Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 31195 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 31195 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5518/2024 R.G. proposto da : COGNOME NOME, in proprio e difeso da sé medesimo
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, domiciliato presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO TRIESTE n. 563/2023 depositata il 20/12/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/11/2025
dal Consigliere NOME COGNOME:
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 19/02/2024, NOME COGNOME impugna per cassazione la sentenza n. 563/2023 RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Trieste pubblicata il 20/12/2023 notificata il 22/12/2023. La parte intimata NOME COGNOME ha depositato controricorso.
La vicenda processuale in esame trova la propria genesi nel ricorso con cui l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME aveva convenuto in giudizio l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, deducendo di aver ricevuto da NOME COGNOME l’incarico di presentare un atto di denuncia -querela, in data 2/07/2015, nei confronti di soggetti che si erano qualificati come operanti per conto di RAGIONE_SOCIALE In data 23/10/2017 il ricorrente aveva appreso che il COGNOME, nella sua qualità di legale rappresentante RAGIONE_SOCIALEa società, aveva presentato al RAGIONE_SOCIALE un esposto in relazione alla denuncia -querela redatta dal COGNOME. Ritenendo tale iniziativa lesiva RAGIONE_SOCIALEa propria reputazione professionale, il COGNOME aveva a sua volta sporto querela nei confronti del COGNOME, reputando la condotta di quest’ultimo suscettibile di sanzione penale. Contestualmente, aveva promosso un procedimento di mediazione quale fase prodromica al giudizio civile di risarcimento danni. L’esposto del COGNOME era stato archiviato, così come il procedimento penale relativo al reato di cui all’art. 611 c.p., iscritto a seguito RAGIONE_SOCIALEa sua denuncia; l’opposizione all’archiviazione era stata rigettata. A fronte di tale esito, il COGNOME aveva presentato una seconda segnalazione nei confronti del COGNOME, a seguito RAGIONE_SOCIALEa quale il COA di RAGIONE_SOCIALE aveva aperto una formale istruttoria disciplinare.
Il ricorrente sosteneva che tale comportamento fosse indice RAGIONE_SOCIALE‘intento del COGNOME di utilizzare la giustizia forense come strumento di intimidazione verso gli avvocati che assistevano le controparti RAGIONE_SOCIALEa società, e che la presentazione di tali esposti
avesse leso il proprio onore personale e professionale. Chiedeva pertanto la condanna del convenuto al risarcimento dei danni, quantificati in € 20.000,00 o nella diversa somma ritenuta di giustizia.
Si costituiva in giudizio il COGNOME, chiedendo il rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda e, in via riconvenzionale, la condanna RAGIONE_SOCIALE‘attore ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 96 c.p.c. per lite temeraria. Il resistente sosteneva che gli esposti disciplinari non presentassero alcun carattere di offensività, come sarebbe risultato anche dal provvedimento del GIP del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE del 5/12/2018, e che il ricorso ex art. 702 bis c.p.c. fosse carente RAGIONE_SOCIALE‘allegazione di circostanze idonee a configurare specifiche minacce.
Fallito il tentativo di conciliazione, con ordinanza del 15/3/2022 il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE rigettava la domanda, condannando il COGNOME al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese di lite. Il Giudice di prime cure rilevava che il GIP udinese aveva già esaminato i fatti, escludendo che la condotta del COGNOME integrasse la fattispecie di cui all’art. 611 c.p. per difetto RAGIONE_SOCIALEa condotta tipica, e reputando che gli esposti presentati non avessero natura offensiva né fossero idonei a ledere l’onore personale e professionale del ricorrente.
Proponeva appello l’AVV_NOTAIO COGNOME, sostenendo in primis che il giudice di prime cure avesse erroneamente ricostruito i fatti di causa, attribuendo valore dirimente al provvedimento di archiviazione del GIP e alle deduzioni del COGNOME; in secondo luogo, lamentava che il Tribunale non avesse individuato le espressioni ritenute lesive e avesse ritenuto applicabile l’esimente del diritto di critica; infine, censurava la impugnata decisione per non esservi riconosciuto il pregiudizio subito, a fondamento RAGIONE_SOCIALEa domanda risarcitoria.
Si costituiva l’appellato chiedendo che fosse dichiarata l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE‘appello ai sensi RAGIONE_SOCIALE artt. 342 e 348 bis c.p.c. ovvero, in subordine, fosse rigettato.
La Corte d’appello di Trieste, confermando la pronuncia impugnata, rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese.
In data 16/9/2024 veniva notificata alla parte ricorrente la proposta di definizione anticipata del giudizio ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 380 -bis c.p.c. sulla ritenuta inammissibilità dei motivi, alla quale la medesima parte ricorrente presentava opposizione.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Motivi RAGIONE_SOCIALEa decisione
Il ricorrente pone a base del ricorso sei motivi.
Con il primo motivo, ex art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., denuncia nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza per violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c. Pur nel rispetto dei limiti posti al sindacato concesso al giudice di legittimità in ordine alla motivazione del provvedimento impugnato, si lamenta che la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale afferma non essere stato specificato il portato RAGIONE_SOCIALEe espressioni censurabili utilizzate dalla parte intimata, il che però non risponderebbe a verità, dato che le espressioni in argomento erano state ben evidenziate in atti, come peraltro ammesso dallo stesso Giudice di merito, ove riporta il virgolettato RAGIONE_SOCIALE atti di causa. Una simile motivazione, ad avviso del ricorrente, può essere assimilata ad una motivazione mancante, essendo contraria ai dati incontestati di causa.
Con il secondo motivo, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., il ricorrente si duole RAGIONE_SOCIALEa ‘Violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALEa norma di cui al disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 595 c.p.c.’, per avere la Corte d’Appello fatto malgoverno RAGIONE_SOCIALEa norma, escludendo la portata lesiva RAGIONE_SOCIALEe espressioni usate dal COGNOME.
Con terzo motivo, il ricorrente denunzia violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., per non avere il giudice di merito esaminato la portata lesiva RAGIONE_SOCIALEe espressioni usate dal COGNOME, nonostante le stesse fossero state richiamate in atti, con estese
argomentazioni in ordine alla portata e gli effetti RAGIONE_SOCIALEe medesime.
I primi tre motivi, vista la loro connessione logico giuridica, vanno esaminati congiuntamente.
Essi sono inammissibili perché non rispettano il requisito di sufficienza di cui all’art. 366 n. 6 c.p.c. (cfr. S.U. n. 34469 del 27/12/2019).
Con riferimento al denunciato vizio di nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza per asserita violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 132 n. 4 c.p.c., di cui alla prima censura, il ricorrente non ha allegato né trascritto le espressioni ritenute censurabili, limitandosi a richiamare brani RAGIONE_SOCIALEe proprie difese che, a loro volta, non fanno preciso riferimento alle affermazioni asseritamente ingiuriose RAGIONE_SOCIALE‘intimato qui resistente, costituendo meri passaggi argomentativi che non permettono al giudice di legittimità di verificare la violazione lamentata.
La seconda censura, denunciante una violazione nell’interpretazione e applicazione RAGIONE_SOCIALEa legge in base all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., risulta del pari generica e priva di specificità, essendosi il ricorrente limitato a dissentire dalle conclusioni RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale circa l’assenza di portata diffamatoria RAGIONE_SOCIALEe espressioni, senza indicare puntualmente le testuali espressioni in tesi diffamatorie.
Quanto al terzo motivo, con il quale si denuncia il vizio motivazionale ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., trattandosi di sentenza doppiamente conforme, l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALEa censura deriva dal fatto che il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo in caso di c.d. doppia conforme, ora ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, co. 4 c.p.c. applicabile ratione temporis aveva l’onere – nella specie non assolto – di indicare le ragioni di fatto poste a base RAGIONE_SOCIALEa decisione di primo grado e quelle poste a base RAGIONE_SOCIALEa sentenza di rigetto RAGIONE_SOCIALE‘appello,
dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. Cass. 18/12/2014, n. 26860; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 06/08/2019, n. 20994; da ultimo, Cass. 28/02/2023, n. 5947).
Con il quarto motivo, ex art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., parte ricorrente denuncia ‘Nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza per violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c.’. Sostiene il ricorrente che la Corte d’appello, pur non avendo argomentato in merito al rigetto RAGIONE_SOCIALE‘eccezione di inammissibilità RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione coltivata dall’allora appellato, non avrebbe tratto alcuna conclusione in punto di spese, incorrendo nella
carenza di motivazione sul punto.
Con il quinto motivo, parte ricorrente lamenta la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per essersi la Corte d’appello astenuta dall’esaminare la portata del rigetto RAGIONE_SOCIALE‘eccezione di inammissibilità RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione coltivata dall’allora appellato in ordine alla liquidazione RAGIONE_SOCIALEe spese di lite.
Con il sesto motivo, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., parte ricorrente impugna la ‘Violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALEa norma di cui al disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 92 co. 2 c.p.c.’. La Corte territoriale, in presenza del rigetto RAGIONE_SOCIALE‘eccezione di inammissibilità RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione coltivata dall’allora appellato, che comportava soccombenza reciproca, non avrebbe disposto la compensazione RAGIONE_SOCIALEe spese, così violando la norma richiamata.
I motivi quarto, quinto e sesto vanno trattati congiuntamente in quanto attinenti alla medesima statuizione di condanna del ricorrente alle spese giudiziali.
Essi sono manifestamente infondati.
Il giudice RAGIONE_SOCIALE‘appello, nel liquidare le spese di lite a carico del ricorrente, ha fatto esplicito riferimento al criterio RAGIONE_SOCIALEa soccombenza.
Il criterio RAGIONE_SOCIALEa soccombenza, al fine di attribuire l’onere RAGIONE_SOCIALEe spese processuali, richiede che non si frazioni la valutazione a seconda RAGIONE_SOCIALE‘esito RAGIONE_SOCIALEe varie fasi del giudizio, e va riferito unitariamente all’esito finale RAGIONE_SOCIALEa lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi definitivamente soccombente abbia conseguito un esito ad essa favorevole ( ex plurimis , v. Cass. S.U. n. 32061 del 31/10/2022; Cass. Sez. 6 -3, n. 13356 del 18/5/2021).
Inoltre, la decisione con cui il giudice di merito regola le spese di lite, condannando una parte in relazione al principio di soccombenza e implicitamente ritenendo non sussistere il requisito per compensare le spese, non è censurabile nel giudizio di legittimità.
Il sindacato di questa Suprema Corte in tema di interpretazione RAGIONE_SOCIALEe norme sulla liquidazione RAGIONE_SOCIALEe spese è infatti limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese legali non possono essere poste a carico RAGIONE_SOCIALEa parte totalmente vittoriosa, per cui non è considerabile, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione RAGIONE_SOCIALE‘opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (Sez. 6 -3, Ordinanza n. 24502 del 17/10/2017; Sez. 5, Sentenza n. 15317 del 19/06/2013).
Trattandosi RAGIONE_SOCIALE‘esercizio di un potere discrezionale non sindacabile, a maggior ragione al giudice del merito non può muoversi alcun rimprovero nel caso in cui abbia deciso di non compensare (in tutto o in parte) le spese affidandosi al solo criterio RAGIONE_SOCIALEa soccombenza.
Conseguentemente, va rigettato il ricorso, con condanna del ricorrente alle spese di lite e a quelle di cui all’art.96, commi terzo e quarto, c.p.c., sussistendone i presupposti di legge,
liquidate come di seguito in base alle tariffe correnti, oltre al raddoppio del Contributo Unificato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, RAGIONE_SOCIALEe spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3000, oltre agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge, nonché, a i sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c., gli ulteriori importi di Euro 3000 al controricorrente e di Euro 2.000 alla Cassa RAGIONE_SOCIALEe Ammende.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 , comma 1 quater, d.p.r. 115/2002, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis RAGIONE_SOCIALEo stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 14 novembre 2025
Il Presidente NOME COGNOME