Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18020 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18020 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 31238-2020 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO N. 2369/2020 del TRIBUNALE DI MANTOVA, depositato il 9/11/2020;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘adunanza in camera di consiglio del 28/4/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. NOME COGNOME ha chiesto l’ammissione allo stato passivo del RAGIONE_SOCIALE, dichiarato con sentenza del 5/10/2017, del credito maturato, per la somma di €. 158.750,00, oltre accessori, in prededuzione, in ragione delle
prestazioni professionali di assistenza svolte dallo stesso, nella qualità di avvocato, per la formulazione da parte della società poi fallita della domanda di concordato preventivo e del relativo piano.
1.2. Il giudice delegato ha respinto la domanda sul rilievo che: il professionista istante, pur ‘ essendo … a conoscenza ‘ (o, comunque, dovendo essere diligentemente a conoscenza), ‘ al momento della presentazione della domanda di concordato preventivo con riserva ‘ da parte della società, dell’intenzione degli amministratori di ‘ procedere al pagamento di debiti sorti antecedentemente alla presentazione della domanda ‘, nonché dell’effettiva esecuzione di tali pagamenti (come emerge ‘ dalla trasmissione, in bozza, ai professionisti, immediatamente prima della presentazione del ricorso, di un atto denominato <> tramite il quale veniva utilizzato un credito certo ed esigibile di quasi 700.000,00 euro vantato da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per eseguire, in corso di procedura, pagamenti di crediti concorsuali ‘), non aveva debitamente informato gli amministratori della necessità di procedere solo con le forme ed alle condizioni di cui all’art. 182 quinquies , comma 4°, l.fall.; la societa debitrice, a causa di tale inadempimento, nel periodo di tempo intercorrente tra l’8/11/2012 ed il 19/2/2013, aveva, pertanto, eseguito pagamenti di debiti concorsuali, lesivi degli interessi della massa, a mezzo di bonifici, assegni, effetti e delegazioni di pagamento, in favore di diciannove creditori anteriori, per la somma com plessiva di €. 1.721.280,28.
1.3. NOME COGNOME ha proposto opposizione allo stato passivo che il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha respinto.
1.4. Il tribunale, in particolare, ha rilevato che: – il corretto adempimento della prestazione professionale comporta
‘ il puntuale assolvimento del dovere di informazione del cliente fin dal momento dell’assunzione dell’incarico ‘; – il professionista istante, in vece, pur avendo ricevuto un ‘ ampio mandato ‘ , comprensivo di ‘ esame e studio ‘ ‘della documentazione economico-finanziaria della società ‘ nonché di ‘ predisposizione e deposito ricorso ex art. 161 comma VI L.F. ‘, non ha informato gli amministratori della società del ‘ divieto di eseguire pagamenti di crediti anteriori in difetto di autorizzazione ‘; -‘ si tratta ‘, infatti, ‘ di pagamenti non autorizzati per la ragguardevole cifra di oltre un milione e settecentomila euro ‘ per cui, a fronte dell’ampio mandato ricevuto, ‘ comprendente anche l’esame e lo studio della documentazione economicofinanziaria della società ‘, il professionista istante o ‘ ha omesso il dovuto controllo della documentazione contabile ‘ oppure ‘ se controllo c’è stato, non è stato eseguito con la dovuta diligenza ‘; – la delegazione di pagamento, in particolare, ad onta di quanto sostenuto dall’opponente, come risulta da una mail trasmessa alla COGNOME in data 8/11/2012 (contenente la richiesta da parte della delegata di apportare una serie di modifiche al testo della delegazione), non si era, al momento del deposito del ricorso prenotativo, e cioè il 7/11/2012, ancora perfezionata; -l’esecuzione degli indicati pagamenti ha leso la parità di trattamento tra i creditori, essendo stata incontestatamente sottratta ‘ liquidità per quasi due milioni di euro ‘, che ‘ avrebbe potuto essere impiegata per il pagamento dei creditori prededotti, dei dipendenti e degli altri creditori privilegiati ‘, i quali, infatti, ‘ non sono … stati pagati, a fronte di crediti chirografari che invece sono stati regolarmente soddisfatti sin dal 2012 in corso di procedura e senza che tale soddisfazione abbia portato alcuna concreta maggiore utilità al ceto creditorio ‘.
1.5. Il tribunale ha, quindi, ritenuto che il professionista opponente, non avendo ‘ avvertito la Società della necessità di ottenere le specifiche autorizzazioni ‘, non essendosi ‘ attivato per conseguirle ‘ , né avendo dato conto nel piano dei pagamenti eseguiti ‘ per importi comunque di assoluto rilievo ‘ (quanto meno di quelli di cui alla citata ‘ delegazione di pagamento ‘) , era stato inadempiente all” ampio mandato ricevuto ‘ e che, di conseguenza, l’opposizione proposta dallo stesso doveva essere rigettata.
1.6. NOME COGNOME con ricorso notificato il 9/12/2020, ha chiesto, per cinque motivi, la cassazione del decreto.
1.7. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
1.8. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione degli artt. 1460 e ss. c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che l’opponente aveva inadempiuto agli obblighi professionali assunti nei confronti della società committente, poi fallita, sul rilievo che lo stesso non aveva provveduto ad avvertire la debitrice della necessità di munirsi dell’autorizzazione del tribunale al fine di procedere al pagamento dei crediti anteriori al deposito della domanda di concordato preventivo, senza, tuttavia, considerare che: – il professionista istante non era a conoscenza delle delegazioni di pagamento che la società aveva predisposto, non avendo il Fallimento dimostrato in giudizio, pur avendone l’onere, che l’opponente era consapevole di tali operazioni o di altri pagamenti non autorizzati; l’incarico di valutare tali operazion i non era stato attributo all’opponente ma altri professionisti; – la proposta di concordato, comunque, ha
tenuto conto di tali pagamenti, al pari del commissario giudiziale, che, essendosi limitato a dato atto della loro esecuzione, li ha considerati, evidentemente, legittimi.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione degli artt. 1460 e ss. c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che l’opponente aveva inadempiuto agli obblighi professiona li assunti nei confronti della società committente, poi fallita, sul rilievo che lo stesso non aveva provveduto ad avvertire la debitrice della necessità di munirsi dell’autorizzazione del tribunale al fine di procedere al pagamento dei crediti anteriori al deposito della domanda di concordato preventivo, omettendo, tuttavia, di considerare che: – la legittimità della sospensione dell’adempimento dev’ essere valutata alla luce della gravità dell’inadempimento, con la conseguenza che, ove l’inadempimento sia di scarsa importanza, la sospensione del pagamento della controprestazione non è conforme a buona fede e non è, dunque, consentita; l’opponente , del resto, ha integralmente adempiuto al mandato ricevuto, avendo conseguito l’obiettivo auspicato, e cioè l’omologazione della proposta di concordato predisposta dallo stesso; -l’inadempimento che il Fallimento gli ha contestato, a fronte del risultato ottenuto, dev’essere, quindi, escluso o, al più, ritenersi privo del carattere di gravità che l’art. 1460 c.c. richiede al fine di giustificare il mancato pagamento del compenso maturato; le operazioni non autorizzate non hanno impedito al commissario giudiziale di esprimere parere favorevole alla fattibilità del piano, né hanno comportato la revoca o l’annullamento del concordato, che è stato invece risolto per inadempimento.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione dell’art. 173 l.fall., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che l’opponente non aveva adempiuto agli obblighi professionali assunti nei confronti della società committente, poi fallita, sul rilievo che lo stesso non aveva provveduto ad avvertire la debitrice della necessità di munirsi dell’autorizzazione del tribunale al fine di procedere al pagamento dei crediti anteriori al deposito della domanda di concordato preventivo, omettendo, tuttavia, di considerare che, nel caso in esame, non si è trattato di pagamenti di debiti anteriori ma di delegazioni di pagamento che la società ha stipulato con alcuni dei suoi fornitori e che tali operazioni non hanno provocato alcun danno né un danno poteva essere valutato ex ante .
2.4. Con il quarto motivo, il ricorrente, lamentando l’omessa e/o insufficiente motivazione con riguardo ad un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che l’opponente n on aveva adempiuto agli obblighi professionali assunti nei confronti della società committente poi fallita sul rilievo che lo stesso non aveva provveduto ad avvertire la debitrice della necessità di munirsi dell’autorizzazione del tribunale al fine di procedere al pagamento dei crediti anteriori al deposito della domanda di concordato preventivo, senza, tuttavia, considerare che: all’esito dell’entrata in vigore della disciplina del concordato con riserva, approvata solo pochi mesi prima, il divieto di eseguire pagamenti di debiti pregressi, a fronte dei dubbi concernenti gli effetti conseguenti alla presentazione della domanda di concordato con riserva, non era affatto certo; – a fronte di deleghe di pagamento conferite anteriormente al deposito della domanda di concordato con
riserva, i pagamenti sono stati eseguiti non dalla società ma dal delegato, con la conseguenza che, ove ritenuti illegittimi, l’esecuzione degli stessi non costituisce una pretesa negligenza dell’ advisor legale ma solo il presupposto per intraprendere un’iniziativa per la loro ripetizione nei confronti del delegato e dei beneficiari.
2.5. I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili, con assorbimento del quinto (che riguarda l’omessa pronuncia sulla richiesta di riconoscimento della prededuzione).
2.6. Il tribunale, infatti, ha rigettato la domanda di ammissione al passivo del credito al compenso asseritamente maturato dall’opponente sul rilievo che la prestazione professionale dedotta dall’istante a fondamento della domanda era stata svolta dallo stesso senza osservare la misura di diligenza richiesta dall’art. 1176, comma 2°, c.c. e che l’eccezione d’inadempimento sollevata dal Fallimento doveva essere, di conseguenza, accolta.
2.7. Il tribunale, in effetti, ha , tra l’altro, ritenuto che: il professionista istante aveva ricevuto un ‘ ampio mandato ‘ comprensivo di ‘ esame e studio’ ‘della documentazione economico-finanziaria della società ‘ nonché di ‘ predisposizione e deposito ricorso ex art. 161 comma VI L.F. ‘ ed aveva, quindi, l’obbligo di procedere, ‘con la dovuta diligenza ‘, al ‘ dovuto controllo della documentazione contabile ‘ della società committente; l’istante, tuttavia, pur dovendo diligentemente conoscere la predetta documentazione, o ‘ ha omesso il dovuto controllo della documentazione contabile ‘ oppure, ‘ se controllo c’è stato, non è stato eseguito con la dovuta diligenza ‘, e non ha, pertanto, informato gli amministratori della società, come avrebbe invece dovuto, del ‘ divieto di eseguire pagamenti di
crediti anteriori in difetto di autorizzazione ‘; – la societa ha, così, eseguito ‘ pagamenti non autorizzati per la ragguardevole cifra di oltre un milione e settecentomila euro ‘ che, in violazione della parità di trattamento tra i creditori, hanno sottratto ‘ liquidità per quasi due milioni di euro ‘, che ‘ avrebbe potuto essere impiegata per il pagamento dei creditori prededotti, dei dipendenti e degli altri creditori privilegiati ‘, i quali, infatti, ‘ non sono … stati pagati, a fronte di crediti chirografari che invece sono stati regolarmente soddisfatti sin dal 2012 in corso di procedura e senza che tale soddisfazione abbia portato alcuna concreta maggiore utilità al ceto creditorio ‘ .
2.8. Il tribunale ha, quindi, ritenuto che il professionista opponente, non avendo ‘ avvertito la Società della necessità di ottenere le specifiche autorizzazioni ‘, non essendosi ‘ attivato per conseguirle ‘, né avendo dato conto nel piano dei pagamenti eseguiti ‘ per importi comunque di assoluto rilievo ‘ , era stato, dunque, inadempiente agli obblighi contrattualmente assunti dallo stesso.
2.9. Tali statuizioni, intanto, sono insindacabili in relazione agli accertamenti in fatto sui quali sono fondate.
2.10. La valutazione delle prove raccolte costituisce, infatti, un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione.
2.11. L’unico vizio deducibile sul punto è, come stabilito dall’art. 360 n. 5 c.p.c., quello in cui sia caduto il giudice di merito che, in sede di accertamento della fattispecie concreta, abbia: – a) omesso del tutto l’ esame (e cioè la ‘ percezione ‘) di uno o più fatti storici, principali o secondari, la cui esistenza risulti per contro dal testo della sentenza o (più probabilmente)
dagli atti processuali, che siano stati oggetto di discussione (e cioè controversi) tra le parti ed abbiano carattere decisivo (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014), nel senso che, ove percepiti, avrebbero senz’altro imposto al giudice di merito di ritenere sussistenti i fatti dedotti dalla parte ricorrente a fondamento della domanda o dell’eccezione dalla stessa proposta; – b) supposto l’esistenza di uno o più fatti storici, principali o secondari, la cui verità risulti per contro incontrastabilmente esclusa dal testo della stessa sentenza o dagli atti processuali, sempre che siano stati controversi tra le parti ed abbiano avuto, nei termini esposti, carattere decisivo (Cass. SU n. 5792 del 2024, in motiv., punto 10.14), nel senso che, ove esclusi, avrebbero senz’altro imposto al giudice di merito di ritenere sussistenti i fatti dedotti dalla parte ricorrente a fondamento della domanda o dell’eccezione dalla stessa proposta .
2.12. L’omesso esame degli elementi istruttori forniti o invocati non dà luogo, pertanto, al vizio in esame qualora (come è accaduto nel caso in esame) i fatti storici rilevanti ai fini della decisione sulla domanda proposta (e cioè il corretto e diligente adempimento da parte del professionista quale fatto costitutivo del diritto al compenso dallo stesso azionato) siano stati comunque presi in considerazione dal giudice di merito ancorché la pronuncia resa dallo stesso non abbia, in ipotesi, dato conto di tutte le risultanze asseritamente emergenti dalle prove acquisite o richieste in giudizio (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014).
2.13. Quanto al resto, le statuizioni del tribunale sono giuridicamente corrette.
2.14. Rileva la Corte, come già condivisibilmente affermato in altre occasioni (cfr. Cass. n. 35489 del 2023, in motiv.; Cass. n. 18587 del 2024, in motiv.), che: – nel giudizio di verifica conseguente alla domanda di ammissione del credito
vantato dal professionista al compenso asseritamente maturato, il curatore del fallimento della società committente è legittimato a sollevare l’eccezione d’inadempimento, secondo i canoni diretti a far valere la responsabilità contrattuale, vale a dire con il (solo) onere di contestare, in relazione alle circostanze del caso, la non corretta (e cioè negligente) esecuzione, ad opera del contraente in bonis , della prestazione o l’incompleto adempimento da parte dello stesso; l’eccezione d’inadempimento , peraltro, non è subordinata alla presenza degli stessi presupposti richiesti per la risoluzione del contratto in quanto la gravità (e, a fortiori , la dannosità) dell’inadempimento è un requisito specificamente previsto dalla legge per la risoluzione dello stesso (e per l’azione di risarcimento dei danni conseguentemente arrecati) e trova ragione nella radicale definitività di tale rimedio, e cioè lo scioglimento del rapporto contrattuale, mentre l’eccezione d’inadempimento, che può essere dedotta anche in caso di adempimento solo inesatto, si limita a consentire alla parte che la solleva il legittimo rifiuto di adempiere in favore dell’altro contraente che già non ha adempiuto (o ha adempiuto inesattamente) la propria obbligazione (cfr. Cass. n. 12719 del 2021); – il professionista, dunque, a fronte dell’eccezione d’inadempimento sollevata dal cliente o, come nel caso in esame, dal curatore del suo Fallimento, ha l’onere (al di fuori di un’obbligazione di risultato, pari al successo pieno della procedura), di di mostrare l’esattezza del suo adempimento per la rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera ovvero l’imputazione a fattori esogeni, imprevisti e imp revedibili, dell’evoluzione negativa della procedura, culminata nella sua cessazione (anticipata o non approvata giudizialmente) e nel conseguente fallimento
(Cass. SU n. 42093 del 2021); – il credito del professionista incaricato dal debitore di predisporre gli atti per accedere alla procedura di concordato preventivo, può essere, di conseguenza, escluso dal concorso nel successivo e consecutivo fallimento, tutte le volte in cui, sulla base delle prove raccolte il giudizio, si accerti, com’è accaduto nel caso in esame, l’inadempimento dell’istante alle obbligazioni assunte (Cass. SU n. 42093 del 2021, in motiv.; conf., Cass. n. 36319 del 2022); – il diritto del professionista al compenso, in effetti, se non implica il raggiungimento del risultato programmato con il conferimento del relativo incarico, richiede nondimeno che il giudice di merito accerti, in fatto, la concreta ed effettiva idoneità funzionale delle prestazioni svolte a conseguire tale risultato, essendo evidente che, in difetto, pur in mancanza di una responsabilità contrattuale del professionista a tal fine incaricato, come nel caso in cui tale risultato non sia stato ottenuto per fatti ulteriori e diversi dal mancato o negligente adempimento da parte del professionista, non potrebbe neppure parlarsi di atto di esecuzione della prestazione contrattualmente dovuta da parte dello stesso (cfr. Cass. n. 36071 del 2022, in motiv.).
2.15. Non può dubitarsi, in effetti, che tanto il commercialista, quanto l ‘ avvocato, dopo aver accettato l ‘ incarico di predisporre e/o di patrocinare una domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, con i relativi allegati documentali, hanno l ‘ obbligo, al pari dell ‘ attestatore, di eseguire la corrispondente prestazione professionale con la diligenza richiesta, a norma dell ‘ art. 1176, comma 2°, c.c., dalla natura dell ‘ incarico assunto: vale a dire, tra l ‘ altro, con la redazione di una proposta di concordato che, dovendo essere funzionale al conseguimento del risultato
perseguito dal debitore (e cioè la regolazione, attraverso la procedura di concordato preventivo, della propria crisi), sia, quanto meno, rispettosa, nella forma e nel contenuto, delle norme giuridiche inderogabili previste dalla legge al fine di conseguire, di volta in volta, l’ammissione a tale procedura, la conservazione di tale ammissione, l ‘ approvazione della proposta da parte dei creditori e l ‘ omologazione della stessa da parte del tribunale (cfr. Cass. n. 11522 del 2020).
2.16. Si pensi, in particolare, per quanto rileva, alla norma che, sia pur implicitamente ma inequivocamente, vieta (come si desume dall ‘ art. 168, comma 1°, l.fall.) al debitore proponente di eseguire, nel periodo successivo alla domanda di concordato preventivo (anche se con riserva), atti di pagamento di debiti anteriormente scaduti, in quanto lesivi della par condicio (cfr. Cass. n. 3324 del 2016), salvo che si tratti di pagamenti autorizzati dal giudice delegato a norma dell ‘ art. 167 l.fall. quali ‘ atti eccedenti l ‘ ordinaria amministrazione ‘ funzionali ‘ ad assicurare il buon esito della procedura ‘ (Cass. n. 16808 del 2019, in motiv.) ovvero di pagamenti autorizzati dal tribunale ai sensi dell ‘ art. 182 quinquies , comma 4°, l.fall. in relazione a prestazioni di beni o servizi ‘ essenziali per la prosecuzione dell ‘ attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori ‘ (Cass. n. 16808 del 2019, in motiv.).
2.17. Il pagamento non autorizzato dal giudice di un debito scaduto eseguito (se del caso a mezzo di una delegazione di pagamento, la quale, esaurendosi nell ‘ indicazione al creditore della persona alla quale il debitore ordina di eseguire la prestazione, si perfeziona con la necessaria partecipazione tanto del delegante debitore, quanto del terzo che accetta il relativo incarico: cfr. Cass. n. 3179 del 1991) in data successiva al deposito della domanda di concordato preventivo, determina,
infatti, in linea di principio, la revoca dell’ammissione alla procedura, ai sensi dell’art. 173, comma 3°, l.fall., a meno che non ricorra il caso (escluso, in fatto, dal tribunale) in cui (si dimostri che) tale pagamento non sia stato pregiudizievole per l ‘ interesse dei creditori, in quanto ispirato al criterio della loro migliore soddisfazione, né sia stato diretto a frodarne le ragioni, così pregiudicando le possibilità di adempimento della proposta formulata con la domanda di concordato (cfr. Cass. n. 16809 del 2019; Cass. n. 3324 del 2016; Cass. n. 11958 del 2018).
2.18. Il professionista designato per la predisposizione della proposta, nel caso in cui ometta di informare il debitore che abbia presentato (o stia per presentare) la domanda di ammissione al concordato preventivo del divieto giuridico di eseguire, dopo il deposito del relativo ricorso, atti di pagamento di debiti concorsuali (salvo che con le prescritte autorizzazioni giudiziali), dà, pertanto, luogo, in ragione dell’ imperizia conseguente alla inescusabile ignoranza delle norme giuridiche che presiedono all ‘ attività giuridica della committente per il periodo successivo al deposito del ricorso, al colpevole inadempimento agli obblighi contrattualmente assunti, a mezzo dell ” ampio mandato ricevuto ‘ (comprensivo, tra l ‘ altro, della redazione del ricorso per l ‘ ammissione della procedura e del ‘ supporto continuativo ai vari uffici/reparti della società nella gestione ordinaria della stessa ‘ ), verso la stessa.
2.19. Si tratta, in effetti, di una prestazione che, nella misura in cui non ha impedito (come avrebbe dovuto) la violazione del regime giuridico degli atti che il debitore compie nel corso della procedura ed ha, come tale, esposto il cliente al grave rischio di non realizzare l’interesse perseguito dallo stesso con il contratto di prestazione d’opera stipulato con il professionista (cfr. Cass. n. 17106 del 2023), risulta,
evidentemente, già ex ante (e quindi a prescindere dalla verificazione concreta dell ‘ esito infausto della procedura) priva della necessaria funzionalità, in relazione alla natura e alle caratteristiche del procedimento giudiziale in cui la stessa è stata eseguita, al l’effettivo raggiungimento del risultato perseguito dal cliente, e cioè, nel caso in esame, l ‘ ammissione al concordato preventivo (nonché la conservazione di tale ammissione) e l ‘ omologazione dello stesso.
2.20. E ‘ vero, dunque, che le obbligazioni inerenti all ‘ esercizio di un ‘ attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l ‘ incarico, s ‘ impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato ma non a conseguirlo, e che l ‘ inadempimento del professionista non può essere, pertanto, desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile perseguito dal cliente, dovendo essere, piuttosto, valutato alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell ‘ attività professionale ed, in particolare, al dovere di diligenza professionale fissato dall ‘ art. 1176, comma 2°, c.c..
2.21. Non è men vero, tuttavia, che sussiste l ‘ inadempimento del professionista verso il cliente tutte le volte in cui, come nel caso in esame, il giudice di merito, in relazione alla natura e alle caratteristiche del procedimento giudiziale in cui la prestazione del professionista sia stata (o doveva essere) svolta e all ‘ interesse del cliente alla relativa esecuzione, abbia accertato, avendo riguardo alla situazione ex ante (e non, ex post , all ‘ esito del giudizio), la negligente inadeguatezza funzionale della prestazione in concreto svolta rispetto al risultato perseguito dal cliente così come (implicitamente o esplicitamente) dedotto nel contratto di prestazione d ‘ opera
professionale (cfr. Cass. n. 30169 del 2018; Cass. n. 11906 del 2016).
2.22. Il diritto del professionista al compenso, invero, se non implica il raggiungimento del risultato programmato con il conferimento del relativo incarico, richiede, nondimeno, che il giudice di merito accerti, in fatto, la concreta ed effettiva idoneità delle prestazioni svolte a conseguire tale risultato, essendo, in effetti, evidente che, in difetto, non potrebbe neppure parlarsi di atto di adempimento degli obblighi contrattualmente assunti dallo stesso (cfr. Cass. n. 36071 del 2022, in motiv.).
2.23. Il mancato (o l ‘ inesatto) adempimento da parte del professionista all ‘ obbligo di dare esecuzione all ‘ incarico ricevuto con la diligenza richiesta dalla natura dell ‘ opera affidatagli e da tutte le circostanze del caso, ove sia stato idoneo (com ‘ è accaduto nel caso in esame) ad incidere sugli interessi perseguiti dal cliente (come la società committente che, in conseguenza dell’accertato inadempimento, ha indebitamente rischiato di non conseguire il risultato evidentemente perseguito, e cioè l’omologazione del concordato preventivo proposto e, prima ancora, l’ammissione a tale procedura), consente a quest’ultimo (ovvero, in caso di fallimento, il suo curatore) di sollevare, ai sensi dell’art. 1460 c.c., l’eccezione d’inadempimento e, quindi, di rifiutare legittimamente il pagamento (o l’ammissione al passivo del credito al) relativo compenso.
2.24. E non solo: a fronte dell’errore commesso dal professionista, che ha messo indebitamente a rischio il diritto del cliente alla regolazione concordataria della propria crisi d’impresa, appare oltremodo evidente che la (residua) attività difensiva comunque svolta dal professionista risulta giuridicamente inutile (cfr. Cass. n. 35489 del 2023, in motiv.),
dovendosi, in effetti, ritenere che, a fronte di una prestazione oggettivamente inidonea (com ‘ è rimasto incontestato) al conseguimento dell ‘ interesse della società committente, la sua obbligazione contrattuale è stata totalmente inadempiuta ed improduttiva di effetti nei confronti di quest ‘ ultima, con la conseguenza che, in tal caso, il professionista non vanta alcun diritto (suscettibile di essere ammesso al passivo) al compenso, anche se l ‘ adozione dei mezzi difensivi rivelatisi pregiudizievoli al cliente sia stata, in ipotesi, sollecitata dal cliente stesso, poiché costituisce compito esclusivo del professionista la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell ‘ attività professionale (Cass. n. 10289 del 2015).
2.25. Il decreto impugnato si è attenuto ai principi esposti: lì dove ha escluso la rispondenza della condotta dell ‘ opponente al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera, in ragione dell ‘ imperizia tecnico-giuridica con cui la stessa risulta essere stata svolta, senza che sia, per contro, risultato che l ‘ opponente abbia dimostrato nel giudizio di opposizione di aver pienamente adempiuto agli obblighi contrattualmente assunti nei confronti della committente, fornendo ai relativi amministratori le informazioni di volta in volta necessarie (compresa quella relativa al regime giuridico applicabile ai suoi atti in conseguenza della presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo) a consentire alla stessa di conseguire e (comunque) di conservare l ‘ ammissione alla divisata procedura concorsuale.
Il ricorso , per l’inammissibilità di tutti i suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale dev’essere, quindi, dichiarato.
4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
5. La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il primo, il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, assorbito il quinto; condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese di lite, che liquida in €. 6.700,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima