Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11062 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11062 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19375-2021 proposto da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
I.T.L. – ISPETTORATO RAGIONE_SOCIALE DI ANCONA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N. 19375/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 05/03/2025
CC
avverso la sentenza n. 3/2021 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 11/01/2021 R.G.N. 391/019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La Corte di appello di Ancona, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto l’opposizione spiegata da NOME COGNOME avverso la ordinanza ingiunzione notificatagli dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro -Sede Territoriale di Ancona (da ora ITL), con la quale al suddetto, soggetto investito dalla RAGIONE_SOCIALE, agenzia per la somministrazione di lavoro, di poteri di ge stione dell’azienda in forza di procura speciale, era stata applicata una sanzione amministrativa di € 71.716,55 per infedele compilazione dei fogli LUL e errato inquadramento contrattuale di alcuni lavoratori.
La Corte di merito ha fondato la responsabilità del NOME sul contenuto della procura conferitagli dalla società alla stregua della quale ha ritenuto si fosse determinata una preposizione institoria concernente il settore dell’impresa destinato alla com plessiva gestione del personale ‘somministrato’ dalla Alma s.p.a. e non una sola delega di funzioni operative nell’ambito della conduzione interna del personale dipendente; in forza di detto conferimento il NOME risultava essere quindi il responsabile degli illeciti amministrativi, quanto meno per culpa in vigilando non valendo ad esonerarlo da tale responsabilità la dedotta circostanza che la tenuta dei libri contabili fosse stata affidata ad un consulente esterno all’impresa.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di quattro motivi: la parte intimata
ha resistito con tempestivo controricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce nullità della sentenza o del procedimento in relazione agli artt. 345/437 c.p.c., per essere la decisione fondata sull’allegazione, avvenuta solo in seconde cure, del fatto costitutivo concernente la preposizione institoria del NOME; in prime cure infatti l’ente aveva posto a fondamento della responsabilità del NOME la sola esistenza di una procura speciale ai sensi dell’art. 2209 c.c., senza dedurre la sussistenza di una preposizione institoria.
Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2203 c.c. e dell’art. 1703 c.c. per avere il giudice di appello erroneamente ritenuto in iure che l’unilaterale conferimento di un più o meno ampio potere procuratorio da parte di un certo soggetto giuridico determini di per sé solo l’automatica sussistenza in capo al procuratore di una preposizione institoria; argomenta che per configurare la ritenuta responsabilità occorreva la necessità di una qualche accettazione di tale preposizione; contesta inoltre la configurabilità di una preposizione institoria fondata solo sull’ampiezza del contenuto della procura speciale.
Con il terzo motivo deduce nullità della sentenza e/o del procedimento in relazione all’art. 115 c.p.c. denunziando l’errore di percezione nel quale era incorso il giudice di merito nella ricognizione del contenuto oggettivo della procura speciale; non si era infatti avveduto che il potere riferito alla
tenuta di tutti i rapporti di lavoro concerneva solo i rapporti con le pubbliche amministrazioni.
Con il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e dell’art. 3 l. n. 689/1981 censurando la sentenza impugnata per avere affermato essere onere del Mauro di fornire la prova di una situazione giuridico fattuale contrastante con quella elevata a presupposto di responsabilità per gli illeciti amministrativi
Il primo motivo di ricorso deve essere respinto.
5.1 Dalla sentenza impugnata e dalle stesse difese spiegate dal ricorrente con il ricorso per cassazione emerge che la pretesa dell’ITL nei confronti del Mauro era stata originariamente fondata sui poteri conferiti a questi dalla società RAGIONE_SOCIALE agenzia per il lavoro, con la procura speciale del 23.2.2015 e che il motivo di gravame accolto in seconde cure dalla Corte di appello concerneva la interpretazione di tale procura proprio in relazione all’estensione dei poteri attribuiti
5.2. Alla luce del quadro sopra delineato, l’assunto della esistenza di una preposizione institoria si configura come frutto di qualificazione di un fatto -esistenza di procura speciale – già compiutamente allegato in prime cure; in conseguenza deve escludersi la dedotta violazione del divieto di novum ai sensi dell’art. 437 c.p.c. dovendosi ulteriormente rilevare che nell’ambito del ragionamento decisorio del giudice di appello ciò che assume specifico rilievo non è tanto la preposizione institoria in s é quanto la l’ampiezza dei poteri di gestione e amministrazione facenti capo al NOME per effetto della procura speciale.
Il secondo motivo di ricorso presenta un profilo di inammissibilità; il tema della mancata accettazione e/o esercizio dei poteri conferiti al Mauro dalla RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE con la procura speciale non è stato specificamente affrontato dalla sentenza impugnata la quale, anzi, mostra di dare per presupposto la circostanza dell’effettivo esercizio degli stessi laddove rispetto all’operato di terzi ( consulente esterno all’azienda) afferma la sussistenza di una culpa in vigilando in capo all’odierno ricorrente. E ‘ principio consolidato di questa Corte (Cass. n. 907/2018, Cass., n. n. 15430/2018, Cass. n. 17041/2013) che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel thema decidendum del precedente grado del giudizio, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. Ne consegue che, ove nel ricorso per cassazione siano prospettate questioni non esaminate dal giudice di merito, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, nonché il luogo e modo di deduzione, onde consentire alla Suprema Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione, come nello specifico non avvenuto.
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile per un duplice profilo : a) in quanto formulato, in violazione dell’art. 366, comma 1 n. 6 c.p.c., stante il difetto di trascrizione o
esposizione per riassunto in termini idonei alla verifica delle censure articolate con il ricorso per cassazione, del documentoprocura speciale -sul quale esso si fonda; b) in quanto, essendo la sentenza impugnata fondata sulla interpretazione complessiva del contenuto della procura speciale, per inficiare validamente tale risultato ermeneutico occorreva la deduzione di violazione delle regole legali di interpretazione o del vizio di motivazione, neppure formalmente prospettati, dovendo ulteriormente rilevarsi che il denunziato errore percettivo avrebbe dovuto essere denunziato con il ricorso per revocazione secondo anche quanto chiarito dal recente approdo nomofilattico della S.C. in tema di travisamento della prova ( Cass. Sez. Un. n. 5792/2024).
Il quarto motivo di ricorso è infondato.
8.1. La sentenza impugnata ha affermato che con la procura speciale non vi era stata la sola delega di funzioni operative ma il conferimento dei poteri di gestione e di amministrazione nell’esercizio in parte qua dell’impresa: ha osservato che detto confer imento era idoneo a fondare la responsabilità dell’odierno ricorrente e che sarebbe stato onere di quest’ultimo offrire la prova di una situazione giuridico fattuale contrastante con quella elevata a presupposto di responsabilità per gli illeciti amministrativi contestati, ossia dimostrare nello specifico gli elementi di fatto limitanti, ossia impedienti in modo assoluto, l’esercizio di quelle facoltà formalmente conferite in virtù dei contenuti della procura speciale.
8.2. Tanto premesso, nel ragionamento decisorio della Corte di merito non è ravvisabile alcuna inversione del criterio di distribuzione dell’onere della prova; una volta infatti ritenuta
raggiunta la prova del fatto costitutivo alla base della pretesa nei confronti del Mauro, vale a dire i poteri di gestione ed amministrazione del complessivo settore ‘ rapporti di lavoro’ conferiti con la procura speciale, era onere dell’odierno ricorrente, secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, dimostrare la esistenza di circostanze modificative o estintive di tali poteri sul piano giuridico o, sul piano fattuale, di elementi che i n concreto avevano impedito in modo assoluto l’esercizio delle previste facoltà. Quanto alle ulteriori deduzioni difensive articolate con il motivo in esame le stesse risultano inammissibili in quanto ancorate al presupposto del difetto di preposizione in stitoria con conseguente elisione dell’obbligo di vigilanza, presupposto del tutto insussistente alla luce dell’accertamento fattuale della Corte di merito in questa sede confermato.
Al rigetto del ricorso consegue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite e la condanna del ricorrente al raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 5.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 5 marzo 2025