Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24982 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24982 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31662/2020 R.G. proposto
da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio
Oggetto: Pubblica amministrazione -Appalto opere pubbliche -Inadempimento -Legge Provincia Bolzano n. 6/1998 -D.P.G.P. Bolzano n. 41/2001
R.G.N. 31662/2020
Ud. 26/06/2025 CC
dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME
-ricorrente incidentale –
nonché contro
COMUNE DI COGNOME , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME e NOME
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE ITALIANA DI PREVIDENZA ASSICURAZIONI E
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO TRENTO -SEZIONE DISTACCATA BOLZANO n. 123/2020 depositata il 02/10/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 26/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 123/2020, pubblicata in data 2 ottobre 2020, la Corte d’appello di Trento Sezione distaccata di Bolzano, decidendo, nel contraddittorio con gli altri appellati FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, sui tre appelli riuniti – reciprocamente proposti da COMUNE DI VIPITENORAGIONE_SOCIALE – avverso la sentenza del Tribunale di Bolzano n. 467/2018, depositata in data 18 aprile 2018, ha accolto il solo gravame proposto dal COMUNE DI VIPITENO, respingendo le domande proposte da RAGIONE_SOCIALE
2. Il contenzioso -come riferito nella decisione impugnata – trae origine dai contratti di appalto con i quali il COMUNE DI VIPITENO aveva affidato la costruzione della scuola elementare a tre imprese: RAGIONE_SOCIALE (quanto alla realizzazione dell ‘im pianto di riscaldamento, ventilazione e sanitario) e RAGIONE_SOCIALE (opere di falegnameria).
A seguito di ritardi nella conduzione dei lavori -dovuti a causa di fenomeni d’infiltrazione, a propria volta derivanti alla corrosione delle tubazioni dell ‘ impianto di riscaldamento -l’impresa RAGIONE_SOCIALE conveniva per prima il COMUNE DI VIPITENO per ottenere il
pagamento di € 240.937 ,39 sulla base delle riserve iscritte nella contabilità dell’appalto.
Il COMUNE DI VIPITENO si costituiva e, contestata la fondatezza della domanda, otteneva di chiamare in causa sia RAGIONE_SOCIALE sia RAGIONE_SOCIALE
Nei confronti della prima chiedeva di essere manlevata – per essere i ritardi dovuti alla stessa impresa costruttrice – e di accertare l’infondatezza di qualsiasi pretesa eventualmente avanzata.
Nei confronti della seconda chiedeva di accertare l’infondatezza delle pretese per riserve contabilizzate per complessivi € 642.740,30 che la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva avanzato in un separato giudizio.
Autorizzata la chiamata in causa delle imprese assicuratrici RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALEora RAGIONE_SOCIALE; riuniti i giudizi; riassunto poi il procedimento a seguito del fallimento di RAGIONE_SOCIALE; espletata attività istruttoria, il Tribunale di Bolzano definiva i giudizi riuniti accogliendo parzialmente le domande proposte dalle tre imprese nei confronti del COMUNE DI VIPITENO, del quale invece respingeva le domande di garanzia verso RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
In sintesi -e per quanto ancora rileva nella presente sede -la Corte territoriale:
-ha affermato che ai contratti d’appalto risultava applicabile la disciplina di cui al D.P.G.P. n. 41/2001 ed alla Legge Provinciale n. 6/1998 sia perché normativa vigente al momento della conclusione dei contratti medesimi sia perché
espressamente recepita da questi ultimi con rinvio che doveva ritenersi ‘fisso’ e non ‘mobile’;
-ha, conseguentemente, ritenuto applicabile il termine di decadenza di cui all’art. 138, D.P.G.P. n. 41/2001 concludendo che doveva ritenersi RAGIONE_SOCIALE decaduta dalle proprie pretese, conseguentemente rigettando la domanda da quest’ultima proposta;
-ha affermato , sulla scorta della consulenza tecnica d’ufficio, la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE per la causazione dei fenomeni d’infiltrazione derivanti alla corrosione delle tubazioni dell’impianto di riscaldamento che avevano, a propria volta, determinato i ritardi nella conduzione dei lavori;
-ha, in particolare, affermato la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE quale impresa incaricata della realizzazione dell’impianto di riscaldamento, in quanto la stessa non aveva rilevato e segnalato l’inadeguatezza delle previsioni progettuali e di capitolato, violando gli oneri di controllo e informazione che costituivano prestazione accessoria rispetto a quella generale del contratto di appalto;
-ha ritenuto infondate tutte le pretese economiche azionate da RAGIONE_SOCIALE sulla base delle riserve dalla medesima iscritte o perché le riserve medesime erano tardive o perché gli oneri cui le stesse si riferivano erano da ricondursi allo stesso inadempimento dalla Corte d’appello attribuito alla medesima RAGIONE_SOCIALE
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Trento -Sezione distaccata di Bolzano hanno presentato distinti ricorsi
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Resistono con autonomi controricorsi COMUNE DI VIPITENO; RAGIONE_SOCIALE ITALIANA DI PREVIDENZA, ASSICURAZIONI E RIASSICURAZIONI; RAGIONE_SOCIALE
È rimasto intimato il RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Hanno depositato memorie RAGIONE_SOCIALE ASSICURAZIONI E RIASSICURAZIONI; RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente, si deve evidenziare che, sebbene i due ricorsi proposti autonomamente da RAGIONE_SOCIALE e da COGNOME RAGIONE_SOCIALE siano stati notificati il medesimo giorno (18 dicembre 2020), l’anteriorità dell’iscrizione a ruolo del ricorso di RAGIONE_SOCIALE vale a rendere quest’ultimo ricorso principale, mentre il ricorso proposto da COGNOME RAGIONE_SOCIALE viene convertirsi in ricorso incidentale, in applicazione del principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 27680 del 12/10/2021; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 33809 del 19/12/2019; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 25054 del 07/11/2013).
Il ricorso di RAGIONE_SOCIALE è affidato a sette motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorso deduce ‘ Violazione degli artt. 112 e 167, comma 1 C.P.C. e dei principi in materia di onere di allegazione dei fatti; illegittimità per ultrapetizione e violazione del
contraddittorio (in relazione all’art. 360, n. 4 C.P.C.). Error in procedendo ‘ .
Come sintetizzato dalla stessa ricorrente si deduce ‘ Erroneità della sentenza per aver fondato la responsabilità dell’Impresa RAGIONE_SOCIALE su circostanze (mancata verifica della adeguatezza delle progettate misure di protezione della conduttura) mai dedotte dal Comune di Vipiteno e non provate ‘ .
2.2. Il motivo è infondato.
Premesso, invero, che il ricorso si caratterizza per una inadeguata riproduzione degli atti processuali -oggetto di mero richiamo e di rinvio al c.d. ‘fascicoletto’ e che una ulteriore carenza di specificità dello stesso deriva dal fatto che la ricorrente non puntualizza se l’eccezione di indeterminatezza delle deduzioni del COMUNE DI VIPITENO di primo grado, risulta in ogni caso dirimente il richiamo al costante orientamento di questa Corte, per cui il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa (Cass. Sez. U, Sentenza n. 13533 del 30/10/2001; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 826 del 20/01/2015; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15659 del 15/07/2011, nonché, ulteriormente, Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 98 del 04/01/2019 e, prima ancora, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 936 del 20/01/2010; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3472 del 13/02/2008).
Alla luce di tale principio -come del resto osservato nella stessa decisione impugnata, la cui ratio effettiva non viene adeguatamente inquadrata dalla ricorrente -l’unica allegazione cui l’odierno
contro
ricorrente RAGIONE_SOCIALE VIPITENO era tenuto nella propria veste di creditore della RAGIONE_SOCIALE era quella concernente l’inadempimento della stessa odierna ricorrente, essendo, semmai, quest’ultima tenuta a dare prova del proprio corretto adempimento .
Inesatte e prive di pregio sono le deduzioni della ricorrente formulate in memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c. -in ordine alla inapplicabilità dei principi testé richiamati all’ipotesi in esame, per avere il COMUNE DI VIPITENO agito in garanzia nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
Inesatte, in quanto – come emerge sia dalla decisione della Corte altoatesina sia dalla stessa ricostruzione del processo operata in ricorso -la vicenda in esame trae origine da un primo giudizio nel quale, da un lato, proprio l’odierna ricorrente aveva agito contro il COMUNE DI VIPITENO, chiedendone la condanna alla corresponsione delle somme oggetto delle riserve formulate nel corso dell’appalto e, dall’altro lato, il COMUNE si era costituito chiedendo il rigetto di tale domanda ed eccependo l’inadempimento della stessa RAGIONE_SOCIALE
È in altro, distinto, giudizio -promosso da RAGIONE_SOCIALE e successivamente riunito al primo – che il COMUNE DI VIPITENO aveva invece agito in garanzia nei confronti dell’odierna ricorrente .
Risulta, quindi, evidente che l’odierno controricorrente aveva sollevato nei confronti dell’odierna ricorrente eccezione di inadempimento al fine di paralizzare la pretesa ex adverso azionata, secondo uno schema che rientra pienamente nei principi enunciati da questa Corte.
Prive di pregio, in quanto le deduzioni del COMUNE DI VIPITENO sono state ritenute fondate dalla Corte territoriale proprio al fine di pervenire al rigetto della domanda formulata dall’odierna ricorrente,
mentre la domanda di garanzia formulata dallo stesso COMUNE DI VIPITENO è stata espressamente dichiarata assorbita (pag. 107, primo capoverso della motivazione), in tal modo palesandosi l’assoluta irrilevanza delle deduzioni svolte dall’odierna ricorrente in ordine alla indeterminatezza della chiamata di terzo con la quale era stata azionata tale domanda.
Corretto, allora, risulta il percorso logico seguito dalla decisione della Corte altoatesina, nel momento in cui la stessa -con giudizio in fatto ad essa rimesso – è venuta ad affermare (pag. 88 segg. della motivazione) che l’odierna ricorrente, a fronte della deduzione, da parte del COMUNE DI VIPITENO, di un inadempimento, era tenuta a provare di aver correttamente adempiuto, laddove, sulla scorta della CTU, era da ritenere che non solo tale prova non fosse stata data ma anche che sussistessero elementi probatori in senso esattamente contrario, e cioè nel senso di un evidente inadempimento.
Tanto vale ad escludere la fondatezza del motivo di ricorso, dal momento che all’odierno controricorrente COMUNE DI VIPITENO non era imposto un vincolo di specificità nella deduzione dell’inadempimento della ricorrente , non potendosi ravvisare indeterminatezza nelle difese del creditore di una controprestazione che eccepisca l’inadempimento o inesatto adempimento di quest’ultima , essendo semmai compito del soggetto tenuto a svolgere tale prestazione quello di provare di aver correttamente adempiuto.
Anche nel caso in esame, quindi era sufficiente la mera allegazione dell’inadempimento da parte del creditore della prestazione, essendo invece onere della stessa odierna ricorrente quello di offrire prova dell’adempimento o della impossibilità dello stesso per cause a sé non imputabili.
2.3. Con il secondo motivo il ricorso deduce ‘ Violazione dell’art. 360, n. 3 C.P.C. in relazione agli artt. 1176, 1218, 1667 e 1668 c.c. e al principio di personalità della responsabilità per inadempimento. Error in iudicando ‘ .
Come sintetizzato dalla stessa ricorrente, si deduce ‘ Erroneità della sentenza nella parte in cui afferma che rientrava tra gli obblighi dell’appaltatore la verifica e controllo dell’adeguatezza delle misure di protezione dei lavori, non rientranti tra le prestazioni oggetto dell’appalto affidato a Bettiol, ma gravanti su altra impresa.
Erroneità della sentenza nella parte in cui afferma che rientrava tra gli obblighi dell’appaltatore anche controllare l’operato e gli eventuali errori altrui.
Erroneità della sentenza nella parte in cui ha affermato che l’impresa aveva l’obbligo di suggerire le necessarie variazioni da apportare alle misure di protezione della conduttura quale prestazione accessoria rispetto a quella principale di risultato generata dal contratto di appalto ‘ .
2.4. Il motivo è inammissibile.
Lo stesso, infatti, viene sin da subito a sconfinare in considerazioni ampiamente versate in fatto (si veda, a mo’ di esempio, l’affermazione contenuta a pag. 19 , penultimo ed ultimo capoverso), sollecitando inammissibilmente a questa Corte un rinnovato giudizio sul merito della vicenda.
Il motivo, del resto, nel dedurre (pag. 20) che le opere la cui mancanza è stata ritenuta dalla Corte territoriale imputabile a responsabilità della ricorrente non rientravano nell’oggetto dell’appalto, palesa di non avere adeguatamente colto la ratio della decisione.
Quest’ultima, infatti, ha evidenziato che era proprio la inadeguatezza delle opere previste nell’appalto che avrebbe dovuto indurre l’appaltatore odierna ricorrente -a segnalare le carenze progettuali, in modo da indurre la committenza anche a modificare il progetto.
Inconferenti, poi, risultano le considerazioni sulla responsabilità per fatto proprio (paragrafo 15 del ricorso): sarebbe a questo riguardo sufficiente rilevare la non pertinenza del richiamo ai principi in tema di responsabilità aquiliana nell’ambito di una vicenda nella quale viene dedotto l’inadempimento di una obbligazione, ma è d’altro canto noto quanto sia ampio il quadro delle ipotesi di responsabilità per fatto non proprio direttamente contemplate dalla disciplina codicistica della responsabilità aquiliana (art. 2049 segg. c.c.).
Ciò che evidenzia la fragilità delle deduzioni della ricorrente, tuttavia, è -ancora una volta -l’evidenza dell’inadeguato inquadramento della ratio decidendi, avendo la Corte territoriale attribuito all’odierna ricorrente una responsabilità per fatto proprio, consistente nell’omessa segnalazione delle carenze progettuali e ‘ l’omessa coordinazione delle rispettive attività di competenza’ (pag. 95) , peraltro pienamente conformandosi all’orientamento espresso da questa Corte sul punto (Cass. Sez. 2 – , Ordinanza n. 777 del 16/01/2020; Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 23594 del 09/10/2017).
2.5. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione e mancata adesione alle risultanze della CTU.
Come sintetizzato dalla stessa ricorrente si deduce ‘ Erroneità della sentenza nella parte in cui la Corte d’Appello, dopo aver dato rilevanza alle risultanze della CTU per affermare la responsabilità dell’impresa nell’eziologia dell’evento dannoso per non aver avvertito gli altri soggetti della necessità di proteggere i tubi dall’umidità, ha completamente omesso di considerare che, in relazione a tale omissione, il CTU ha attribuito una incidenza solo del 20 % nella causazione del fatto ‘ .
2.6. Il motivo è inammissibile.
La Corte territoriale, infatti, ha attentamente valutato la consulenza tecnica -la quale, peraltro, aveva ben evidenziato come la distribuzione delle responsabilità costituisse profilo più giuridico che tecnico (si vedano i passaggi riprodotti a pag. 83 della motivazione) -giungendo a formulare sul punto un proprio motivato giudizio quale peritus peritorum , peraltro conformandosi anche in questo caso ai principi enunciati da questa Corte in tema di applicabilità del l’art. 2055 c.c. alla responsabilità da inadempimento (Cass. Sez. 1 – , Ordinanza n. 19492 del 10/07/2023).
Il motivo, in realtà, dietro la deduzione di un omesso esame di fatto decisivo, viene a svolgere, ancora una volta, un mero sindacato del merito della decisione, da ciò derivando la declaratoria di inammissibilità, alla luce del principio per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, dietro l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U – Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017), atteso che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il
quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti (Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013).
2.7. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1227, 1398, 1399 c.c.; 116 e 437 c.p.c.
Come sintetizzato dalla stessa ricorrente si deduce ‘ erroneità della sentenza (par. 4.3.1) nella parte in cui, premesso che il direttore dei lavori avrebbe agito al di fuori dei suoi poteri e quale falsus procurator della committenza, ha escluso la corresponsabilità dell’amministrazione committente per la condotta colposa del suo direttore dei lavori ‘ .
2.8. Anche tale motivo è inammissibile.
Anche tale motivo, infatti, viene ancora una volta a sollecitare a questa Corte un inammissibile sindacato in fatto sul merito della decisione, avendo la Corte territoriale motivatamente ritenuto di escludere una responsabilit à della committenza, in virtù dell’operato del direttore dei lavori, tale da integrare un antecedente causale diretto delle problematiche poi palesatesi (pagg. 96 e 97 della motivazione), interrompendo il nesso causale con le originarie carenze progettuali.
2.9. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 2055 e 1227 c.c.
Come sintetizzato dalla stessa ricorrente si deduce ‘ Erroneità della sentenza (capi 5.3, 5.5, 5.6 e 5.7) nella parte in cui ha respinto le riserve dell’impresa nn. 2a, 3, 4, 5) relative a danni per sospensioni e prolungamento dei lavori, affermando che il vizio (perdita di acqua)
che ha causato il prolungamento dei lavori è imputabile interamente a RAGIONE_SOCIALE e a ZH, senza considerare che il CTU ha attribuito a RAGIONE_SOCIALE una quota di responsabilità limitata al 20%’ .
2.10. Anche tale motivo è inammissibile.
Come correttamente osservato dallo stesso ricorso, il mancato riconoscimento di gran parte delle riserve formulate dall’odierna ricorrente è venuto a dipendere direttamente dall’affermazione da parte della decisione impugnata -della sussistenza di un inadempimento della ricorrente medesima.
Proprio tale constatazione, tuttavia, vale ad evidenziare che il motivo appare privo di concreta autonomia -risultando per questo inammissibile -in quanto non viene a formulare specifiche censure, dipendendo invece il suo accoglimento dall’accoglimento dei motivi precedentemente formulati ed invece disattesi da questa Corte.
2.11. Con il sesto motivo il ricorso deduce ‘ Violazione di legge: art. 360, comma 1, n. 3 C.P.C. in relazione all ‘ art. 66, co. 3, 4 e 12, del D.P.G.P. 5 luglio 2001, n. 41, abrogati dall’art. 4, co. 1, D.P.P. 26 ottobre 2009, n. 48; violazione dell’art. 43, comma 1, lett. c del DPR 207/2010- Violazione dell’art. 46, comma 1 lett. a) e b) del D.P.G.P. 41/2001. ‘ .
Come sintetizzato dalla stessa ricorrente si deduce ‘ Erroneità della sentenza (capi 5.2 e 5.4,) nella parte in cui ha respinto le riserve dell’impresa nn. 1 relativa a sospensione illegittima e 2b) relativa a mancata contabilizzazione materiali ‘ .
2.12. Il motivo, relativo alle riserve che la Corte territoriale ha ritenuto infondate in quanto non formulate tempestivamente, è, a propria volta inammissibile, sotto i molteplici profili dedotti.
2.12.1. Quanto alla dedotta violazione dell’ art. 66, co. 3, 4 e 12, del D.P.G.P. 5 luglio 2001, n. 41, infatti, il motivo non aggredisce
entrambe le rationes decidendi sulle quali si basa la sentenza della Corte d’appello sul punto.
La Corte territoriale, infatti ha affermato l’applicabilità del D.P.G.P. n. 41/2001 ai contratti d’appalto oggetto di causa sulla base di una duplice considerazione, ritenendo che la previsione dovesse trovare applicazione, da un lato, in quanto vigente ratione temporis e, dall’altro lato, in quanto ‘recepita nei rispettivi programmi negoziali e con ciò contrattualizzata per volontà delle parti’ (pag. 63, § 2.5 della motivazione).
Si deve a questo punto rilevare che la seconda delle due rationes non viene fatta oggetto di censura da parte della ricorrente, la quale invece censura la prima ratio , peraltro limitandosi ad argomentare un sostanziale -ma infondato – effetto retroattivo del l’abrogazione della previsione in rilievo. In considerazione della pluralità degli esiti normativi cui può dar luogo l’abrogazione di una disposizione legislativa, il requisito di specificità dei motivi di ricorso, di cui all’art. 366, n. 4, c.p.c., impone al ricorrente, che invochi gli effetti dell’abrogazione di una previsione, di individuare la norma di diritto -conseguente alla suddetta abrogazione -di cui assume la violazione, nonché di articolare una specifica censura al riguardo (Cass. Sez. 2 – , Ordinanza n. 16549 del 12/06/2023).
Ferma tale ultima considerazione, deve comunque trovare applicazione il principio per cui, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque
condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2108 del 14/02/2012; Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 11493 del 11/05/2018; Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 22753 del 03/11/2011; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12372 del 24/05/2006).
Le ulteriori considerazioni sviluppate nel motivo risultano invece ampiamente -ed inammissibilmente – versate in fatto, ancora una volta sollecitando a questa Corte un rinnovato giudizio di merito e non, come sarebbe invece corretto, un sindacato di legittimità.
2.12.2. Quanto alla dedotta violazione dell’art. 43, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 207/2010, la stessa risulta radicalmente priva di specificità e sostanzialmente apodittica.
Le anodine argomentazioni del ricorso, infatti, non consentono in alcun modo di valutare la fondatezza dell’affermazione per cui ‘al caso di specie non si applica la norma da essa richiamata (art. 19 del DPG 41/2001, che disciplina il cronoprogramma con norma corrispondente a livello nazionale all’art. 40 del D.P.R. 207/2010)’ .
Al di là della considerazione per cui -ancora una volta -le deduzioni della ricorrente sono ancorate a profili in fatto non valutabili nella presente sede di legittimità (tale -ad esempio è l’affermazione per cui ‘il cronoprogramma cui ha fatto riferimento l’Impresa nello stabilire i termini di durata della sospensione invernale per motivi climatici corrisponde al “programma di esecuzione dei lavori’ previsto dall’art. 46. comma 1, lett. a) e b) del DPG n. 41/2001 e dal corrispondente art. 43. comma 1. lett. b del D.P.R. 207/2010′ ), l’articolazione del motivo risulta sul punto radicalmente carente sul piano del canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c. e non presta ossequio al principio per cui il vizio della sentenza previsto dall’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., dev’essere dedotto, a pena
d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, c.p.c., non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione. (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 16700 del 05/08/2020; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 24298 del 29/11/2016).
2.12.3. Quanto alla violazione dell’art. 46, comma 1, lett. a) e b), D.P.G.P. n. 41/2001, si deve rilevare che quella censurata dalla ricorrente si sostanzierebbe in ipotesi in una mera errata lettura dei documenti, la quale, tuttavia, avrebbe dovuto essere dedotta -a seconda del carattere controverso o meno della questione -con il rimedio di cui all’art. 360, n. 5) c.p.c. (in presenza di contestazione) o con il rimedio di cui all’art. 395, n. 4) c.p.c. (in assenza di contestazione), comunque non con la formulazione del motivo in esame, il quale si traduce nella inammissibile sollecitazione a svolgere un sindacato sulla valutazione delle prove, riservata invece al giudice di merito (Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 13918 del 03/05/2022; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004).
2.13. Con il settimo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 91 c.p.c.
Come sintetizzato dalla stessa ricorrente si deduce ‘ Illegittimità conseguenziale della condanna alle spese nei confronti del Comune di Vipiteno; illegittimità della sentenza nella parte in cui ha condannato la COGNOME a risarcire le spese legali nei confronti delle Assicurazioni chiamate in causa senza considerare che la chiamata in causa era giustificata e non arbitraria (a maggior ragione alla luce del fatto che la sentenza ha attribuito a COGNOME la responsabilità nella causazione del fatto) e che le domande nei confronti delle Assicurazioni sono state dichiarate assorbite, sicché non sussiste il presupposto della soccombenza ‘ .
2.14. Il motivo è, in parte, inammissibile, e, in altra parte, infondato.
2.14.1. Quanto alla posizione del COMUNE DI VIPITENO, infatti, ci si misura con un motivo meramente ottativo o ipotetico, in quanto finalizzato a prospettare uno scenario alternativo di decisione sulle spese di lite nel giudizio di merito in caso di recepimento delle tesi della ricorrente.
È evidente, tuttavia, che un motivo col quale si prospetti quella che avrebbe dovuto -o dovrebbe -essere la diversa regolamentazione delle spese di lite nello scenario di un ipotetico (auspicato) diverso esito del giudizio di merito non costituisce un vero ed ammissibile motivo di censura -non censurandosi nel concreto la decisione sulla spese per la diretta violazione di una delle regole di distribuzione di cui agli artt. 91 segg. c.p.c. – ma una semplice prospettazione alternativa, destinata ad essere o assorbita dall’eventuale accoglimento degli altri motivi di ricorso rendendosi in quel caso necessaria una nuova statuizione sulle spese – o, in caso di rigetto dei motivi medesimi, a risultare inammissibile per radicale carenza di autonomia, come , appunto, nel caso in esame.
2.14.2. Quanto alla posizione della RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE il motivo appare invece infondato.
Questa Corte, infatti, ha già chiarito che, nel caso di assorbimento della domanda di garanzia, il giudice deve operare una valutazione virtuale della palese arbitrarietà o meno della domanda di garanzia, alla stregua di corrette regole di giudizio e, ovviamente, sulla sola base degli atti, senza ulteriore istruzione probatoria (Cass. Sez. 2 Ordinanza n. 23123 del 17/09/2019; Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 31889 del 06/12/2019; Cass. Sez. 1 – , Ordinanza n. 10364 del 18/04/2023), come peraltro rammentato dalla stessa ricorrente anche in memoria ex art. 380bis .1 c.p.c. –
Ebbene, nel caso di specie, la Corte territoriale, nel dichiarare assorbita la domanda di garanzia dell’odierna ricorrente, ha tuttavia osservato (pag. 107 della motivazione) che l’ inadempimento contrattuale dell’odierna ricorrente ‘ ha, infatti, giustificato la manleva contro di lei esperita dal Comune di Vipiteno, manleva che ha poi dato luogo alla (inutile) chiamata in garanzia delle assicurazioni dell ‘ impresa ‘ .
La Corte territoriale, quindi, ha correttamente svolto un giudizio in ordine alla arbitrarietà della domanda di garanzia, giungendo quindi a gravare l’odierna ricorrente delle spese delle due assicurazioni, secondo un giudizio che, nella presente sede, non appare adeguatamente censurato.
Occorre evidenziare che l e deduzioni dell’odierna ricorrente in ordine al fatto che la propria condanna alla rifusione delle spese processuali verrebbe comunque a rientrare nella garanzia assicurativa -giustificando quindi la chiamata in causa delle assicurazioni -risultano inammissibili, in quanto sono state formulate solo in
memoria ex art. 380bis .1 c.p.c., e cioè in un atto che non ha la funzione di integrare i motivi del ricorso per cassazione, poiché assolve all’esclusiva funzione di chiarire ed illustrare i motivi di impugnazione che siano già stati ritualmente – cioè in maniera completa, compiuta e definitiva – enunciati nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, con il quale si esaurisce il relativo diritto di impugnazione, e non di dedurre nuove eccezioni -implicanti necessariamente accertamenti di fatto – o sollevare nuove questioni di dibattito (Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 8949 del 30/03/2023; Cass. Sez. L – Sentenza n. 21355 del 06/07/2022; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 5503 del 26/02/2019; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 24007 del 12/10/2017; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 26332 del 20/12/2016).
Il ricorso di COGNOME RAGIONE_SOCIALE è affidato a due motivi.
3.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1366, 1370 c.c.
Si censura la decisione impugnata nella parte in cui la stessa ha ritenuto che ai contratti d’appalto, compreso quello dell’odierna ricorrente incidentale, risultava applicabile la disciplina recata di cui al D.P.G.P. n. 41/2001 e dalla Legge Provinciale n. 6/1998 sia perché normativa vigente al momento della conclusione dei contratti medesimi sia perché espressamente recepita in questi ultimi con rinvio che doveva ritenersi ‘fisso’ e non ‘mobile’ .
La ricorrente deduce che la clausola contrattuale in rilievo prevedeva una mera formula di stile, con la conseguenza che alla stessa non potrebbe essere attribuito ‘alcun valore particolare’ , dovendosi comunque ritenere il rinvio in essa contenuto come rinvio ‘mobile’.
Deduce la violazione degli artt. 1362; 1366 e 1370 c.c. ‘con l’effetto di concedere ad una norma sostanziale che sensibilmente comprime il diritto di difesa una forza “ultrattiva” non voluta dal legislatore’ .
Evidenzia che nei successivi contratti stipulati dal COMUNE DI VIPITENO e relativi alle varianti d’opera non era contenuto alcun richiamo al D.P.G.P. n. 41/2001, nelle more abrogato, e che ‘se realmente il contratto avesse continuato ad essere regolato in tutto e per tutto dal D.P.G.P. n. 41/2001 anche in seguito alla sua abrogazione, se, quindi, la volontà comune delle parti fosse stata quella di rendere il contratto insensibile alle successive vicende normative, la buona fede avrebbe imposto di precisarlo anche nelle successive varianti.’ .
3.2. Il motivo è inammissibile.
Si è già rammentato in precedenza che la Corte territoriale, infatti ha affermato l’applicabilità del D.P.G.P. n. 41/2001 ai contratti d’appalto oggetto di causa sulla base di una duplice considerazione, ritenendo, da un lato, che la previsione dovesse trovare applicazione in quanto vigente ratione temporis e, dall’altro lato, in quanto ‘recepita nei rispettivi programmi negoziali e con ciò contrattualizzata per volontà delle parti’ (pag. 63, § 2.5 della motivazione).
Ebbene, mentre la ricorrente RAGIONE_SOCIALE risulta aver censurato solo la prima ratio decidendi , trascurando la seconda, per contro, la ricorrente RAGIONE_SOCIALE incorre in un opposto incidente, contestando la fondatezza della tesi del recepimento negoziale della previsione di rilievo, ma omettendo di svolgere concrete critiche alla tesi della vigenza normativa ratione temporis .
Tanto basta a condurre alla declaratoria di inammissibilità del motivo, secondo i principi già richiamati, non senza osservare ulteriormente che un profilo supplementare di inammissibilità della censura è costituito dal suo risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione della ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017), senza evidenziarne l’assoluta implausibilità e di fatto dolendosi del fatto che il giudice di merito, adottando un’interpretazione comunque plausibile, abbia privilegiato una lettura ermeneutica diversa da quella proposta dalla parte (Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 28319 del 28/11/2017).
3.3. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362; 1366; 1370; 1341 c.c. ; dell’art. 11 del contratto di appalto in combinato disposto con l’art. 139 D.P.G.P. 41/2001; degli artt. 3 e 24 Cost.; dell’art. 1, Protocollo addizionale CEDU.
Si censura la decisione impugnata nella parte in cui la stessa ha escluso l’applicabilità dell’art. 1341 c.c. alla clausola contenuta nel contratto di appalto
Argomenta, in particolare, il ricorso che:
-il contratto di appalto firmato dalla ricorrente incidentale con il COMUNE DI VIPITENO ‘costituiva un contratto standard, tant’è che conteneva le medesime clausole e condizioni dei contratti stipulati dal Comune con le imprese Bettiol e con il Fallimento RAGIONE_SOCIALE, come pure espressamente riconosciuto dalla Corte d’Appello (cfr. punto 2.4 della sentenza impugnata)’ , con la conseguenza che ‘qualsiasi decadenza contrattuale avrebbe richiesto l’approvazione specifica del contraente ai sensi dell’art. 1341 c.c.’ ;
-la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che la clausola contrattuale prevedeva un’ipotesi di decadenza anche perché tale ipotesi era stata dichiarata inapplicabile da una circolare esplicativa del 3 dicembre 2009 dell’ Assessore ai lavori pubblici della Provincia
-trattandosi di clausola contenuta in un contratto predisposto dal COMUNE DI VIPITENO, la stessa andrebbe interpretata contra stipulatorem ;
-la Corte territoriale avrebbe affermato la natura decadenziale della previsione di cui all’art. 139 D.P.G.P. n. 41/2001 sulla scorta degli orientamenti formatisi in relazione all’art 46, D.P.R. n. 1063/1962, laddove sarebbe stata più pertinente un raffronto con l’art. 33 DM 145/2000;
-il contratto di appalto non conterrebbe un rinvio all’art. 138 D.P.G.P. 41/2001 e neppure era previsto espressamente che l’istanza di arbitrato andasse proposta entro un termine di sessanta giorni;
-‘Appare palese che la presunta ultrattività delle norme regolamentari menzionate crea una disparità di trattamento e limita il diritto di difesa, a mero vantaggio di un ente pubblico che così viene arricchito, in violazione dell’art, I del Protocollo addizionale n. 1 della CEDU’ .
3.4. Anche tale motivo risulta inammissibile.
Il motivo, invero, si fonda in gran parte sulla tesi per cui gli artt. 138 e 139 del D.P.G.P. non sarebbero stati applicabili al caso in esame, per effetto di una circolare esplicativa dell’Assessore ai lavori pubblici della Provincia prot. N. 11.5/694697 del 3 dicembre 2009.
Ebbene, al di là della considerazione preliminare per cui in alcun modo la ricorrente incidentale viene ad esplicare in qual modo un atto
avente valenza normativa potesse essere abrogato o derogato da una mera circolare esplicativa, si deve osservare che di tale circolare la ricorrente ha omesso sia la riproduzione -almeno nei passaggi essenziali -sia la localizzazione in atti (non risultando l’atto neppure menzionato nell’elenco documenti del ricorso), in tal modo omettendo di rispettare il canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., dal che discende la declaratoria di inammissibilità del mezzo.
Ciò non esime questa Corte dal rilevare l’ulteriore inammissibilità e infondatezza dei molteplici (ed eterogenei) profili sollevati con il motivo, a cominciare dalla considerazione per cui alcuni di essi non risultano essere stati in alcun modo affrontati nella decisione impugnata, né parte ricorrente ha dedotto di averli sollevati nei precedenti gradi di giudizio, individuando, in ossequio all’art. 366 c.p.c., l’atto o gli atti nei quali sarebbe avvenuta tale deduzione , con conseguente applicazione del principio, reiteratamente enunciato da questa Corte, per cui qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 18018 del 01/07/2024; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 20694 del 09/08/2018; ed anche Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 2193 del 30/01/2020; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14477 del 06/06/2018; Cass.
Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013).
In ogni caso, in relazione a tali profili, si deve osservare, in sintesi, che:
la circostanza -apoditticamente affermata – che i contratti di appalto conclusi dalle tre imprese avessero contenuto sovrapponibile non valeva a ricondurre i contratti medesimi nell’ambito di applicazione dell’art. 1341 c.c., avendo questa Corte costantemente chiarito che un contratto è qualificabile “per adesione” secondo il disposto dell’art. 1341 cod. civ. – e come tale soggetto, per l’efficacia delle clausole cosiddette vessatorie, alla specifica approvazione per iscritto – solo quando sia destinato a regolare una serie indefinita di rapporti e sia stato predisposto unilateralmente da un contraente (Sez. 1, Sentenza n. 7605 del 15/04/2015; Sez. 3, Sentenza n. 2110 del 30/01/2008; Sez. L, Sentenza n. 6314 del 22/03/2006; Sez. 3, Sentenza n. 11757 del 19/05/2006; Sez. 1, Sentenza n. 5549 del 19/03/2004);
l’affermazione per cui i contratti erano stati predisposti unilateralmente dal COMUNE DI VIPITENO, con conseguente necessità di interpretare le relative clausole contra stipulatorem , risulta parimenti apodittica, riferita a profili in fatto non deducibili in sede di legittimità, priva di adeguata specificità ex art. 366 c.p.c. e, pertanto, inammissibile;
quanto all’argomentazione per cui la Corte territoriale, nell’interpretare la previsione di cui all’art. 139 D.P.G.P. n. 41/2001, avrebbe dovuto tenere conto degli orientamenti formatisi non in relazione all’art 46, D.P.R. n. 1063/1962, bensì in relazione all’art. 33, D.M. n. 145/2000, si osserva
che il motivo è ulteriormente inammissibile, dal momento che in alcun modo argomenta per quale ragione l’interpretazione operata dalla Corte territoriale anche sulla scorta della correlata previsione nazionale (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 6909 del 20/03/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6307 del 27/03/2015) si sarebbe tradotta in un inadeguato governo delle previsioni medesime, risolvendosi il mezzo in una inammissibile censura apodittica (Cass. Sez. U – Sentenza n. 23745 del 28/10/2020; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 16700 del 05/08/2020; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 24298 del 29/11/2016);
le deduzioni della ricorrente in ordine all’assenza, nei tre contratti di appalto, di un rinvio all’art. 138, D.P.G.P. n. 41/2001 risultano parimenti inammissibili, sol che si consideri che affermazione diametralmente opposta è contenuta nella decisione impugnata, il cui § 2.4. riproduce alla lettera una clausola contrattuale che invece contiene un richiamo onnicomprensivo proprio al D.P.G.P. n. 41/2001 e che la diversa ricostruzione offerta dal mezzo non viene argomentata in alcun modo.
La complessiva inammissibilità ed infondatezza delle deduzioni del ricorso incidentale, allora, vale a precludere radicalmente il vaglio delle argomentazioni riferite ad una presunta violazione dell’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della CEDU, atteso che un simile vaglio presupporrebbe la rilevanza e decisività di un profilo individuato in modo univoco, mentre le argomentazioni della ricorrente incidentale risultano radicalmente inidonee a censurare la decisione impugnata nelle sue distinte ed autonome rationes.
4. In virtù delle considerazioni che precedono, mentre il ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE deve essere respinto, il ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna sia della ricorrente principale sia della ricorrente incidentale alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore dei rispettivi controricorrenti.
Le spese sono liquidate direttamente in dispositivo, tenendo conto sia del valore della lite in relazione ai due distinti ricorsi sia della presenza o meno di memorie ex art. 380bis .1 c.p.c.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , sia da parte della ricorrente principale RAGIONE_SOCIALE sia da parte della ricorrente incidentale RAGIONE_SOCIALE spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, rigetta il ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE
dichiara inammissibile il ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE a rifondere al COMUNE DI VIPITENO, alla RAGIONE_SOCIALE, ASSICURAZIONI E RIASSICURAZIONI ed a RAGIONE_SOCIALE le spese del
giudizio di Cassazione, che liquida: quanto al COMUNE DI VIPITENO, in € 5.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, e, quanto a RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in € 6.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, per ciascuna delle controricorrenti;
condanna RAGIONE_SOCIALE a rifondere al COMUNE DI VIPITENO le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 10.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte della ricorrente principale RAGIONE_SOCIALE sia da parte della ricorrente incidentale RAGIONE_SOCIALE di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima