Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4812 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 4812 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 34950/2018 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDICOGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TORINO n. 762/2018 depositata il 24/04/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/11/2023 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dalla domanda proposta innanzi al Tribunale di Asti da NOME NOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME e NOME COGNOME personalmente per ottenere il risarcimento per danni derivanti da mala gestio dell’amministratore del condominio.
L’attrice, proprietaria di due immobili siti nel RAGIONE_SOCIALE ‘Casa Medici’ amministrati dalla RAGIONE_SOCIALE, espose che in data 29 luglio 2009, il tetto del condominio subiva un incendio propagatosi da un edificio attiguo in seguito al quale l’amministratore del condominio si attivava per il rifacimento del tetto, sopportando un costo complessivo dei lavori pari ad euro 79.280,78.
Durante l’assemblea condominiale del 17.5.2013, l’amministratore segnalava che la compagnia di assicurazione del condominio non poteva coprire i costi sostenuti poiché non era stato pagato il premio annuale per mancanza di liquidità del condominio, stante la perdurante morosità di alcuni condomini.
Nel contempo, il RAGIONE_SOCIALE citava in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, che aveva causato l’incendio, per ottenere il risarcimento del danno e definiva la lite in via transattiva, a seguito della CTU, che aveva quantificato i costi per le opere edili di rifacimento del tetto in € 45.000,00, pagate dalla RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale di Asti accertò la responsabilità dell’amministratore per il ritardo nel pagamento della polizza, ma rigettò la domanda per mancanza del nesso causale tra la condotta dell’amministratore ed il danno lamentato; in particolare, secondo il giudice di prime cure, non era stata fornita la prova che l’assicurazione avrebbe coperto integralmente i costi sostenuti per il rifacimento del tetto.
Avverso detta sentenza, propose appello NOME, lamentando l’erroneità della decisione di primo grado che aveva escluso l’esistenza di un danno risarcibile in capo all’amministratore del RAGIONE_SOCIALE; ulteriore censura riguardava l’omessa pronuncia sulla responsabilità dell’amministratore per non aver fornito la documentazione necessaria per fruire delle agevolazioni fiscali per i lavori sostenuti.
La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 12.4.2018, confermò la decisione di primo grado.
Quanto alla prova del danno, la Corte d’appello interpretò l’art. 28 del contratto concluso con la compagnia assicurativa nel senso che l’importo del risarcimento doveva essere quantificato o in base al rifacimento della parte del tetto o alle spese di riparazione. Nel caso di specie, il CTU aveva quantificato in € 45.000,00 le spese di rifacimento del tetto dal quale andavano detratte le migliorie, sicchè escluse che l’Assicurazione avrebbe liquidato una somma superiore.
Per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte distrettuale affermò che correttamente il giudice di prime cure non si era pronunciato sulla domanda di accertamento della responsabilità dell’amministratore per non aver fornito la documentazione necessaria per fruire delle agevolazioni fiscali, non essendo stata proposta alcuna domanda da parte della COGNOME nell’atto di citazione sicchè la domanda formulata in appello era inammissibile perché nuova.
Propone ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di tre motivi.
La società RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE sono rimasti intimati.
Il Sostituto Procuratore Generale nella persona del dottAVV_NOTAIO NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 1908, 1362, 1223 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per avere la Corte d’appello errato nell’interpretazione dell’art.28 del contratto di assicurazione, liquidando il valore del bene al momento del sinistro mentre, invece, la norma prevederebbe la liquidazione dell’indennizzo secondo il valore ‘ a nuovo’, nel caso di effettuazione dell’intervento ricostruttivo. Infine, in assenza di una stima pattizia della spesa necessaria per l’integrale ricostruzione, l’indennizzo avrebbe dovuto essere liquidato non sulla base della valutazione del CTU ma sulla base del costo effettivo sostenuto per l’intervento. Nel caso di specie, sarebbe stata consideratala perizia svolta nel giudizio intrapreso dal condominio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che aveva cagionato il danno, senza tener conto che i lavori per il rifacimento del tetto sarebbero costati € 79.280.78 e non sarebbero stati compresivi delle migliorie, come ritenuto dalla Corte d’appello, tanto che nessuna delibera sarebbe stata adottata con la maggioranza qualificata previste dagli artt.1120 c.c. e 1121 c.c. Secondo parte ricorrente, è erroneo il riferimento alle migliorie laddove in quanto si sia proceduto solamente alla ricostruzione del tetto andato distrutto.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art.115 c.c., in relazione art. 360, co 1, n. 3 cpc, in quanto la quantificazione dei costi per il rifacimento del tetto non sarebbe stata oggetto di contestazione. Afferma la ricorrente che le somme necessarie per il ripristino del tetto erano state determinate nell’atto di citazione nel giudizio di primo grado ed convenuti, nella propria comparsa di
costituzione e risposta, pur gravati dall’onere di contestazione specifica necessario per paralizzare la produzione degli effetti stabiliti dall’art. 115, co.2, c.p.c, non avevano contestato l’importo e la sua riferibilità esclusivamente al rifacimento del tetto e non alle migliorie, contestando la fondatezza della pretesa per altre e diverse ragioni.
I motivi, tra loro strettamente connessi, sono infondati.
