Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14147 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14147 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/05/2024
Oggetto
Spese giudiziali civili – Responsabilità aggravata ex art. 96, terzo comma, c.p.c. – Mala fede o colpa grave – Contenuto – Fattispecie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4204/2021 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (p.e.c. indicata: EMAIL), con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (p.e.c. indicata: EMAIL), con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (p.e.c.: EMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3131/2020
depositata in data 30 giugno 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
con sentenza n. 21607 del 2014 il Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda di risarcimento danni da responsabilità professionale proposta da NOME COGNOME contro il AVV_NOTAIO, condannò quest’ultimo al pagamento, in favore del COGNOME, della somma di Euro 19.424,00, oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo e oltre alle spese di giudizio; lo condannò inoltre al pagamento, in favore del predetto, della somma di Euro 9.600,00, per responsabilità processuale aggravata, ai sensi dell’ art. 96, terzo comma, c.p.c.;
tale decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Roma che, con sentenza n. 3131/2020, resa pubblica il 30 giugno 2020, ha rigettato il gravame interposto dal AVV_NOTAIO, sulla base di tre motivi, condannandolo alle spese del grado;
in particolare, per quanto ancora interessa in questa sede, la Corte capitolina ha respinto il terzo motivo d’appello, con il quale l’appellante aveva contestato la sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di somma ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.;
ha al riguardo infatti considerato che:
─ il AVV_NOTAIO si era attivato presso la sua assicurazione affinché provvedesse al risarcimento della somma poi stabilita in sentenza (Euro 19.424,00) ed aveva chiesto vari rinvii dell’udienza per consentire alla società assicuratrice di predisporre la somma concordata;
─ i rinvii erano stati accordati dal Giudice ad accettati dal AVV_NOTAIO sul presupposto che il AVV_NOTAIO, una volta avuta a disposizione la somma da parte della assicurazione, l’avrebbe corrisposta a
quest’ultimo senza dilazione o rateizzazione;
─ l ‘ipotesi di rateizzazione della somma era stata, infatti, prospettata inizialmente dal Giudice, in sede di proposta conciliativa ex art. 185bis c.p.c., per non appesantire l’obbligazione risarcitoria a carico del COGNOME e pervenire più facilmente ad una transazione tra le parti, prima che quest’ultimo facesse palese la possibilità di ottenere la somma da corrispondere dalla sua assicurazione;
─ i l COGNOME, una volta ottenuta la somma dalla sua assicurazione, invece di metterla a disposizione del COGNOME, aveva ritenuto di poter provvedere al pagamento secondo il modulo rateale proposto dal Giudice, determinando la rottura dell’accordo tra le parti e ponendo in essere un comportamento processualmente censurabile e oggettivamente valutabile quale «abuso del processo»;
a vverso la sentenza d’appello NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidato a un solo motivo, cui resiste NOME COGNOME depositando controricorso;
è stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti;
non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero; il ricorrente ha depositato memoria;
considerato che:
deve pre liminarmente rilevarsi l’inammissibilità del controricorso in quanto proposto tardivamente al di là del termine stabilito dall’art. 370 cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis , che ne prevede la notifica entro venti giorni dalla scadenza del termine previsto per il deposito del ricorso: essendo stato il ricorso notificato il 29 gennaio 2021 e dovendo dunque fissarsi la scadenza del relativo deposito al 18 febbraio (giorno feriale), il successivo termine di venti giorni per la notifica del controricorso veniva a scadere il 10 marzo 2021 ( anch’esso giorno feriale ), mentre il controricorso risulta
notificato l’11 marzo ;
con l’unico motivo di ricorso NOME COGNOME denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 96 cod. proc. civ.;
lamenta, in sostanza, che la Corte di merito, a fondamento della condanna per responsabilità processuale aggravata, pronunciata dal giudice di primo grado ai sensi del terzo comma della citata disposizione e confermata in appello, abbia posto l’erroneo convincimento che fu egli a determinare la rottura dell’accordo conciliativo tra le parti allorquando, avendo ottenuto dalla propria assicurazione l’intera somma del risarcimento dovuto, invece di metterla a disposizione del COGNOME, ritenne di poterla corrispondere a rate secondo la scansione temporale proposta dal giudice;
osserva in proposito che:
─ da i verbali di udienza non è dato rinvenire alcun accenno alla circostanza che i rinvii erano stati accordati sul presupposto del pagamento immediato della somma indicata dal Tribunale;
─ la composizione della controversia con le modalità proposte dal giudice (pagamento rateale) non ha, poi, avuto esecuzione per la immotivata pretesa del COGNOME di vedersi liquidate in un’unica soluzione non soltanto la somma di € 19.000,00, ma anche le ulteriori somme, comunque dovute dal ricorrente secondo la proposta del Tribunale;
─ è , quindi, errato ritenere che egli non avesse aderito alla proposta conciliativa formulata dal primo giudice e, in quei termini, accettata dal COGNOME; era stato infatti quest’ultimo a pretendere, del tutto arbitrariamente, di vedersi corrisposto l’intero in una unica soluzione, secondo modalità non concordate;
rileva che, resistendo in giudizio, egli aveva solo esercitato il suo diritto di difesa, a fronte della pretestuosa entità della pretesa risarcitoria, del tutto disattesa nel corso del giudizio (e neanche contemplata nella proposta transattiva formulata dal giudice, che ha
definito le maggiori somme richieste confuse e generiche, oltre che immotivate);
il motivo è fondato e merita accoglimento proprio con riferimento a quest’ultimo profilo di doglianza ;
secondo principio incontrastato nella giurisprudenza di questa Corte la responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. integra una particolare forma di responsabilità processuale a carico della parte soccombente che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, sicché non può farsi luogo all’applicazione della norma nel caso di soccombenza reciproca (Cass. 13/10/2017, n. 24158);
tale è l’ipotesi che ricorre nella fattispecie , emergendo chiaramente dalla sentenza impugnata che la domanda risarcitoria in primo grado proposta dal COGNOME aveva ad oggetto il ben maggiore importo di Euro 107.726,46 e che la pretesa fu invece accolta per la sola somma di Euro 19.424,00, oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo;
senza che metta conto valutare se tale limitato accoglimento della domanda configuri propriamente soccombenza reciproca (secondo le indicazioni fornite da Cass. Sez. U. n. 32061 del 2022 questa potendo sussistere « esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi ») oppure soccombenza parziale di unica domanda articolata in un solo capo -questione che assume rilievo solo ai fini della possibilità, esclusa nel secondo caso, di condanna alle spese della parte parzialmente vittoriosa -certo è che, anche in questo secondo caso, il fatto stesso che la domanda sia stata accolta per un importo notevolmente inferiore a quello indicato in domanda dimostra che la resistenza in giudizio del AVV_NOTAIO era giustificata, in buona parte, da fondate ragioni e non può per ciò stesso giammai imputarsi ad abuso del processo;
al detto fine è poi da escludere che dalla norma possa ricavarsi la possibilità di attribuire rilievo a singole fasi o segmenti del processo e alle condotte che, all’interno di queste, siano state poste in essere dalle parti (valutabili semmai ad altri fini, secondo le previsioni di cui agli artt. 88, 91, primo comma, e 92, primo comma, cod. proc. civ.);
i presupposti considerati dall’art. 96, anche nel suo terzo comma, sono infatti (soltanto), da un lato, quello della (piena) soccombenza nel giudizio e , dall’altro, il comportamento abusivo del (pienamente) soccombente, alla cui sanzione esso mira, se e in quanto improntato a mala fede o colpa grave, alla luce di quell’esito;
in tale prospettiva appare chiaro che erroneamente il Tribunale prima e la Corte d’appello poi hanno invece individuato il presupposto e la possibile giustificazione della sanzione applicata nella condotta tenuta dal convenuto in relazione alla proposta conciliativa formulata dal giudice;
al riguardo appare dirimente il rilievo, pacificamente emergente dagli atti, che quella proposta non condusse all’esito sperato : all’udienza del 31 marzo 2014, fissata per verificare la posizione delle parti rispetto ad essa, l’attore si espresse in senso non pienamente adesivo, avendovi apposto una condizione non prevista; il AVV_NOTAIO vi aderì ma chiese un rinvio per aver modo di riscuotere l’indennizzo dalla propria compagnia assicuratrice, ottenuto il quale, all’udienza del 17 luglio 2014, confermò la propria adesione alla proposta tenendo ferma però la rateizzazione ivi prevista, ciò che giustificò il rifiuto di controparte che tale rateizzazione ritenne a quel punto non più giustificata;
quella proposta dunque, come detto, non ebbe alcun concreto sviluppo o effetto ai fini della composizione della lite, per la quale dovette giungersi a sentenza;
a questa, dunque, ed al suo contenuto occorreva guardare per valutare se ne emergevano, in relazione alle strategie difensive
adottate dal convenuto, i presupposti della responsabilità processuale aggravata ai sensi della norma in esame, il che, come detto, deve escludersi già per il solo fatto dell’accoglimento solo parziale della pretesa risarcitoria;
in accoglimento del ricorso la sentenza impugnata deve dunque essere cassata;
non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., con l’eliminazione della condanna dell’odierno ricorrente al pagamento della somma di Euro 9.600,00 a titolo di responsabilità processuale aggravata, ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.;
avuto riguardo alla peculiarità della fattispecie si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il ricorso, nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; decidendo nel merito, elimina la condanna dell’odierno ricorrente al pagamento della somma di Euro 9.600,00 a titolo di responsabilità processuale aggravata, ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza