Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23651 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23651 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7707/2024 R.G. proposto da : NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 351/2024 depositata il 30/01/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 30.1.24 la corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del tribunale della stessa sede del 2021, che aveva dichiarato risolto il rapporto di lavoro tra le parti e condannato il datore a pagamento di un’indennità onnicomprensiva di tre mensilità.
In particolare, premesso che la lavoratrice era stata licenziata per un atteggiamento ‘irrispettoso e urlante’ verso superiore alla presenza di clienti e minori (che avrebbero poi lamentato il fatto alla direzione con una successiva e-mail), la corte territoriale ha ritenuto il fatto esistente ma la sanzione del licenziamento sproporzionata; considerata la limitata durata del rapporto, il numero di dipendenti ridotto (14) come da visura camerale della società, la corte aveva quindi liquidato l’indennità in tre mensilità.
Avverso tale sentenza ricorre la lavoratrice per quattro motivi, resiste il datore con controricorso.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il primo motivo deduce violazione dell’articolo 18 st.lav. per avere ritenuto sussistente il fatto, sebbene vi fosse irrilevanza giuridica, come confermato dalla testimonianza della superiore asseritamente offesa (che parla invece soltanto di uno ‘scambio di parole’).
Il secondo motivo lamenta vizio di motivazione ex art. 360 co. 1 numero cinque c.p.c., per aver omesso l’esame dell’insussistenza
della mail del reclamo della cliente (creata invece artificiosamente del datore di lavoro con un falso account).
Il terzo motivo lamenta violazione dell’articolo 115, 116, 187, 188, 209, 420 e 421 c.p.c. e 2967 c.c., per non aver ammesso prova testimoniale sul requisito dimensionale al fine di una maggiore indennità (la parte ha dedotto vi fossero altri 17 lavori risultanti dai turni di lavoro prodotti).
Il quarto motivo deduce vizio di motivazione ex numero cinque per i medesimi motivi.
Devono essere esaminati preliminarmente i motivi terzo e quarto, che riguardano il requisito dimensionale del datore, cui si ricollega la tutela applicabile avverso il recesso illegittimo.
Nel caso, la corte territoriale non ha in alcun modo accertato l’effettiva dimensione del datore di lavoro, presupposto come detto della tutela applicabile.
La sentenza impugnata deve dunque essere cassata con rinvio al fine di accertare il numero effettivo dei dipendenti dell’impresa.
I primi due motivi restano assorbiti.
p.q.m.
accoglie il terzo e quarto motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 aprile 2025.
La Presidente
NOME