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Requisito dimensionale: come si calcolano i dipendenti

La Corte di Cassazione ha confermato che per il calcolo del requisito dimensionale, necessario a stabilire la tutela applicabile in caso di licenziamento, devono essere sommati tutti i dipendenti che lavorano in diverse sedi dello stesso datore di lavoro all’interno del medesimo Comune. La Corte ha rigettato il ricorso di un’azienda, stabilendo che la valutazione delle prove spetta ai giudici di merito e che non possono essere introdotte nuove questioni nel giudizio di legittimità.

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Requisito Dimensionale: la Cassazione Conferma il Calcolo dei Dipendenti tra Sedi Diverse

L’ordinanza in esame affronta una questione cruciale nel diritto del lavoro: come si calcola il requisito dimensionale di un’azienda ai fini della tutela contro i licenziamenti illegittimi, specialmente quando questa opera con più unità produttive nello stesso Comune. La Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale, offrendo certezze a lavoratori e datori di lavoro.

Il Caso: Licenziamento e la Disputa sul Numero di Dipendenti

La vicenda nasce dal licenziamento di un dipendente da parte di una società. Il lavoratore impugna il provvedimento, e il Tribunale, in prima battuta, dichiara il licenziamento illegittimo e, ritenendo superata la soglia dei 15 dipendenti, condanna l’azienda a un risarcimento di 16 mensilità.

In fase di opposizione, tuttavia, il Tribunale cambia orientamento: considera solo i dipendenti della specifica sede di lavoro, escludendo quelli di un’altra unità nello stesso Comune. Di conseguenza, non ritenendo raggiunto il requisito dimensionale, riduce l’indennità a 5 mensilità. La Corte d’Appello, investita del reclamo, riforma nuovamente la decisione, ripristinando il risarcimento più elevato. Secondo i giudici d’appello, la legge impone di sommare tutti i dipendenti operanti nelle diverse sedi all’interno dello stesso territorio comunale, a prescindere dalla loro autonomia organizzativa. L’azienda, insoddisfatta, ricorre per Cassazione.

Il Calcolo del Requisito Dimensionale in Aziende con Più Sedi

Il nodo centrale della controversia è l’interpretazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. La norma stabilisce che la tutela risarcitoria ‘forte’ si applica ai datori di lavoro che occupano più di quindici dipendenti ‘nell’ambito dello stesso comune’. La questione è se i dipendenti di diverse unità produttive, magari autonome, debbano essere contati insieme.

La Corte d’Appello aveva dato una risposta affermativa, basandosi sul dato letterale della norma. Aveva ritenuto sufficiente la mera sommatoria aritmetica dei lavoratori, accertando il superamento della soglia sulla base di una visura camerale, poiché i documenti forniti dall’azienda (i LUL) non coprivano l’intero periodo di riferimento.

La Decisione della Cassazione: il Ruolo del Giudice di Merito

La Suprema Corte rigetta il ricorso dell’azienda, confermando la decisione d’appello. I motivi del ricorso, incentrati sulla violazione di legge e sull’omesso esame delle prove (i LUL del 2017), vengono ritenuti infondati.

La Corte chiarisce due principi procedurali fondamentali:
1. Valutazione delle prove: La scelta delle fonti di prova e la loro valutazione sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione non può agire come un ‘terzo grado di merito’ per riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella dei giudici precedenti.
2. Inammissibilità di nuove questioni: La questione relativa alla presunta violazione del D.Lgs. 23/2015 (Jobs Act) viene dichiarata inammissibile perché sollevata per la prima volta in Cassazione. Il ricorrente ha l’onere di dimostrare di aver già sottoposto la medesima questione al giudice d’appello.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione motiva la sua decisione ribadendo la correttezza dell’interpretazione fornita dai giudici d’appello. La norma sull’articolo 18 è chiara: ai fini del requisito dimensionale, è sufficiente che il datore di lavoro occupi complessivamente più di quindici dipendenti nello stesso comune, ‘anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti’. Non sono richiesti ulteriori accertamenti sull’organizzazione delle singole sedi. L’interpretazione è conforme alla lettera e alla ratio della legge, che mira a garantire una tutela più forte ai lavoratori di realtà aziendali strutturate, anche se frammentate in più sedi a livello locale. La Corte sottolinea inoltre che il suo giudizio è di legittimità, non di merito, e pertanto non può sindacare come i giudici precedenti abbiano ponderato le prove disponibili, come la visura camerale rispetto ai LUL.

Conclusioni

L’ordinanza consolida un importante principio in materia di licenziamenti. Per i datori di lavoro con più sedi nello stesso comune, è essenziale sapere che il numero totale dei dipendenti comunali determina il livello di tutela applicabile. Per i lavoratori, questa decisione rappresenta una conferma che la frammentazione dell’azienda in piccole unità produttive non può essere utilizzata per eludere l’applicazione delle tutele più significative previste dalla legge. La sentenza riafferma anche i confini netti tra il giudizio di merito, incentrato sui fatti e sulle prove, e quello di legittimità della Cassazione, focalizzato sulla corretta applicazione del diritto.

Come si calcola il numero di dipendenti di un’azienda con più sedi nello stesso comune ai fini della tutela contro i licenziamenti?
Secondo la Corte, si devono sommare tutti i dipendenti occupati nelle diverse unità produttive del datore di lavoro situate all’interno dello stesso Comune, anche se ogni singola unità, presa da sola, non supera la soglia numerica prevista dalla legge.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove valutate dai giudici nei gradi precedenti?
No. La valutazione delle prove e la scelta di quali ritenere più attendibili sono compiti esclusivi dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità e non può trasformarsi in un terzo grado di merito per ridiscutere gli esiti delle prove.

È possibile presentare per la prima volta in Cassazione una questione giuridica non discussa in appello?
No. Le questioni nuove, non trattate nelle fasi di merito, sono inammissibili in Cassazione. Il ricorrente deve dimostrare di aver già sollevato la specifica questione dinanzi al giudice d’appello, poiché i motivi di ricorso devono riguardare temi già compresi nell’oggetto del giudizio precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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