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Responsabilità antitrust: limiti del ricorso in Cassazione

Una società di consulenza è stata ritenuta corresponsabile per un’intesa anticoncorrenziale in una gara pubblica, pur non avendovi partecipato direttamente. L’appello si basava sul concetto di responsabilità antitrust estesa all’interno di un network aziendale. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che la valutazione dei fatti da parte del Consiglio di Stato non è sindacabile in sede di legittimità per motivi di giurisdizione, delineando così i precisi confini del proprio intervento.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità antitrust: la Cassazione fissa i limiti del ricorso contro le decisioni del Consiglio di Stato

La questione della responsabilità antitrust all’interno di gruppi e network societari è un tema centrale nel diritto della concorrenza. Una recente ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione offre spunti cruciali, non tanto sul merito della violazione, quanto sui confini del sindacato giurisdizionale. La Corte ha stabilito che una valutazione dei fatti ritenuta errata da parte del Consiglio di Stato non può essere contestata in Cassazione come vizio di giurisdizione.

I Fatti: la genesi della controversia

La vicenda trae origine da una gara comunitaria indetta da un importante ente pubblico per l’affidamento di servizi di assistenza tecnica e audit. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), a seguito di un’indagine, accertava l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza, una ‘pratica concordata’ tra le principali società di consulenza a livello mondiale (le cosiddette ‘big four’). L’obiettivo era la spartizione dei lotti di gara.

L’Autorità sanzionava tutte le società coinvolte, inclusa una società di consulenza che, pur non avendo partecipato direttamente alla gara, era considerata partecipe della strategia anticoncorrenziale in quanto membro dello stesso network di un’altra concorrente. Inizialmente, il TAR aveva escluso la responsabilità di questa società, ma il Consiglio di Stato, in appello, ribaltava la decisione. Secondo i giudici amministrativi, la società era corresponsabile in quanto parte di una ‘unica entità economica’ con la consorella che aveva partecipato alla gara, e aveva esercitato un’influenza determinante nella strategia comune.

La decisione della Corte di Cassazione e la questione di giurisdizione

La società di consulenza ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando principalmente due aspetti:

1. Violazione del principio di full jurisdiction: si sosteneva che il Consiglio di Stato avesse omesso un esame completo dei fatti, recependo acriticamente le tesi dell’Autorità Antitrust e trascurando elementi probatori a favore della società.
2. Violazione dell’obbligo di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’UE: si contestava al Consiglio di Stato di non aver sollevato una questione interpretativa sul diritto europeo riguardo all’estensione della responsabilità per illecito antitrust a un’impresa non attiva nel mercato di riferimento.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato del nostro ordinamento processuale: il ricorso in Cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato è consentito solo per ‘motivi attinenti alla giurisdizione’ e non per presunti errori di giudizio.

Le motivazioni: i confini invalicabili del sindacato della Cassazione sulla responsabilità antitrust

La Corte ha chiarito che le censure mosse dalla ricorrente, sebbene formalmente presentate come vizi di giurisdizione, miravano in realtà a ottenere un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Contestare al Consiglio di Stato di aver travisato i fatti, omesso di esaminare prove decisive o aderito passivamente alle tesi di una parte non configura un eccesso di potere giurisdizionale, bensì un potenziale error in iudicando (errore di giudizio).

Secondo la Cassazione, si ha un vizio di giurisdizione solo in casi tassativi, come quando il giudice amministrativo invade la sfera del legislatore creando una norma inesistente, oppure quando si sostituisce alla Pubblica Amministrazione in valutazioni di merito che non gli competono. Un esame incompleto o un convincimento errato sui fatti di causa, invece, rientra pienamente nell’esercizio della funzione giurisdizionale e, come tale, non è sindacabile in sede di legittimità.

Questo principio, definito di ‘self-restraint’, è stato più volte avallato dalla Corte Costituzionale e dalla stessa Corte di Giustizia Europea, la quale ha riconosciuto la compatibilità di tale sistema con il diritto dell’Unione. Anche il mancato rinvio pregiudiziale non è stato ritenuto un motivo valido di ricorso, poiché il Consiglio di Stato aveva implicitamente giudicato la questione non rilevante ai fini della decisione, data la presenza di prove sufficienti a fondare una responsabilità diretta e non solo derivata della società.

Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale per chi opera nel contenzioso amministrativo e, in particolare, in materia di antitrust. Le conclusioni pratiche sono significative:

1. Finalità delle decisioni di merito: Le sentenze del Consiglio di Stato che decidono sul merito di una sanzione antitrust sono, di fatto, definitive. Non è possibile sperare in un ‘terzo tempo’ davanti alla Cassazione per rimettere in discussione la ricostruzione dei fatti.
2. Centralità del giudizio amministrativo: Tutte le argomentazioni e le prove a discarico devono essere presentate e sostenute con forza davanti al TAR e al Consiglio di Stato, poiché è in quella sede che si forma il giudizio sui fatti.
3. Distinzione tra vizio di giurisdizione ed errore di giudizio: Le imprese devono essere consapevoli che solo un palese e radicale sconfinamento dai poteri del giudice amministrativo può aprire le porte del ricorso in Cassazione. Una semplice divergenza sulla valutazione delle prove non è sufficiente.

Una società può essere ritenuta responsabile per un’intesa anticoncorrenziale anche se non ha partecipato direttamente a una gara d’appalto?
Sì. Secondo la decisione confermata in giudizio, una società può essere ritenuta corresponsabile se fa parte della stessa ‘unica entità economica’ o network di un’impresa partecipante e se le prove dimostrano il suo coinvolgimento, anche indiretto, nella strategia collusiva generale.

È possibile ricorrere alla Corte di Cassazione se si ritiene che il Consiglio di Stato abbia valutato male le prove in un caso di antitrust?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un’asserita valutazione errata o incompleta delle prove da parte del Consiglio di Stato costituisce un errore di giudizio (error in iudicando) e non un difetto di giurisdizione. Pertanto, non è un motivo valido per ricorrere in Cassazione.

Il mancato rinvio di una questione alla Corte di Giustizia Europea da parte del Consiglio di Stato è un motivo di ricorso per Cassazione?
Generalmente no. In questo caso, la Corte ha ritenuto che la decisione del Consiglio di Stato di non effettuare il rinvio pregiudiziale fosse legittima, in quanto aveva implicitamente considerato la questione non determinante per la risoluzione della controversia, data la presenza di prove che fondavano autonomamente la responsabilità della società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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