Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2206 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 2206 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 24075-2020 proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, COGNOME NOME;
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale nonché contro
COGNOME NOME ;
ricorrente principale – controricorrente incidentale –
Oggetto
Giudizio di rinvio
R.G.N. 24075/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 29/11/2023
CC
avverso la sentenza n. 1204/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/03/2020 R.G.N. 294/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/11/2023 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Napoli, con la sentenza impugnata, in sede di rinvio disposto da questa Corte con la sentenza n. 31653 del 2018, ha condannato ‘la RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno in favore di NOME in misura pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori come per legge’, in relazione al licenziamento, già giudicato illegittimo, intimato al dipendente in data 15 gennaio 2008;
la Corte territoriale, in estrema sintesi, ha premesso che, in seguito alla pronuncia cassatoria, il giudice del rinvio risultava ‘investito dell’accertamento dell’esistenza dei presupposti di applicabilità della tutela reale, in base al criterio della normale occupazione (cfr. Cass. n. 22653 del 2016; Cass. n. 2460 del 2014), senza tener conto dei lavoratori con contratto di inserimento’; quindi, sulla base degli elementi acquisiti al giudizio, la Corte, esclusi i lavoratori con contratto di inserimento, ha accertato, in merito al requisito dimensionale della società ed avuto riguardo al periodo precedente l’intimato licenziamento, che ‘nell’arco temporale di sei mesi la media aritmetica è di 14,67 dipendenti e nell’arco di un anno di 14,59 dipendenti, d unque inferiore al requisito occupazionale per l’applicazione della tutela reale’; pertanto, ha riconosciuto al COGNOME la tutela prevista dall’art. 8 della l. n. 604 del 1966;
avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il COGNOME, con due motivi; ha resistito la società con controricorso, formulando altresì ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi; ad esso ha resistito il COGNOME con controricorso;
la sola società ha comunicato memoria; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi del ricorso principale possono essere come di seguito sintetizzati;
1.1. con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 115, comma 1, c.p.c., ai sensi del n. 3 dell’art. 360 c.p.c., nonché nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c., per violazione del medesimo art. 115 c.p.c.; si deduce che la Corte territoriale avrebbe fondato la sua motivazione sul fatto che ‘nel computo dei dipendenti della società datrice di lavoro per il periodo dal 1.6.2007 al 30.9.2007 dovevano essere escluse sia COGNOME NOME che COGNOME COGNOME NOME, poiché entrambe avevano risolto il rapporto di lavoro il 31.5.2007′; si eccepisce, invece, che risultava incontestato e, comunque, documentalmente provato che il rapporto di lavoro della COGNOME si fosse risolto il 30.9.2007;
1.2. col secondo mezzo si denuncia: ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.)’; si deduce che ‘seppure nel testo del ricorso in riassunzione per evidente errore materiale -successivamente sono stati invertiti i nominativi delle due lavoratrici, per cui è scritto che COGNOME NOME si è dimessa il 31.5.2007 e COGNOME NOME è stata posta in quiescenza dal 30.9.2009, doveva essere chiaro che si trattava di mero errore materiale del tutto involontario e facilmente rilevabile’, mentre ‘il giudicante non poteva ritenersi esentato dalla ricerca della verità processuale come desumibile dal materiale probatorio in atti e, quindi, da una verifica puntuale della effettiva durata dei rapporti di lavoro dedotti dalle parti’;
il ricorso non può trovare accoglimento;
opportuno premettere che l’accertamento in ordine al numero di dipendenti in forza ad una impresa in un certo arco temporale, così come l’accertamento della data di cessazione di uno o più rapporti di lavoro, involge inevitabilmente una quaestio facti , il cui accertamento è demandato al giudice del merito ed è sottratto al controllo di legittimità al di fuori dei rigorosi limiti imposti dal novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c.; 2.1. ciò posto, il primo motivo è inammissibile perché, come ribadito anche dalle Sezioni unite di questa Corte (cfr. Cass. SS.UU. n. 20867 del 2020), per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti in modo difforme da ciò che si attendono le stesse);
inoltre, in alcun modo il sindacato di questa Corte può estendersi alla valutazione della prova operata dal giudice del merito (tra le recenti, v. Cass. n. n. 9507 del 2023) così come spetta al giudice del merito medesimo apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass. n. 3680 del 2019; Cass. n. 3126 del 2019);
2.2. il secondo è privo di fondamento, atteso che la Corte territoriale non ha affatto omesso l’esame del fatto rappresentato dalla data di cessazione dei rapporti di lavoro delle lavoratrici indicate da parte ricorrente, esplicitamente
affermando che ‘per il secondo periodo, dal 1.6.2007 al 2.10.2007, devono considerarsi, alla luce del libro matricola, non solo le dimissioni di COGNOME NOME, ma anche le dimissioni, in data 31.5.2007, di COGNOME NOME‘;
il n. 5 dell’art. 360 c.p.c. di nuovo conio, secondo l’interpretazione offerta dalle Sezioni unite civili (sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014), in alcun modo consente a questa Corte una rivalutazione del materiale probatorio ed eventuali, pretesi, errori di percezione avrebbero dovuto essere rimediati attraverso l’impugnazione per revocazione;
pertanto il ricorso principale deve essere respinto, con assorbimento del ricorso incidentale esplicitamente proposto in via condizionata; le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo ;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del solo ricorrente prin cipale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale di NOME e dichiara assorbito quello incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente in via principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 29