Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9866 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 9866 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/04/2025
OGGETTO:
azione nei confronti degli amministratori del Comune ex art. 23 d.l. 66/1989
RG. 8481/2019
P.U. 3-4-2025
SENTENZA
sul ricorso n. 8481/2019 R.G. proposto da: COGNOME c.f. RBNLRD29B21G479G, COGNOME c.f. QRTCRL46S62F158V, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME ricorrente
contro
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME controricorrente, ricorrente incidentale nonché contro
COGNOME c.f. CPRGPP61T10D009F, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME controricorrente, ricorrente incidentale nonché contro
COMUNE DI CORLEONE, c.f. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME controricorrente, ricorrente incidentale
avverso la sentenza n.1814/2018 della Corte d’Appello di Palermo, depositata il 14-9-2018, udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3-42025 dal consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso incidentale di NOME COGNOME e il conseguente assorbimento del ricorso incidentale proposto dal Comune di Corleone, nonché per l’accoglimento del ricorso incidentale di NOME COGNOME limitatamente al primo motivo e per il rigetto del ricorso principale, uditi l’avv. NOME COGNOME per i ricorrenti, l’avv. NOME COGNOME per il controricorrente ricorrente incidentale COGNOME e l’avv. NOME COGNOME per il controricorrente ricorrente incidentale COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con atto di citazione di data 8-7-2005 NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché NOME, NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME, hanno convenuto avanti il Tribunale di Termini Imerese, sezione distaccata di Corleone, NOME COGNOME e NOME COGNOME; hanno esposto che il Comune di Corleone, con delibera del Consiglio comunale n. 124 del 19-5-1988, aveva conferito al professor COGNOME e agli architetti NOME COGNOME e NOME COGNOME incarico professionale per le redazione del piano regolare generale del Comune, comprensivo di regolamento edilizio e di prescrizioni esecutive; il compenso era stato presuntivamente determinato in Lire 1.062.600.000 oltre accessori, i professionisti erano stati sollec itati all’esecuzione dell’incarico sia dal sindaco COGNOME che dal successivo sindaco COGNOME, ma avevano ricevuto soltanto il pagamento di due acconti per Lire 165.014.498; avevano citato in giudizio il Comune di Corleone per ottenere il pagamento e, a f ronte dell’eccezione di nullità sollevata dal Comune in
ragione della mancata sottoscrizione del disciplinare di incarico, il Tribunale di Termini Imerese sezione distaccata di Corleone aveva rigettato la domanda con sentenza n. 89/2005; quindi, poiché in mancanza di valido rapporto contrattuale con il Comune il rapporto obbligatorio relativo alle prestazioni professionali rese a favore dell’ente territorial e si era instaurato con gli amministratori che avevano consentito le prestazioni, e perciò con i sindaci COGNOME e COGNOME, hanno chiesto che gli stessi fossero condannati al pagamento dell’importo di Euro 247.526,02, oltre accessori, determina to detraendo dall’importo di Euro 328.483,60 di cui alle parcelle vistate dal Consiglio dell’Ordine l’acconto ricevuto di Euro 85.222,87.
NOME COGNOME e NOME COGNOME si sono costituiti eccependo, tra l’altro, la prescrizione e chiedendo altresì NOME COGNOME di chiamare in causa il Comune di Corleone, nei cui confronti NOME COGNOME ha proposto domanda di arricchimento senza causa.
Con sentenza n.46/2012 depositata il 19-4-2012 il Tribunale di Termini Imerese sezione distaccata di Corleone ha rigettato le domande, dichiarando che l’azione era prescritta.
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto appello, che la Corte d’appello di Palermo con sentenza n. 1814/2018 pubblicata il 14-9-2018 ha parzialmente accolto, condannando in solido NOME COGNOME e NOME COGNOME al pagamento, in favore degli appellanti, di Euro 10.794,88 complessivamente, con gli interessi dalla domanda e la rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi; ha condannato il Comune di Corleone a rimborsare a NOME COGNOME quanto da lui corrisposto a COGNOME e COGNOME.
La sentenza ha rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dall’appellato COGNOME per il fatto che la notificazione a lui era stata eseguita oltre il termine di cui all’art. 325 cod. proc. civ.; ha
osservato che l’atto destinato a COGNOME era stato tempestivamente consegnato all’ufficiale giudiziario ma non era stato consegnato al destinatario per un errore materiale nell’indicazione del numero civico e ciò non provocava inammissibilità, ove la seconda notifica fosse andata a buon fine entro un termine ragionevole dalla prima.
La sentenza ha accolto l’appello in punto prescrizione, in quanto l’assunto del Tribunale secondo il quale il termine iniziava a decorrere dalla data di conferimento dell’incarico non poteva essere accolto e la prescrizione decorreva dalla conclusione della prestazione, che faceva presumere l’immediata esigibilità del corrispettivo ; considerato che il sindaco COGNOME aveva comunicato ai progettisti con nota del 20-1-1990 il conferimento dell’incarico da parte del Consiglio comunale e che con note del 1994 e del maggio 1995 il sindaco COGNOME aveva conferito incarico ai progettisti, ha dichiarato che doveva individuarsi, quale data di conclusione della prestazione professionale resa, da valutare unitariamente, quella dell’adozione da parte del Comune del Piano Regolatore Generale e delle Prescrizioni esecutive, avvenuta con deliberazione commissariale n. 1 del 9-2-1999; era indicativo che i professionisti avessero inviato al Comune le parcelle, per il pagamento dei compensi, pochi mesi dopo la richiamata deliberazione, mentre gli appellati non avevano indicato una data diversa di conclusione della prestazione professionale ; dall’esame della delibera del 19 maggio 1994 richiamata dal Sindaco COGNOME risultava che il Consiglio comunale disponeva che i progettisti effettuassero modifiche e integrazioni agli elaborati progettuali, tanto che le ‘direttive di massima’ venivano trasmesse con nota del 15 giugno 1994 al professor COGNOME perché vi si adeguasse.
Quindi la sentenza ha dichiarato che l’azione ex art. 23 d.l. 2 marzo 1989 n.66, non prescritta, era fondata, sulla base della ricostruzione della vicenda eseguita nella sentenza n. 89/2005 del
Tribunale di Termini Imerese sezione distaccata di Corleone, condivisa e recepita, in quanto il sindaco COGNOME e poi il sindaco COGNOME avevano consentito la prestazione e quindi il rapporto obbligatorio era intercorso direttamente tra loro e i professionisti. In ordine alla quantificazione del compenso, ha rilevato che con nota del 18-10-1989 i progettisti avevano limitato le loro pretese relative al compenso alla somma di lire 200.000.000, aggiungendo che ‘la restante somma originariamente prevista come compenso’ sarebbe stata loro corrisposta ‘se e in quanto’ si fosse avuta ‘la disponibilità finanziaria’ da parte dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente; poiché era pacifico che tale ipotizzata disponibilità finanziaria non si era mai concretizzata, la pretesa dei progettisti rimaneva fissata nell’importo di Lire 200.000.000 e, poiché non era neppure contestato che il Comune aveva pagato -a titolo di acconti- Lire 168.647.282, il credito residuo ammontava complessivamente a Lire 31.352.718, pari a Euro 16.192,23; non sussistendo solidarietà attiva tra i creditori ed essendo appellanti due dei tre professionisti, ha riconosciuto a loro favore l’importo di Euro 10.794,88 complessivamente, corrispondente alle loro quote di due terzi.
3.Avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di unico motivo.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso, con il quale ha proposto anche ricorso incidentale affidato a due motivi.
NOME COGNOME ha resistito con separato controricorso, con il quale ha proposto ricorso incidentale sulla base di tre motivi.
A sua volta il Comune di Corleone ha resistito con controricorso, con il quale ha proposto ricorso incidentale in forza di due motivi.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione per la pubblica udienza del 3-4-2025, oltre il termine di cui all’art. 378 cod. proc. civ. il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni, mentre le altre
parti a eccezione del Comune di Corleone hanno depositato tempestivamente memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente si dà atto che non si deve provvedere sull’istanza di rimessione in termini proposta dal Pubblico Ministero in relazione al deposito tardivo della sua memoria asseritamente causato da malfunzionamento del sistema informatico, in quanto il Pubblico Ministero ha esposto oralmente le sue conclusioni motivate nella pubblica udienza.
2.Procedendo alla disamina dei motivi di ricorso principale e di ricorso incidentale sulla base della successione logica delle questioni, con il primo motivo di ricorso incidentale NOME COGNOME deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 327 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. e censura la sentenza impugnata per avere rigettato la sua eccezione di inammissibilità dell’appello, in quanto a lui notificato dopo il decorso del termine di cui all’art. 327 cod. proc. civ.; lamenta che la sentenza, valorizzando la seconda notifica dell’atto di appello a fronte del fatto che la prima non era stata eseguita in ragione dell’errata indicazione del numero civico del destinatario, non si sia neppure preoccupata di indicare la data nella quale era stata eseguita la seconda notifica, nonostante avesse esposto il principio secondo il quale la seconda notifica doveva essere eseguita entro termine ragionevole e nonostante la notifica fosse stata eseguita solo il 25-11201 3, dopo che la Corte d’appello con ordinanza del 23-11-2013 aveva concesso termine a tal fine. Aggiunge che non può sostenersi l’ammissibilità dell’appello per il fatto che l’atto di citazione era stato notificato al Comune di Corleone e a NOME COGNOME nel rispetto del termine di cui all’art. 327 cod. proc. civ., in quanto si verteva in ipotesi di litisconsorzio facoltativo, trattandosi di obbligazione solidale.
2.1.Il motivo , da qualificare come proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ., è infondato, seppure la motivazione della sentenza impugnata debba essere corretta nei termini di seguito esposti.
Lo stesso ricorrente incidentale COGNOME riconosce che l’atto di appello era stato notificato nel termine non solo all’appellato COGNOME, ma anche al Comune di Corleone, che il medesimo convenuto COGNOME aveva chiamato in causa in primo grado, proponendo nei suoi confronti la domanda di indebito arricchimento. La circostanza è stata direttamente verificata dalla Corte, come imposto dalla natura processuale della censura, in quanto risulta dal fascicolo di parte COGNOME e COGNOME che l’atto di citazione in appello era stato spedito per la notifica a mezzo posta al Comune di Corleone il 27-5-2013 -e perciò entro il termine annuale, con la sospensione feriale, da applicare alla fattispecie-; risulta altresì dal fascicolo di parte del Comune di Corleone che la notifica era stata regolarmente ricevuta dal Comune, il quale si è costituito in appello. Tra la domanda proposta dai professionisti COGNOME e COGNOME nei confronti del convenuto COGNOME -quale amministratore del Comune chiamato a rispondere personalmente ex art. 23 d.l. 2-3-1989 n. 66 conv. con mod. nella legge 24-4-1989 n. 144 d ell’obbligazione relativa a prestazioni rese in difetto di delibera autorizzativa e di impegno di spesa- e la domanda di indennizzo per arricchimento senza causa proposta dal convenuto COGNOME nei confronti del Comune di Corleone in relazione alla sua diminuzione patrimoniale e all’arricchimento dell’ente per l’utilizzazione delle prestazioni, sussiste il collegamento previsto dall’art. 106 cod. proc. civ. (Cass. Sez. 1 12-4-2007 n. 8824 Rv. 597158-01). In tale caso il nesso che si instaura tra la domanda proposta dal convenuto nei confronti del terzo e la domanda principale giustifica, in linea di principio, la conservazione del litisconsorzio instaurato in primo grado,
ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., che si applica anche alle cause tra loro dipendenti (Cass. Sez. 2 2-8-2022 n. 23904 Rv. 665384-01, Cass. Sez. 3 21-3-2022 n. 9013 Rv. 664555-01, Cass. Sez. 6-2 11-11-2021 n. 33481 Rv. 662842-01). Quindi, stante il litisconsorzio necessario di carattere processuale nei confronti del Comune di Corleone con la conseguente inscindibilità delle cause ex art.331 cod. proc. civ. e il fatto che l’impugnazione è stata tempestivamente notificata al Comune, esattamente la Corte d’appello ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’appellato NOME COGNOME; ciò, anche se era decorso il termine lungo per proporre l’appello nei suoi confronti, in quanto è l’art. 331 cod. proc. civ. che nella fattispecie imponeva l’integrazione del contraddittorio.
3.Con il secondo motivo di ricorso incidentale NOME COGNOME deduce omessa motivazione, in relazione all’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., evidenziando che egli si è costituito nel giudizio di appello, dopo avere ricevuto la notifica oltre l’anno d alla pubblicazione della sentenza di primo grado, al solo fine di fare valere la nullità; lamenta che la sentenza impugnata abbia totalmente omesso di motivare sul punto, incorrendo anche in error in procedendo, in quanto l’art. 330 cod. proc. civ. impone la notificazione alla parte personalmente dopo che sia decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza.
3 .1.Il motivo è inammissibile laddove deduce l’omessa motivazione sulla questione processuale, in quanto in tema di errores in procedendo non è consentito alla parte interessata formulare la censura di omessa motivazione, spettando alla Corte di Cassazione accertare se vi sia stato o meno il denunciato vizio di attività, attraverso l’esame diretto degli atti, indipendentemente dall’esistenza della motivazione del giudice di merito sul punto (Cass. Sez. 1 10-112015 n. 22952 Rv. 637622-01, Cass. Sez. 3 24-11-2004 n. 22130 Rv. 578705-01).
Nella fattispecie è vero che la notifica a NOME COGNOME in quando eseguita dopo un anno dalla pubblicazione della sentenza, avrebbe dovuto essere indirizzata alla parte personalmente e non al pro curatore ai sensi dell’art. 330 cod. proc. civ. (Cass. Sez. L 20-12015 n. 857 Rv. 634296-01); però la notifica eseguita al procuratore ha integrato una mera violazione della prescrizione in tema di forma e non una impossibilità di riconoscere nell’atto la rispondenza al modello legale e quindi ha dato luogo a una nullità sanabile ex art. 160 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U 1-2-2006 n. 2197 Rv. 587282-01; cfr. altresì Cass. 857/2015, in motivazione, pag. 5 per l’affermazione che si tratta di nullità sanabile). Nella fattispecie la nullità è stata sanata ex art. 156 co. 3 cod. proc. civ., in quanto l’atto ha raggiunto lo scopo al quale era destinato, per il fatto che il destinatario si è costituito, anche se si è costituito solo al fine di eccepire la nullità (Cass. Sez. 1 2-5-2006 n. 10119 Rv. 591135-01, Cass. Sez. U 14-6-1994 n. 5785 Rv. 48706401).
4.Con il terzo motivo di ricorso incidentale NOME COGNOME deduce la violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 2946 cod. civ., lamentando che la sentenza impugnata abbia rigettato l’eccezione di prescrizione. Rileva che dalla documentazione prodotta, riferita alla deliberazione del Consiglio Comunale di Corleone n. 66 del 19-5-1994, risulta che i professionisti avevano consegnato gli elaborati progettuali all’inizio del 1994; sostiene che l’incarico è stato espleta to prima del 19-5-1994, data in cui il Comune, sulla scorta degli elaborati consegnati dai professionisti, ha deliberato le direttive di massima relative al PRG e che quindi, poiché l’atto di citazione è stato notificato nel luglio 2005 e non vi erano stati precedenti atti interruttivi della prescrizione, il diritto dei professionisti era estinto per prescrizione.
4.1.Il motivo è inammissibile, in quanto non individua nella sentenza impugnata la violazione dell’art. 2946 cod. civ., ma sostiene che, in fatto, sia stato erroneamente accertato il momento in cui i professionisti avevano concluso lo svolgimento dell’attiv ità per la quale erano stati incaricati.
La sentenza impugnata ha dichiarato di fare applicazione del principio secondo il quale, in tema di prestazioni professionali, la prescrizione del diritto al compenso decorre dalla conclusione della prestazione, e cioè dal momento in cui è stato espletato l’incarico (Cass. Sez. 2 14-3-2016 n. 4951 Rv. 639148-01, Cass. Sez. 2 26-32009 n. 7378 Rv. 607652-01) e nessuno degli argomenti del ricorrente COGNOME è rivolto contro questa affermazione. Il ricorrente censura la sentenza per avere erroneamente individuato la data di espletamento dell’incarico, ma a tale fine avrebbe potuto proporre soltanto motivo ai sensi dell’art. 360 co. 1 co. 5 cod. proc. civ.; si esclude che le deduzioni svolte nel motivo possano essere riqualificate in tal senso, perché il ricorrente si limita a proporre una rilettura delle risultanze istruttorie in termini estranei al paradigma dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. e, specificamente, senza censurare in modo ammissibile in sede di legittimità la sentenza laddove ha accertato in fatto che l’attività professionale ha continuato a essere svolta anche dopo il maggio 1995, in quanto il Sindaco COGNOME aveva conferito incarico ai progettisti anche con note del giugno 1994 e del maggio 1995.
5.Deve essere ora esaminato il secondo motivo di ricorso incidentale di NOME COGNOME in quanto avente a sua volta a oggetto il rigetto dell’eccezione di prescrizione.
Il motivo è proposto per violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. degli artt. 112 e 342 cod. proc. civ., nonché deducendo l’omesso esame di fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. e deducendo la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. dell’art.
115 cod. proc. civ. Con il motivo il ricorrente COGNOME in primo luogo evidenzia che gli appellanti avevano censurato la sentenza di primo grado assumendo che la prescrizione iniziasse a decorrere dal momento in cui si verificava l’arricchimento del beneficiario e che tale momento fosse da individuare in quello nel quale l’Amministrazione ha riconosciuto l’utilità dell’opera prestata; gli appellanti avevano poi invocato il principio secondo il quale la prescrizione del credito del professionista iniziava a decorrere dal momento in cui la prestazione era stata espletata, ma non indicando tale momento, che poteva individuarsi in data precedente all’11 -5-1995, quale ultimo atto con il quale il Comune trasmetteva la documentazione alla Regione. Lamenta perciò che la sentenza impugnata, individuando quale data di conclusione della prestazione quella dell’adozione da parte del Comune del P.R.G., abbia violato l’art. 112 cod. proc. civ., in quanto quel termine era stato invocato dagli appellanti a sostegno della loro tesi in ordine alla decorrenza della prescrizione dal momento del riconoscimento dell’utilità dell’opera prestata; lamenta altresì la violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., laddove la Corte non ha tenuto conto delle produzioni offerte dalle parti che documentavano che le prestazioni eseguite dai professionisti erano terminate il 19-51994, quando il Consiglio comunale aveva approvato gli elaborati e dato le direttive di massima, o il 27-9-1994, quando i progettisti avevano presentato al Comune il progetto con le direttive di massima, o il 17-2-1995 quando era stato eseguito il pagamento del saldo di Lire 200.000.000, o al massimo in data 11-5-1995 quando il Sindaco COGNOME inviava l’ultima nota di trasmissione degli elaborati dei tecnici alla Regione; aggiunge che, a fronte del suo rilievo in ordine al fatto che l’attività dei pro fessionisti si era esaurita nel 1994, gli appellanti avrebbero dovuto provare che l’attività era proseguita anche dopo tal i
date, o avrebbero dovuto provare l’esistenza di atti interruttivi della prescrizione, il che non avevano fatto.
6.Unitamente al secondo motivo di ricorso incidentale di NOME COGNOME deve essere esaminato, stante il contenuto analogo, il primo motivo di ricorso incidentale del Comune di Corleone, con il quale a sua volta il Comune censura il rigetto dell’eccezione di prescrizione, per violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. degli artt. 112 e 342 cod. proc. civ., per omesso esame di fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. e per violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. dell’art.115 cod. proc. civ. Il Comune a sua volta deduce che la prestazione professionale si è conclusa alla data del 279-1994 in cui i progettisti hanno presentato al Comune il progetto del P.R.G. con le direttive di massima, o al 2-2-1995, giorno in cui veniva emessa la delibera di Giunta comunale per il pagamento di £.93.740.000, o il giorno 11-51995, data dell’ultima nota di trasmissione degli elaborati tecnici alla Regione.
7.Entrambi i motivi sono infondati.
In primo luogo si esclude la dedotta violazione degli artt. 112 e 342 cod. proc. civ., in quanto la sentenza impugnata ha legittimamente individuato, sulla base delle risultanze probatorie a disposizione, il momento in cui i professionisti avevano compiuto l’esecuzione dell’incarico a loro affidato . Lo stesso ricorrente COGNOME deduce che gli appellanti non avevano individuato un momento nel quale avevano terminato l’attività che fosse risalente oltre il decennio dalla notifica dell’atto di citazione e quin di si esclude anche che la sentenza abbia pronunciato in violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. per non avere considerato i fatti non contestati.
Inoltre, emergono profili di inammissibilità dei motivi proposti ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., in quanto la sentenza impugnata ha testualmente dichiarato che gli appellati -i quali eccependo la
prescrizione avevano l’onere di allegare e provare il fatto che comportava la decorrenza del termine- non avevano indicato una data certa di conclusione della prestazione professionale; con riguardo all’appellato COGNOME, la sentenza ha specificamente aggiunto che si era limitato a una generica deduzione della prescrizione, affermando che i progettisti avevano espletato l’incarico prima del 19 -5-1994. A fronte di questo contenuto della pronuncia, i ricorrenti in via incidentale non avrebbero potuto limitarsi, come hanno fatto, a sostenere di avere indicato una serie di date alternative di completamento del l’incarico, ma avrebbero dovuto specificare in quali atti e in quali termini avessero dedotto le circostanze aventi carattere decisivo. Infatti, al fine della proposizione del motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., il ricorrente, nel rispetto delle previsioni degli artt. 366 co.1 n. 6 e 369 co.2 n.4 cod. proc. civ., deve indicare non solo il fatto storico il cui esame sia stato omesso, ma anche il dato testuale o extratestuale da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629831-01, Cass. Sez. 2 29-10-2018 n. 27415 Rv. 651028-01, Cass. Sez. 2 20-6-2024 n. 17005 Rv. 671706-01). Inoltre, l’eccezione di prescrizione deve sempre fondarsi su fatti allegati dalla parte e il debitore che la solleva ha l’onere di allegare e provare il fatto che, permettendo l’esercizio del diritto, determina l’inizio della decorrenza del termine, ai sen si dell’art. 2935 cod. civ., restando escluso che il giudice possa accogliere l’eccezione sulla base di un fatto diverso (Cass. Sez. 6 -L 23-5-2019 n.
14135 Rv. 654016-01, Cass. Sez. 2 18-6-2018 n. 15991 Rv. 64922301, Cass. Sez. L 13-7-2009 n. 16326 Rv. 609603-01).
Nella fattispecie nessuna delle deduzioni dei ricorrenti in via incidentale è svolta in tal senso ed è idonea a scalfire l’accertamento della sentenza impugnata, che prima (pag. 10) ha considerato che il sindaco COGNOME aveva conferito incarico ai professionisti ancora con note del 1994 e del maggio 1995 e poi ha dichiarato che la conclusione della prestazione professionale resa era da valutare unitariamente e doveva essere individuata nel momento dell’adozione da parte del Comune del P.R.G. e delle Prescrizioni esecutive, avvenuta con deliberazione commissariale del n. 1 del 9-2-1999; ha aggiunto che era indicativo il fatto che i professionisti avessero inviato le parcelle per il pagamento dei compensi pochi mesi dopo tale deliberazione e ha escluso che l’incarico fosse stato espletato prima della data del 19 -51994 in cui il Comune aveva deliberato le direttive di massima relative al piano regolatore, perché dall’esame della delibera r isultava che il Consiglio comunale disponeva che i progettisti eseguissero modifiche e integrazioni agli elaborati progettuali, tanto che le direttive di massima erano state poi trasmesse con nota 15-6-1994 al progettista Urbani perché vi si adeguasse. In questo modo la sentenza ha legittimamente rigettato l’eccezione di prescrizione, in quanto ha accertato in fatto che la prestazione è stata definitivamente espletata soltanto nel momento in cui il Comune ha approvato il P.R.G. e le Prescrizioni esecutive; ciò, non perché quello fosse il momento da prendere a riferimento in via astratta e senza relazione con l’effettivo svolgimento dell’attività, ma perché le precedenti deliberazioni avevano comportato le successive richieste ai professionisti di modifiche e integrazioni, per cui solo con la definitiva approvazione del P.R.G. l’ attività era cessata.
8.Deve essere ora esaminato l’unico motivo di ricorso principale di NOME COGNOME e NOME COGNOME con il quale gli stessi deducono la
violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. degli artt. 23 co. 3 e 4 d.l. 2-3-1989 n. 66, 115 e 116 cod. proc. civ. e la violazione ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ. dell’art. 132 cod. proc. civ. per essere la motivazione apparente e insanabilmente contraddittoria, in relazione al capo della sentenza che ha limitato l’imp orto del compenso spettante ai professionisti a Lire 200.000.000. I ricorrenti evidenziano che la sentenza ha eseguito tale limitazione sulla scorta della nota del 18-101989 trasmessa dagli stessi progettisti al Comune; sostengono che tale limitazione sia errata in quanto, poiché ai sensi dell’art. 23 d.l. 66/1989 il rapporto obbligatorio in questione è intercorso tra i professionisti e i Sindaci che avevano consentito e sollecitato l’esecuzione del progetto, la controprestazione doveva essere posta a loro carico per l’intero. Aggiungono che la nota del 18-10-1989 richiamata dalla Corte d’appello per giustificare la riduzione del corrispettivo non era una rinuncia o una limitazione alle competenze tecniche pattuite, in quanto i professionisti avevano rinunciato unicamente ai rimborsi spese ‘di cui all’ultimo paragrafo dell’art.11 del disciplinare di incarico’ , mentre concordavano che il corrispettivo sarebbe stato pagato dal Comune soltanto quando fosse stata acquisita la disponibilità finanziaria dell’Assessorato; rilevano che la nota del 18 -10-1989 era stata richiesta dal Comune ai professionisti per fare salvo l’incarico pure a fronte dell’entrata in vigore del d.l. 66/1989 , modificando l’art. 15 del disciplinare, e non era una limitazione delle pretese dei professionisti; poiché il rapporto tra il Comune e i professionisti era nullo pur a fronte della modifica dell’art. 15 del disciplinare, la nota non poteva essere considerata una limitazione di responsabilità per i Sindaci; aggiungono che la nota era indirizzata al Comune e non ai Sindaci, che la clausola era comunque nulla ex art. 23 co. 3 d.l. 66/1989 e non poteva incidere sull’obbligazione di controprestazione a carico dei Si ndaci. Quindi evidenziano anche la contraddizione insanabile della sentenza, che da
una parte ha ritenuto nullo il disciplinare di incarico privo di regolarità contabile e dall’altra ha ritenuto valida la modifica apportata all’art. 15 del disciplinare con la nota del 18-10-1989.
8.1.Il motivo è infondato.
In primo luogo si deve escludere nella motivazione della sentenza impugnata vizio tale da determinarne nullità, sulla base del dato che il sindacato di legittimità sulla motivazione è limitato al rispetto del minimo costituzionale (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01) e nella fattispecie la motivazione consente di ripercorrere compiutamente il ragionamento svolto dal giudicante, che è coerente e privo di contraddizioni.
Infatti la sentenza impugnata (dal par.14), nel momento in cui ha affrontato la questione della quantificazione del compenso spettante ai progettisti per l’attività svolta, ha considerato che gli stessi in atto di citazione avevano chiesto la condanna degli amministratori al pagamento della somma di Euro 328.483,60 sulla base delle parcelle vistate dal Consiglio dell’Ordine; ha altresì considerato che con nota del 18-10-1989 i progettisti avevano limitato le loro pretese relative al compenso alla somma di Lire 200.000.000, aggiungendo che la restante somma originariamente prevista come compenso sarebbe stata loro corrisposta ‘se e in quanto’ si fosse avuta la disponibilità finanziaria da parte dell’Assessorato Regionale; sulla base del dato che tale disponibilità non si era mai concretizzata, ha dichiarato che la pretesa economica restava fissata nell’importo di lire 200.000.000. In questi termini, risulta chiaro il ragionamento svolto dalla Corte d’appello, in ordine al fatto che con la nota del 18 -11-1989 i professionisti avevano quantificato il compenso per la loro attività nel limite di lire 200.000.000, rinunciando a ulteriori importi, che avrebbero richiesto solo nel caso in cui l’Assessorato Regionale avesse messo a disposizione le relative somme. Non sussiste alcuna
contraddizione tra l’affermazione della validità della limitazione del compenso spettante per l’attività svolta contenuta nella nota del 18 -11-1989, eseguita con dichiarazione unilaterale dei professionisti, e la ritenuta nullità del rapporto negoziale intercorso con il Comune, perché le questioni si pongono su piani diversi: da una parte vi è la questione dell’individuazione dei soggetti responsabili per il pagamento delle prestazioni eseguite dai professionisti in forza di contratto nullo con il Comune e dall’altra vi è la questione della quantificazione del compenso spettante per quelle prestazioni, che spettava in primo luogo ai professionisti determinare e che nella fattispecie la Corte d’appello ha ritenuto i professionisti avessero unilateralmente determinato nell’importo di Lire 200.000.000 complessivamente.
Non può essere valorizzata in sede di legittimità la deduzione dei ricorrenti secondo la quale la nota del 18-11-1989 fosse finalizzata alla modifica dell’art. 15 del disciplinare, e perciò si trattasse di clausola di contratto nullo, in quanto tale nulla a sua volta: nessun accertamento in tal senso è nella sentenza impugnata, che ha ritenuto la nota 18-111989 dichiarazione con la quale i professionisti avevano unilateralmente quantificato il compenso a loro spettante per la loro attività. La pronuncia sul punto avrebbe potuto essere censurata esclusivamente attraverso la proposizione di motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. e, in mancanza, l’accertamento sul la natura e sugli effetti della nota 18-11-1989 rimane acquisito in causa. Ne consegue che non si pone neppure alcuna questione di violazione o falsa applicazione dell’art. 23 d.l. 66/1989 che disciplina ratione temporis il rapporto: la circostanza che i professionisti avessero determinato il compenso a loro spettante per l’attività svolta prescindeva dall’individuazione del soggetto obbligato al pagamento e, comunque, l’art. 23 co. 4 d .l. 66/1989 dispone testualmente che il rapporto obbligatorio intercorre tra il privato fornitore e l’amministratore che ha
consentito la fornitura; ciò significa che si tratta del medesimo rapporto obbligatorio che non vincola l’ente, e non di un rapporto in forza del quale il fornitore possa vantare nei confronti dell’amministratore corrispettivi maggiori rispetto a quelli che aveva chiesto all’ente.
Questione ulteriormente distinta è quella dell’esatta interpretazione della dichiarazione unilaterale del 18-10-1989 che, in quanto operazione volta ad accertare la volontà del dichiarante, integrava accertamento di fatto riservato al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità solo deducendo l’erronea applicazione dei canoni di ermeneutica dei negozi giuridici . E’ acquisito che tale censura, in caso di interpretazione dei contratti, non può limitarsi a contrapporre l’interpretazione ritenuta cor retta dal ricorrente a quella eseguita dalla sentenza impugnata; la censura deve esplicitare quali siano i canoni di interpretazione violati e in quali termini sia avvenuta la violazione, in quanto l’interpretazione delle dichiarazioni negoziali eseguita dal giudice di merito non deve essere l’unica interpretazione possibile, ma interpretazione plausibile (Cass. Sez. 3 28-11-2017 n. 28319 Rv. 646649-01, Cass. Sez. 1 15-11-2017 n. 27136 Rv. 64606301, Cass. Sez. 1 22-6-2017 n. 15471 Rv. 645074-01, per tutte). Tale principio, posto in materia di interpretazione di contratti, vale anche per le dichiarazioni unilaterali, per le quali è necessario accertare l’intento del dichiarante, ferma l’applicabilità, per il rinvio operato dall’art. 1324 cod. civ., degli altri criteri ermeneutici generali del senso letterale delle parole, dell’interpretazione complessiva delle clausole le une per mezzo delle altre e del prevalente rilievo da attribuire al contenuto sostanziale dell’atto (Cass. Sez. 1 6 -5-2015 n. 9127 Rv. 635358-01, Cass. Sez. L 9-4-2014 n. 8361 Rv.630029-01). Ciò comporta che nella fattispecie l’interpretazione della nota del 18 -101989 eseguita dalla sentenza impugnata risulti incensurabile in questa sede, in quanto l’interpretazione non è stata attinta in modo
ammissibile dai ricorrenti, i quali non hanno proposto il motivo in termini tali da fare emergere una interpretazione erronea della dichiarazione data dalla Corte d’appello.
9.Infine devono essere esaminati, unitariamente in quanto aventi contenuto analogo, il primo motivo di ricorso incidentale di NOME COGNOME e il secondo motivo di ricorso incidentale del Comune di Corleone.
Con il suo primo motivo NOME COGNOME deducendo violazione ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. e omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., sostiene che erroneamente la sentenza impugnata abbia ritenuto che, dell’importo di Lire 200.000.000 spettante ai professionisti a titolo di compenso, fosse stata corrisposta solo la somma di Lire 168.647,282 a titolo di acconto, con il conseguente credito residuo di Lire 31.352.718. Dichiara che, secondo quanto statuito dalla stessa sentenza, la somma di Lire 200.000.000 non era il limite dei compensi, ma costituiva la pretesa economica che i progettisti potevano vantare in assenza di disponibilità finanziarie e quindi la somma era comprensiva degli accessori -cassa e iva- e al lordo della ritenuta fiscale. Aggiunge che gli attori non hanno mai contestato che il Comune avesse pagato l’intera somma di Lire 200.000.000, in quanto fin dall’atto di citazione avevano dichiarat o che il Comune aveva pagato somme ‘per un totale imponibile di Lire 165.014.498’, ciò avevano ribadito anche in appello e risultava dai documenti prodotti.
10.Con il secondo motivo di ricorso incidentale il Comune di Corleone a sua volta deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. e l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, sostenendo sia errata la valutazione sul mancato pagamento dell’intera somma di Lire 200.000.000 a favore
dei progettisti. Evidenzia che la delibera n. 124/1988 del Consiglio comunale dava atto che la disponibilità del Comune era di Lire 200.000.000, il Comune si impegnava a fare fronte alla spesa per tale importo massimo e tale importo non poteva che essere riferito non solo ai compensi, ma anche agli oneri accessori. Aggiunge che gli stessi attori avevano sempre dato atto di avere ricevuto pagamenti per un totale imponibile di Lire 165.014.498, evidenzia che i progettisti hanno limitato le loro pretese a Lire 200.000.000 e il Comune ha appunto emesso due mandati per l’importo complessivo di tale somma, così pagando l’intero imposto da loro richiesto ; ciò in quanto all’importo pagato devono essere sommati gli oneri fiscali pagati dal Comune a seguito della presentazione delle fatture. Quindi dichiara che è stata erronea la condanna al pagamento a carico dei Sindaci e di conseguenza l’accoglimento della domanda di arricchimento senza causa nei confronti del Comune.
11.I due motivi sono infondati.
I motivi, così come il motivo di ricorso principale, non censurano in modo ammissibile l’interpretazione della nota 18 -10-1989 eseguita dalla sentenza impugnata, per cui valgono anche con riguardo a questi motivi i rilievi sopra svolti al punto 8.1: la sentenza ha interpretato la nota 18-11-1989 nel senso che con essa i professionisti avevano determinato il compenso per la loro attività all’importo di Lire 200.000.000. Quindi, secondo la pronuncia della Corte d’appello non attinta in modo ammissibile dai motivi di ricorso incidentale, i professionisti avevano rinunciato a compensi ulteriori rispetto a quello di Lire 200.000.000, ma non avevano anche limitato la loro pretesa nel senso che la somma di Lire 200.000.000 fosse comprensiva pure degli oneri fiscali e previdenziali, voci distinte rispetto a quelle del compenso. Ne consegue che, nel momento in cui ha proceduto ad accertare il corrispettivo residuo spettante agli appellanti, necessariamente ed
esattamente la sentenza ha fatto riferimento agli acconti già pagati ai professionisti a titolo di compenso e non all’importo complessivo erogato dal Comune comprensivo di oneri fiscali e previdenziali.
12.In conclusione è rigettato il ricorso principale e sono rigettati i ricorsi incidentali e, a fronte della reciproca soccombenza, sono interamente compensate le spese del giudizio di legittimità.
In considerazione dell’esito del ricorso principale e dei ricorsi incidentali , ai sensi dell’art. 13 co . 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e di tutti i ricorrenti incidentali, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale e per i ricorsi incidentali ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e i ricorsi incidentali; compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti principali e dei ricorrenti incidentali di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale e per i ricorsi incidentali ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione