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Requisito di sufficienza ricorso: la Cassazione spiega

Un avvocato ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo un risarcimento danni a un collega per presunte espressioni diffamatorie contenute in alcuni esposti disciplinari. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso per la violazione del requisito di sufficienza ricorso, poiché il ricorrente non aveva trascritto le frasi offensive, impedendo alla Corte di valutarne la portata. Anche i motivi relativi alla condanna alle spese sono stati respinti, in applicazione del principio generale della soccombenza.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Ricorso in Cassazione: Il Requisito di Sufficienza è Fondamentale

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale per chiunque intenda impugnare una sentenza di fronte alla Suprema Corte: il requisito di sufficienza ricorso. Senza un’esposizione chiara e completa dei motivi, il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile, chiudendo definitivamente le porte della giustizia di legittimità. Analizziamo insieme questo caso, che nasce da una controversia tra due avvocati, per comprendere le implicazioni pratiche di questa regola procedurale.

Il Contesto: Una Battaglia Legale tra Avvocati

La vicenda ha origine quando un avvocato, per conto di un cliente, presenta una denuncia-querela contro alcuni soggetti che operavano per una determinata società. In risposta, il legale rappresentante di tale società, anch’egli avvocato, presenta un esposto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati contro il primo professionista. Ritenendo l’iniziativa lesiva del proprio onore e della propria reputazione, l’avvocato querelato a sua volta sporge querela e avvia una causa civile per risarcimento danni.

Sia il procedimento penale che l’esposto disciplinare vengono archiviati. Tuttavia, il legale della società presenta una seconda segnalazione all’Ordine, che porta all’apertura di un’istruttoria disciplinare. A questo punto, l’avvocato che si sente perseguitato cita in giudizio il collega, sostenendo che gli esposti fossero uno strumento di intimidazione e chiedendo un risarcimento di 20.000 euro.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettano la domanda, non ravvisando alcun carattere offensivo negli esposti. La questione arriva così in Cassazione.

L’Importanza del Requisito di Sufficienza Ricorso

I primi tre motivi di ricorso presentati dall’avvocato ricorrente riguardavano la presunta erronea valutazione delle espressioni contenute negli esposti. Tuttavia, la Suprema Corte li dichiara tutti inammissibili per una ragione fondamentale: la violazione dell’articolo 366, n. 6, del codice di procedura civile.

Questo articolo impone il requisito di sufficienza ricorso, ovvero l’onere per il ricorrente di trascrivere o allegare le parti specifiche degli atti processuali su cui si fondano le censure. Nel caso di specie, l’avvocato si era limitato a lamentare genericamente il carattere offensivo delle espressioni, senza però riportarle testualmente nel suo ricorso. Questa omissione ha impedito alla Corte di Cassazione di valutare concretamente se le frasi fossero davvero diffamatorie, rendendo i motivi di ricorso generici e, quindi, inammissibili.

La Regola della “Doppia Conforme”

Inoltre, per uno dei motivi, è scattata la cosiddetta regola della “doppia conforme”. Poiché sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano raggiunto la stessa conclusione basandosi sulla medesima ricostruzione dei fatti, il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che le due corti avevano valutato i fatti in modo diverso. Non avendolo fatto, anche questo motivo è stato giudicato inammissibile.

Il Principio della Soccombenza e la Liquidazione delle Spese

Il ricorrente contestava anche la sua condanna al pagamento delle spese legali, sostenendo che, poiché una delle eccezioni procedurali della controparte era stata respinta, le spese avrebbero dovuto essere compensate. Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto al ricorrente.

La Corte ha chiarito che il criterio per la ripartizione delle spese è quello della soccombenza finale. Non importa se una parte ha vinto su singole questioni procedurali o fasi intermedie del giudizio; ciò che conta è l’esito complessivo della lite. Poiché il ricorrente è risultato essere la parte che ha perso la causa nel suo insieme, è stato correttamente condannato a pagare tutte le spese processuali.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha motivato la propria decisione in modo netto. L’inammissibilità dei primi motivi deriva direttamente dall’inosservanza di un onere processuale chiaro: fornire alla Corte tutti gli elementi per decidere senza che questa debba andare a ricercare gli atti nei fascicoli precedenti. La genericità delle censure, prive del riferimento testuale alle espressioni contestate, ha reso impossibile qualsiasi valutazione nel merito.

Per quanto riguarda le spese, la Corte ha ribadito che il principio della soccombenza non può essere frazionato. La valutazione deve essere unitaria e riferita all’esito finale del giudizio. Il giudice di merito ha un potere discrezionale nel compensare le spese, ma non è tenuto a farlo. La scelta di applicare il criterio puro della soccombenza non è sindacabile in sede di legittimità se non per violazioni di legge, che in questo caso non sussistevano.

Conclusioni: Lezioni Pratiche dalla Sentenza

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima è che la redazione di un ricorso per Cassazione richiede un’attenzione maniacale al requisito di sufficienza ricorso: ogni censura deve essere autosufficiente, riportando tutti gli elementi fattuali e documentali necessari per essere compresa e valutata. La seconda lezione riguarda il principio della soccombenza: vincere una battaglia procedurale non significa vincere la guerra. Le spese legali, alla fine, vengono addebitate a chi perde la causa nel suo complesso. La decisione sottolinea, ancora una volta, l’importanza del rigore formale e della precisione tecnica nel processo civile.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile principalmente perché violava il requisito di sufficienza. Il ricorrente non ha trascritto nel suo atto le specifiche espressioni che riteneva diffamatorie, impedendo così alla Corte di Cassazione di valutare la fondatezza delle sue lamentele.

Come vengono decise le spese legali se una parte vince su un punto specifico ma perde la causa nel suo complesso?
Le spese legali sono regolate dal principio della soccombenza finale. Ciò significa che vengono addebitate alla parte che perde l’intera causa, indipendentemente dal fatto che abbia ottenuto ragione su questioni intermedie o procedurali durante il processo.

Cosa significa “doppia conforme” e quale effetto ha avuto in questo caso?
La “doppia conforme” si verifica quando la sentenza della Corte d’Appello conferma la decisione del Tribunale basandosi sulla stessa ricostruzione dei fatti. In questo caso, tale circostanza ha reso inammissibile uno dei motivi di ricorso, poiché il ricorrente non è riuscito a dimostrare che le valutazioni fattuali dei due giudici di merito fossero differenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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