Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31190 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31190 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31665/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ,
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE ,
RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la sentenza n. 430/2020, depositata dalla Corte d ‘ appello di Genova l ‘ 8.5.2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24.9.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, all ‘ esito di procedura di gara, affidò l ‘ esecuzione dei lavori di sistemazione strutturale della INDIRIZZO a RAGIONE_SOCIALE, con la quale stipulò il relativo contratto in data 15.7.2003. A fronte di vizi riscontrati in sede di collaudo e riguardanti il sottoservizio idrico, il RAGIONE_SOCIALE promosse accertamento tecnico preventivo e, a seguire, citò la società dinanzi al Tribunale di Savona per il risarcimento del danno.
Il Tribunale, riconosciuto il diritto del RAGIONE_SOCIALE al risarcimento, condannò RAGIONE_SOCIALE al pagamento di € 91.358,76 e respinse la domanda di manleva in quella stessa sede proposta dalla società nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, fornitrice delle tubazioni impiegate nella costruzione della rete idrica, con conseguente assorbimento della domanda proposta da quest ‘ ultima società nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, produttrice delle tubazioni.
Avverso tale pronuncia RAGIONE_SOCIALE propose appello, censurando, in primo luogo, il rigetto delle eccezioni di decadenza e prescrizione dell ‘ azione ex art. 1669 c.c., sul presupposto che i vizi costruttivi della rete idrica fossero da ritenere conosciuti già dal 2004, e non solo dal 2007, come ritenuto dal giudice di
contro
primo grado; in secondo luogo, la società ribadì la tesi secondo cui l ‘ opera sarebbe stata eseguita conformemente al progetto e al contratto, nonché a regola d ‘ arte; in terzo luogo, lamentò il rigetto della domanda di manleva promossa nei confronti della società fornitrice delle tubazioni, atteso che i danni all ‘ opera realizzata sarebbero stati da attribuire alla cattiva qualità dei materiali da questa impiegati.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE propose appello incidentale condizionato, ribadendo la propria domanda di manleva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, produttrice delle tubazioni.
La Corte d ‘ Appello di Genova, pronunciandosi sugli appelli così proposti, rigettò l ‘ appello principale limitatamente ai primi due motivi di gravame, ed accolse invece, parzialmente, il terzo motivo, affermando la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE per i vizi della merce fornita e condannandola a rimborsare un terzo del risarcimento dovuto al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. La Corte territoriale accolse, altresì, l ‘ appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE, ponendo a carico di NOME COGNOME SRAGIONE_SOCIALE l ‘ obbligo di rimborsarle l’intero danno risarcito a RAGIONE_SOCIALE
Contro la sentenza di secondo grado RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE si sono difese con controricorso. RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ex art. 380bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, RAGIONE_SOCIALE censura la sentenza della Corte d ‘ Appello di Genova per «violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 1669 c.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».
Ad avviso della ricorrente il giudice del merito avrebbe errato nel l’individuare la decorrenza del termine per la denuncia del vizi, fissandola al 19.6.2007, quando venne acquisita al protocollo del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la relazione di esito negativo del collaudo, invece che al 27.9.2004, quando il responsabile unico del procedimento aveva respinto il certificato di regolare esecuzione rilasciato dal direttore dei lavori, affidando l’ incarico ad altro professionista per il collaudo esterno. Secondo la ricorrente i vizi dovevano reputarsi conosciuti già a tale data (27.9. 2004), con conseguente tardività della denuncia effettuata il 20.11.2007. Si contesta, inoltre, alla Corte d ‘ appello di non avere tenuto conto che il RAGIONE_SOCIALE aveva eseguito alcuni interventi di riparazione già nei primi mesi del 2005 e si sostiene che la conoscenza dei vizi avrebbe dovuto essere fatta risalire quantomeno a questo periodo.
1.1. Il motivo è inammissibile, perché, dietro la dichiarata intenzione di denunciare un vizio di violazione di norme di diritto, si pretende, in realtà, un riesame dell’accertamento del fatto, che non è consentito in sede di legittimità.
L ‘ art. 1669 c.c., sulla responsabilità dell ‘ appaltatore, prevede che, «Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l ‘ opera per vizio del suolo o per difetto della costruzione rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l ‘ appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta denuncia entro un anno dalla scoperta». Tale di-
sposizione è stata interpretata dalla giurisprudenza di legittimità come espressiva di una ipotesi di responsabilità extracontrattuale, con carattere di specialità rispetto all ‘ art. 2043 c.c. (Cass. n. 27385/2023), la cui funzione è di tutelare l ‘ esigenza della conservazione e funzionalità degli edifici e di altri immobili destinati, per loro natura, a lunga durata (Cass. n. 23470/2023). Il termine annuale per la denuncia previsto dal secondo comma decorre -secondo gli arresti giurisprudenziali più recenti -dal momento in cui il committente consegue un apprezzabile grado di conoscenza obiettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall ‘ imperfetta esecuzione dell ‘ opera (eventualmente attraverso una relazione di consulenza tecnica), non essendo sufficiente la constatazione di segni esteriori di danno o di pericolo, salvo che si tratti di manifestazioni indubbie come cadute o rovine estese (Cass. n. 13707/2023). Per la piena e completa conoscenza dei vizi e delle loro cause non è dunque necessario che, ai fini della denuncia, sia previamente espletato un accertamento peritale, a condizione però che i vizi, anche in assenza o prima di esso, presentino caratteri tali da poter essere individuati nella loro esistenza ed eziologia. La valutazione della sussistenza di tali requisiti della conoscenza dei vizi compete al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 19343/2022).
1.1.1. Ebbene, la Corte territoriale ha ritenuto che la conoscenza dei vizi dell’opera, sia sul piano della loro entità , sia su quello della loro causa, non fu acquisita dalla committente, né al momento dell ‘ affidamento dell ‘ incarico di collaudo ad un soggetto esterno, né al tempo del l’esecuzione di interventi di riparazione delle perdite riscontrate nella rete idrica sottostante la strada. Tale decisione è stata correttamente motivata dalla Corte proprio con riferimento alla necessità -per aversi la co-
noscenza rilevante ai sensi della disposizione in esame -che siano note al committente sia la gravità dei difetti, che la loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera .
Non è dunque sull’interpretazione e sull’applicazione della norma di diritto che si incentra il dissenso della ricorrente, bensì sul fatto, che -così come accertato dal giudice del merito -non poteva che portare alla decisione che è stata adottata. È piuttosto la ricorrente a proporre un’interpretazione dell’art. 1669 c.c. non conforme al diritto vivente, laddove pretende di fare decorrere il termine per la decorrenza dei vizi dal momento in cui il committente ebbe quello che essa definisce un «preciso sentore» della presenza dei difetti. Espressione che -al di là de ll’ossimorico accostamento tra l’ aggettivo «preciso» e il sostantivo «sentore» -esprime qualcosa di sicuramente diverso dal concetto di acquisizione di un’effettiva conoscenza.
Anche il richiamo alla giurisprudenza di legittimità che esclude la rilevanza dell’accertamento tecnico preventivo laddove la richiesta dello stesso si riduca a un escamotage per aggirare la decadenza (Cass. nn. 21089/2012; 2213/2008) non risulta pertinente rispetto al fatto qui accertato dal giudice del merito. Questi, infatti, da un lato, ha fatto decorrere il termine per la denuncia dei vizi dalla data in cui pervenne al RAGIONE_SOCIALE la relazione del collaudatore (e non quella del c.t.u. in sede di a.t.p.) ; dall’altro lato, ha ritenuto quella relazione necessaria per acquisire una compiuta conoscenza della gravità dei vizi dell ‘ opera e del loro nesso causale con l ‘ attività costruttiva espletata.
1.1.2. Per quanto riguarda poi il termine di prescrizione, il motivo di ricorso non è sorretto da specifici argomenti a sostegno e non supera il vaglio dell ‘ autosufficienza, posto che la parte non indica né quale sarebbe la data di decorrenza di tale
ulteriore termine, né quando il termine sarebbe spirato. In ogni caso, poiché il termine di prescrizione in questione decorre dalla denuncia dei vizi, la quale a sua volta deve essere fatta entro un anno dalla scoperta, la decisione assunta dalla Corte di merito si fonda, anche sotto questo profilo, sul l’accertamento in fatto della conoscenza dei vizi (v. Cass. n. 1909/2025), che è di per sé insindacabile in sede di legittimità.
Con il secondo motivo di ricorso, il provvedimento della Corte d ‘ Appello di Genova viene censurato per «violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. in relazione all ‘ art. 113 c.p.c. nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti», ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
La Corte territoriale avrebbe omesso di prendere in considerazione che il malfunzionamento della rete idrica installata da RAGIONE_SOCIALE sarebbe stato l’effetto de lla pessima qualità dei materiali impiegati per la produzione delle tubazioni installate sotto il tratto di strada interessato dall ‘ appalto. La ricorrente sostiene di aver realizzato l ‘ opera conformemente alle previsioni progettuali e alle direttive date dal direttore dei lavori. Aggiunge che quest ‘ ultimo, ove i lavori non fossero stati eseguiti in conformità alle prescrizioni date, avrebbe dovuto contestare l ‘ esecuzione non conforme, dal che si dovrebbe presumere, in mancanza di contestazioni, che la società appaltatrice avesse operato correttamente e diligentemente.
2.1. Anche il secondo motivo è inammissibile.
A prescindere da ll’incomprensibile e non argomentato riferimento all’art. 113 c.p.c. (rubricato «Pronuncia secondo diritto», ma nulla lascia intendere che il giudice del merito abbia deciso, in deroga al diritto, secondo equità), si contesta alla Corte genovese l’omesso esame del «fatto storico … che la
causa del malfunzionamento dell’impianto idrico risiede nella pessima qualità dei materiali impiegati per la produzione dei tubi installati dalla società appaltatrice».
Innanzitutto si deve osservare che si tratta di un fatto di per sé non decisivo (perlomeno nel rapporto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), perché l’ appaltatore assume l’obbligo di realizzare l’opera « con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio» (art. 1655 c.c.), sicché il fatto che i vizi siano riconducibili alla scarsa qualità del materiale fornito da terzi e utilizzato dall’appaltatore non esime quest’ultimo dalla responsabilità nei confronti del committente.
In ogni caso, si tratta di fatto che la C orte d’appello ha sicuramente esaminato, sia per fondare la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE verso il RAGIONE_SOCIALE, sia per accogliere parzialmente la domanda d ell’appaltatrice nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (e totalmente quella di quest’ultima società nei confronti di RAGIONE_SOCIALE).
Vero è che la C orte d’appello non ha ritenuto la scarsa qualità delle tubazioni causa esclusiva dei vizi, accertando anche una non adeguata posa in opera delle tubazioni, sulla scorta delle risultanze della c.t.u. Ma ciò non ha nulla a che vedere con l’omesso esame della «pessima qualità» delle tubazioni; con il che si disvela che anche questo secondo motivo mira a ribaltare l’accertamento del fatto che è riservato al giudice del merito .
Nemmeno si può paragonare all’omesso esame di un fatto decisivo l’argomentata negazione, da parte della Corte territoriale, che l ‘esatto adempimento del contratto potesse desumersi dal certificato di regolare esecuzione del direttore dei lavori. L’omesso esame di tale certificato non sussiste già per il fatto che il giudice d’appello lo ha menzionato e considerato nella motivazione della sentenza impugnata, affermando che la valuta-
zione del direttore dei lavori (di cui nemmeno la ricorrente prospetta che possa avere carattere vincolante per il RAGIONE_SOCIALE committente) era stata smentita dall’esito dell’accertamento tecnico preventivo.
Corretto è anche il rilievo della C orte d’appello che l’eventuale conformità dell’opera viziata al progetto e alle indicazioni operative del direttore dei lavori non varrebbe ad escludere la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE, in virtù del fatto che l ‘ appaltatore non è un mero esecutore di ordini e risponde in ogni caso della qualità dell’opera realizzata , anche se conseguenza delle imperfezioni del progetto da altri predisposto e pur avendo agito sotto la vigilanza e il controllo del direttore dei lavori che non abbia ostacolato la libertà di determinazione e di decisione dell ‘ appaltatore medesimo (Cass. nn. 6202/2009; 8016/2012; salva l’ipotesi estrema del c.d. nudus minister , i cui particolari connotati in questo caso non sono stati nemmeno allegati dalla ricorrente).
3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta il vizio di «violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., in relazione all ‘ art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. -motivazione assente, apparente, manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, perplessa od incomprensibile».
Secondo la ricorrente, le conclusioni del giudice del merito in ordine alla causa dei gravi difetti dell ‘ opera realizzata sarebbero in contrasto con le conclusioni del consulente tecnico d ‘ ufficio che addebitava la causa della perdita della struttura idrica installata alla scarsa qualità dei materiali utilizzati per la produzione delle tubazioni installate dalla impresa appaltatrice. Da ciò discenderebbe l ‘ insussistenza di responsabilità, ancorché parziale, di RAGIONE_SOCIALE; responsabilità da attribuire invece inte-
gralmente alla società fornitrice e alla società produttrice delle tubazioni.
3.1. Il motivo è inammissibile, perché, ancora una volta, si pretende una rivalutazione del fatto, in questo caso ipotizzando una carenza di motivazione che palesemente non sussiste, tanto meno nei termini rigorosi in cui essa può essere fatta oggetto di ricorso per cassazione (v., per tutte, Cass. S.u. n. 8053/2014).
La C orte d’appello ha evidenziato che le conclusioni rese dal consulente tecnico d ‘ ufficio nel quadro dell ‘ accertamento tecnico preventivo, nel mentre davano il giusto rilievo alla scarsa qualità dei materiali impiegati per la costruzione delle tubazioni, nondimeno evidenziavano anche l’inadeguatezza delle modalità di posa in opera, con particolare riferimento sia all’ insufficienza del costipamento laterale e del letto di posa in sabbia o sabbione, sia alla quota di posizionamento dei manufatti. Evidentemente la ricorrente non condivide né le valutazioni tecniche del consulente d’ufficio, né l’accertamento del fatto da parte del giudice a quo , ma la critica nel merito della decisione non è pertinente rispetto alla denuncia del vizio di carenza assoluta di motivazione della sentenza.
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Si dà atto che, in base all ‘ esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese legali relative al presente giudizio di legittimità, che liquida, per ciascun controricorrente, in € 8.000 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
dà atto, ai sensi dell ‘ art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24.9.2025.
Il Presidente NOME COGNOME