Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28754 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 28754 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19418/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa da ll’AVV_NOTAIO NOME COGNOME; RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO COGNOME; RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO COGNOME; -controricorrenti-
nonché contro
COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME BRUNA;
-intimati-
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ 470/2022, depositata il 13/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ dal Consigliere NOME COGNOME.
APPELLO di ANCONA n. 1/10/2025
FATTI DI CAUSA
1. – I coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero in giudizio l ‘ AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO al fine -previo accertamento della sua responsabilità professionale – di sentirlo condannare: a ) alla restituzione dell ‘ importo di euro 35.000 o della diversa somma ritenuta di giustizia, pari agli onorari dallo stesso percepiti per le pratiche nell ‘ ambito delle quali lamentavano si fosse verificato il suo grave inadempimento; b ) al pagamento della somma di euro 10.768.720,70 o della diversa somma ritenuta di giustizia, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, a titolo di risarcimento del danno da perdita di chance , per avere gli attori perduto la concreta possibilità di essere risarciti -nella controversia promossa con atto di citazione del 9.5.1992 – del pregiudizio di non aver potuto alienare alcuni terreni rispetto ai quali era stato stipulato, in data 8 agosto 1983, un contratto preliminare di compravendita al prezzo di 4 miliardi di lire.
1.1. – Nello specifico, gli attori imputarono all ‘ AVV_NOTAIO di aver adottato una condotta negligente e contraria ai propri doveri professionali essendosi reso responsabile di un grave errore professionale, lasciando prescrivere il loro diritto risarcitorio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (poi Unicredit) la quale, nel 1983, aveva proceduto ad un ‘ illegittima iscrizione ipotecaria sui beni immobili dei due coniugi a garanzia di un debito di lire 140.000.000. Avverso tali illegittime iscrizioni ipotecarie l ‘ AVV_NOTAIO procedette come di seguito illustrato: 1) con ricorso di urgenza ex art 700 c.p.c. reclamò, per conto degli attori, la riduzione e/o cancellazione delle iscrizioni ipotecarie per essere le stesse sproporzioniate rispetto al RAGIONE_SOCIALE vantato dalla Banca, in
ogni caso segnalando il danno che tale iscrizione avrebbe comportato per i suoi clienti, essendo gli stessi impegnati, nel frattempo, in una trattativa per la vendita del medesimo ; 2) con atto di citazione del 29 novembre 1984 diede avvio al successivo giudizio di merito ottenendo, per conto dei coniugi, l ‘ accoglimento della domanda di ristoro delle spese sostenute dagli stessi per tutte le attività espletate in relazione alla cancellazione e riduzione delle iscrizioni ipotecarie formulando, nella medesima sede, riserva di agire separatamente per tutti gli ulteriori danni eventualmente subiti dai coniugi; 3) con atto di citazione del 9 maggio 1992, avviò un ulteriore giudizio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE per sentirla condannare al risarcimento del danno derivante dalla mancata stipula del contratto preliminare di compravendita per il prezzo di 4 miliardi di lire, quale conseguenza delle illegittime iscrizioni ipotecarie, ascrivendo la condotta della banca all ‘ alveo della responsabilità aquiliana. In questo giudizio, tuttavia, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE – rigettando in via preliminare l ‘ eccezione di prescrizione formulata dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE – qualificò come infondata nel merito la pretesa. Successivamente la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE respinse l ‘ appello proposto avverso detta decisione, accogliendo l ‘ eccezione preliminare di prescrizione quinquennale della pretesa risarcitoria fondata sulla responsabilità extracontrattuale della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE. Questa decisione fu confermata in RAGIONE_SOCIALEzione.
1.2. – Ciò posto, gli attori agirono contro l ‘ AVV_NOTAIO: a ) per non aver coltivato adeguatamente l ‘ azione risarcitoria del danno, avendo omesso di compiere validi atti interruttivi della prescrizione; b ) per aver erroneamente qualificato la responsabilità della banca come aquiliana (anziché contrattuale), derivandone l ‘ assoggettamento della pretesa risarcitoria al termine di prescrizione quinquennale in luogo di quello decennale.
Il convenuto contestò la fondatezza della pretesa attorea e, comunque, chiese, ed ottenne, di chiamare in causa, a titolo di manleva, le compagnie RAGIONE_SOCIALE (per la quota del 60 per cento), RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (per la quota del 20 per cento ciascuna).
Nelle more del giudizio decedette NOME COGNOME e si costituirono in giudizio quali suoi eredi: NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME.
1.3 – L ‘ adito Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza del gennaio 2018, respinse la domanda risarcitoria proposta dagli attori.
Il giudice di primo grado fondò la propria decisione sull ‘ assunto che non sussistesse il nesso causale tra il danno lamentato (consistente nella perdita dell ‘ affare) e il paventato inadempimento del professionista.
2.- L ‘ impugnazione proposta dai coniugi attori avverso detta decisione veniva rigettata dalla Corte d’a ppello di RAGIONE_SOCIALE con sentenza resa pubblica il 13 aprile 2022.
3.- Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME, quale erede di NOME COGNOME, affidando le sorti dell ‘ impugnazione a sei motivi, illustrati da memoria.
3.1.- Hanno resistito con controricorso, illustrato da memoria, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, mentre non ha svolto attività difensiva l ‘ AVV_NOTAIO.
4.- Con ordinanza interlocutoria n. 20990 del 26 luglio 2024, questa Corte ha disposto l ‘ integrazione del contraddittorio per non avere il ricorrente NOME COGNOME notificato il ricorso, in presenza di una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, agli altri eredi di NOME COGNOME, deceduto nelle more del giudizio di primo grado, ossia NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
4.1. -Il ricorrente ha provveduto alla rituale integrazione del contraddittorio nei confronti dei predetti eredi, i quali non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
-In prossimità dell ‘ adunanza in camera di consiglio del 1° ottobre 2025 le controricorrenti RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, hanno depositato ulteriore memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza in relazione agli artt. 112, 132, comma secondo, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 24 e 111 Cost.
La Corte territoriale, nell ‘affermare che ‘ il compromesso e la risoluzione paiono configurati ad arte per palesare un danno che in effetti non si è prodotto’ , avrebbe illegittimamente fondato il proprio convincimento su una riconosciuta simulazione assoluta del compromesso di vendita dell ‘ 8 agosto 1983 e della sua risoluzione del 15 gennaio 1984, incorrendo così nel vizio di ultra-petizione per essersi indebitamente pronunciata su una questione dalle parti mai dedotta come domanda o fatta oggetto di eccezione.
1.1. – Il motivo è inammissibile, prima ancora che infondato.
È, infatti, inammissibile il motivo di ricorso che si rivolga contro un ‘ argomentazione resa ad abundantiam e, dunque, priva di carattere decisivo (Cass. 24591/2005; Cass. n. 8755/2018; Cass n.8429/2022).
La censura formulata dal ricorrente si indirizza contro un ‘ argomentazione (quella innanzi trascritta e resa a p. 6 della sentenza impugnata) che non costituisce la ratio decidendi della pronuncia, la quale si connota per essere imperniata sull ‘ assenza di prova del danno.
Il giudice d ‘ appello ha, infatti, confermato la decisione del giudice di primo grado rilevando che l ‘ iscrizione ipotecaria sul bene
non abbia costituito l ‘ antecedente causale che ha portato alla mancata stipula del contratto preliminare. Da tale premessa, la Corte territoriale ha desunto la logica conseguenza che, in mancanza del nesso causale tra l ‘ iscrizione dell ‘ ipoteca (fatto illecito) e la perdita dell ‘ affare (danno), alcun rilievo poteva essere opposto al difensore, poiché anche in presenza di una condotta informata al canone di diligenza professionale -e quindi in presenza di una condotta del difensore ineccepibile – l ‘ azione risarcitoria non avrebbe potuto trovare migliore sorte.
Inoltre, il giudice di appello ha rilevato che il promissario acquirente (come sostenuto dallo stesso appellante, attuale ricorrente) ‘ volle risolvere il contratto temendo di subire delle revocatorie, dovute alla compromessa situazione finanziaria dei promittenti venditori (compromissione che non solo risulta per tabulas dalle ipoteche e pignoramenti di cui si è detto, ma che neppure è oggetto di contestazione): ciò che quindi conferma che tra l ‘ ipoteca della RAGIONE_SOCIALE di risparmio, ed il preteso danno, non v ‘ è rapporto di causa ed effetto ‘ (p. 7 sentenza di appello).
In questo contesto, l ‘ affermazione oggetto di doglianza -‘ il compromesso e la risoluzione paiono configurati ad arte per palesare un danno che in effetti non si è prodotto’ -costituisce un mero inciso argomentativo e non la base logico giuridica della decisione.
1.2.- In ogni caso la doglianza è infondata.
Il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, previsto dall ‘ art 112 c.p.c., in stretta correlazione con il principio della domanda di cui all ‘ art 99 c.p.c., impone al giudice di pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti della stessa. Il giudice di merito ha, quindi, il potere-dovere di sussumere nella pertinente disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto del thema decidendum , fermo solo il limite del rispetto del petitum e della causa petendi (Cass. n. 18868/2015).
Nella specie, la Corte territoriale ha pronunciato sul petitum ed entro i limiti di quanto è stato devoluto in appello, in piena coerenza con la natura del giudizio di secondo grado, circoscritto agli specifici motivi articolati dall ‘ appellante principale (e, eventualmente, incidentale) e volto a devolvere in tutto o in parte le questioni oggetto del giudizio di primo grado. Il giudice di appello si è pronunciato sulla domanda risarcitoria avente ad oggetto il danno da perdita di chance – concretizzatosi nella mancata stipula del contratto preliminare – ed imputabile, ad avviso degli attori, alla condotta non diligente del professionista, escludendo la sussistenza del nesso causale tra l ‘ iscrizione dell ‘ ipoteca (fatto illecito) e la perdita dell ‘ affare (danno).
E il nesso di causalità, essendo uno degli elementi costitutivi della fattispecie che dà luogo all ‘ azione risarcitoria, fa parte della res in iudicium deducta ad opera dell ‘ attore; di conseguenza, il suo accertamento da parte del giudice, indipendentemente da un ‘ eccezione sollevata dal convenuto, non può dar luogo al vizio di ultrapetizione.
La Corte territoriale non ha, dunque, pronunciato sulla sussistenza di una simulazione del compromesso di vendita e della sua risoluzione, ma si è limitata a negare l ‘ esistenza del danno sulla base degli stessi fatti costituivi dedotti dall ‘ attore e, segnatamente, del compromesso e dell ‘ atto di risoluzione, i quali sono stati apprezzati, nella loro combinazione, come non aventi rilevanza causale ai fini risarcitori, pur essendo atti non simulati e produttivi di effetti giuridici.
– Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., l ‘ omesso esame di un fatto storico decisivo ed oggetto di discussione tra le parti: la reale stipulazione del contratto preliminare di vendita e la sua risoluzione.
La Corte territoriale avrebbe, quindi, violato anche gli artt. 115 e 167 c.p.c. per non aver considerato fatti non contestati e
fondato la decisione su prove mai introdotte dalle parti, giungendo alla conclusione della simulazione del preliminare e della sua risoluzione.
3.- Con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell ‘ art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 2909 c.c., nonché dedotto, ai sensi dell ‘ art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c., l ‘ omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.
La Corte territoriale, affermando la natura simulata del contratto preliminare di vendita e del relativo atto di risoluzione, avrebbe violato l ‘ art. 2909 c.c., ponendosi in contrasto con il giudicato esterno formatosi nel precedente giudizio di risarcimento danni promosso dall ‘ AVV_NOTAIO contro la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, in cui era stata accertata in via definitiva l ‘ esistenza e la validità sia del preliminare sia della risoluzione.
In ogni caso, il giudice di appello avrebbe omesso l ‘ esame dell ‘ esistenza del citato giudicato esterno, come provato dalle tre sentenze depositate nel giudizio d ‘ appello.
3.1. -Il secondo e il terzo motivo -che (ri)propongono censure sulla questione dell ‘ asserita simulazione del compromesso di vendita e della sua risoluzione -sono inammissibili alla luce delle medesime considerazioni svolte in sede di scrutinio sul primo motivo di ricorso.
4.- Con il quarto mezzo è denunciata, ai sensi dell ‘ art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e dell ‘ art. 17 della legge n. 581/1950, nella parte in cui il Tribunale e, quindi, la Corte d ‘ appello avrebbero rigettato la domanda risarcitoria basandosi su presunzioni semplici non gravi, né precise né concordanti , ricavate da alcune ‘anomalie’ , quali l ‘ assenza di riferimenti al preliminare nelle lettere del 1983 inviate dall ‘ AVV_NOTAIO alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, nel ricorso ex art. 700 c.p.c., così come nell ‘ atto di citazione del 1984. Tali elementi non
costituirebbero fatti ignoti da provare, ma atti processuali giustificabili con la facoltà di emendatio libelli di cui all ‘ art. 184 c.p.c., come modificato dall ‘ art. 17 della legge n. 581/1950.
Inoltre, la Corte territoriale non avrebbe considerato la prova testimoniale diretta che confermava la genuinità del preliminare di vendita e della sua risoluzione per la presenza di ipoteche, in violazione del principio secondo cui il giudice non può fondare le presunzioni su fatti contrari a prove dirette senza motivarne l ‘ inattendibilità.
4.1.- Il motivo è inammissibile.
Lo è, anzitutto e in termini già di per sé assorbenti, in quanto prospetta profili di censura -veicolati, peraltro, in difetto della necessaria chiarezza espositiva -che investono argomentazioni che non costituiscono l ‘ effettiva ratio decidendi su cui si fonda la sentenza della Corte territoriale ( ratio richiamata al § 1.1. che precede), così da palesarsi critiche inidonee a poter determinare una invalidazione della decisione impugnata in questa sede.
In ogni caso, la complessiva censura, pur formalmente prospettata come violazione di norme di diritto, è inammissibile giacché tende a sollecitare una rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimità, proponendo, altresì, una inferenza presuntiva diversa da quella alla quale è pervenuto il giudice di merito nell ‘ esercizio del potere ad esso riservato di valutazione delle prove.
Né ha consistenza la critica secondo cui la Corte territoriale avrebbe errato nel desumere un fatto ignoto mediante presunzioni nell ‘ ipotesi in cui esista una prova diretta – di segno opposto senza motivarne l ‘ inattendibilità. Diversamente, il giudice di appello ha accertato, con motivazione congrua, che non fosse provata la derivazione del danno dall ‘ ipoteca, reputando più plausibile che la risoluzione del preliminare di vendita fosse imputabile a fattori
quali la complessiva situazione patrimoniale del ricorrente o il timore che lo stesso avrebbe potuto subire azioni revocatorie.
– Con il quinto mezzo è dedotta, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112, 116, 132, comma secondo, n. 4, c.p.c., 118 disp att. c.p.c., 24 e 111 Cost. ‘per motivazione manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, perplessa’; è, altresì, prospettato, ai sensi dell ‘ art 360, primo comma, n. 5, c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo, nonché travisamento della prova in relazione all ‘ art 116 c.p.c.
a ) Anzitutto, il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui, nell ‘ escludere il nesso causale tra l ‘ ipoteca iscritta dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e la perdita dell ‘ affare, si sarebbe basata sul fatto che l ‘ esecuzione immobiliare era stata promossa da un altro istituto di RAGIONE_SOCIALE, introducendo in tal modo un argomento mai sollevato dalle parti, in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
b ) In secondo luogo, la sentenza di appello è censurata nella parte in cui avrebbe confuso due profili: quello della quantificazione del danno, determinabile solo dopo l ‘ asta e quello dell ‘ accertamento del nesso causale tra l ‘ iscrizione ipotecaria da parte della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e la perdita dell ‘ affare, i quali essendo concettualmente distinti ed essendo stati indebitamente sovrapposti avrebbero reso la motivazione incomprensibile, illogica e contraddittoria.
c ) Infine, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia travisato il contenuto della sentenza del Tribunale, attribuendo indebitamente al giudice di primo grado di aver accertato l ‘ inesistenza del nesso causale tra ipoteca e danno, là dove il primo giudice si sarebbe limitato a valutare l ‘ attendibilità di alcune testimonianze.
5.1.- La censura sub a ) è inammissibile.
Pur essendo stato formalmente prospettato un error in procedendo , quale la violazione dell ‘ art. 112 c.p.c., la doglianza sottende un diverso apprezzamento di merito, venendo, nella sostanza, a criticare il peso probatorio che la Corte territoriale, nel ragionamento causale, ha attribuito ad un fatto oggettivo presente nel thema decidendum e, segnatamente, al fatto storico che l ‘ asta fosse stata avviata dall ‘ RAGIONE_SOCIALE e non dalla RAGIONE_SOCIALE.
Non si tratta, quindi, di una pronuncia su una domanda o eccezione mai proposta, bensì di valutazione di un fatto già acquisito al processo.
5.2. -La censura sub b ) è inammissibile in relazione alla, pur generica, doglianza di omesso esame di fatto storico, che, come tale, non trova puntuale specificazione, venendo in rilievo, piuttosto, argomentazioni critiche nei confronti della motivazione resa dal giudice di secondo grado.
Nel resto la censura è priva di fondamento.
La Corte territoriale, infatti, ha adottato una motivazione ben al di sopra del c.d. ‘minimo costituzionale’, che non confonde i profili della quantificazione del danno e dell ‘ accertamento del nesso causale, ma si snoda secondo un corretto ragionamento logico giuridico: ha dapprima verificato se fosse sussistente il pregiudizio lamentato (perdita dell ‘ affare immobiliare) che, costituisce un tipico accertamento di fatto da compiersi alla luce delle risultanze istruttorie, valutate secondo il prudente apprezzamento del giudice. Solo dopo aver motivato in ordine al mancato raggiungimento della prova sulla sussistenza del danno nei termini prospettati dal ricorrente ha affrontato il secondo profilo, ossia il nesso eziologico fra l ‘ eventuale danno e l ‘ illecito contestato.
La Corte territoriale ha, poi, precisato che, anche a voler ipotizzare l ‘ esistenza della perdita dell ‘ affare, questa, in ogni caso, non derivava causalmente dall ‘ iscrizione ipotecaria operata dalla
RAGIONE_SOCIALE, posto che l ‘ esecuzione immobiliare che aveva colpito il bene era stata promossa dall ‘ RAGIONE_SOCIALE e che l ‘ acquirente aveva scelto di sciogliere il contratto per ragioni diverse dall ‘ ipoteca iscritta dalla Banca quale la compromessa situazione patrimoniale dei promittenti venditori.
Pertanto, è stata fatta corretta applicazione del principio espresso da questa Corte in materia di danno da perdita di chance , secondo cui l ‘ attività del giudice deve tenere distinta la dimensione della causalità da quella dell ‘ evento di danno e deve altresì adeguatamente valutare il grado di incertezza dell ‘ una e dell ‘ altra.
In siffatti termini, occorre, quindi, muovere dalla previa e necessaria indagine sul nesso causale tra la condotta e l ‘ evento, secondo il criterio civilistico del ‘ più probabile che non ‘ , e procedere, poi, all ‘ identificazione dell ‘ evento di danno, la cui riconducibilità al concetto di chance postula una incertezza del risultato sperato, e non già il mancato risultato stesso, in presenza del quale non è lecito discorrere di una chance perduta, ma di un altro e diverso danno. Ne consegue che, provato il nesso causale rispetto ad un evento di danno accertato nella sua esistenza e nelle sue conseguenze dannose risarcibili, il risarcimento di quel danno sarà dovuto integralmente (Cass. n. 6116/2025).
5.3. – La doglianza sub c ) è inammissibile, prima ancora che infondata.
Il travisamento del contenuto oggettivo della prova -che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell ‘ informazione probatoria al fatto probatorio -trova il suo istituzionale rimedio nell ‘ impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall ‘ art. 395, n. 4, c.p.c., mentre -se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti -il vizio
va fatto valere ai sensi dell ‘ art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass., S.U., n. 5792/2024).
La censura di parte ricorrente non rivela affatto una svista percettiva da parte della Corte territoriale, ma si duole, piuttosto, di una interpretazione della ratio decidendi della sentenza di primo grado, in base ad un autonomo apprezzamento delle prove. Il rilievo sull ‘ inesistenza del nesso causale viene, infatti, a configurare una valutazione di merito sulla portata delle risultanze istruttorie.
6.- Con il sesto mezzo è prospettata, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112, 132, comma secondo, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 24 e 111 Cost., per aver la Corte territoriale erroneamente ritenuto che non fosse stato impugnato il capo della sentenza di primo grado che aveva respinto la domanda di restituzione dell ‘ onorario corrisposto al professionista, sostenendo che quella domanda fosse implicita nell ‘ annesso inadempimento al mandato professionale e che, pertanto, la censura svolta in appello fosse idonea a criticare la statuizione del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE.
6.1. – Il motivo è inammissibile.
L ‘ esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo , presuppone comunque l ‘ ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall ‘ onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche puntualmente i fatti processuali alla base dell ‘ errore denunciato.
Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l ‘ onere di precisare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione e sufficientemente specifico, invece, il motivo di
gravame sottoposto al giudice d ‘ appello, riportandone il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità, non potendo limitarsi a rinviare all ‘ atto di appello (tra le altre: Cass., n. 24048/2021).
Il ricorrente non ha affatto rispettato tale onere, mancando di fornire intelligibile e idonea contezza in ordine alle difese contenute nell ‘ atto di appello dalle quali si dovrebbe inferire che la decisione di primo grado fu dagli appellanti criticata nello specifico, limitandosi a riprodurre a pag. 9 del ricorso, in modo frammentario, un passaggio della comparsa dell ‘ appellato AVV_NOTAIO (in cui si contesta il fondamento di non altrimenti precisate ‘pretese attrici’ e l’ ammontare degli indicati compensi), senza tuttavia spiegare in che termini questo possa fondare la prospettazione dell ‘ errore in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale.
-Il ricorso va, quindi, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.
Non occorre provvedere alla regolamentazione di dette spese nei confronti delle parti rimaste soltanto intimate.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna parte controricorrente, in euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l egge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte Suprema di RAGIONE_SOCIALEzione, il 1° ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME