Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9584 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9584 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16143/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco protempore , rappresentato e difeso dall’ AVV_NOTAIO (EMAIL);
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.ta AVV_NOTAIO (EMAIL.);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 472/2021 della CORTE D’APPELLO DI ROMA, depositata il 24/03/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’11 /03/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
ritenuto che,
con sentenza resa in data 24/03/2021, la Corte d’appello di L’Aquila, in accoglimento dell’appello proposto da NOME COGNOME e in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta dal Comune di Torrevecchia Teatina per la condanna del COGNOME al risarcimento dei danni asseritamente subiti dal Comune in conseguenza dell’inadempimento professionale addebitato al COGNOME nell’esercizio delle funzioni di difensore del Comune di Torrevecchia Teatina nel quadro di un giudizio risarcitorio intentato contro il Comune; occasione nella quale il COGNOME avrebbe trascurato di verificare e comunicare al Comune l’avvenuta notificazione della sentenza pronunciata in sede di appello, determinando la dichiarazione di inammissibilità del successivo ricorso per cassazione proposto dal Comune;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale -ferma l’inconfigurabilità di alcun onere, a carico del COGNOME, di verificare e comunicare l’intervenuta notificazione della sentenza d’appello a seguito della revoca del mandato da parte del Comune, non essendo il professionista domiciliato in loco -ha rilevato come, pur quando nel giudizio a quo il ricorso per cassazione del Comune di Torrevecchia Teatina fosse stato tempestivamente proposto, lo stesso non avrebbe avuto alcun esito favorevole, essendosi le doglianze del Comune incentrate sostanzialmente sulla sola valutazione del compendio istruttorio esaminato in sede di merito e, dunque, sulla base di un’impostazione critica non consentita in sede di legittimità;
sotto altro profilo, il giudice d’appello ha evidenziato come un ruolo sostanzialmente assorbente -con riguardo al deAVV_NOTAIOo ritardo nella proposizione del ricorso per cassazione da parte del Comune -avessero rivestito gli inadempimenti del nuovo difensore del Comune
(succeduto al COGNOME), il quale, al momento del passaggio delle consegne, aveva ancora a disposizione più della metà del termine utile ai fini della proposizione del ricorso in sede di legittimità;
avverso la sentenza d’appello il Comune di Torrevecchia Teatina propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione;
NOME COGNOME resiste con controricorso;
entrambe le parti hanno depositato memoria;
considerato che :
con il primo motivo, il Comune ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione degli articoli 85 c.p.c. e 1176, comma 2, c.c. in relazione al combinato disposto degli artt. 170 e 285 c.p.c. e all’art. 82, comma 2, del R.D. n. 37 del 1934 (in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente escluso la responsabilità del COGNOME in considerazione della revoca del mandato e della relativa mancata domiciliazione in loco , in contrasto con i parametri normativi richiamati dal ricorrente, in forza dei quali il difensore, quale persistente destinatario della notificazione della sentenza (pure in caso di revoca del mandato) -e a maggior ragione in caso di mancata elezione di domicilio in loco -è comunque tenuto ad accertarsi dell’eventuale notificazione della sentenza presso il proprio domicilio legale, al fine di fornire la dovuta e puntuale informazione al cliente soccombente circa la decorrenza del termine breve d’impugnazione; e ciò, segnatamente nel caso di specie, in cui la notificazione della sentenza d’appello intervenne ben prima della riconsegna della documentazione di causa al Comune e del successivo conferimento, da parte di quest’ultimo, di un nuovo incarico ad altro difensore;
con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’art. 1227, comma 2, c.c. in relazione all’art. 1176, comma 2, c.c. (con riguardo all’art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto assorbente, in relazione al ritardo nella proposizione del ricorso per cassazione da parte del Comune istante, l’asserito inadempimento del nuovo difensore incaricato del ricorso, avendo il giudice d’appello illegittimamente ritenuto di fare applicazione, nel caso di specie, dell’art. 1227 c.c. in assenza di alcuna relazione creditoria tra il nuovo difensore e il COGNOME, e non essendo in ogni caso rimproverabile al nuovo difensore la circostanza di aver confidato nella ricorrenza del termine lungo d’impugnazione, in assenza delle essenziali informazioni che il COGNOME aveva colpevolmente omesso di trasmettergli;
con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. e dell’art. 1223 c.c., in relazione all’art. 1227 e 2051 c.c. (con riguardo all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente escluso il nesso di causalità tra i danni lamentati dal Comune e la responsabilità del COGNOME in relazione alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso (sul presupposto dell’avvenuta proposizione, da parte dell’amministrazione comunale, di censure di merito non consentite in sede di legittimità), atteso che l’impugnazione del Comune era stata avanzata attraverso l’articolazione di censure di pura legittimità e non già di merito;
con il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’art. 1223 c.c., in relazione all’art. 1227 e 2051 c.c. anche in ragione dell’omesso esame di dati di fatto decisivi (con riguardo all’art. 360, co 1, n. 3 e n. 5 c.p.c.), per avere la corte territoriale limitato la propria considerazione circa la
possibilità di accoglimento del ricorso per cassazione del Comune al solo terzo motivo di impugnazione, senza esaminare anche gli altri motivi che avrebbero dovuto essere necessariamente valutati al fine di raggiungere una legittima conclusione sulla pretesa carenza del nesso di causalità secondo il principio del più probabile che non ;
sotto altro profilo, il Comune ricorrente si duole della mancata valutazione, da parte della corte d’appello, della circostanza secondo cui un’eventuale tempestiva proposizione del ricorso per cassazione da parte del Comune avrebbe reso possibile una soluzione transattiva della controversia, in ipotesi idonea a tenere indenne l’amministrazione territoriale da ulteriori oneri;
il secondo motivo è inammissibile e tale da destituire di alcun residuo interesse la proposizione dei restanti motivi;
osserva al riguardo il Collegio come attraverso la proposizione del secondo motivo, il ricorrente -lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle norme di legge richiamate -si sia limitato ad allegare un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo , della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione, neppure coinvolgendo, la prospettazione critica del ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso, insistendo propriamente lo stesso nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo , con particolare riguardo alla questione concernente (la valutazione compiuta dalla corte d’appello circa) l’esigibilità, da
parte del nuovo difensore del Comune (agente, in ogni caso, in nome e per conto di quest’ultimo) , del dovere di informarsi tempestivamente sull’avvenuta notificazione della sentenza nel domicilio legale della parte, con la conseguente integrale imputabilità allo stesso del mancato rispetto del termine ancora fruibile per la proposizione del ricorso per cassazione; questione di fatto tale da risolvere in termini definitivi la questione dell’inesistenza di alcun nesso di causalità tra il danno denunciato dal Comune e la responsabilità del COGNOME;
nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ ubi consistam delle censure sollevate dall’odierno Comune ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti:
si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;
ciò posto, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 n. 5 c.p.c. ai fini del controllo della
legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;
come in precedenza evidenziato, il riscontro dell’inammissibilità del secondo motivo vale a destituire di alcun residuo interesse la proposizione dei restanti primo, terzo e quarto motivo di ricorso da parte del Comune ricorrente, essendo valsi, i temi affrontati nel ridetto secondo motivo, a risolvere in termini definitivi la questione dell’inesistenza di alcun nesso di causalità tra il danno denunciato dal Comune e la responsabilità del COGNOME;
sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del Comune ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 10.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione