Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6646 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6646 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 1642 del ruolo generale dell’anno 2019
, proposto da
RAGIONE_SOCIALE (Cod. Fisc P_IVA; P.IVA P_IVA) in proprio e quale mandataria dell’RAGIONE_SOCIALE costituita con la RAGIONE_SOCIALE con sede in Parma, INDIRIZZO, in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione, Ing. NOME COGNOME rappresentata e difesa, disgiuntamente tra loro, dagli Avv.ti NOME COGNOME (Cod. Fisc. CODICE_FISCALE, pec: EMAIL; fax NUMERO_TELEFONO) e NOME COGNOME (Cod. Fisc. CODICE_FISCALE; pec: EMAIL; fax NUMERO_TELEFONO, elettivamente domiciliata nello Studio del primo in Roma INDIRIZZO giusta procura a margine del ricorso.
Ricorrente
contro
Autorità di sistema portuale del mare di Sardegna , cf 00141-
450924, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, cf 80224030587, presso la cui sede in Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliata. Pec: EMAIL, fax NUMERO_TELEFONO.
avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari n° 1032 depositata il 12 dicembre 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Con la sentenza indicata in intestazione la Corte d’appello di Cagliari, adita dall’appaltatore RAGIONE_SOCIALE (in proprio e quale mandataria dell’Ati costituita con la RAGIONE_SOCIALE), confermava la decisione del Tribunale della stessa città, respingendo la domanda con la quale era stata chiesta la condanna della convenuta Autorità portuale del mare di Sardegna, Stazione appaltante, al pagamento di euro 15,3 milioni a titolo di risarcimento del danno subito per la sospensione dei lavori di ‘ adeguamento tecnico e funzionale del Molo INDIRIZZO del porto di Cagliari ‘ dal 29 giugno 2005 al 12 settembre 2007: sospensione che l’attrice/appellante riteneva illegittima, essendo stata ordinata a seguito del ritrovamento, dopo la stipula dell’appalto in data 14 gennaio 2005, di reperti archeologici nell’area di cantiere, dunque a causa delle insufficienti indagini a carico della PA nella predisposizione del progetto.
2 .- Per quello che qui ancora rileva, la Corte osservava che era onere dell’attrice procedere alle opportune indagini dirette all ‘accertamento della presenza di reperti archeologici e che, in ogni modo, l’art. 5 del capitolato speciale d’appalto aveva pattiziamente posto a carico dell’impresa l’onere economico delle ispezioni subacquee periodiche per la rilevazione di materiali archeologici, donde l’insussistenza di qualunque inadempimento della Stazione appaltante in sede di redazione del progetto.
Quanto all’ulteriore profilo di inadempimento dedotto dalla COGNOME, consistente nell’eccessiva durata della definizione della variante resasi necessaria dopo i ritrovamenti archeologici, dalla c.t.u. espletata in primo grado era emerso che il lungo tempo era dipeso non
solo dai trovati archeologici, ma anche dal fatto che si erano verificati dei cedimenti e dissesti nella banchina del molo, che, al pari dei reperti, dovevano essere considerati nella perizia di variante.
3 .- Ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE nella qualità indicata in epigrafe, affidando il gravame a tre mezzi.
Resiste l’Autorità portuale, che conclude per la reiezione dell ‘impugnazione.
La causa è stata quindi assegnata all’udienza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Solo RAGIONE_SOCIALE ha depositato una memoria ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Il primo motivo è rubricato ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 cod. civ. nonché degli artt. 46 e 47 del d.P.R. n° 554/1999, in relazione all’art. 360, primo comma, n° 3, cod. proc. civ. ‘.
Secondo la ricorrente, la Corte territoriale -limitando l’obbligo di ispezione del fondale ad un mero esame visivo superficiale (ossia senza la rimozione degli strati di fango) -avrebbe di fatto esonerato la Stazione appaltante dall’obbligazione, prevista dagli artt. 46 e 47 del d.P.R. n° 554/1999, di fornire un progetto completo ed eseguibile, ed avrebbe invece, posto a carico dell’appaltatore un ‘ dovere cognitivo ‘ superiore a quello della PA.
Conclusione non condivisibile, tenuto anche conto dell’avvertimento dato dalla Soprintendenza per i beni archeologici (contenuto nella nota n° 6741 del 9 agosto 2002), col quale l’Autorità portuale era stata invitata a svolgere una ‘ ispezione visiva e con strumenti utili a leggere lo stato del fondale ed a raccogliere, documentandoli, eventuali materiali fuori contesto ‘.
Col secondo mezzo -intitolato ‘ violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e seguenti del cod. civ. con riferimento all’art. 30 del capitolato speciale d’appalto, in relazione all’ art. 360, primo
comma, n° 3, cod. proc. civ. ‘ -la ricorrente lamenta che la sentenza abbia escluso la responsabilità dell’Autorità portuale in base alle pattuizioni contrattuali.
Secondo la Corte, la previsione contrattuale che contemplava l’obbligo dell’appaltatore di procedere ad indagini ed ispezioni implicava l’esenzione della responsabilità della Stazione appaltante.
Tale conclusione non sarebbe, tuttavia, condivisibile, in quanto la consapevolezza dell’appaltatore circa il contenuto del progetto e la sua diligenza non potrebbero sopperire all’esigenza di completa informazione che dovrebbe fornire l’elaborato progettuale.
In più, oltre all’art. 5 del capitolato, richiamato dalla sentenza, la Corte avrebbe malamente interpretato anche l’art. 30, che prevedeva a carico dell’impresa solamente l’obbligo di procedere ad ispezioni ‘ durante l’esecuzione dei lavori ‘: pattuizione dalla quale la Corte territoriale avrebbe fatto implicitamente (ed erroneamente) discendere la consapevolezza dell’appaltatore della inadeguatezza dell’elaborato progettuale.
Col terzo motivo -rubricato ‘ violazione e falsa applicazione degli arti. 24 e 25 del decreto ministeriale n° 145/2000, in relazione all’ art. 360, primo comma, n° 3, cod. proc. civ. ‘ -la COGNOME lamenta che la Corte abbia predicato la legittimità della sospensione dei lavori, contrariamente a quanto previsto dall’art. 24 e 25 del d.m. n° 145/2000 e dell’art. 25 della legge n° 109/1994, i quali consentono la sospensione nel caso di rinvenimenti imprevedibili nella fase progettuale.
Previsione nella fattispecie mancata proprio a causa della condotta dell’Autorità portuale, che, come già detto nei precedenti motivi, non aveva provveduto ad idonea ispezione dei fondali nonostante la nota n° 6741 del 9 agosto 2002 della Soprintendenza per i beni archeologici.
5 .- I motivi -esaminabili congiuntamente in ragione della loro connessione -sono infondati.
Innanzi tutto, la ricorrente fa riferimento in più punti dei motivi di ricorso al ‘ progetto preliminare ‘ del quale denuncia le carenze, ma senza trascrivere tale documento, né totalmente, né nelle parti rilevanti ai fini della presente decisione, come invece prescrive l’art. 366, primo comma, n° 4 cod. proc. civ.: ne deriva che i motivi soffrono di un generale difetto di autosufficienza, che li rende in parte qua inammissibili.
In ogni modo, anche a tacere tale carenza, l’art. 71, secondo comma, del d.P.R. n° 554/1999 prevede che ‘ l’offerta da presentare per l’affidamento degli appalti (…) ‘ debba essere accompagnata ‘ dalla dichiarazione con la quale i concorrenti attestano di avere esaminato gli elaborati progettuali (…) di essersi recati sul luogo di esecuzione dei lavori, di avere preso conoscenza delle condizioni locali (…) nonché di tutte le circostanze generali e particolari suscettibili di influire sulla determinazione dei prezzi, sulle condizioni contrattuali e sull’esecuzione dei lavori e di aver giudicato i lavori stessi realizzabili, gli elaborati progettuali adeguati ed i prezzi nel loro complesso remunerativi e tali da consentire il ribasso offerto ‘.
Questa dichiarazione, lungi dal costituire una clausola di stile, si concreta in un’attestazione della presa di conoscenza delle condizioni dei luoghi e di tutte le circostanze che possono influire sull’esecuzione dell’opera: per cui, essa pone a carico dell’appaltatore un preciso dovere cognitivo, cui corrisponde una altrettanto precisa responsabilità, determinando un allargamento del rischio, senza però comportare un’alterazione della struttura e della funzione del contratto, nel senso di renderlo un contratto aleatorio ( ex multis : Cass., sez. I, 18 maggio 2015, n° 10074).
Ne deriva che la PA, pur essendo tenuta ad elaborare un progetto esecutivo effettivamente realizzabile, svolgendo le preliminari indagini (anche) ‘ archeologiche ‘ (art. 47 del d.P.R. n° 554/1999), non assume di regola responsabilità per le carenze progettuali che dovessero manifestarsi nel corso dei lavori, a meno che esse non ab-
biano carattere ‘ occulto ‘ (sul che: Cass., sez. I, 20 giugno 2012, n° 10184).
In conclusione, dunque, deve sottolinearsi che il menzionato art. 71, secondo comma, d.P.R. n° 554/1999 pone una regola preliminare di affidamento nella fattibilità del progetto, contestualmente accollando al dichiarante le conseguenze delle sue negligenze nell’accertamento preliminare che gli compete e quindi escludendo che l’evento conoscibile, quand’anche rilevante, possa considerarsi grave errore o grave omissione progettuale.
Le doglianze della ricorrente appaiono, dunque, oltre che prive di autosufficienza, anche del tutto infondate in base a tali osservazioni.
A ciò va aggiunto che il ritrovamento dei reperti archeologici, lungi dal costituire una carenza occulta del progetto dell’Autorità portuale, venne anche considerato come evento possibile o probabile nel corso dei lavori, tanto che le parti ne hanno disciplinato le conseguenze nello stesso capitolato speciale d’appalto.
Infatti, come ben chiarito dalla Corte, con una interpretazione delle clausole contrattuali che è insindacabile nella presente sede (Cass., sez. III, 10 maggio 2018, n° 11254), con la previsione degli artt. 5 e 30 del capitolato i contraenti, COGNOME e Autorità portuale, hanno concordemente posto a carico della prima le conseguenze e l’onere economico da sopportare in caso di ritrovamenti archeologici.
Ne deriva che tale evenienza non può, in ogni caso, essere qui considerata come carenza occulta del progetto, posto che essa venne positivamente prevista e disciplinata dal regolamento contrattuale, mediante -come si è detto -l’assunzione di ogni rischio ed onere da parte dell’appaltatore.
Da quanto sopra deriva che non vi è stata alcuna violazione degli artt. 46 e 47 del d.P.R. n° 554/1999, né degli artt. 24 e 25 del d.m. n° 145/2000, sia perché la scoperta archeologica venne disciplinata in contratto nel senso che si è detto, sia perché le eventuali
insufficienze progettuali sono rese irrilevanti dal dovere di diligenze dell’appaltatore al momento della presentazione dell’offerta ex art. 71, secondo comma, del d.P.R. n° 554/1999, fatta eccezione per l’ipotesi di carenze occulte.
Ne deriva, ancora, che la sospensione dei lavori venne ordinata nel rispetto delle previsioni degli artt. 24 del d.m. n° 145/2000 e 24 della legge n° 109/1994.
6 .- In conclusione, il ricorso va respinto.
Alla soccombenza della ricorrente segue la sua condanna alla rifusione delle spese della presente fase del giudizio in favore dell’Autorità resistente, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della lite (euro 15,3 milioni, come enunciato in domanda) -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1-quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE nella qualità indicata in intestazione, a rifondere alla Autorità di sistema portuale del mare di Sardegna le spese del presente giudizio, che liquida in euro 25.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 26 novembre 2024, nella camera di consiglio