Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 28127 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 28127 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7629/2019 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende; -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso gli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresentano e difendono;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 112/2018, depositata il 27/06/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/02/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
NOME COGNOME di Schio, componente del consiglio di amministrazione dal 26 aprile 2014 al 10 febbraio 2015 della Banca Popolare di Vicenza, ha proposto opposizione alla sanzione amministrativa (pari ad euro 30.000,00) irrogatagli dalla RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) con atto n. 19932/2017, adottato in data 30 marzo 2017, per l’omissione di rilevanti informazioni nei prospetti relativi ad aumenti di capitale deliberati dalla Banca nel 2014.
La Corte d’appello di Venezia, con la sentenza n. 112/2018, ha parzialmente accolto l’opposizione e ha ridotto la sanzione da euro 30.000,00 a euro 26.500,00.
Avverso la sentenza NOME COGNOME di Schio ricorre per cassazione. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, che deduce l’inammissibilità e
comunque l’infondatezza del ricorso.
La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in cinque motivi.
Il primo e il secondo motivo sono tra loro strettamente connessi.
Il primo motivo denuncia ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 94, comma 2 e 8, 191, comma 1 TUF, nonché dell’art. 1 della legge n. 689/1981’: il soggetto indicato nei prospetti come emittente e responsabile è la Banca Popolare di Vicenza e le dichiarazioni attestanti la conformità delle dichiarazioni non sono mai state sottoscritte dal ricorrente, che era completamente estraneo all’attività contestata; d’altro canto, prima dell’accettazione della carica da parte del ricorrente il 26 aprile 2014, il consiglio di amministrazione aveva conferito ampia delega
a soggetti ben determinati e individuati dalla RAGIONE_SOCIALE; gli amministratori privi di deleghe non hanno compiuti alcuna attività finalizzata alla realizzazione dei prospetti suscettibile di essere sindacata nell’ambito dell’art. 94 TUF, cosicché il ricorrente non ha posto in essere il comportamento illecito tipico e la ricostruzione della Corte d’appello confligge con il principio personalistico delle sanzioni amministrative.
b) Il secondo motivo contesta ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 94, comma 2, 191, comma 2 e 195 TUF, nonché dell’art. 1 legge n. 689/1981, violazione degli artt. 94, 13 e 14 della direttiva 2003/71/CE, dell’art. 8 del regolamento emittenti, inapplicabilità a soggetti entrati in carica successivamente all’approvazione dei prospetti e senza la previa contestazione degli addebiti ascritti in sentenza’: anche se non si dovesse riconoscere una responsabilità esclusiva della Banca emittente o al più delle persone fisiche espressamente delegate alla redazione dei prospetti, gli artt. 94, comma 2 e 191, comma 2 TUF erano in ogni caso inapplicabili al ricorrente in ragione dell’esaurimento, alla data del suo ingresso in carica, delle attività compiute dall’emittente in vista della pubblicazione del prospetto.
I motivi sono infondati.
Quanto al primo motivo, va rilevato che -come ha precisato questa Corte nella pronuncia n. 17399/2022 -il dovere di agire informati dei consiglieri non esecutivi delle RAGIONE_SOCIALE bancarie non va rimesso, nella sua concreta operatività, alle segnalazioni provenienti dai rapporti degli amministratori delegati, giacché anche i primi devono possedere ed esprimere una costante e adeguata conoscenza del business bancario ed, essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte dall’intero consiglio, hanno l’obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi di tutte le aree della banca e di attivarsi in modo da poter efficacemente esercitare una funzione di
monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi esecutivi, non solo in vista della valutazione delle relazioni degli amministratori delegati, ma anche ai fini dell’esercizio dei poteri, spettanti al consiglio di amministrazione, di direttiva o avocazione concernenti operazioni rientranti nella delega (cfr. al riguardo Cass. n. 24851/2019, Cass. n. 5606/2019 e Cass. n. 2620/2021). Il fatto che il ricorrente fosse privo di deleghe non lo esimeva da responsabilità, dato che l’accettazione dell’incarico di amministratore non esecutivo imponeva il rispetto di tutti gli oneri e obblighi connessi alla carica.
Quanto al secondo motivo, la Corte d’appello ha affermato che il limitato periodo di permanenza nel consiglio di amministrazione (il ricorrente ha rivestito la carica di consigliere dal 26 aprile 2014 al 10 febbraio 2015) non esclude la sua responsabilità, posto che le omesse informazioni configurano un illecito permanente, sul presupposto che con l’impiego della diligenza esigibile, diligenza ancorata agli elevati requisiti di professionalità prescritti per i componenti dei consiglio di amministrazione dall’art. 13 TUF e dal d.m. n. 468/1998, tutti i componenti del medesimo si erano assunti la responsabilità della veridicità e completezza dei dati e delle notizie contenute nel documento di registrazione. Al riguardo il ricorrente contesta che dopo le delibere consiliari del 1° aprile e del 15 aprile 2014, la tematica del prospetto d’offerta riferito all’aumento di capitale e al ‘mini’ aumento di capitale non è più stata sottoposta al consiglio di amministrazione, né alcuna informativa è stata fornita al consiglio in relazione all’approvazione del prospetto da parte della RAGIONE_SOCIALE.
Sul punto occorre precisare che il periodo rilevante ai fini delle violazioni in esame è compreso tra l’8 maggio 2014, data di comunicazione di approvazione da parte della RAGIONE_SOCIALE del D.R. pubblicato il giorno successivo, e il 19 dicembre 2014, data in cui ebbe termine il periodo di offerta del secondo aumento di capitale.
Il ricorrente ha assunto la carica di consigliere il 26 aprile 2014 nel corso dell’assemblea in cui si era avuto un lungo intervento di un socio volto a sottolineare l’obbligo per l’emittente di offrire nella documentazione d’offerta informazioni complete, intervento sulla cui base la Corte d’appello ha quindi condivisibilmente ritenuto in base al suo potere di accertamento dei fatti -che il ricorrente avrebbe dovuto approfondire e segnalare all’organo amministrativo la necessità di inserimento nei prospetti di un’esaustiva rappresentazione dei valori restituiti dall’applicazione dei criteri di stima.
2. Il terzo motivo denuncia ‘violazione dell’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, legge successiva più favorevole consistente nell’esclusione della punibilità di persone fisiche in caso di condotte poco rilevanti prevista dall’art. 190 -bis , introdotto dall’art. 5 del d.lgs. n. 72/2015, necessità di disapplicazione dell’art. 6, comma 2 del d.lgs. n. 72/2015’: avendo la sanzione in oggetto natura penale, secondo i cosiddetti criteri Engel, deve trovare applicazione il riformato art. 190bis del d.lgs. n. 58/1998 che subordina l’irrogazione delle sanzioni amministrative agli esponenti aziendali alla condizione che la condotta sia conseguenza della violazione di doveri propri dell’organo di appartenenza e ricorrano una o più condizioni; in particolare occorre che la condotta abbia inciso in modo rilevante sulla complessiva organizzazione e sui profili di rischio aziendali, ovvero abbia provocato un grave pregiudizio per la tutela degli investitori o per l’integrità e il corretto funzionamento del mercato.
Il motivo non può essere accolto.
Il Collegio ritiene di confermare i numerosissimi arresti che hanno escluso la natura penale delle sanzioni previste dal testo unico finanziario diverse da quelle di cui agli artt. 187bis e ter TUF, ribadendo che i principi convenzionali non possono indurre a ritenere che una sanzione qualificata come amministrativa dal
diritto interno abbia -sempre e a tutti -gli effetti natura sostanzialmente penale (cfr., per tutte, Cass. n. 23814/2019; Cass. n. 1621/2018; Cass. n. 8855/2017, Cass. n. 770/2017 e Cass. n. 3433/2016). Le censure sollevate in giudizio dal ricorrente non adducono elementi decisivi per rivedere le soluzioni accolte, dovendosi confermare l’orientamento già espresso con riferimento alla medesima vicenda oggetto di causa (v. Cass. n. 1741/2022; Cass. n. 1770/2022; Cass. n. 5345/2022; Cass. n. 5347/2022 e Cass. n. 17399/2022).
3. Il quarto motivo denuncia ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 25 della direttiva 2003/71/CE, violazione del principio di proporzionalità tra violazione contestata e sanzione irrogata, violazione e falsa applicazione dell’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, violazione e falsa applicazione dell’art. 11 legge n. 689/1981, da interpretarsi anche alla luce dell’art. 39, comma 1, lett. a) del regolamento 2017/1129 e dell’art. 194 -bis TUF: se si dovesse comunque riconoscere una forma di responsabilità al consigliere privo di deleghe che nemmeno ha partecipato all’approvazione dei prospetti, la sanzione irrogata non è proporzionale alla condotta del ricorrente, principio di proporzionalità che impone una determinazione delle sanzioni coerente con quelle applicate a soggetti in carica per periodi più lunghi; il ricorrente è stato sanzionato con il medesimo importo applicato ai consiglieri in carica durante la redazione della documentazione d’offerta e che ben più agevolmente potevano rilevare le lacune scoperte.
Il motivo non può essere accolto.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di sanzioni amministrative pecuniarie, ove la norma indichi un minimo e un massimo della sanzione, spetta al potere discrezionale del giudice determinarne l’entità entro tali limiti, allo scopo di commisurarla alla gravità del fatto concreto, globalmente desunta
dai suoi elementi oggettivi e soggettivi. Peraltro, il giudice non è tenuto a specificare nella sentenza i criteri adottati nel procedere a detta determinazione, né la Corte di cassazione può censurare la statuizione adottata, ove tali limiti siano stati rispettati e dal complesso della motivazione risulti che quella valutazione è stata compiuta (Cass. n. 4844/2021; Cass. n. 5526/2020). Nel caso in esame la Corte d’appello ha considerato che la sanzione ingiunta, tenuto conto della forbice edittale da 5.000,00 a 500.000,00 euro, era assai prossima al minimo e che al ricorrente non può essere addebitata l’omissione di cui alla terza contestazione relativa al cosiddetto blocking period, ha ridotto la sanzione a euro 26.500, così facendo applicazione del criterio di proporzionalità indicato dal ricorrente.
4. Il quinto motivo contesta ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, dell’art. 11 della legge n. 689/1981, da interpretarsi anche alla luce degli artt. 39 del regolamento UE 2017/1129 e 194bis in relazione alle condizioni economiche, in assenza di prova a carico della RAGIONE_SOCIALE‘: il giudice deve considerare le condizioni economiche del sanzionato nella determinazione concreta del quantum , condizioni economiche necessariamente note alla RAGIONE_SOCIALE che ha facoltà di accesso al sistema informativo dell’Anagrafe tributaria; nonostante l’accertamento della capacità finanziaria rientri nei poteri officiosi del giudice, non si rinviene in sentenza neppure la menzione di tale imprescindibile parametro.
Il motivo non può essere accolto.
Come si è già detto in riferimento al precedente motivo, il giudice non è tenuto a specificare nella sentenza i criteri adottati nel procedere a detta determinazione, né la Corte di cassazione può censurare la statuizione adottata, ove tali limiti siano stati rispettati e dal complesso della motivazione risulti che quella valutazione è stata compiuta.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese liquidate in dispositivo seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente che liquida in euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 13 febbraio 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME