Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33005 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33005 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26920/2022 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME (EMAIL;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv.to NOME COGNOME (EMAIL;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1355/2022 della CORTE D’APPELLO DI BARI, depositata il 19/9/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
ritenuto che,
con sentenza resa in data 19/9/2022, la Corte d’appello di Bari ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta da NOME COGNOME per la condanna di NOME COGNOME al risarcimento dei danni asseritamente subiti dall’attore in conseguenza degli inadempimenti dei quali la COGNOME si era resa responsabile nell’esecuzione del proprio mandato professionale di avvocato, avendo la COGNOME patrocinato il COGNOME in una causa di opposizione a decreto ingiuntivo emesso nei confronti di quest’ultimo e in favore di Bancapulia s.p.a. sulla base di un assegno bancario tratto dallo stesso COGNOME in favore della società RAGIONE_SOCIALE (autrice della girata per l’incasso a Bancapulia) e definita in senso negativo per l’opponente a causa di evidenti errori formali imputabili alla negligenza della COGNOME;
a fondamento della decisione assunta la Corte territoriale ha rilevato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui aveva evidenziato, la mancata dimostrazione, da parte dell’attore, del danno subito, essendo emersa, da un lato, la prevedibilità dell’infondatezza nel merito della causa di opposizione a decreto ingiuntivo promossa nell’interesse del Ruglio, ed avendo quest’ultimo comunque offerto elementi di prova del tutto inidonei a fornire un’adeguata attestazione dell’effettivo ricorso delle conseguenze dannose denunciate;
avverso la sentenza d’appello, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione;
NOME COGNOME resiste con controricorso;
considerato che,
con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 2013 c.c., dell’art. 21 della legge assegni e dell’art. 1 della legge n. 386/90, per avere la Corte territoriale
erroneamente affermato la prevedibile infondatezza dell’opposizione a decreto ingiuntivo promossa dal Ruglio, dovendo ritenersi che quest’ultimo non fosse passivamente legittimato rispetto al decreto ingiuntivo opposto e dovendo, in ogni caso, rilevarsi l’illegittimità di detto provvedimento monitorio, avendo il Ruglio conservato la facoltà di opporre tutte le eccezioni proponibili nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, avendo tale società (prima prenditrice dell’assegno bancario) girato quest’ultimo in favore di Bancapulia unicamente ‘per l’incasso’;
il motivo è inammissibile;
osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, nel giudizio di responsabilità dell ‘ avvocato per negligente svolgimento dell ‘ attività professionale verso il cliente, la valutazione prognostica circa il probabile esito dell ‘ azione giudiziale, avendo ad oggetto il nesso di causalità tra l ‘ attività omessa e il possibile esito favorevole che sarebbe potuto derivare al cliente, attiene al merito di quel giudizio e, come tale, non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che tale valutazione si fondi su un presupposto manifestamente e totalmente errato di modo che la questione posta al giudice del merito sia di puro diritto, poiché l’errore di sussunzione è deducibile con il ricorso per cassazione (cfr., da ultimo, Sez. 3, sentenza n. 28903 del l’ 11/11/2024, Rv. 672565 – 01; v. altresì Sez. 3, sentenza n. 3355 del 13/02/2014, Rv. 630155 – 01);
ciò posto, l’odierna pretesa del Ruglio di ridiscutere in questa sede di legittimità la fondatezza delle ragioni che sarebbero state coltivabili in sede di opposizione a decreto ingiuntivo (in contrasto con le valutazioni operate dai giudici di merito), in altro non consiste se non in una proposta di rilettura nel merito dei fatti di causa e delle prove, sulla base di un’impostazione critica non consentita in questa sede, non avendo il ricorrente neppure dedotto (né risultando oggettivamente)
che la valutazione prognostica espressa dal giudice a quo in ordine al probabile esito dell ‘ azione giudiziale fosse fondata su presupposti manifestamente e totalmente errati, tali da qualificare la questione posta al giudice del merito in termini di puro diritto;
con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2043 c.c., per avere la Corte territoriale erroneamente escluso che, per effetto dell’inadempimento della COGNOME, fosse comprovato per tabulas l’entità del proprio credito risarcitorio, corrispondente all’importo ingiunto in sede monitoria e dalle spese di giudizio sostenute a causa delle omissioni e della violazione dei doveri professionali da parte della COGNOME, nonché alla complessiva somma ingiunta con il successivo atto di precetto notificato ai propri danni, oltre alle spese della procedura esecutiva;
il motivo – certamente assorbito dal rigetto del primo motivo – è in ogni caso inammissibile;
al riguardo, è appena il caso di rilevare come, attraverso la proposizione della censura in esame, l’odierno ricorrente, lungi dal denunciare effettivamente il ricorso di un vizio di violazione di legge, si sia unicamente limitato a sollecitare il giudice di legittimità alla valutazione dell’efficacia rappresentativa degli elementi di prova offerti al giudizio, con particolare riguardo alla pretesa fondatezza della domanda risarcitoria proposta nei confronti della professionista convenuta; e tanto, sulla base di un’impostazione critica non consentita in sede di legittimità;
con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1241 c.c., nonché degli artt. 329 e 343 c.p.c., per avere la Corte territoriale omesso di rilevare l’intercorsa acquiescenza della controparte alla decisione di primo grado che nulla aveva disposto sulla domanda proposta in primo grado dalla COGNOME in ordine alla
compensazione dei pretesi crediti di quest’ultima con il credito invocato dal COGNOME nei relativi confronti a titolo di rimborso del fondo spese corrisposto alla COGNOME per l’opposizione al decreto ingiuntivo, con la conseguente erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha viceversa compensato tale ultimo credito del COGNOME con gli asseriti crediti della controparte, senza tener conto della ridetta acquiescenza della COGNOME in relazione al mancato accoglimento della richiesta di compensazione;
il motivo è inammissibile.
osserva il Collegio come il giudice di primo grado rigettò integralmente la domanda risarcitoria originariamente proposta dal COGNOME, e questa decisione di rigetto investì inevitabilmente anche la domanda di risarcimento degli importi pretesi dal COGNOME a titolo di rimborso del fondo spese corrisposto alla COGNOME per l’opposizione al decreto ingiuntivo;
ciò posto, la COGNOME non aveva alcun onere di proporre alcuna impugnazione incidentale avverso la decisione di primo grado; e ciò, proprio perché, con il rigetto integrale dell’originaria domanda del Ruglio, la domanda di compensazione della COGNOME doveva ritenersi (sia pure implicitamente) integralmente accolta (o comunque assorbita in senso improprio);
a seguito della proposizione del proprio appello principale, il Ruglio ha rimesso in discussione la questione dell’effettiva debenza di quell’importo (a titolo di fondo spese per la causa di opposizione al decreto ingiuntivo) e il giudice d’appello ha deciso esplicitando le ragioni della stessa compensazione che il giudice di primo grado deve ritenersi aver già implicitamente fatto proprie, attraverso il rigetto integrale della domanda del Ruglio, oppure dando corpo all’eccezione di compensazione già proposta dalla convenuta;
d’altro canto, se la COGNOME avesse in ipotesi trascurato di riproporre tale eccezione di compensazione in sede d’appello, ex art. 346 c.p.c., sarebbe spettato all’odierno ricorrente rilevare la questione e fornirne la prova in questa sede, nell’adempimento dei propri oneri di allegazione ex art. 366 n. 6 c.p.c.: occorrenze tutte, nella specie, non emerse;
con il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 88 e 92 c.p.c., per avere la Corte territoriale erroneamente confermato la condanna del Ruglio al rimborso delle spese di lite in favore della controparte, senza considerare l’avvenuto travisamento, da parte del primo giudice, dei fatti relativi alla procedura di mediazione, dai quali era emersa la scorrettezza del comportamento processuale della controparte, di per sé idoneo a giustificare l’integrale compensazione delle spese di lite;
il motivo è inammissibile.
osserva il Collegio come, attraverso la proposizione della doglianza in esame, il ricorrente censuri la mancata considerazione, da parte del giudice d’appello , al fine di procedere all’eventuale compensazione delle spese di lite, della scorrettezza del comportamento processuale della controparte, nella specie consistito nel trascurare totalmente gli inviti alla partecipazione alla mediazione svolta in previsione del giudizio;
si tratta, all’evidenza, di una censura che attiene, non già alla violazione dei parametri normativi evocati, bensì alla pretesa scorrettezza della valutazione discrezionale operata da entrambi i giudici di merito in ordine ai presupposti per la compensazione delle spese di lite; e ciò, sulla base dell’invocata revisione del giudizio sulla ritenuta correttezza (tale per valutazione implicita dei giudici di merito)
del comportamento processuale della convenuta, secondo un’impostazione critica come tale non consentita in sede di legittimità;
sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
Dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 4.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione