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Responsabilità amministratori: competenza e clausola

Una società cooperativa ha citato in giudizio i suoi ex amministratori per mala gestio. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6589/2024, ha affrontato due questioni cruciali: la non obbligatorietà del litisconsorzio necessario nelle azioni di responsabilità amministratori e l’opponibilità della soppressione della clausola compromissoria all’amministratore cessato dalla carica ma rimasto socio. La Corte ha stabilito che la causa contro gli amministratori è scindibile e che la modifica statutaria è efficace nei confronti del socio che non l’ha impugnata, confermando la competenza del tribunale ordinario.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Societario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità amministratori: competenza del giudice e clausola arbitrale

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è intervenuta su un caso complesso che tocca temi fondamentali del diritto societario e processuale, in particolare la responsabilità amministratori. La decisione chiarisce importanti aspetti sulla scindibilità delle cause contro più amministratori e sull’efficacia delle modifiche statutarie che eliminano la clausola arbitrale, anche nei confronti di chi ha cessato la carica ma è rimasto socio.

I fatti di causa

Una società cooperativa edilizia citava in giudizio alcuni suoi ex amministratori, chiedendo il risarcimento dei danni derivanti da una serie di inadempimenti e atti di mala gestio. Tra le varie contestazioni, figuravano la stipula di contratti non autorizzati, pagamenti effettuati senza delibera e la mancata adozione dell’organo di revisione legale.

Durante il processo di primo grado, alcuni amministratori convenuti eccepivano l’incompetenza del Tribunale ordinario, sostenendo che la controversia dovesse essere decisa da un collegio arbitrale, come previsto da una clausola compromissoria presente nello statuto sociale all’epoca dei fatti contestati. Tale clausola era stata successivamente eliminata con una delibera assembleare. Il Tribunale accoglieva l’eccezione solo per uno degli amministratori, disponendo la prosecuzione del giudizio ordinario per gli altri.

Uno degli amministratori per cui era stata affermata la competenza del tribunale ordinario proponeva quindi ricorso per regolamento di competenza alla Corte di Cassazione, sollevando due motivi principali: la violazione del litisconsorzio necessario e l’inopponibilità della modifica statutaria che aveva cancellato la clausola arbitrale.

La decisione sulla responsabilità amministratori e il litisconsorzio

Il primo motivo di ricorso si basava sull’idea che l’azione di responsabilità, essendo fondata anche su un’omessa vigilanza reciproca tra gli amministratori, creasse un legame inscindibile tra le loro posizioni, rendendo necessaria la loro partecipazione congiunta al medesimo giudizio (litisconsorzio necessario). Di conseguenza, secondo il ricorrente, il Tribunale non avrebbe potuto separare le cause, destinandone una all’arbitrato e le altre al giudizio ordinario.

La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, ribadendo un principio consolidato: l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori ha natura solidale. Questo significa che la società può agire contro uno, alcuni o tutti gli amministratori, senza che la presenza di tutti sia indispensabile per la validità della sentenza. La causa è, per sua natura, scindibile. L’obbligazione risarcitoria è solidale, ma dà luogo a rapporti processuali distinti, seppur collegati. L’eventuale dipendenza tra l’accertamento della condotta di un amministratore e la responsabilità per omessa vigilanza di un altro non crea un litisconsorzio necessario ab origine, ma può rilevare solo in fasi successive del processo, come in sede di impugnazione.

Efficacia della modifica statutaria sulla responsabilità amministratori

Il secondo motivo, ancora più centrale, riguardava l’opponibilità della modifica statutaria che aveva soppresso la clausola compromissoria. Il ricorrente sosteneva che, avendo il suo rapporto organico di amministratore cessato prima della modifica, tale cambiamento non potesse applicarsi alle controversie relative alla sua gestione.

Anche questo motivo è stato respinto. La Corte ha operato una distinzione fondamentale: il ricorrente, pur avendo cessato la carica di amministratore, era rimasto socio della cooperativa. In qualità di socio, era vincolato dalle delibere assembleari, inclusa quella che ha modificato lo statuto eliminando la clausola arbitrale. Non avendo impugnato tale delibera, essa era diventata per lui definitiva e vincolante.

L’efficacia della clausola compromissoria, ha spiegato la Corte, non deriva dal rapporto organico di amministratore in sé, ma dal consenso prestato alla previsione statutaria. Poiché il ricorrente, come socio, ha implicitamente accettato la modifica, non può più invocare la precedente clausola per sottrarsi alla giurisdizione ordinaria. La modifica si applica a tutte le controversie instaurate dopo la sua approvazione, a prescindere da quando si siano verificati i fatti oggetto del giudizio.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la propria decisione basandosi su principi consolidati. In primo luogo, ha riaffermato che l’obbligazione risarcitoria degli amministratori è solidale, il che esclude il litisconsorzio necessario e permette alla società di agire separatamente contro ciascuno di essi. La scindibilità delle cause consente quindi che esse proseguano davanti a giudici diversi (tribunale e collegio arbitrale) a seconda delle specifiche eccezioni sollevate da ciascun convenuto.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato la natura pattizia della clausola arbitrale. La sua eliminazione tramite delibera assembleare costituisce una nuova pattuizione che vincola tutti i soci che non l’abbiano impugnata. La distinzione tra il ruolo di amministratore (cessato) e quello di socio (perdurante) è stata decisiva: l’obbligo di rispettare lo statuto modificato deriva dalla qualità di socio, che il ricorrente non aveva perso. Pertanto, la nuova previsione statutaria, che ripristina la competenza del giudice ordinario, si applica pienamente anche a lui per le controversie avviate dopo la modifica.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarando la competenza del Tribunale di Bari a decidere sulla domanda di risarcimento contro il ricorrente. La sentenza offre due importanti chiarimenti pratici: primo, le società possono calibrare le proprie azioni di responsabilità, agendo contro singoli amministratori senza essere costrette a convenire tutti in un unico giudizio. Secondo, un amministratore che cessa dalla carica ma rimane socio deve prestare attenzione alle modifiche statutarie successive, poiché queste possono incidere sui suoi diritti e obblighi, inclusa la modalità di risoluzione delle controversie relative alla sua passata gestione.

In un’azione di responsabilità contro più amministratori, è obbligatorio citarli tutti in giudizio?
No. Secondo la Corte, l’obbligazione risarcitoria degli amministratori è solidale e dà luogo a cause scindibili. Pertanto, non sussiste un litisconsorzio necessario e la società può agire contro uno, alcuni o tutti gli amministratori, senza che la presenza di tutti sia richiesta per la validità del processo.

La cancellazione di una clausola arbitrale dallo statuto societario ha effetto anche sulle controversie relative a fatti avvenuti in precedenza?
Sì. La Corte ha stabilito che la modifica statutaria si applica a tutte le controversie instaurate successivamente alla sua approvazione, a prescindere da quando si siano verificati i fatti oggetto del contendere. Ciò che rileva è il momento in cui l’azione legale viene avviata.

Un ex amministratore che è rimasto socio può invocare una clausola arbitrale che è stata cancellata dopo la fine del suo mandato?
No. Se l’ex amministratore è rimasto socio e non ha impugnato la delibera assembleare che ha soppresso la clausola arbitrale, tale modifica è pienamente efficace e vincolante anche per lui. La sua qualità di socio lo obbliga a rispettare lo statuto vigente al momento dell’instaurazione della causa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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