La Corte d’appello ha fornito un’interpretazione plausibile dell’art.28 del contratto di assicurazione, che, quanto alla determinazione del danno, prevede che l’importo del risarcimento sia quantificato o in base al rifacimento della parte irreparabilmente danneggiata ovvero alle spese di riparazione.
Sulla base delle risultanze della CTU svolta nel giudizio intrapreso dal RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che aveva cagionato il danno, la Corte ha determinato in € 45.000,00 le spese necessarie per l’integrale rifacimento del tetto, considerando, peraltro, che era stato danneggiato l’80% della superficie complessiva. Nel determinare tale importo, il CTU ha tenuto conto delle opere edili ritenute necessarie per la realizzazione di una copertura con le stesse caratteristiche di quella originaria, comprendendo anche le opere accessorie.
Quanto al pagamento dell’indennizzo, la Corte d’appello ha fatto riferimento al valore del fabbricato al momento del sinistro, aggiungendo un supplemento di ‘indennità a nuovo’, secondo una plausibile interpretazione del comma 2) dell’art.29 del contratto di assicurazione che così dispone: ‘ Il pagamento dell’indennizzo resta limitato al valore del fabbricato al momento del sinistro, come previsto al punto 2, mentre il supplemento dell’indennità a nuovo, pari alla differenza tra le stime verrà corrisposto a condizione che la
costruzione avvenga entro 12 mesi dalla data dell’atto di liquidazione’.
Secondo la Corte di merito, la ratio della disposizione è di garantire al danneggiato il recupero di una somma necessaria per acquistare (o ricostruire) il medesimo bene oggetto del sinistro ovvero un bene con caratteristiche analoghe ‘ a nuovo’, da cui vanno detratti i costi per le migliorie.
La Corte distrettuale, aderendo alle conclusioni del CTU, perché conformi ai criteri previsti dalla norma contrattuale, ha ritenuto che i costi sopportati dal RAGIONE_SOCIALE comprendevano le migliorie, non previste dalla norma contrattuale.
Il ricorso propone una alternativa interpretazione della disposizione contrattuale, senza indicare i criteri ermeneutici violati laddove il sindacato di legittimità non può vertere sul risultato interpretativo in sè – risultato che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito -ma alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (tra le altre, Cass., 10 febbraio 2015, n. 2465).
La denuncia in cassazione di un errore di diritto nell’interpretazione di una clausola contrattuale non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., essendo necessario specificare i canoni che in concreto assuma violati e, in particolare, il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, giacchè le doglianze non possono risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, non dovendo quest’ultima essere l’unica astrattamente possibile, ma solo una delle plausibili interpretazioni; pertanto,
quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass., 28 novembre 2017, n. 28319).
Non sussiste, altresì, la violazione dell’art.1908 c.c. in quanto non è stato liquidato un valore superiore a quello che il bene aveva al momento del sinistro ed è stato rispettata la clausola del cosiddetto ‘valore nuovo’, per la quale l’assicuratore è tenuto a pagare quanto necessario per riacquistare o per ricostruire il bene, indipendentemente dal valore che esso aveva prima del sinistro attraverso la corresponsione di un supplemento di indennità rispetto al valore del bene al momento del sinistro.
Non sussiste la violazione di cui all’art.1223 c.c., avendo la Corte d’appello tenuto conto delle spese necessarie per l’integrale rifacimento del tetto, che erano state effettivamente percepite dal RAGIONE_SOCIALE in seguito a transazione con l’autore del danno.
Non è pertinente il richiamo al principio di non contestazione sull’entità del danno nel giudizio in quanto il condominio chiese la sospensione del giudizio in attesa della definizione della controversia con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, comportamento processuale incompatibile con la non contestazione dell’entità del danno.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art 112 c.p.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.4 c.p.c., per avere la corte d’appello omesso di pronunciarsi sulla domanda di condanna dell’amministratore al risarcimento del danno conseguente alla mancata predisposizione della documentazione necessaria per consentire ai condomini di beneficiare della detrazione per interventi
di manutenzione immobiliare, ritendendo erroneamente che tale domanda non fosse stata formulata già nel giudizio di primo grado. Il motivo è infondato.
Dall’esame dell’atto di citazione, consentito in ragione del vizio dedotto, avente carattere processuale, risulta che solo nell’esposizione dei fatti, la ricorrente si è lamentata dell’omessa consegna ai singoli condomini della documentazione necessaria per godere dei benefici fiscali di detrazione per le ristrutturazioni edilizie e di altri inadempimenti dell’amministratore legati alla percezione da parte dei condomini delle detrazioni fiscali; nella parte in diritto, però, l’attrice ha lamentato esclusivamente l’inadempimento dell’amministratore per l’omesso pagamento del premio assicurativo e, in tal senso, ha concluso chiedendo il risarcimento del danno nella misura di € 2.715,09 per il primo appartamento e di € 7805, 89 per il secondo appartamento.
La questione relativa alla responsabilità dell’amministratore per l’omissione delle attività volte all’ottenimento, da parte dei condomini delle detrazioni fiscali, non ha, quindi, costituto oggetto di specifica domanda sicchè non è ravvisabile il vizio di omessa pronuncia.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Non deve provvedersi sulle spese non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione