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Responsabilità appaltatore: no manleva per vizi progetto

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Comune contro una società di costruzioni. Il caso riguarda la ripartizione interna della responsabilità per danni a terzi causati da vizi progettuali in un appalto pubblico. La Corte ha stabilito che, in assenza di una specifica clausola contrattuale di manleva, la responsabilità dell’appaltatore non comporta un obbligo di tenere indenne il committente. La responsabilità va divisa secondo le norme generali sulla solidarietà, poiché anche l’appaltatore ha l’onere di verificare il progetto.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità Appaltatore per Vizi di Progetto: La Cassazione Fa Chiarezza

In un contratto di appalto, specialmente pubblico, la gestione dei difetti e dei danni a terzi è una questione cruciale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione illumina la complessa dinamica della responsabilità appaltatore quando i danni derivano da vizi nel progetto fornito dal committente. La Corte ha stabilito un principio fondamentale: in assenza di una clausola contrattuale esplicita, l’appaltatore non è tenuto a indennizzare completamente il committente, delineando i confini di una corresponsabilità.

I Fatti di Causa: Un Appalto Pubblico e i Danni a Terzi

La vicenda ha origine da un contratto di appalto per la costruzione di un parcheggio multipiano, commissionato da un Comune a una società di costruzioni. Durante i lavori, un edificio limitrofo di proprietà di terzi subì danni significativi. I proprietari dell’immobile citarono in giudizio sia il Comune (committente) sia l’impresa (appaltatore), chiedendo un risarcimento solidale.

Il Tribunale di primo grado accolse la domanda, condannando entrambi in solido al pagamento di oltre 500.000 euro. La Corte d’Appello, in un primo momento, confermò la condanna solidale verso i terzi ma, nel rapporto interno tra Comune e impresa, addossò l’intero onere risarcitorio a quest’ultima, condannandola a tenere indenne l’ente pubblico.

Il Percorso Giudiziario: la questione della responsabilità appaltatore

La prima sentenza d’appello fu impugnata dall’impresa e la Corte di Cassazione, con una precedente ordinanza, la cassò con rinvio. Il motivo? La Corte d’Appello non aveva specificato su quale base contrattuale avesse fondato l’obbligo di manleva totale a carico dell’impresa, specialmente considerando che i danni erano riconducibili a difetti di progettazione.

Il giudice del rinvio, riesaminando il contratto, concluse che non esisteva alcuna clausola che obbligasse l’impresa a tenere indenne il Comune per danni a terzi derivanti da vizi progettuali. Di conseguenza, rigettò la domanda di manleva del Comune. Contro questa nuova decisione, il Comune ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione, ritenuto però inammissibile.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso del Comune basandosi sull’inammissibilità di entrambi i motivi proposti.

L’Inammissibilità del Motivo sul “Giudicato Interno”

Il Comune sosteneva erroneamente che fosse passato in giudicato l’accertamento che i danni fossero stati causati esclusivamente da errori di progettazione imputabili solo al committente. La Cassazione ha smontato questa tesi, chiarendo che il “giudicato interno” formatosi riguardava unicamente la responsabilità solidale di entrambi (Comune e impresa) nei confronti dei terzi danneggiati. Questo non significava affatto escludere una colpa dell’impresa, la quale ha sempre il dovere di verificare la bontà del progetto e segnalarne le lacune. La questione da decidere era proprio come ripartire internamente questo onere, e in assenza di patti contrari, si applicano le norme generali che prevedono la divisione del peso in parti uguali.

L’Interpretazione del Contratto e i Limiti del Giudizio di Legittimità

Il secondo motivo di ricorso contestava l’interpretazione del contratto d’appalto da parte della Corte territoriale. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Non è sufficiente proporre una diversa e alternativa interpretazione delle clausole contrattuali. Il ricorrente deve dimostrare che il giudice d’appello abbia violato specifiche norme legali sull’interpretazione (es. artt. 1362 e ss. c.c.), spiegando come e perché. Nel caso di specie, il Comune si era limitato a contestare il risultato interpretativo, senza individuare un vero errore di diritto, rendendo il motivo inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida un importante principio in materia di appalti e responsabilità appaltatore. Quando i danni a terzi derivano da un progetto difettoso fornito dal committente, la responsabilità è condivisa. L’appaltatore ha un dovere di controllo e verifica del progetto e non può eseguire ciecamente le direttive se queste sono palesemente errate. A meno che il contratto non contenga una chiara e specifica clausola di manleva che addossi all’appaltatore anche il rischio derivante da errori progettuali altrui, l’onere del risarcimento nei rapporti interni va ripartito tra committente e appaltatore. La sola esistenza di una responsabilità solidale verso l’esterno non implica automaticamente un obbligo di indennizzo totale a favore del committente.

L’appaltatore è sempre tenuto a indennizzare il committente per i danni a terzi causati da un progetto fornito dal committente stesso?
No. Secondo la Corte, in assenza di una specifica clausola contrattuale di manleva, l’impresa non è tenuta a tenere indenne il committente per i danni derivanti da vizi del progetto. La responsabilità deve essere ripartita tra le parti.

Cosa significa che la responsabilità solidale verso i terzi è passata in giudicato?
Significa che la decisione secondo cui sia il committente sia l’appaltatore devono risarcire i terzi danneggiati è diventata definitiva e non può più essere discussa. Tuttavia, questo non determina come la responsabilità debba essere suddivisa tra di loro nel loro rapporto interno.

È possibile contestare in Cassazione l’interpretazione di un contratto fatta dal giudice d’appello?
No, non se la contestazione si limita a proporre un’interpretazione alternativa. Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo se si dimostra che il giudice ha violato le norme legali sull’interpretazione del contratto, non se si contesta semplicemente il risultato interpretativo raggiunto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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