Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5388 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 5388 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
SENTENZA
sul ricorso 4224-2022 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N. 4224/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 14/01/2025
PU
avverso la sentenza n. 874/2021 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 29/11/2021 R.G.N. 138/2021; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME
R.G. 4224/22
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 874 del 29.11.2021, la Corte d’appello di Bologna ha rigettato il gravame di NOME COGNOME avverso la sentenza del tribunale di Ravenna che aveva rigettato il ricorso proposto da quest’ultimo volto a chiedere il riconoscimento del diritto a pe rcepire l’assegno per il nucleo familiare (A.N.F.), alle medesime condizioni alle quali detto assegno viene riconosciuto ai cittadini italiani, stante l’applicabilità della disciplina dettata dalla direttiva comunitaria self-executing 2003/109/CE, in materia di assistenza.
Il tribunale ha respinto il ricorso, perché vi era carenza di allegazione circa il possesso del requisito reddituale riferito non solo a sé ma anche al nucleo familiare, trattandosi di elemento costitutivo del diritto di credito azionato, la cui presenza doveva essere verificata dal giudice al fine di pronunciarsi sulla fondatezza della domanda.
La Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado, ribadendo la carenza di ogni deduzione, allegazione e prova da parte del ricorrente/appellante del requisito reddituale, che costituiva l’an, oltre che il quantum del beneficio.
Avverso tale sentenza, COGNOME ha proposto ricorso in cassazione sulla base di due motivi, mentre l’Inps ha resistito con controricorso.
Entrambi le parti hanno depositato memoria
Il PG ha rassegnato conclusioni scritte, nel senso del rigetto del ricorso.
Il Collegio riserva sentenza, nel termine di novanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2 della legge n. 153/88 e dell’art. 12 delle preleggi, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte del merito aveva erroneamente interpretato la normativa italiana in merito ai requisiti richiesti dal legislatore per poter accedere all’ANF e per violazione dei principi di diritto enunciati nella dir. n. 2003/109/CE e interpretati nella sentenza della CGUE del 25.11.20, nella causa C-303/2019/CE, per aver richiesto al ricorrente, soggiornante di lungo periodo, la produzione di una autocertificazione dei redditi prodotti dal nucleo familiare, non prevista dalla norma in materia di ANF, di cui alla legge n. 153 cit.; inoltre, secondo il ricorrente, il requisito reddituale è solo una condizione per l’erogazione dell’assegno e non un requisito costitutivo del diritto a fruirne.
Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 421 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte territoriale non aveva provveduto sulla richiesta di deposito della certificazione reddituale prodotta dall’istante e tale richiesta era stata reiterata anche all’udienza di discussione.
Il primo motivo di ricorso è, in via preliminare, inammissibile; infatti, lo stesso pone la questione della mancata attribuzione della corretta efficacia probatoria della documentazione reddituale prodotta relativa agli anni in contestazione, come prova del reddito percepito per ottenere gli ANF, in presenza di una doppia decisione ‘conforme’ delle sentenze emesse nei gradi di merito, con preclusione della possibilità di dedurre il vizio riguardante il relativo accertamento di fatto. Inoltre, la censura che si incentra su presunte violazioni di legge, in effetti, non si confronta con l’effettiva questione posta a base della decisione della Corte d’appello che attiene alla mancata dimostrazione del reddito percepito dal ricorrente, per fruire della provvidenza richiesta. Infine, sempre in tema d’inammissibilità del motivo, il ricorrente non riporta le risultanze reddituali -relativamente ai conteggi – nella parte d’interesse, per mettere in condizione questa Corte, di valutare la fondatezza della censura.
Nel merito, il motivo è infondato; infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘L’erogazione dell’assegno per il nucleo familiare previsto dall’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988, conv. in l. n. 153 del 1988, presuppone la duplice condizione la cui ricorrenza deve essere provata dall’interessato -dell’effettivo svolgimento di attività lavorativa, nonché della sussistenza del requisito reddituale di cui al comma 10 dello stesso art. 2, per cui l’assegno non spetta se la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente è inferiore al settanta per cento del reddito complessivo del nucleo familiare’ (Cass. n. 16710/22, 6953/23, 8973/14) .
Nella specie, la Corte d’appello ha accertato la mancanza di prova del reddito del nucleo familiare, così che è rimasto
indimostrato uno dei presupposti, per l’ottenimento del beneficio (l’altro è relativo allo svolgimento dell’attività lavorativa).
Il secondo motivo è inammissibile, perché in presenza di una doppia decisione ‘conforme’ sugli stessi fatti, il ricorrente censura, in buona sostanza, la decisione istruttoria di non dar seguito alla richiesta di produzione della dichiarazione reddituale d el ricorrente che non era stata prodotto con l’atto introduttivo del giudizio, mentre, invece, la Corte territoriale ha accertato che mancava la prova del reddito del nucleo familiare del ricorrente, quale requisito costitutivo del diritto, né era stato prodotto alcun Cud sia in primo che secondo grado, né in riferimento al medesimo requisito reddituale poteva essere ritenuta alcuna ‘pista probatoria’ da quanto presente in atti, che avrebbe consentito al giudice di esercitare il potere-dovere, previsto dall ‘art. 437 c.p.c., ‘di provvedere anche d’ufficio agli atti istruttori sollecitati da tale materiale probatorio e idonei a superare l’incertezza sui fatti costitutivi dei diritti in contestazione, ferma restando sempre la necessità che i fatti siano stati a llegati nell’atto introduttivo’ (cfr. Cass. n. 15925/20, non massimata, secondo cui la parte ricorrente deve riprodurre esaurientemente ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 366 c.p.c., gli atti processuali dai quali emergeva l’esistenza di una “pista probatoria”, ossia l’esistenza di fatti o mezzi di prova idonei a sorreggere le sue ragioni con carattere di decisività, circostanza che nella presente vicenda non si è verificata).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna alle spese di lite, secondo quanto meglio indicato in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite del presente giudizio di cassazione, liquidate in € 2.500,00 per compensi, €200,00 per esborsi, oltre il 15% per rimborso delle spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis cit.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.1.25