Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2071 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 2071 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/01/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18242/2020 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (pec EMAIL) e NOME COGNOME (pec EMAIL) ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (pec EMAIL) e NOME COGNOME (pec EMAIL) ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo, in Roma, INDIRIZZO;
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 691/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 29/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6/12/2023 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto procuratore generale AVV_NOTAIO. COGNOME COGNOME;
uditi i difensori RAGIONE_SOCIALE parti comparsi in udienza.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza resa in data 29/02/2020, la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta da NOME COGNOME per la condanna dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME al risarcimento dei danni subiti dall’attore in conseguenza del negligente adempimento, da parte dell’COGNOME, del proprio mandato professionale di AVV_NOTAIO esercitato nell’interesse del COGNOME, nella specie consistito nella redazione di un ricorso per cassazione ritenuto inammissibile dal giudice di legittimità, con il conseguente consolidamento di un giudicato sfavorevole a carico dell’attore.
A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come, indipendentemente dal merito RAGIONE_SOCIALE questioni contese tra le parti, pur quando la Corte di cassazione fosse giunta a decidere nel merito il ricorso redatto dall’AVV_NOTAIO, lo stesso non avrebbe alcun avuto alcuna possibilità di successo, atteso che la ragione decisiva individuata dal giudice d’appello a sostegno della
decisione sfavorevole per le sorti del COGNOME -segnatamente consistita nel rilevato difetto di iscrizione del relativo difensore (nel primo grado del giudizio) presso l’RAGIONE_SOCIALE abilitati all’esercizio della difesa tecnica nei giudizi tributari -non avrebbero potuto essere documentalmente contraddette in sede di legittimità, sì che in nessun caso il corretto adempimento della prestazione professionale dell’AVV_NOTAIO COGNOME avrebbe comunque provocato alcun beneficio a favore dell’attore.
Avverso la sentenza d’appello, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi di impugnazione.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
La RAGIONE_SOCIALE (chiamata in giudizio a fini di manleva) non ha svolto difese in questa sede.
Con ordinanza interlocutoria (n. 14369/2023), resa in data 24/5/2023, il Collegio della Terza sezione civile della Corte di cassazione ha disposto il rinvio della trattazione del ricorso all’odierna udienza pubblica.
Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha concluso per iscritto, invocando l’accoglimento del terzo e del quarto motivo del ricorso.
Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria.
RAGIONI COGNOMEA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per ‘ violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. nel testo applicabile ratione temporis alla sentenza n. 56/31/08 ‘ della Commissione Tributaria Regionale di Milano impugnata con ricorso per cassazione dal COGNOME, per avere la corte territoriale illegittimamente
ritenuto irrilevante l’erronea applicazione, da parte del giudice di primo grado, dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. nella versione introAVV_NOTAIOa dalla riforma del 2012, ai fini del giudizio di responsabilità professionale dell’AVV_NOTAIO.
In particolare, secondo la prospettazione del ricorrente, qualora i giudici del merito avessero correttamente inteso il testo dell’art. 360, n. 5, c.p.c. nel testo applicabile ratione temporis nel giudizio di legittimità in esame, gli stessi avrebbero agevolmente considerato la possibile (e fondata) denunciabilità, in sede di legittimità, del vizio di motivazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Milano impugnata con ricorso per cassazione (segnatamente in relazione al tema concernente l’obbligo del giudice di appello di rimettere il contribuente dinanzi al giudice di primo grado allo scopo di dotarsi della necessaria difesa tecnica), con il conseguente accertamento della responsabilità professionale dell’AVV_NOTAIO per aver trascurato la denuncia di tale vizio della sentenza della Commissione Tributaria Regionale al fine di ottenerne il (presumibile) annullamento nell’interesse del COGNOME.
Il motivo è infondato.
Osserva il Collegio come la corte territoriale abbia correttamente giudicato irrilevante la lamentata erronea applicazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. nella versione introAVV_NOTAIOa dalla novella del 2012 da parte del giudice di primo grado (ai fini della contestazione, in sede di legittimità, della correttezza della motivazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale), avendo la Commissione Tributaria Regionale motivato in modo adeguato la propria decisione, salva l’eventuale contestabilità, in ipotesi, del vizio di violazione di legge riferito all’asserita erronea applicazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 546/1992, la cui esatta applicazione avrebbe imposto alla Commissione Tributaria
Regionale, secondo l’apprezzamento interpretativo dell’odierno ricorrente, non già di dichiarare inammissibile l’originario ricorso del COGNOME, bensì di rimettere le parti dinanzi al primo giudice al fine di consentire all’istante di munirsi di un’adeguata difesa tecnica, come, peraltro, lo stesso ricorrente riconosce con la proposizione dell’odierno quarto motivo di ricorso.
Del tutto legittimamente, pertanto, la corte d’appello ha ritenuto che l’eventuale prospettazione, in sede di legittimità, di un ipotetico difetto di motivazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale non avrebbe sortito alcun esito favorevole per il ricorrente, atteso che l’eventuale vizio della decisione della Commissione Tributaria Regionale non avrebbe comunque potuto riguardare l’elaborazione del discorso motivazionale, bensì (ed eventualmente) la sola corretta applicazione della legge, con la conseguente irrilevanza dell’erronea applicazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. da parte del giudice di primo grado (e della stessa corte d’appello, secondo quanto assume il ricorrente) ai fini dell’accertamento della responsabilità professionale dell’AVV_NOTAIO COGNOME nei confronti del COGNOME.
Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 in relazione all’art. 101 c.p.c. per violazione di principi e regole del processo contumaciale (art. 291 e art. 350 c.p.c., 3° comma, quanto alla nullità della notificazione della impugnazione applicabile ai sensi dell’art. 1 comma 2, d. Lgs. 546/92), nonché per violazione del principio del giusto processo contumaciale in relazione all’affidamento della parte (in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che il COGNOME fosse stato messo nella condizione di conoscere l’eccezione (relativa al difetto di abilitazione del relativo difensore nel giudizio di primo grado)
sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE tramite la notificazione del ricorso avanti la Commissione Tributaria Regionale sia nei suoi confronti che nei confronti del COGNOME (proprio difensore dinanzi alla Commissione Tributaria di primo grado), atteso che la nullità della notificazione del ricorso in appello al COGNOME (in quanto non più iscritto all’RAGIONE_SOCIALE), avrebbe reso necessario, comunque, un ordine di rinnovazione ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ. da parte della Commissione Tributaria di secondo grado nei confronti esclusivamente del COGNOME.
Il motivo è infondato.
Osserva il Collegio come la circostanza che il COGNOME avesse ricevuto in proprio la notificazione del ricorso in appello proposto da ll’RAGIONE_SOCIALE sia certamente valsa a renderlo eAVV_NOTAIOo del contenuto dell’eccezione relativa al difetto di abilitazione del relativo difensore nel giudizio di primo grado e, dunque, dell’eventuale possibilità di munirsi di un difensore diverso; e tanto, a prescindere dalla circostanza che analoga notificazione del ricorso in appello fosse stata operata in favore del proprio difensore in primo grado ritenuto privo di abilitazione.
A tale riguardo, varrà attribuire un carattere meramente congetturale (e, come tale, del tutto irrilevante in questa sede) al l’affermazione sostenuta dall’odierno ricorrente secondo cui la sola notificazione, nei confronti del difensore del COGNOME in primo grado, del ricorso in appello fosse valsa a giustificare l’affidamento del COGNOME sul fatto che tutte le sue ragioni sarebbero state sostenute dal proprio difensore, e che solo l’eventuale rinnovazione della notificazione del ricorso in appello allo stesso COGNOME in proprio (disposta su iniziativa della Commissione Tributaria Regionale) avrebbe costituito una misura adeguata a garantirne le ragioni di difesa.
Sul punto, rimane del tutto incomprensibile la ragione per cui l’eventuale ricevimento, da parte del COGNOME, di una seconda notificazione (in proprio) dello stesso ricorso in appello ne avrebbe sollecitato una diversa reazione; né si comprende la ragione per cui lo stesso COGNOME, una volta ricevuta in proprio la prima notificazione del ricorso in appello, non potesse ritenersi adeguatamente garantito nelle proprie possibilità di difesa che solo una seconda notificazione dello stesso atto avrebbe, al contrario, assicurato.
Deve, in definitiva, ribadirsi la piena idoneità, dell’avvenuta notificazione del ricorso in appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE nelle mani proprie del COGNOME, a garantirne la pienezza RAGIONE_SOCIALE relative prerogative di difesa, con il conseguente accertamento della radicale infondatezza della censura in esame.
Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 101, comma 2, 183, comma 4, 112 e 167 c.p.c., per avere la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare l’avvenuta giustificazione della decisione del giudice di primo grado sulla base di una questione rilevata d’ufficio, mai sottoposta al contraddittorio RAGIONE_SOCIALE parti (c.d. decisione ‘a sorpresa’ o ‘della terza via’), avendo la corte d’appello erroneamente ritenuto di individuare, l’avvenuto coinvolgimento della questione relativa alla iscrizione del RAGIONE_SOCIALE nell’RAGIONE_SOCIALE abilitati alla difesa tecnica nei giudizi tributari, sulla base di mere e ‘implicite allusioni’ contenute negli scritti defensionali RAGIONE_SOCIALE controparti.
Il motivo è inammissibile.
Osserva il Collegio come la censura esame si risolva in una sostanziale contestazione dell’interpretazione, operata dalla corte d’appello, degli scritti defensionali RAGIONE_SOCIALE parti, con particolare riguardo
al ritenuto (dalla corte d’appello) avvenuto coinvolgimento nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALE parti, attraverso tali scritti (o attraverso le ‘implicite allusioni’ contenute in tali scritti), della questione concernente l’iscrizione del COGNOME nell’RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE, ai fini della correttezza dell’assunta difesa tecnica del COGNOME.
14. Da tale prospettiva, assume dunque valore dirimente, ai fini della decisione sulla censura in esame, il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, alla stregua del quale l ‘ interpretazione operata dal giudice di appello, riguardo al contenuto e all’ampiezza degli atti processuali della parte, è assoggettabile al controllo di legittimità limitatamente alla valutazione della logicità e congruità della motivazione e, a tal riguardo, il sindacato della Corte di cassazione comporta l’identificazione della volontà della parte in relazione alle finalità dalla medesima perseguite, in un ambito in cui, in vista del predetto controllo, tale volontà si ricostruisce in base a criteri ermeneutici assimilabili a quelli propri del negozio, diversamente dall’interpretazione riferibile ad atti processuali provenienti dal giudice, ove la volontà dell’autore è irrilevante e l’unico criterio esegetico applicabile è quello della funzione obiettivamente assunta dall’atto giudiziale (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 25826 del l’ 1/09/2022, Rv. 665645 -01; Sez. 2, Sentenza n. 4205 del 21/02/2014, Rv. 629624 -01; Sez. L, Sentenza n. 17947 del l’ 8/08/2006, Rv. 591719 -01; Sez. L, Sentenza n. 2467 del 6/02/2006, Rv. 586752 – 01).
Peraltro, il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata dell’atto processuale della parte, non è tenuto a uniformarsi al tenore letterale degli atti nei quali esse sono contenute, ma deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale RAGIONE_SOCIALE istanze fatte valere, come desumibile dalla natura RAGIONE_SOCIALE vicende deAVV_NOTAIOe e rappresentate dalla parte istante (cfr.
Sez. 1, Ordinanza n. 19002 del 31/07/2017, Rv. 645079 -01; Sez. 3, Sentenza n. 21087 del 19/10/2015, Rv. 637476 – 01).
Nella specie, il ricorrente, lungi dallo specificare i modi o le forme dell’eventuale scostamento del giudice a quo dai canoni ermeneutici legali che ne orientano il percorso interpretativo (anche) degli atti processuali della parte, risulta essersi limitato ad argomentare unicamente il proprio dissenso dall’interpretazione fornita dal giudice d’appello, così risolvendo le censure proposte ad una questione di fatto non proponibile in sede di legittimità.
Con il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 546/1992, per avere la corte territoriale erroneamente sostenuto che l’obbligo per le Commissioni Tributarie di fissare al contribuente un termine perentorio per la nomina di un difensore (ai sensi dell’art. 12 cit.) troverebbe applicazione solo in ipotesi di ricorso sottoscritto personalmente e se vi sia fin dall’inizio mancanza di difensore -e non già nell’ipotesi di difesa tecnica che si assuma non regolarmente esercitata o affetta da vizio, come nel caso di specie, in contrasto con gli arresti della giurisprudenza di legittimità analiticamente richiamati in ricorso.
17. Il motivo è infondato.
Osserva il Collegio come, pur quando intenda condividersi l’interpretazione proposta dall’odierno ricorrente e, dunque, sostenersi l’applicabilità dell’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 546/1992 al caso di specie (con l’obbligo per il giudice di merito di concedere alla parte non correttamente rappresentata un termine utile al fine di dotarsi di un difensore abilitato), tale applicazione non avrebbe potuto in alcun modo giovare alle ragioni dell’odierno ricorrente, assumendo carattere
dirimente, nel caso in esame, la circostanza che lo stesso abbia ritenuto di rimanere contumace nel giudizio d’appello.
Tale ultima circostanza, infatti, deve ritenersi tale da aver precluso la possibilità, per il giudice d’appello, di procedere all’assegnazione , in favore della parte rimasta contumace, di un termine per dotarsi di un difensore abilitato, essendo stata la stessa parte, pur ritualmente eAVV_NOTAIOa (attraverso la notificazione in mani proprie dell’atto d’appello della controparte) della carenza di abilitazione del proprio difensore dinanzi al giudice di primo grado, ad esercitare la scelta di rimanere contumace in grado di appello e, dunque, di rinunciare a difendersi in tale sede attraverso l’eventuale godimento RAGIONE_SOCIALE prerogative spettanti alle parti costituite.
Tali considerazioni valgono pertanto a negare la fondatezza della censura in esame, dovendo escludersi che il giudice d’appello , nel negare al COGNOME (rimasto contumace nel giudizio di appello) la fruizione di un termine per dotarsi di un difensore abilitato, sia effettivamente incorso nella violazione del richiamato art. 12 del d.lgs. n. 546/1992.
Sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza RAGIONE_SOCIALE censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso,
La complessità RAGIONE_SOCIALE questioni giuridiche trattate vale a giustificare, ad avviso del Collegio, l’integrale compensazione tra le parti RAGIONE_SOCIALE spese relative al presente giudizio di legittimità.
Dev’essere dato atto la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Dichiara integralmente compensate le spese del presente giudizio di legittimità.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione