanza istruttoria è di norma insindacabile in sede di legittimità, in quanto espressione di una scelta discrezionale che, pur non essendo libera nel fine, è riservata dal legislatore al giudice di merito, e ciò quando non sia in questione una violazione processuale o un vizio motivazionale (sia per motivazione apparente o omesso esame di fatto storico per mancato esame di prova), ma quando, come nel caso di specie, la valutazione del giudice del merito attenga alla rilevanza della prova al fine dell’accertamento dei fatti. Quanto al resto le censure attengono al mero giudizio di fatto, il quale, come è noto, è riservato al giudice del merito e non è sindacabile nella presente sede di legittimità.
Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 352 e 159 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la sentenza è attinta da nullità derivata da quella del processo verbale di precisazione delle conclusioni mediante trattazione scritta, per avere omesso il COGNOME di depositare sia il foglio di precisazione delle conclusioni che le note di trattazione scritta, avendo depositato solo una memoria di replica.
Il motivo è inammissibile per la mancata indicazione della norma di diritto su cui la censura si fonda, requisito previsto a pena di inammissibilità dall’art. 366, comma 1, n. 4 c.p.c. Si denuncia, infatti, la nullità della sentenza derivata dalla nullità della precisazione delle conclusioni, ma si omette di indicare la norma di legge che commina la nullità denunciata (art. 156, comma 1, c.p.c.), né risulta denunciata un’ipotesi di mancanza di requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello sco po, evenienza che avrebbe fatto ritenere l’art. 156, comma 2, quale norma di diritto rilevante ai fini della censura sollevata.
Con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 92 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che il mancato deposito del foglio di precisazione delle conclusioni ha fatto decadere la parte dalle proprie domande, inclusa quella di condanna alle spese, e che la soccombenza reciproca imponeva l’integrale compensazione delle spese.
Il motivo è inammissibile. La valutazione circa l’opportunità di disporre la compensazione delle spese è riservata al giudice del merito, e non è sindacabile in sede di legittimità. Quanto al resto della censura, essa è inidonea a raggiungere lo scopo della critica, posto che la censura in termini di decadenza dall’istanza di condanna al rimborso delle spese processuali per mancato deposito del foglio di precisazione delle conclusioni appare del tutto incomprensibile, anche considerando
che il provvedimento sulle spese processuali è indipendente da una domanda al riguardo della parte.
Con il settimo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 182 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la dicitura manoscritta ‘in ogni fase e grado’ apposta sulle procure non integra alcuna ipotesi di falso, essendosi trattato di una mera aggiunta in correzione di un errore materiale.
Il motivo è inammissibile. La censura non intercetta alcuna ratio decidendi della sentenza, la quale, al contrario, esordisce con la ritenuta infondatezza dell’eccezione di inesistenza della procura alle liti di parte appellante.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato pari a
quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 28 giugno 2024