Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1491 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1491 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 08668/2022 R.G., proposto da
NOME COGNOME ; elettivamente domiciliato a Roma, INDIRIZZO presso lo Studio dell’Avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Benevento ( ), in virtù di procura su foglio separato allegato al ricorso per cassazione;
-ricorrente-
nei confronti di
Condominio di INDIRIZZONapoli , in persona dell’ammini stratore, dott. NOME COGNOME
-intimato- per la cassazione della sentenza n. 255/2022 del la CORTE d’APPELLO di NAPOLI, pubblicata il 25 gennaio 2022, notificata il 17 febbraio 2022;
C.C. 9.11.2023 N. R.G. 08668/2022 Pres. Scrima Est. COGNOME
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con citazione del 3 gennaio 2014 il Condominio di INDIRIZZO Napoli, convenne dinanzi al Tribunale di Benevento NOME COGNOME , chiedendone, tra l’altro, la condanna al risarcimento dei danni patiti a seguito dell’inadempimento da parte del convenuto ag li obblighi contrattuali nascenti dall’incarico di amministratore, quantificati nella somma complessiva di Euro 123.312,80, di cui: 1) Euro 70.957,00, quale importo versato dai condòmini per il pagamento dei lavori straordinari commissionati a NOME COGNOME titolare dell ‘impresa RAGIONE_SOCIALE, di cui invece l’amministratore aveva fatto un uso personale: 2) Euro 24.717,40 per i danni da infiltrazioni nel l’appartamento di un cond òmino intensificatisi a causa dell’interruzione dei lavori posta in essere dall’impresa COGNOME a seguito del mancato pagamento del corrispettivo dell’appalto , oltre i lavori di riparazione del terrazzo aggravati dalla mancata immediata copertura dello stesso con pavimentazione; 3) Euro 20.728,00 (ma variabili in aumento fino ad un massimo di Euro 27.638,00), per la perdita del contributo RAGIONE_SOCIALE, concesso dal Comune di Napoli per i lavori di ristrutturazione del fabbricato, ma poi revocato a causa dell’inerzia dell’amministratore.
Il Condominio domandò, altresì, la condanna dell’ex amministratore al risarcimento del danno per responsabilità extracontrattuale, da liquidarsi anche in via equitativa.
Costituitosi il convenuto, che resisté alle domande, assunta una prova per testimoni e disposta -ma non espletata -una CTU, nelle more del giudizio il Condominio fece presente di essere stato convenuto
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dalla impresa COGNOME, dinanzi al Tribunale di Napoli, per il pagamento della somma di Euro 43.943,24, oltre interessi, per i lavori commissionati ed eseguiti nel fabbricato nel periodo in cui il COGNOME ne era stato l’amministratore .
Rimessa la causa in decisione, in sede di scritti conclusionali fu prodotto un ‘atto di transazione’ , stipulato tra le parti e il terzo appaltatore, recante la data del 24 gennaio 2017, con cui era stato concordato che si sarebbe posto fine alla lite a seguito del pagamento, da parte del COGNOME, della somma di Euro 18.000,00 al Condominio e della somma di Euro 25.000,00 all’impresa COGNOME
Sulla base di questo atto, il convenuto invocò la declaratoria di cessazione della materia del contendere, sostenendo di avere provveduto al pagamento della somma dovuta al Condominio; quest’ ultimo, invece, invocò la risoluzione del medesimo atto (con conseguente rimessione della causa sul ruolo per l’ espletamento della CTU non ancora svolta), sul l’ assunto che il COGNOME era stato parzialmente inadempiente nei confronti dell’impresa COGNOME ancora creditrice della somma di Euro 15.000,00.
Con sentenza 7 dicembre 2019, n. 2189, il Tribunale di Benevento dichiarò cessata la materia del contendere, in ragione della transazione intervenuta tra le parti, ritenendo che il COGNOME avesse debitamente adempiuto le obbligazioni derivanti da tale contratto mediante consegna ai creditori di due assegni bancari.
La sentenza fu appellata dal Condominio, il quale dedusse che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, il COGNOME non aveva esattamente adempiuto l ‘ obbligazione contratta nei confronti dell’impresa COGNOME e domandò che, previa risoluzione della transazione per inadempimento dell’ex amministratore, questi, in
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N. R.G. 08668/2022
Pres. Scrima
NOME COGNOME
accoglimento dell’originaria domanda risarcitoria, fosse condannato a corrispondergli la somma di Euro 123.312,80.
Con sentenza 25 gennaio 2002, n.255 la Corte di appello di Napoli ha parzialmente accolto l’impugnazione e ha condannato NOME COGNOME a pagare al Condominio di INDIRIZZO la somma complessiva di Euro 78.085,80, oltre interessi e rivalutazione.
Per la cassazione di questa sentenza ricorre NOME COGNOME sulla base di quattro motivi. L ‘intimato Condominio non svolge attività difensiva in questa sede.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo viene denunciata « nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per violazione o falsa applicazione delle norme di diritto ex artt. 1453, 1455, 1965 e 1976 c.c. -Error in iudicando per implicita pronunzia di declaratoria di risoluzione dell’accordo transattivo sottesa alla condanna al pag amento di somme comminata al COGNOME, pur in assenza dei presupposti di diritto ».
Il ricorrente deduce che, accogliendo l’impugnazione del Condominio, riformando la statuizione di primo grado di cessazione della materia del contendere e pronunciando sul merito della domanda risarcitoria originaria, la Corte territoriale avrebbe implicitamente dichiarato la risoluzione del contratto di transazione.
Questa pronuncia, tuttavia, sarebbe stata emessa in violazione delle regole che stabiliscono i presupposti della risoluzione, con
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riferimento, in generale, ai contratti con prestazioni corrispettive (artt. 1453 e 1455 cod. civ.) e, in particolare, al contratto di transazione (artt. 1965 e 1976 cod. civ.).
Precisamente, sarebbe stata violata la regola che subordina la dichiarazione di risoluzione del contratto al giudizio di gravità dell’ inadempimento , da formularsi in relazione all’interesse della parte non inadempiente. La Corte di merito non avrebbe infatti considerato: a) che egli aveva pagato l’intero importo dovuto al Condominio (Euro 18.000,00) e una co spicua parte di quello dovuto all’COGNOME ( Euro 10.000,00), sicché aveva corrisposto agli altri contraenti quasi i 2/3 della somma complessiva oggetto della transazione; b) che, inoltre, aveva reiteratamente manifestato nel corso del giudizio l’intenzione di onorare il residuo debito, chiedendo più volte un rinvio per provvedere al riguardo; c) che, sotto il profilo oggettivo, il ritardo nel pagamento dell’ultima parte della somma dovuta non aveva inciso in modo apprezzabile nell’economia del rapporto; d) che, infine, sul piano soggettivo, il contegno tenuto e l’intenzion e di adempiere esattamente erano indici del rispetto, da parte sua, dei canoni di buona fede e correttezza contrattuale.
1.1. Il motivo è manifestamente infondato.
La Corte territoriale non ha, neppure implicitamente, dichiarato la risoluzione del contratto di transazione, ma ha riformato la statuizione di cessazione della materia del contendere, dopo avere accertato, incidenter tantum , che la transazione non aveva prodotto l’ effetto di porre fine alla lite perché, per espressa previsione contrattuale, aveva « come presupposto imprescindibile il pagamento da parte del COGNOME della somma accettata dalla ditta RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Francesco con il presente atto, senza il quale la cifra eventualmente
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ricevuta dal Condominio in esecuzione della presente transazione non libererà il sig. COGNOME dai suoi obblighi e sarà da considerarsi mero anticipo della maggior somma dovuta» (p.6 e p.7 della sentenza impugnata).
In altri termini, lungi dal dichiarare la risoluzione del contratto -pronuncia che, ove fosse stata emessa, sarebbe stata illegittima anzitutto per violazione del principio del doppio grado di giurisdizione e della inammissibilità di domande nuove in appello, trattandosi di statuizione su impugnativa contrattuale, domanda diversa da quella risarcitoria originariamente formulata nel giudizio di primo grado -la Corte territoriale ne ha semplicemente accertato in via incidentale l ‘ inefficacia, sul rilievo che non si era verificata la condizione a cui l’ effetto definitorio della lite era subordinato; effetto definitorio che si sarebbe determinato, provocando la fine di ogni contrasto tra le parti sul diritto sostanziale dedotto in giudizio e legittimando, pertanto, la declaratoria di cessazione della materia del contendere, solo allorché fosse s tato soddisfatto, unitamente all’interesse dell’impresa NOME all’integrale pagamento della somma pattuita, quello del Condominio a che l’ appaltatore rinunciasse alla pretesa già azionata in altro giudizio nei suoi confronti.
Il primo motivo di ricorso, pertanto, va rigettato.
Con il secondo motivo, viene denunciata « nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. error in iudicando -omessa applicazione del principio di non contestazione dei fatti dedotti e documentati in giudizio in relazione alla decisione adottata ».
La sentenza impugnata è censurata per violazione del principio di non contestazione, poiché la Corte d ‘ Appello di Napoli non avrebbe
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posto a fondamento della decisione di condanna del COGNOME al pagamento della somma di Euro 78.085,80, in favore del Condominio, la circostanza di fatto non contestat a (ed anzi incontroversa) che l’ex amministratore, in esecuzione della transazione sottoscritta tra le parti, aveva versato l’importo di Euro 10.000,00 alla impresa COGNOME mentre avrebbe tenuto presente, ai fini della liquidazione della somma oggetto di condanna, soltanto l’importo di Euro 18.000,00 corrisposto al Condominio.
2.1. Anche questo motivo è manifestamente infondato.
All’esito della motivata valutazione delle risultanze istruttorie e della ricostruzione dei fatti, la Corte territoriale, con accertamento di merito insindacabile, ha quantificato la somma complessivamente dovuta dal COGNOME, a titolo di risarcimento del danno, nell ‘importo di Euro 78.085,80 , previa liquidazione: dell’importo dovuto a titolo di rimborso delle somme oggetto di indebito impiego personale, in Euro 45.957,00; dell’importo dovuto a titolo di aggravamento del danno da infiltrazioni, limitatamente alla quota (del 50%) imputabile all’ex amministratore, in Euro 11.400,00 ; e dell’importo dovuto a titolo di pregiudizio subìto in seguito alla revoca del contributo RAGIONE_SOCIALE, in Euro 20.728,80.
Nella determinazione della prima di queste voci di danno, il giudice d’appello ha debitamente tenuto conto dell’importo già ricevuto dal Condominio in esecuzione della transazione (Euro 18.000,00), che è stato detratto dal computo complessivo (p. 10 della sentenza impugnata), mentre, altrettanto debitamente, ha omesso di computare la somma di Euro 10.000,00 versata all’appaltatore, la quale, in quanto spettante ad altro creditore, non poteva incidere sul quantum della prestazione risarcitoria dovuto in favore del Condominio.
C.C. 9.11.2023
N. R.G. 08668/2022
Pres. Scrima
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Anche il secondo motivo, dunque, deve essere rigettato.
Con il terzo motivo viene denunciata « nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. per violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c. 1 n. 4 c.p.c. motivazione apparente e comunque incomprensibile -contraddittorietà ed manifesta illogicità della motivazione – violazione art. 111 – error in procedendo ».
La sentenza impugnata è censurata, per vizio di motivazione costituzionalmente rilevante, nella parte in cui ha imputato al COGNOME una corresponsabilità nella misura del 50% con la impresa appaltatrice COGNOME per i danni da infiltrazioni all’appartamento d i un condomino , intensificati a causa dell’interruzione dei lavori , oltre i lavori di riparazione del terrazzo aggravati dalla mancata immediata sua copertura con pavimentazione.
Il ricorrente sostiene che la motivazione, sul punto, sarebbe irriducibilmente illogica e contraddittoria, per averlo ritenuto responsabile, nella misura del 50%, dei predetti danni, pur dando atto della preesistenza degli stessi rispetto all’interruzione dei lavori , nonché del contegno illecito dell’impresa appaltatrice per avere abbandonato il cantiere senza predisporre le opere provvisionali atte ad evitare l’implementazione del vulnus già prodotto, e, infine, della condotta altrettanto reprensibile del direttore dei lavori.
3.1. Questo motivo è inammissibile.
Giova ricordare che, i n seguito alla riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. , disposta dall’art. 54 del decreto -legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità attiene all’esistenza in sé della motivazione e alla sua
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coerenza, e resta circoscritto alla verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art.132 n.4 c.p.c., la cui violazione deducibile in sede di legittimità quale nullità processua le ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. -sussiste qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054; Cass. 12/10/2017, n. 23940; Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 3/03/2022, n. 7090).
Ciò posto, nel caso di specie, tenuto conto degli argomentati rilievi svolti dal giudice di appello, non solo si palesa l’insussistenza delle gravi lacune motivazionali censurabili in sede di legittimità, ma emerge con evidenza che le doglianze veicolate con il motivo in esame, ad onta della sua formale intestazione, attengono, nella sostanza, a profili di fatto e tendono a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte d ‘ appello, la quale, all ‘ esito della valutazione delle risultanze istruttorie, ha motivatamente ritenuto, da un lato, che l’interruzione dei lavori avesse ‘intensificato’ i danni preesistenti derivanti dalle infiltrazioni e, dall ‘altro, che tale interruzione, pur effettuata dall’impres a appaltatrice senza adottare le opere provvisionali necessarie a prevenire il danno e pur aggravata nei suoi effetti dannosi dal contegno inerte del direttore dei lavori, trovava pur sempre la sua causa originaria nel mancato pagamento del corrispettivo dell’appa lto da parte del COGNOME, il cui comportamento inadempiente era quindi concorso, stimabilmente in
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misura del 50%, alla determinazione del pregiudizio concreto subìto dal Condominio.
Non sussiste, quindi, alcun vizio di illogicità o contraddittorietà nella motivazione del giudice di appello, il quale ha dato debito conto dell’apprezzamento di m erito operato in funzione della decisione; apprezzamento che inammissibilmente è stato sottoposto a censura in sede di legittimità.
Con il quarto motivo viene denunciata « nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. Error in iudicando ».
La sentenza impugnata è censurata nella parte in cui ha « ritenuto erroneamente provata » (p.17) l’inadempienza del COGNOME in relazione alla perdita del contributo pubblico economico di cui al progetto RAGIONE_SOCIALE
Il ricorrente deduce che la Corte di merito lo avrebbe reputato responsabile di questo danno per non avere trasmesso al Comune la Denuncia di Inizio di Attività (DIA), senza considerare che tale denuncia, a termini di legge, doveva essere « necessariamente corredata di un progetto tecnico dell’opera redatto da un professionista abilitato all’esercizio delle professioni, che descriva con relazione tecnica ad hoc dettagliatamente i lavori che si intendono eseguire e ne attesti la conformità urbanistica nonché la rispondenza ai requisiti normativi tecnico-igienici-san itari, con l’indicazione altresì della Ditta Appaltatrice » (p.19 del ricorso).
Conclude, pertanto, il COGNOME che, nella fattispecie, la sua inerzia nella presentazione della DIA avrebbe potuto acquisire rilevanza causale, in funzione della determinazione del danno da perdita del contributo comunale, solo se fosse stata provata in giudizio l’avvenuta
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consegna dell’opera progettuale e della corredata relazione esplicativa da parte del tecnico (il direttore dei lavori) , cui l’assemblea condominiale aveva conferito delega espressa; in difetto di tale prova, invece, la sua responsabilità per il danno in discorso, avrebbe dovuto essere esclusa.
4.1. Anche il quarto motivo è inammissibile.
La Corte di merito, sulla base della corretta premessa in iure che il soggetto titolare dell’obbligo di presentazione della DIA è il titolare del diritto sul bene interessato dai lavori (e, pertanto, l’ amministratore del condominio, quale rappresentante dell’ente collettivo, tra le cui attribuzioni rientra quella inerente alla presentazione di istanze alla pubblica amministrazione per la tutela del bene comune, in specie quando abbia ricevuto specifica delega dell’assemblea ), ha accertato che, nel caso di specie, a seguito dell’ inadempimento di tale obbligo, era stato revocato il contributo economico comunale e ha conseguentemente formulato il giudizio di responsabilità dell’ amministratore in ordine al danno derivante da tale revoca.
La circostanza che la DIA avrebbe dovuto essere accompagnata da un progetto tecnico della cui redazione era stato incaricato il direttore dei lavori -circostanza di cui la Corte territoriale ha dato, del resto, debito atto -non incide sull’accertamento dell’ inadempimento dell’ amministratore e sul consequenziale motivato giudizio di merito in ordine alla sua responsabilità che, con il motivo in esame, viene inammissibilmente sottoposto a censura in sede di legittimità.
5. In definitiva, il ricorso proposto da NOME COGNOME va rigettato per essere infondati i primi due motivi e inammissibili il terzo e il quarto.
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Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, stante l’ indefensio del Condominio intimato.
Avuto riguardo al tenore della pronuncia, va infine dato atto -ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione