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Responsabilità amministratore: paga chi ordina lavori

Un professionista ha citato in giudizio il sindaco di un comune per ottenere il pagamento di prestazioni professionali rese senza la necessaria copertura finanziaria. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna del sindaco, chiarendo che la responsabilità dell’amministratore di un ente locale sorge quando questi consente l’acquisizione di un servizio in violazione delle norme contabili. Tale responsabilità personale non viene meno neanche se l’ente, in un secondo momento, contesta la qualità della prestazione dopo averla formalmente approvata.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità Amministratore Ente Locale: Paga Personalmente Chi Acconsente a Spese Senza Copertura

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame affronta un tema cruciale per chi opera con la Pubblica Amministrazione: la responsabilità amministratore ente locale. Il caso analizza la situazione in cui un professionista esegue una prestazione per un Comune in assenza della necessaria copertura finanziaria. La Suprema Corte stabilisce che l’obbligo di pagamento ricade direttamente sull’amministratore o funzionario che ha permesso l’acquisizione del servizio, creando un rapporto obbligatorio diretto tra questi e il fornitore.

I Fatti del Caso

Un professionista conveniva in giudizio il sindaco di un Comune per ottenere il pagamento di circa 23.500 euro, a titolo di corrispettivo per prestazioni professionali svolte. La richiesta si fondava sull’articolo 191, comma 4, del D.Lgs. n. 267/2000 (Testo Unico degli Enti Locali), che prevede una responsabilità diretta dell’amministratore nel caso di acquisizione di beni e servizi in violazione delle norme contabili.

Il sindaco si difendeva sostenendo di non aver sottoscritto tutti i contratti e che, in qualità di organo politico, non era responsabile degli atti di gestione. Inoltre, evidenziava che il Comune aveva successivamente annullato in autotutela le delibere di approvazione dei progetti a causa di gravi inadempienze del professionista stesso. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello davano ragione al professionista, condannando il sindaco al pagamento. Quest’ultimo proponeva quindi ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e la Responsabilità Amministratore Ente Locale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del sindaco, confermando la sua responsabilità personale. La decisione si basa su due pilastri argomentativi fondamentali che chiariscono la portata della responsabilità amministratore ente locale.

Il Consenso dell’Amministratore come Fonte di Responsabilità

La Corte ha chiarito che, ai fini dell’art. 191 del T.U.E.L., è sufficiente che l’amministratore abbia “consentito” la fornitura del servizio. Questo “consenso” non richiede necessariamente un ruolo di iniziativa, ma può consistere anche nell’omettere di manifestare il proprio dissenso, cooperando di fatto all’esecuzione di una prestazione pur in assenza di una valida obbligazione per l’ente. Nel caso di specie, la riconducibilità dei contratti al sindaco è stata ritenuta provata dal giudice di merito, e tale accertamento di fatto è insindacabile in sede di legittimità. La sottoscrizione della convenzione è l’atto che rende possibile l’esecuzione della prestazione, integrando così la condotta che fa sorgere la responsabilità.

L’Irrilevanza dell’Annullamento in Autotutela e delle Presunte Inadempienze

Un altro punto cruciale della difesa del sindaco riguardava l’annullamento in autotutela delle delibere di approvazione dei progetti, motivato da presunte inadempienze del professionista. La Cassazione ha ritenuto questo argomento irrilevante. La Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato che l’obbligazione dell’amministratore non deriva da un rapporto contrattuale (sinallagmatico) con il professionista, ma sorge ex lege (per legge) a seguito dell’acquisizione del servizio da parte dell’ente, in violazione delle norme contabili.
Inoltre, la Corte ha sottolineato che qualsiasi contestazione sulla qualità dell’opera doveva essere sollevata secondo le norme civilistiche sui contratti d’opera (artt. 2226 e 2230 c.c.), che prevedono termini di decadenza e prescrizione a partire dall’accettazione dell’opera. L’approvazione formale dei progetti da parte degli organi comunali competenti è stata considerata come un’accettazione, rendendo tardive le contestazioni sollevate solo in seguito, durante il contenzioso per il pagamento.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda sulla ratio della normativa in materia di contabilità pubblica. L’art. 191 del T.U.E.L. è volto a garantire il rispetto dei principi di legalità e trasparenza nella gestione della spesa pubblica e a prevenire la formazione di debiti fuori bilancio. Per raggiungere questo obiettivo, la legge opera una netta scissione del rapporto organico tra l’amministratore e l’ente. Quando l’amministratore agisce al di fuori delle procedure contabili previste, l’obbligazione non si imputa all’ente pubblico, ma si instaura direttamente tra il fornitore e l’amministratore stesso. Si tratta di un’obbligazione ex lege, un tertium genus distinto da quelle contrattuali o da fatto illecito. La responsabilità sorge per il solo fatto di aver permesso o consentito l’acquisizione della prestazione, rendendo così l’amministratore il garante personale della spesa irregolare. La Corte ha ribadito che il giudice di merito ha correttamente valutato che l’approvazione dei progetti costituiva prova dell’avvenuta acquisizione del servizio da parte del Comune e, al contempo, un atto di accettazione dell’opera che precludeva contestazioni successive sulla sua qualità.

Le conclusioni

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, ribadisce che gli amministratori e i funzionari pubblici non possono sottrarsi alla propria responsabilità personale invocando la natura politica del loro ruolo, quando con il loro comportamento, anche omissivo, consentono spese prive di copertura finanziaria. In secondo luogo, stabilisce un principio chiaro per i fornitori della Pubblica Amministrazione: l’approvazione formale di un progetto o di un’opera da parte dell’ente competente equivale ad accettazione, consolidando il diritto al compenso e rendendo difficili contestazioni tardive. Questa decisione rafforza le tutele per i creditori e impone un rigoroso onere di vigilanza agli amministratori sulla regolarità contabile di ogni spesa.

Quando sorge la responsabilità personale di un amministratore di un ente locale per un servizio senza copertura finanziaria?
La responsabilità sorge quando l’amministratore o il funzionario ha consentito la fornitura del servizio in violazione delle norme contabili. Il rapporto obbligatorio per il pagamento si instaura direttamente tra il fornitore e l’amministratore, come previsto dall’art. 191, comma 4, del D.Lgs. 267/2000.

L’approvazione formale dei lavori da parte dell’ente impedisce di contestarne in seguito la qualità per evitare il pagamento?
Sì. Secondo la Corte, l’approvazione formale dei progetti da parte degli organi competenti dell’ente costituisce accettazione dell’opera. Eventuali vizi o difformità devono essere contestati entro i termini di decadenza e prescrizione previsti dal codice civile (artt. 2226 e 2230 c.c.), altrimenti la contestazione è tardiva e inefficace.

Un sindaco, in quanto organo politico, può essere ritenuto responsabile per atti di gestione che portano a spese senza copertura?
Sì. La Corte ha stabilito che la responsabilità personale prevista dalla legge non distingue tra ruoli politici e amministrativi. Ciò che rileva è aver consentito, anche con un comportamento omissivo, l’esecuzione di una prestazione al di fuori delle regole contabili, rendendo così possibile l’acquisizione del servizio da parte dell’ente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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