Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 23879 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 23879 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9801/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende, con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrente-
contro
COGNOME
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 1313/2023 depositata il 21/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
1.- NOME COGNOME ha dato mandato ad un primo difensore, per poi sostituirlo con l’avvocato NOME COGNOME al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti in occasione di un asserito incidente stradale.
Il COGNOME era stato investito da tale COGNOME nel fare retromarcia. Inizialmente, il fatto aveva dato origine ad un procedimento penale per il reato di rissa, in quanto era emerso che COGNOME e COGNOME, unitamente a tale COGNOME, erano coinvolti in reciproche aggressioni. Il che aveva portato ad attribuire a COGNOME il reato di lesioni gravi dolose nei confronti del ricorrente, essendosi ipotizzato che avesse voluto investirlo con la macchina, apparentemente in maniera volontaria.
Tuttavia, il fatto è emerso diversamente nel corso delle indagini, ossia è emerso che il COGNOME ed il COGNOME avevano aggredito COGNOME, e che costui, per sfuggire all’aggressione, era salito in macchina, messa la marcia indietro, ed investito inavvertitamente il COGNOME, ossia il ricorrente.
Il reato era stato dunque derubricato in lesioni colpose, ma dichiarato estinto per remissione di querela.
Il COGNOME, dopo la fine del procedimento penale, ha incaricato prima un avvocato di Bolzano e poi l’avvocato COGNOME, di Roma, di agire nei confronti dell’autore dell’illecito e delle compagnie di assicurazione.
Ciò in quanto la causa, da Milano, era stata spostata per competenza territoriale a Roma.
Il giudice civile ha dichiarato però prescritto il diritto al risarcimento.
2.- Il COGNOME ha agito poi nei confronti del difensore ritenendolo responsabile di avergli fatto perdere il risarcimento, e ciò in quanto, da un lato, l’avvocato non avrebbe interrotto la prescrizione in tempo; per altro verso, gli avrebbe fatto credere che la causa era stata vinta e che era imminente il pagamento del risarcimento, quando invece la domanda era stata rigettata, come si è detto, per prescrizione.
3.- Il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda di responsabilità professionale del difensore, per due motivi. In primo luogo, in quanto ha ritenuto non provato che l’incarico al COGNOME era stato conferito prima del 1999, ossia prima della citazione in giudizio, e che dunque costui avesse l’onere di interrompere la prescrizione prima di agire; in secondo luogo, in quanto, pur potendosi affermare che l’avvocato non aveva informato il cliente dell’esito negativo, costui non aveva dimostrato, che, facendo appello, avrebbe ribaltato la decisione e dunque vinto la causa.
4.- Il giudizio di appello ha confermato le valutazioni del primo grado in ordine alla probabilità che l’eventuale impugnazione venisse accolta. Ciò sulla base di quanto accertato dal Gip in sede penale, dove, come si è detto, il reato di rissa era stato escluso, e dove allo COGNOME era stato attribuito solo un fatto di lesioni colpose, procurate nell’intento di sottrarsi all’aggressione.
Per giungere a questa conclusione i giudici di appello hanno confermato il giudizio di primo grado anche quanto alla valutazione delle prove raccolte nel procedimento penale ed in particolare hanno confermato l’inattendibilità del teste COGNOME che ha depo sto nel giudizio civile, in quanto costui era coimputato in quello penale e comunque emergeva il suo coinvolgimento nella vicenda.
La ratio della decisione impugnata è dunque nel senso che non è stata fornita prova del nesso di causa tra la condotta negligente del difensore (che pure aveva omesso di avvisare dell’esito negativo della causa) ed il danno subito dal cliente, poiché non era emerso a
sufficienza che, se proposto appello, la decisione negativa di primo grado sarebbe stata riformata.
5.- Questa ratio è contestata dal ricorrente con sei motivi di censura. Nessuno degli intimati si è costituito.
Ragioni della decisione
1.- Il ricorrente, con i motivi di ricorso, fondamentalmente contesta il giudizio prognostico dei giudici di appello, ossia contesta il giudizio secondo il quale non è stato provato che, se proposto appello, l’esito sarebbe stato favorevole. I giudici di appello, come si è detto, hanno ritenuto che, pur essendo stato il difensore negligente, per non aver comunicato l’esito nega tivo del primo grado, non era emerso che tale inadempimento aveva causato danno al ricorrente, in quanto costui non aveva fornito prova che, ove avesse impugnato la sentenza, avrebbe ottenuto un esito favorevole.
Ciò detto, è principio di diritto che ‘ nel giudizio di responsabilità dell’avvocato per negligente svolgimento dell’attività professionale verso il cliente, la valutazione prognostica circa il probabile esito dell’azione giudiziale, avendo ad oggetto il nesso di causalità tra l’attività omessa e il possibile esito favorevole che sarebbe potuto derivare al cliente, attiene al merito di quel giudizio e, come tale, non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che tale valutazione si fondi su un presupposto manifestamente e totalmente errato di modo che la questione posta al giudice del merito sia di puro diritto, poiché l’errore di sussunzione è deducibile con il ricorso per cassazione’ (Cass. 28903/2024).
Dunque, la decisione di appello può essere censurata non per come abbia accertato i fatti, ossia non già quanto al giudizio circa la probabilità di vittoria che l’appello avrebbe avuto, ma può esserlo solo se tale giudizio prognostico è frutto di un errore di sussunzione, ossia ad esempio, perché la Corte di Appello ha riferito i fatti ad una
fattispecie non pertinente, e tale errore l’ha indotta ad escludere la probabilità di accoglimento della impugnazione.
1.1. I motivi di ricorso, invece, mirano tutti a contestare l’apprezzamento, in fatto, circa la probabilità di accoglimento dell’appello, e come tal i sono inammissibili.
2.- In particolare, con il primo motivo si prospetta violazione dell’articolo 116 c.p.c.
Sostiene il ricorrente che la Corte di Appello ha frainteso la decisione del GIP, attribuendo a quest’ultimo l’affermazione che l’investitore non era responsabile.
Secondo il ricorrente, il GIP non ha mai detto quello; ha solo dichiarato non doversi procedere perché era intervenuta la querela. Inoltre, anche ad ammettere che il giudice di appello ha interpretato la decisione del GIP e ne ha ricavato che l’investitore non era responsabile, tale interpretazione deve dirsi errata, in quanto ha condotto i giudici di appello a postulare una sorta di legittima difesa scriminante.
2.1. Il motivo, oltre che per quanto si è detto prima, è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi .
Lo è in base a quanto si è detto prima posto che non c’è errore di sussunzione in tale giudizio prognostico, né tale può essere il giudizio, espresso dalla Corte di appello, di una scriminate a carico del convenuto, che lo avrebbe posto al riparo da responsabilità, ove fosse stato fatto appello. Ciò in quanto nel valutare le probabilità di accoglimento di una impugnazione il giudice deve ovviamente porsi il problema della fondatezza della domanda (responsabilità del convenuto per fatto illecito) e della fondatezza delle probabili eccezioni (aver causato il danno per legittima difesa).
Il giudizio prognostico obbliga il giudice a valutare la fondatezza della domanda in ogni suo aspetto, anche quello giuridico, onde stabilire se aveva probabilità di essere accolta.
Né il ricorrente qui, a ben vedere, censura un errore di sussunzione o un errore giuridico: ossia non dice che la legittima difesa o una qualche forma di irresponsabilità del convenuto non erano in alcun modo prospettabili, a dispetto di quanto invece ritenuto dai giudici di appello; si limita a dire che non erano ricavabili dal giudizio penale, ossia dalla decisione del GIP di non dare luogo a procedere.
E su questo punto verte l’altro profilo di inammissibilità: I giudici di appello non hanno deciso in base al giudizio del GIP, ossia facendolo proprio; ma hanno autonomamente valutato le prove assunte nel giudizio penale, escludendo responsabilità del convenuto. Hanno cioè ritenuto che, in base all’accertamento fatto dal GIP, si poteva dire che l’incidente era stato causato involontariamente per difendersi dalla aggressione.
3.Il secondo motivo prospetta violazione dell’articolo 132 c.p.c. e contesta al giudice di merito una sorta di contraddizione nella motivazione.
3.1. Segue la sorte del primo. I giudici di merito hanno espresso giudizio autonomo, non vincolato dalla decisione del GIP.
4.- Il terzo motivo prospetta violazione degli articoli 55 c.p. e 2044 c.c.
Costituisce svolgimento degli altri due: ‘ Ora, nei precedenti due motivi abbiamo dedotto le ragioni per le quali deve ritenersi che, invece, il GIP abbia effettuato una valutazione della condotta dello COGNOME nella causazione del sinistro ai danni del Nocker, qualificandola come colposa ed abbia escluso la sussistenza di qualsivoglia scriminante.’ (p . 22 del ricorso).
4.1. Anche tale motivo è inammissibile.
Non coglie la ratio decidendi .
I giudici di appello hanno ipotizzato loro la scriminante, ed anche se non era esplicitamente indicata dal GIP, non impediva loro di ritenerla sussistente, a dimostrazione dell’esame autonomo svolto
dal giudice civile nel valutare la probabilità di accoglimento dell’appello.
5.Il quarto motivo prospetta violazione dell’articolo 132 c.p.c. e dunque nullità per manifesta contraddittorietà.
La questione attiene alla valutazione della testimonianza resa dal teste COGNOME che i giudici di appello hanno ritenuto inattendibile, sulla scorta di quello del primo grado.
Il motivo mira a dimostrare il contrario, ossia che il teste diceva il vero, e che dalle sue dichiarazioni era dunque possibile evincere una responsabilità del convenuto.
5.1. Il motivo è inammissibile.
Sotto l’apparente vizio di motivazione si cela una censura all’apprezzamento di una prova, ed al giudizio di attendibilità del teste, che non può qui essere tenuta in conto.
6.Il quinto motivo prospetta anche esso violazione dell’articolo 132 c.p.c. e dunque difetto assoluto di motivazione: ancora una volta per contraddittorietà.
La tesi è la seguente. Era emerso dagli atti che il convenuto aveva investito il ricorrente facendo retromarcia, Il fatto emergeva sia dalle stesse difese dei convenuti che da altri elementi.
I giudici di appello avrebbero ritenuto corretta l’affermazione del giudice di primo grado secondo cui le difese dei convenuti non potevano essere apprezzate in quanto non erano agli atti, non erano state depositate le comparse di costituzione.
6.1. Il motivo, oltre che inammissibile, per le ragioni già esposte, ossia in quanto mira a contestare un apprezzamento in fatto (come siano andate le cose e quale responsabilità possa avere avuto il convenuto) lo è per altra ragione: non dimostra la decisività della censura. Ove anche il giudice di merito avesse errato nel dire che le difese non erano valutabili, ciò non toglie che ha tratto il suo convincimento anche da altri elementi istruttori.
7.- Il sesto motivo prospetta violazione degli articoli 40, 41 c.p., e 1223 e 2043 c.c.
Si riduce a ciò: ‘se il COGNOME avesse offerto la prova del nesso eziologico tra la condotta del professionista Avv. COGNOME e l’evento del danno, considerando che, secondo una valutazione prognostica di carattere probabilistico, vi fossero elementi per ritenere che la domanda del COGNOME di risarcimento del danno nei confronti dello COGNOME sarebbe stata accolta ‘ (p. 27 del ricorso) .
7.1. Il motivo è inammissibile.
Si tratta di una apodittica ripetizione delle inammissibili censure dei motivi precedenti. Ossia mira a concludere (senza ulteriori censure) che la prova della responsabilità del convenuto era stata data e con essa quella della probabilità che l’appello ve nisse accolto.
Dunque, concludendo, le censure poste con i sei motivi di ricorso non hanno ad oggetto eventuali errori giuridici della decisione impugnata, bensì mirano a contestare l’accertamento discrezionale del giudice di merito circa il nesso di causa tra la condotta inadempiente del difensore ed il danno subito dal cliente; giudizio che, in questi casi, comporta una necessaria prognosi circa le probabilità di accoglimento dell’appello, ove fosse stato proposto. Si è visto come tale prognosi costituisca un giudizio riservato al giudice di merito e censurabile solo se sia il frutto di errori di sussunzione.
8. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Nulla spese, attesa la mancata costituzione degli intimati.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, se dovuto, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 3/06/2025.