Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11030 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11030 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11873-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 166/2024 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 05/03/2024 R.G.N. 25/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Licenziamento
-requisito dimensionale prova
R.G.N. 11873/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 25/02/2025
CC
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Messina, in parziale riforma di sentenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, riconosceva il diritto di NOME COGNOME all’indennità risarcitoria da licenziamento inefficace pari a 16 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori;
per quanto qui ancora rileva, la Corte territoriale osservava che:
-in esito alla fase sommaria, il Tribunale aveva accertato l’illegittimità del licenziamento, comunicato il 2.1.2018 dal datore di lavoro NOME COGNOME per carenza di giustificato motivo oggettivo e, dichiarato risolto il rapporto di lavoro, aveva condannato la società, ritenendo sussistente il requisito dimensionale, al risarcimento del danno in misura di 16 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto nonché all’indennità di mancato preavviso e al saldo del TFR;
-in sede di opposizione il Tribunale aveva invece accertato l’insussistenza del requisito dimensionale, ritenendo che si dovesse tenere conto esclusivamente del numero di dipendenti dello stabilimento ove era impiegato il lavoratore, senza sommarlo con i dipendenti di altra sede nello stesso Comune, e pertanto aveva attribuito a titolo risarcitorio l’importo di 5 mensilità dell’ultima retribuzione;
-in sede di reclamo veniva applicata nuovamente la disciplina risarcitoria cd. forte, ai sensi dell’art. 18, comma 5, St. lav., rilevando che il datore di lavoro aveva più sedi nello stesso Comune, i cui dipendenti dovevano essere sommati ai fini del computo del requisito dimensionale per la mera insistenza nello stesso Comune, a prescindere dalla loro autonomia, ai sensi dell’art. 18, comma 8, St. lav. ratione
temporis applicabile, avuto riguardo all’occupazione nel periodo precedente il licenziamento e ritenendo accertato il dato quale emergente dalla visura camerale, in quanto i LUL prodotti in giudizio non coprivano il periodo interessato;
3. per la cassazione della sentenza d’appello la società propone ricorso per cassazione con 2 motivi, cui resiste con controricorso il lavoratore; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell’ art. 18 legge n. 300/1970 per avere la Corte distrettuale ritenuto applicabile la tutela reale, nonostante il datore di lavoro nell’anno antecedente, e comunque nel semestre antecedente, al licenziamento avesse alle dipendenze un numero di unità di lavoratori inferiore a 15, nonché violazione e omessa applicazione del d. lgs. n. 23/2015;
con il secondo motivo deduce (art. 360, n. 5, c.p.c.), omesso esame di un fatto decisivo per omessa o errata visione o constatazione degli allegati prodotti (LUL anno 2017);
i motivi, da trattare congiuntamente perché entrambi concernenti, sotto diversa angolazione, la questione, già dibattuta nei gradi di merito, della prova del requisito dimensionale ai fini della misura della tutela da licenziamento illegittimo da riconoscere nel caso concreto, non sono meritevoli di accoglimento;
4. premesso che non è stata applicata tutela reale, ma tutela risarcitoria, deve condividersi, perché conforme alla lettera della legge, l’interpretazione della Corte di Messina quanto alla sufficienza della mera sommatoria, senza necessità di ulteriori
accertamenti, dei dipendenti occupati nel medesimo Comune ai fini della sussistenza del requisito dimensionale in contestazione (‘ … datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell’ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti … , anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti ‘);
5. nel caso in esame, non si tratta di omesso rilievo dell’eccezione datoriale sul difetto del requisito dimensionale, che ha natura di eccezione in senso lato, rilevabile anche d’ufficio con riferimento ai fatti allegati ed emersi dal contraddittorio (cfr. Cass n. 11940/2019), perché la questione, come si desume dalla motivazione della sentenza gravata, è stata dibattuta nel primo grado bifasico e nel secondo grado del presente giudizio;
6. si tratta, invece, di valutazione delle prove poste a base della decisione, questione di competenza dei giudici delle fasi di merito, cui spetta l’individuazione delle fonti del proprio motivato convincimento, l’assegnazione di prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, la facoltà di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, senza necessità di esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga non rilevante o di enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni; il giudizio di cassazione, invece, non è strutturato quale terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi, al fine di un loro riesame (cfr. Cass. S.U. n. 34476/2019; Cass. n. 20814/2018, n. 15568/2020, n. 20553/2021);
7. del resto, rientra nella fisiologia del sistema a doppio grado di merito la possibilità che le prove raccolte in primo grado siano
integrate in grado d’appello, e che siano valutate (con o senza integrazioni) diversamente, purché di tale diversa valutazione siano spiegati adeguatamente i motivi; non è, invece, prevista, una terza valutazione delle prove (in questo caso la quarta) nella presente fase di legittimità (cfr. Cass. n. 2976/2025);
la questione della violazione del d. lgs. n. 23/2015, di cui non vi è traccia nella decisione impugnata, risulta, invece, nuova, non avendo parte ricorrente indicato e localizzato in quale atto delle fasi precedenti l’abbia sollevata;
deve quindi darsi continuità alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio (Cass. n. 18018/2024);
il ricorso deve, pertanto, essere respinto nel suo complesso;
in ragione della soccombenza, parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione in favore di parte controricorrente delle spese del presente giudizio;
al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 5.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 25 febbraio 2025.