Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8881 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8881 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORNOMENZA
sul ricorso iscritto al n. 32107/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, pec:
EMAIL;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOME, eredi legittime di COGNOME NOME, tutte elettivamente domiciliate in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 948/2020 depositata il 30/06/2020, notificata l’8/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Teramo, prima, e la Corte d’Appello di L’aquila, poi, (quest’ultima, con la sentenza n. 948/2020 depositata il 30/06/2020, notificata l’8/10/2020), hanno rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 266/08 proposta da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME.
NOME COGNOME ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di L’Aquila formulando tre motivi.
Resistono con controricorso le eredi legittime di NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
Le controricorrenti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1988 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Il giudice a quo non avrebbe tenuto conto ‘del contenuto delle due scritture private intercorse tra le parti, delle date indicate sia sugli effetti cambiari e sulle marche apposte’.
Le cambiali rilasciate a garanzia della nuova attività sarebbero state poste all’incasso ‘a fronte di un fantomatico credito tra la soc. RAGIONE_SOCIALE la RAGIONE_SOCIALE; la scrittura privata che indica gli effetti cambiari è stata stipulata contemporaneamente alla scrittura privata di associazioni in partecipazione’; il giudice avrebbe dovuto, esaminando gli atti, dichiarare che le cambiali erano state rilasciate a titolo di garanzia dell’obbligazione assunta verso NOME COGNOME nell’ambito dell’associazione in partecipazione.
Il ricorrente aggiunge che ‘il credito rivendicato riguarda un rapporto commerciale tra due società, il COGNOME non faceva parte della società RAGIONE_SOCIALE e non era in possesso di cessione di credito da parte di quest’ultima’.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2214 cod.civ. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Adduce che la pretesa creditoria avanzata da NOME COGNOME si fondava su 40 effetti cambiari pagabili a vista, dell’importo ciascuno di euro 2.000,00, rilasciati a titolo personale, pur trattandosi di una posizione debitoria che la società RAGIONE_SOCIALE aveva nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE NOME, coniuge del creditore, a fronte delle fatture n. 18 del 2 ottobre 2006 e n. 7 del 3 Aprile 2007; precisa che la costruzione argomentativa del resistente non poteva e non può essere accolta, perché aveva consegnato a NOME COGNOME euro 80.000,00 di effetti cambiari, pur non avendo con lo stesso contratto alcun debito, ma solo perché marito di NOME COGNOME, legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, e a fronte di fatture emesse dopo la consegna dei titoli.
Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione dell’art.96 cod.proc.civ., perché le sue ragioni avrebbero potuto ‘con la nomina del CTU essere valutate e vagliate nel giusto modo; vedersi rigettare la domanda nonostante le gravi e palesi contraddizioni: la stipula nello stesso giorno di due scritture private; i titoli cambiari compilati dal sig. COGNOME; le fatture depositate dopo aver sottoscritto le scritture che non giustificano la manifesta infondatezza’.
Il ricorso è complessivamente inammissibile per violazione dell’art. 366, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Dal ricorso non è possibile evincere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia né
dello svolgimento dei fatti processuali, indispensabili affinché lo scrutinio dei motivi da parte di questa Suprema Corte possa farsi senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata e/o il controricorso. Infatti, mentre le parti possono confrontare le ragioni della decisione con le posizioni, ad esse ovviamente note, assunte nel corso del giudizio conclusosi con la sentenza impugnata, lo stesso evidentemente non vale per la Corte di cassazione che per conoscere le dette posizioni non deve essere costretta ad esaminare gli atti del giudizio di merito.
Al ricorrente non gioverebbe, dunque, il fatto che l’esposizione dei fatti di causa possa essere rinvenuta negli atti processuali delle parti, nel controricorso o nella sentenza impugnata, poiché quello di cui all’art. 366, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ. è uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso che risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass., Sez. Un., 20/02/2003, n. 2602). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’articolo 366, 1° comma, n. 3 cod. proc. civ., è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata.
Il ricorrente, per contro, non ha affatto proceduto a elaborare una sintesi della vicenda fattuale e processuale, individuando i dati di fatto rilevanti (domande, eccezioni, statuizioni delle sentenze di merito, motivi di gravame, questioni riproposte in appello, etc.) in funzione dei motivi di ricorso, in modo da consentire a questa Corte di procedere allo scrutinio di tali motivi disponendo di un quadro chiaro e sintetico della vicenda processuale, necessario non solo per cogliere agevolmente il significato delle censure, ma anche per valutarne l’ammissibilità e la pertinenza rispetto alle rationes decidendi della sentenza impugnata.
Si è limitato a dedurre di aver lavorato per la ditta individuale RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME come rappresentante e direttore commerciale fino al giugno 2007, quando il rapporto di lavoro si tramutava in associazione in partecipazione; di aver rilasciato effetti bancari per l’importo di euro 80.000,00 ‘a garanzia di eventuali richieste che avrebbe potuto avanzare la moglie in merito alla società RAGIONE_SOCIALE e lo stesso in merito alla nuova attività che avevano intrapreso con la ditta RAGIONE_SOCIALE; di aver reclamato nel periodo marzo-aprile 2007 il compenso per il lavoro svolto per la società RAGIONE_SOCIALE; di aver sottoscritto nel giugno 2007 due scritture private, una quale riconoscimento di debito per forniture inesistenti, l’altra di associazione in partecipazione; di essere stato privato di tutti gli incarichi verso la fine di giugno 2007.
Con fatica si intuisce che la vicenda è stata originata dal decreto con cui gli veniva ingiunto di pagare a favore di NOME COGNOME l’importo di ero 80.000,00, portato da 40 effetti cambiari, ciascuno di euro 2.000,00.
Non si conoscono le ragioni dell’opposizione al decreto ingiuntivo, né le ragioni per cui il Tribunale, prima, e la Corte d’Appello, poi, hanno rigettato l’opposizione.
Non sono chiari i riferimenti alla ditta/società RAGIONE_SOCIALE, alla società RAGIONE_SOCIALE, alla società RAGIONE_SOCIALE, alla società RAGIONE_SOCIALE,
alla società RAGIONE_SOCIALE né i riferimenti a NOME COGNOME e tantomeno il ruolo avuto nella vicenda dalla moglie, di cui si dice -senza chiarirne le implicazioni – che sarebbe stata obbligata da NOME COGNOME a ‘dare le dimissioni quale amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE‘ (p. 6).
A p. 10, illustrando il secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta il fatto che la documentazione prodotta nel fascicolo monitorio e nella fase ordinaria fosse priva di validità, ex art. 2214 cod.civ. -si tratterebbe di scritture contabili non bollate né vidimate -si evocano bolle di consegna e trasporto non firmate e in parte sottoscritte da terzi non facenti parte della società RAGIONE_SOCIALE.
Si tratta di fatti e documenti di cui non è stata dimostrata la pertinenza e tantomeno il collegamento con la vicenda per cui è causa.
Il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
La memoria dei controricorrenti non assolve la funzione di illustrare e chiarire i motivi di impugnazione o quella di confutare le tesi avversarie (Cass. 31/03/2021, n. 8939) -parte controricorrente si limita a richiamare il controricorso – e, pertanto, non può essere considerata tale.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo
di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile