Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33007 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33007 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11795/2023 proposto da:
NOME COGNOME, difeso in (avvocatovittorio@pec.boccieri.it.);
proprio
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME ed NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME (avvEMAIL;
– controricorrenti –
e
RAGIONE_SOCIALE Rappresentanza Generale per l’Italia, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv. NOME COGNOME (EMAIL e
NOME
(EMAIL;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 362/2023 della CORTE D’APPELLO DI SALERNO, depositata il 14/3/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
ritenuto che,
con sentenza resa in data 14/3/2023, la Corte d’appello di Salerno ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha condannato NOME COGNOME al risarcimento, in favore di NOME COGNOME ed NOME COGNOME dei danni da questi ultimi subiti in conseguenza degli inadempimenti dei quali il COGNOME si era reso responsabile nell’esecuzione del proprio mandato professionale di avvocato, avendo il COGNOME patrocinato il COGNOME e la COGNOME in una causa di opposizione a decreto ingiuntivo definita in senso negativo per gli opponenti a causa della tardività nella relativa costituzione in giudizio, con la conseguente dichiarazione di definitività del provvedimento monitorio opposto;
con la stessa sentenza, la Corte territoriale ha confermato la decisione del primo giudice nella parte in cui aveva disatteso la domanda di manleva avanzata dal RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE;
a fondamento della decisione assunta la Corte territoriale -premessa l’infondatezza di ogni questione sollevata dal COGNOME in ordine alla pretesa nullità del processo in conseguenza della mancata interruzione del giudizio di primo grado (a seguito della sospensione del difensore delle controparti dall’albo professionale), trattandosi di questione non sollevabile dal COGNOME (in quanto parte non colpita
dall’evento interruttivo) e, comunque, dallo stesso non tempestivamente contestata in appello -ha rilevato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui aveva sottolineato l’integrale imputabilità al Boccieri della causa di inadempimento ex adverso contestata e là dove aveva riscontrato l’effettività delle conseguenza dannose sofferte dagli originari attori, anche alla luce della prevedibile fondatezza nel merito della causa di opposizione a decreto ingiuntivo perduta per colpa del Boccieri;
sotto altro profilo, il giudice d’appello ha rilevato la correttezza della decisione del primo giudice, nella parte in cui aveva disatteso la domanda di manleva avanzata dal RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, avendo il RAGIONE_SOCIALE, al momento della stipula del contratto di assicurazione, omesso di informare l’assicuratore del rischio di dover rispondere contrattualmente nei confronti del COGNOME e della COGNOME a causa della vicenda in esame;
avverso la sentenza d’appello, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;
NOME COGNOME ed NOME COGNOME, da un lato, e la RAGIONE_SOCIALE dall’altro, resistono con due distinti controricorsi;
NOME COGNOME da un lato, e NOME COGNOME ed NOME COGNOME dall’altro, hanno depositato memoria;
considerato che,
con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per errata e falsa applicazione degli art. 299 e 301 c.p.c. in relazione all’art. 82 c.p.c., nonché per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360, nn. 3, 4 e 5 c.p.c.), per avere la Corte territoriale omesso di rilevare la nullità della sentenza di primo grado pronunciata senza la previa interruzione del processo, per essere rimaste, le controparti, prive del ministero o dell’assistenza di un
difensore legalmente esercente, dovendo ritenersi pacifica la rilevabilità d’ufficio di tale nullità, peraltro tempestivamente sollevata dall’odierno istante non appena venuto a conoscenza del fatto causativo dell’interruzione del processo;
il motivo è infondato;
osserva il Collegio come, al caso di specie, trovi applicazione il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale le nullità derivanti dall’erronea applicazione delle norme relative alle cause di interruzione del processo possono essere impugnate solo dalla parte colpita dagli eventi interruttivi, poiché le norme che disciplinano l’interruzione sono finalizzate alla sua esclusiva tutela (cfr. Sez. 1, sentenza n. 23486 del 26/08/2021, Rv. 662315 -01 e precedenti conformi: Sez. 6 – 3, ordinanza n. 21359 del 6/10/2020, Rv. 659158 -01; Sez. 3, sentenza n. 1574 del 24/01/2020, Rv. 656637 – 01);
da qui la correttezza della decisione del primo giudice che ha escluso la rilevabilità d’ufficio della ridetta causa di nullità del processo e della decisione del giudice di appello che l’ha confermata;
con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per errata e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223 e 2236 c.c. in relazione all’art. 165 e 645 c.p.c., nonché per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), per avere la Corte territoriale erroneamente affermato la sussistenza del danno denunciato dalla controparte in relazione alla perduta chance di un esito vittorioso del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, sulla base di un’errata e falsa applicazione del criterio probabilistico di accoglimento della causa presupposta (avuto particolare riguardo alla mancata proposizione dell’appello su iniziativa delle controparti), e per avere altresì trascurato l’applicazione dell’art. 2236 c.c. in presenza di
un caso di prestazione contrattuale implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nella specie determinata dallo stato di malattia dell’istante nel periodo utile alla costituzione nel giudizio di opposizione, alla quale lo stesso istante aveva diligentemente ovviato incaricando il fratello di una delle controparti al deposito degli atti per la tempestiva costituzione in giudizio;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, nel giudizio di responsabilità dell’avvocato per negligente svolgimento dell’attività professionale verso il cliente, la valutazione prognostica circa il probabile esito dell’azione giudiziale, avendo ad oggetto il nesso di causalità tra l’attività omessa e il possibile esito favorevole che sarebbe potuto derivare al cliente, attiene al merito di quel giudizio e, come tale, non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che tale valutazione si fondi su un presupposto manifestamente e totalmente errato di modo che la questione posta al giudice del merito sia di puro diritto, poiché l’errore di sussunzione è deducibile con il ricorso per cassazione (cfr., da ultimo, Sez. 3, sentenza n. 28903 del l’ 11/11/2024, Rv. 672565 – 01; v. altresì Sez. 3, sentenza n. 3355 del 13/02/2014, Rv. 630155 – 01);
ciò posto, l’odierna pretesa del COGNOME di ridiscutere in questa sede di legittimità la fondatezza delle ragioni che sarebbero state coltivabili in sede di opposizione a decreto ingiuntivo (in contrasto con le valutazioni operate dai giudici di merito) in altro non consiste se non in una proposta di rilettura nel merito dei fatti di causa e delle prove, sulla base di un’impostazione critica non consentita in questa sede, non avendo il ricorrente neppure dedotto (né risultando oggettivamente) che la valutazione prognostica espressa dal giudice a quo in ordine al probabile esito dell’azione giudiziale fosse fondata su presupposti
manifestamente e totalmente errati, tali da qualificare la questione posta al giudice del merito in termini di puro diritto;
con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per errata e falsa applicazione dell’art. 1891, co. 1, c.c. in relazione all’art 1917 c.c., delle norme in materia di assicurazione della responsabilità civile e manleva assicurativa, nonché per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.), per avere la Corte territoriale disatteso la domanda di manleva proposta dal RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE s.a. omettendo erroneamente di rilevare, in contrasto con la natura di assicurazione claims made della polizza conclusa, la mancata ricezione, da parte dell’istante, di alcuna ‘richiesta’ risarcitoria in occasione della conclusione del contratto, ed attesa la natura di mera ‘clausola di chiusura’ della dicitura (attribuita alla dichiarazione del contraente) ‘di non essere a conoscenza di elementi che possano dar luogo a richiesta di risarcimento ‘: richiesta nella specie intervenuta a distanza di due anni dalla stipulazione di detta polizza, a sua volta estesa alla copertura di periodi di tempo anteriori alla sua stessa conclusione;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come il ricorrente abbia prospettato il vizio in esame senza cogliere in modo specifico la ratio individuata dal giudice a quo a sostegno della decisione assunta;
sul punto, varrà richiamare il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare
un errore occorre identificarlo (e, quindi, fornirne la rappresentazione), l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito, considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; in riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un ‘ non motivo ‘ , è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ. (Sez. 3, sentenza n. 359 del 11/01/2005, Rv. 579564 – 01);
nella specie, avendo la Corte territoriale disatteso la domanda di manleva del COGNOME sul presupposto dell’invalidità della polizza dovuta alla mancata comunicazione, da parte dell’assicurato, al momento della stipulazione, di un’informazione essenziale (esattamente nell’adempimento della dichiarazione con la quale l’assicurato ha riconosciuto ‘ di non essere a conoscenza di elementi che possano dar luogo a richiesta di risarcimento ‘) , nel riproporre la questione della mancata ricezione, da parte dell’istante, di alcuna ‘richiesta’ risarcitoria in occasione della conclusione del contratto, o nel sottolineare, in modo criptico e comunque apodittico, la natura di mera ‘clausola di chiusura’ della dicitura, attribuita alla dichiarazione del contraente, ‘di non essere a conoscenza di elementi che possano dar luogo a richiesta di risarcimento ‘ (tenuto comunque fermo che ogni disputa sull’effettiva idoneità del contrasto insorto con i COGNOME–COGNOME a integrare effettivamente un elemento idoneo a ‘ dar luogo a una richiesta di risarcimento ‘ costituisce questione di puro merito non discutibile in
questa sede), dimostra di non essersi punto confrontato con la decisione impugnata, con la conseguente inammissibilità della censura per le specifiche ragioni in precedenza indicate;
sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate, per ciascuna parte, in complessivi euro 3.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge, da distrarsi, quanto alla relativa parte, in favore dell’avv.to NOME COGNOME dichiaratosi antistatario.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione