Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 32938 Anno 2024
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 32938 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/12/2024
composta dai signori magistrati:
dott. NOME COGNOME
Presidente
dott. NOME COGNOME
Consigliera
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 11109 del ruolo generale dell’anno 2023, proposto da
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA, in persona del l’amministratore unico, legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME
rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (C.F.: TARGA_VEICOLO e NOME COGNOME (C.F.: TARGA_VEICOLO
-ricorrente-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE (P.I.: P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE
-controricorrenteper la cassazione della sentenza della Corte d’a ppello di Catania n. 2181/2022, pubblicata in data 21 novembre 2022; udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 25 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
La società agricola consortile a r.l. RAGIONE_SOCIALE ha ottenuto un decreto ingiuntivo, per l’importo di € 7.637,32, nei confronti della società agricola a r.l. RAGIONE_SOCIALE. L’opposizione dell’ingiunta è
Oggetto:
RESPONSABILITÀ CIVILE GENERALE
Ad. 25/10/2024 C.C.
R.G. n. 11109/2023
Rep.
stata accolta dal Tribunale di Catania, che ha revocato il decreto opposto, dichiarando la competenza del collegio arbitrale previsto dal contratto sul quale era fondata la pretesa oggetto di ingiunzione, con compensazione delle spese di lite.
La Corte d’a ppello di Catania ha confermato la decisione di primo grado , rigettando l’appello che era stato avanzato dalla società opponente in relazione al solo capo relativo alla regolamentazione delle spese processuali e condannando altresì quest’ultima al pagamento della somma di € 1.500,00 ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c..
Ricorre la società agricola a r.l. Al-COGNOME, sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso la società agricola consortile a RAGIONE_SOCIALE
È stata formulata proposta di definizione accelerata del ricorso, ai sensi dell’art. 380 bis , comma 1, c.p.c..
A seguito del deposito di istanza di decisione della parte ricorrente, è stata, peraltro, disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo del ricorso si denunzia « Violazione dell’ art. 91 c.p.c. e del principio di soccombenza con riferimento al n. 3 dell’art. 360 c.p. ».
La società ricorrente deduce che , essendo stata accolta l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti, in base al principio di soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c. la società opposta avrebbe dovuto essere condannata al pagamento delle spese processuali. Avrebbe, quindi, errato la corte d’appello a
confermare la pronuncia di compensazione di tali spese emessa dal tribunale all’esito del giudizio di primo grado. Il motivo è infondato.
È sufficiente rilevare, in proposito, che non è indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione delle spese giudiziali in favore della parte vittoriosa (cfr., tra le tante: Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21400 del 26/07/2021, Rv. 662213 -01).
I n base all’art. 92, comma 2, c.p.c., infatti, è possibile per il giudice, nel definire la controversia, derogare al principio della soccombenza espresso dall’art. 91 c.p.c., laddove sussistano i presupposti indicati da tale disposizione che, nella formulazione introdotta dal decreto-legge 12 settembre 2014 n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014 n. 162 (e applicabile alla fattispecie, ratione temporis ), pur inizialmente limitati alle ipotesi di soccombenza reciproca ovvero di « assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti », sono stati successivamente estesi anche ad « altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni », in virtù della sentenza della Corte Costituzionale 7 marzo – 19 aprile 2018 n. 77.
Nella specie -lo si osserva anche per completezza espositiva -la deroga al principio della soccombenza risulta adeguatamente motivata dalla corte d’appello (ad integrazione della motivazione resa sul punto dal giudice di primo grado, evidentemente ritenuta insufficiente), sulla base di eccezionali ragioni, non illogiche o erronee e, come tali, non sindacabili nella presente sede ( ex multis : Cass., Sez. L, Ordinanza n. 14036 del 21/05/2024, Rv. 671205 -01; Sez. 5, Ordinanza n. 9312 del 08/04/2024, Rv. 670803 -01; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 9977 del 09/04/2019, Rv. 653625 – 01), avendo la stessa rilevato che la società debitrice aveva eccepito alla creditrice, in via stragiudiziale, la nullità della clausola compromissoria.
La corte territoriale ha, quindi dato, atto che « la Vivera ha agito in monitorio nei confronti della Al Cantara, proprio perché aveva preso atto della fondata eccezione di nullità delle clausole compromissorie, salvo poi vedersi opporre l ‘ incompetenza dell ‘ adito giudice in ragione di tali clausole »; ha ritenuto la condotta antecedente al giudizio dell’ingiunta una ragione eccezionale idonea a giustificare la compensazione delle spese delle lite definitasi con l’affermazione della competenza arbitrale.
Si tratta di una motivazione conforme a diritto oltre che del tutto ragionevole e condivisibile e, del resto, non oggetto di alcuna specifica censura, almeno nell’ambito del motivo di ricorso in esame.
Con il secondo motivo si denunzia « Violazione e falsa applicazione di legge in relazione alla condanna per responsabilità aggravata statuita ex art. 96 c.p.c. per insussistenza dei presupposti in riferimento al n. 3 dell’art. 360 c.p.c. ».
La società ricorrente deduce che la corte d’appello avrebbe « posto … … a base della responsabilità aggravata non mala fede o colpa grave dell’Al Cantara, ma, violando l’art. 96 c.p.c. un legittimo esercizio di suo diritto di difesa, espletato correttamente, sia stragiudizialmente in riscontro alla richiesta di arbitrato, sia processualmente in opposizione al decreto ingiuntivo ».
Il motivo è fondato.
La condanna ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., pronunciata in secondo grado contro l’appellante, non risulta, in effetti, sostenuta da alcuna effettiva motivazione.
L a stessa corte d’appello si limita, apoditticamente, ad affermare, sul punto, con riferimento alla posizione della parte appellante, esclusivamente quanto segue: « risultando di ogni evidenza, quanto meno, la sua colpa grave nell’odierno procedimento ».
Non viene chiarito, nella motivazione del provvedimento impugnato, in cosa consisterebbe questa pretesa colpa grave, come sarebbe stato (ovviamente) necessario per giustificare la decisione di condanna per responsabilità processuale aggravata, a maggior ragione nel caso di specie, avendo la corte territoriale rigettato l’appello solo all’esito di una correzione/integrazione della motivazione della sentenza impugnata, con ciò dando atto che la decisione impugnata, in realtà, se non del tutto errata nel suo fondamento in diritto, quanto meno non era sostenuta da adeguata motivazione.
D’altra parte, secondo la giurisprudenza di legittimità, « la condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., applicabile d ‘ ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c., e con queste cumulabile, volta alla repressione dell ‘ abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro non dell ‘ elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di ‘ abuso del processo ‘ , quale l ‘ avere agito o resistito pretestuosamente » (Cass., Sez. L, Sentenza n. 3830 del 15/02/2021, Rv. 660533 -02; Sez. 3, Ordinanza n. 26545 del 30/09/2021, Rv. 665014 -02, che precisa ulteriormente che « la condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c. richiede un accertamento -da effettuarsi caso per caso e in base al parametro indefettibile della correttezza, distinto da quella della lealtà -dell ‘ esercizio ad opera della parte soccombente delle sue prerogative processuali in modo abusivo, cioè senza tener conto degli interessi confliggenti in gioco, sacrificandoli ingiustificatamente o sproporzionatamente in relazione all ‘ utilità effettivamente conseguibile, da desumersi in termini oggettivi dagli atti del processo o dalle condotte processuali e senza che il giudizio sulla antigiuridicità della
condotta processuale possa farsi derivare automaticamente dal rigetto della domanda o dalla inammissibilità o dall ‘ infondatezza della impugnazione »; cfr., altresì, Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 20018 del 24/09/2020, Rv. 659226 -01).
Nella specie, la corte d’appello non solo si è limitata ad affermare, senza alcuna motivazione sul punto, la sussistenza di un presupposto in realtà non richiesto dalla legge (la colpa grave) ai fini della suddetta condanna, senza invece affatto valutare la sussistenza dei corretti presupposti necessari a tal fine, ma, soprattutto, lo ha fatto senza in alcun modo esporre alcuna effettiva motivazione sul punto.
Di conseguenza, va certamente cassata la pronuncia di condanna dell’appellante ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. .
La cassazione del capo della decisione impugnata relativo alla suddetta condanna può avvenire senza rinvio, dovendosi considerare che la sentenza di primo grado impugnata (vale a dire, il solo capo relativo alle spese processuali della stessa) era talmente carente, quanto meno sotto il profilo motivazionale, da dovere essere integrata dalla corte d’appello, il che è sufficiente per escludere, nel caso di specie, un esercizio abusivo della facoltà di impugnazione da parte dell’appellante .
Il primo motivo del ricorso è rigettato; il secondo è accolto. La sentenza impugnata è cassata, senza rinvio, in relazione al solo capo relativo al motivo accolto, con conseguente esclusione del la condanna della parte appellante ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c..
Le spese del giudizio di appello e di quello di legittimità possono essere integralmente compensate tra tutte le parti, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, in considerazione della reciproca soccombenza parziale nella presente fase del giudizio e delle ragioni che hanno dato luogo alla decisione del gravame sulla compensazione delle spese del primo grado del giudizio,
fondate su una correzione e/o integrazione della motivazione della decisione appellata.
Per questi motivi
La Corte:
-rigetta il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo motivo e cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, nella parte sola in cui dispone la condanna dell’appellante ai sensi dell’art. 96 c.p.c.;
-dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di appello e di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-