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Responsabilità art. 1669 c.c.: non per vizi lievi

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un proprietario che lamentava difetti post-sopraelevazione. Secondo la Corte, la responsabilità art. 1669 c.c. del costruttore e del progettista non sussiste se i vizi, come le fessurazioni, derivano da un fisiologico assestamento della struttura e non compromettono la stabilità o il godimento essenziale dell’immobile, non configurandosi quindi come “gravi difetti”.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

La responsabilità art. 1669 c.c. per vizi edilizi: non tutte le crepe sono uguali

Quando si commissionano lavori di ristrutturazione o costruzione, la comparsa di difetti come crepe o lesioni è una delle maggiori preoccupazioni per ogni proprietario. Ma quando questi vizi sono abbastanza seri da far scattare la speciale garanzia decennale del costruttore? Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui confini della responsabilità art. 1669 c.c., chiarendo che non ogni imperfezione equivale a un “grave difetto”.

I Fatti del Caso: una sopraelevazione e le crepe successive

Un proprietario, dopo aver commissionato lavori di sopraelevazione di un immobile, riscontrava la comparsa di diverse lesioni. Le crepe interessavano i muri esterni, le tramezzature e i travetti del solaio, oltre a sconnessioni nella pavimentazione. Di conseguenza, citava in giudizio sia l’appaltatore che il progettista e direttore dei lavori, chiedendo il risarcimento dei danni.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello respingevano la domanda. Secondo i giudici di merito, sulla base delle consulenze tecniche, i problemi non erano tali da compromettere la stabilità dell’edificio. La questione è così giunta all’attenzione della Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione e la portata della responsabilità art. 1669 c.c.

La Suprema Corte ha confermato le decisioni dei gradi precedenti, rigettando il ricorso del proprietario. Il fulcro della decisione ruota attorno all’interpretazione del concetto di “grave difetto” secondo l’art. 1669 del Codice Civile. I giudici hanno stabilito che, nel caso specifico, i difetti lamentati non rientravano in questa categoria.

Le fessurazioni, sebbene presenti, erano state attribuite a un fisiologico assestamento della struttura, amplificato da una preesistente eccessiva flessibilità del solaio e da lavori di finitura non eseguiti a regola d’arte da un’altra impresa. Cruciale è stato il fatto che, anche a distanza di anni, la situazione era rimasta immutata e non era emerso alcun pericolo per la tenuta statica del manufatto.

Le Motivazioni della Corte: la nozione di “Grave Difetto”

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire i principi che regolano la responsabilità art. 1669 c.c.. Questa norma prevede una forma di responsabilità extra-contrattuale, a tutela non solo del committente ma dell’interesse pubblico alla sicurezza delle costruzioni. Proprio per questo, si applica solo in presenza di vizi che incidono in modo sensibile sugli elementi essenziali e sulla funzionalità dell’opera.

Un “grave difetto” si configura quando:

1. Mena la stabilità e la durata dell’edificio: Rientrano in questa categoria i vizi che possono portare alla rovina, totale o parziale, o che ne compromettono la conservazione nel tempo.
2. Riduce in modo apprezzabile il godimento del bene: Si tratta di alterazioni che pregiudicano la normale utilizzazione dell’immobile secondo la sua funzione, come gravi infiltrazioni o problemi strutturali che generano un timore per la sicurezza.

Nel caso esaminato, le perizie avevano escluso un rischio per la stabilità. Le lesioni erano il risultato di un assestamento prevedibile per una struttura con quelle caratteristiche, e non di un errore di progettazione o esecuzione. Pertanto, non potevano essere classificati come “gravi difetti” ai sensi della norma invocata. La Corte ha sottolineato che il progettista e il costruttore hanno il dovere di valutare l’idoneità della struttura preesistente, ma la loro responsabilità è esclusa se i fenomeni successivi non erano prevedibili e non compromettono la funzionalità essenziale dell’edificio.

Le Conclusioni: implicazioni pratiche

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: non tutte le imperfezioni che emergono dopo un lavoro edile attivano automaticamente la garanzia decennale. La responsabilità art. 1669 c.c. è riservata a situazioni di una certa gravità, che vanno oltre il mero difetto estetico o la piccola fessurazione da assestamento.

Per i proprietari, ciò significa che, prima di intraprendere un’azione legale, è fondamentale ottenere una perizia tecnica che valuti non solo la presenza del difetto, ma anche e soprattutto la sua incidenza sulla stabilità e sulla fruibilità dell’immobile. Per costruttori e progettisti, la sentenza ribadisce l’importanza della diligenza nella valutazione delle strutture esistenti, ma li solleva da una responsabilità oggettiva per fenomeni di assestamento fisiologico che non degenerano in un effettivo pericolo o in una grave menomazione dell’uso del bene.

Quando un difetto di costruzione è considerato “grave” ai sensi dell’art. 1669 c.c.?
Un difetto è considerato “grave” quando incide in misura sensibile sugli elementi essenziali di struttura e funzionalità dell’edificio, compromettendone la stabilità, la durata o riducendo in modo apprezzabile il normale godimento del bene.

Il costruttore è sempre responsabile per i difetti che appaiono dopo una sopraelevazione?
No, la sua responsabilità può essere esclusa se i difetti derivano da un fisiologico assestamento della struttura preesistente, non erano prevedibili al momento dei lavori e, soprattutto, non compromettono la tenuta statica del manufatto né integrano l’ipotesi di “gravi difetti”.

Qual è la responsabilità del progettista in caso di lavori su un edificio esistente?
Il progettista ha un dovere di diligenza particolarmente qualificata che gli impone di accertare l’idoneità statica delle strutture esistenti prima di procedere con la sopraelevazione. Tuttavia, la sua responsabilità è esclusa se i problemi che si manifestano non erano prevedibili e non costituiscono gravi difetti che minano la stabilità o la funzionalità dell’opera.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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