Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16930 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 16930 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10807/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COMUNE DI MILANO, rappresentato e difeso dagli Avv.ti COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente –
e contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano, n. 826/2023, depositata il 3.11.2023, NRG 515/2023;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 18.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME il quale ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi gli avv.ti NOME COGNOME per il ricorrente, NOME COGNOME per NOME COGNOME e NOME COGNOME per il Comune di Milano;
FATTI DI CAUSA
Oggetto di causa è la selezione per mobilità volontaria ex art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001 per l’affidamento del posto di Comandante della Polizia Locale di Milano.
NOME COGNOME odierno ricorrente per cassazione, contesta la nomina effettuata dal Comune di Milano in favore di NOME COGNOME richiedendo l a ripetizione delle valutazioni e l’ attribuzione a sé del posto o il risarcimento dei danni, sotto due profili:
-assenza dei requisiti di partecipazione di COGNOME, sotto il profilo altresì del requisito riguardante lo svolgimento di funzioni dirigenziali (per tre anni negli ultimi cinque) presso una Polizia Municipale, sostenendosi che il COGNOME non avesse i titoli utili alla nomina in suo favore avvenuta in tal senso presso la Polizia Municipale di Milano nel 2017;
-erroneità della valutazione comparativa.
Sul primo aspetto la Corte d’Appello di Milano, confermando la pronuncia di rigetto della domanda da parte del Tribunale della stessa città, ha affermato che la deduzione in ordine all’illegittimità della nomina a dirigente della Polizia Municipale -per carenza del possesso di esperienza dirigenziale quinquennale – sarebbe stata tardiva, in quanto svolta in primo grado solo all’udienza di discussione, quando il ricorrente avrebbe potuto svolgerla subito.
Essa ha poi aggiunto che non si trattava di incarico a dirigente esterno, ma di comando, che non richiedeva il suddetto requisito ed ha comunque ulteriormente precisato che il Regolamento
comunale, riprendendo l’art. 19, co. 6, del d. lgs. n. 165 del 2001, non richiedeva soltanto il requisito della dirigenza, bastando anche la « particolare specializzazione professionale, culturale eo scientifica ».
Rispetto alla questione sulle legittimità della selezione, la Corte d’Appello ha ritenuto fosse legittimo che risultassero poste domande diverse ai due candidati sul tema della ‘motivazione’ rispetto all’incarico, perché i candidati provenivano da esperienze diverse.
Sul tema dell’esperienza maturata antecedentemente -in estrema sintesi e salvo quanto si dirà più in specifico nel prosieguo – nella sentenza di secondo grado si è affermato che la censura rispetto al voto attribuito al ricorrente (inferiore a quello del concorrente vincitore) era generica, perché nulla diceva sulle risposte date nei colloqui e comunque l’esperienza del COGNOME era maturata in una città (Milano) di dimensioni notevoli, mentre quella del ricorrente era maturata in ambiti territoriale più ristretti.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi, resistiti da controricorso del Comune e di NOME COGNOME
Il Pubblico Ministero ha depositato note scritte con le quali ha insistito per il rigetto del ricorso, confermando tale conclusione in udienza.
Sono in atti memorie di tutte le parti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va data preminenza all’esame del quarto motivo di ricorso, con il quale è censurata la parte della sentenza di appello con cui, nel valutare la legittimità dell’incarico di dirigente della Polizia Municipale conferito al COGNOME nel 2017, la Corte territoriale ha evidenziato come esso non potesse essere ritenuto illegittimo per
l’asserita carenza del requisito dell’esperienza dirigenziale quinquennale pregressa, in quanto il Regolamento del Comune prevedeva la possibilità di valorizzare la « particolare specializzazione professionale, culturale eo scientifica» .
Il motivo, sul punto, adduce, richiamando l’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., la violazione e o omessa applicazione dell’art. 42 del Regolamento sull’ordinamento degli uffici del Comune di Milano approvato con Deliberazione di Giunta Comunale n. 883 del 19.5.2017, nonché la violazione e/o omessa applicazione dell’art. 19, co. 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, delle disposizioni sulla legge in generale (art. 12), degli artt. 112 e 115 c.p.c., oltre ad ultrapetizione e motivazione illogica, contraddittoria e apparente.
Esso è sviluppato evidenziando, intanto, come non fosse vero l’assunto della Corte distrettuale secondo cui la disposizione dell’art. 42 del regolamento esaminata nella sentenza di appello e vigente ratione temporis fosse diversa da quella dell’art. 39 del medesimo Regolamento, su cui si erano incentrate le difese del ricorrente, perché i due testi erano tra loro esattamente identici.
Secondo il ricorrente era poi errata la conclusione della Corte d’Appello secondo cui l’esperienza quinquennale in funzioni dirigenziali non sarebbe stato requisito indefettibile per il conferimento dell’incarico dirigenziale a soggetti esterni, in quanto alternativo al possesso di una particolare specializzazione professionale.
In realtà, quest’ultima, secondo la disposizione, sarebbe dovuta derivare dalla formazione universitaria e post universitaria, nonché da pubblicazioni scientifiche e concrete esperienze lavorative, mentre era pacifico in causa che il COGNOME non avesse una formazione universitaria particolarmente specializzante per il ruolo di comandante della Polizia Locale e tanto meno una formazione post universitaria in tal senso, né alcuna pubblicazione scientifica,
come anche concrete esperienze lavorative come Comandante di polizia locale.
Egli dunque -assume il ricorrente – non era in possesso del requisito alternativo inammissibilmente evocato ex officio dalla sentenza gravata, nonostante la sua sussistenza fosse stata esclusa dal contraddittorio processuale.
D’altra parte, gli elementi alternativi di cui sopra dovevano sempre secondo il ricorrente – essere posseduti congiuntamente e di conseguenza era palese, anche in questa prospettiva, che il COGNOME non possedesse tale requisito.
Il tema concerne la legittimità della prima nomina, definita dalla Corte d’Appello ‘comando’ e comunque disaminata anche sotto il profilo più generale dell’incarico dirigenziale o di alta specializzazione a contratto.
La tesi del ricorrente è nel senso che, se il COGNOME non era stato legittimamente nominato nel settembre 2017 alla dirigenza della Polizia Municipale, egli poi, nel 2021/2022, non avrebbe potuto essere considerato legittimamente munito del requisito della pregressa esperienza dirigenziale triennale (negli ultimi cinque anni) posta a base della selezione oggetto di causa.
Il motivo è inaccoglibile sotto un duplice profilo.
Da un primo punto di vista, il requisito di partecipazione alla procedura del 2021/2022 oggetto di causa consiste, per come riferito nel ricorso per cassazione, nell’avere svolto per almeno tre anni (negli ultimi cinque) le funzioni di Dirigente della Polizia Municipale e che ciò di fatto sia avvenuto è incontestato, sicché, se anche la nomina del 2017 fosse invalida, il dato persisterebbe comunque e dunque non ha pregio l’interrogarsi sulla legittimità di tale originaria nomina e ciò vale non solo per il tema della particolare specializzazione professionale, qui in esame, ma anche per quello del quinquennio dirigenziale, di cui ai primi tre motivi.
5. Se anche tuttavia si ritenesse che si possa risalire a ritroso alla verifica di legittimità di quanto abbia precedentemente comportato il realizzarsi delle fattispecie utili all’integrazione d ei requisiti di ammissione posti a base della procedura del 2021/2022, va detto che l’esistenza formale di essi (qui, l’incarico di Comandante della Polizia Municipale del 2017) opera ancora, nella successiva procedura, come fatto storico in sé sufficiente ad attestare l’adempimento della P.A. ai propri obblighi in ordine alla verifica del presupposto di partecipazione.
E’ pertanto onere di chi lo contesti allegare le ragioni di illegittimità della nomina pregressa, quale presupposto di un inadempimento della P.A. rispetto all’esecuzione di controlli in tal senso in occasione della procedura successiva.
In altre parole, nella selezione civilistica del 2021/2022, l’osservanza del requisito posto dalla stessa P.A. per l’accesso alla procedura rileva, se contestato ex post da altri candidati, come profilo di osservanza dell’obbligo di verificare i presupposti di partecipazione.
Ciò giustifica un’azione destinata a perseguire, attraverso l’emenda del comportamento mancato, la nomina diretta di altri, quando non vi siano valutazioni discrezionali da compiere o la ripetizione delle operazioni e che si qualifica , per l’ambito in cui essa si inserisce, come di adempimento (v., per la qualificazione della tipologia di azioni, mutatis mutandis , Cass. 30 marzo 2004, n. 6342) o, eventualmente, di danno a titolo contrattuale.
In tale prospettiva, la deduzione in causa dell’assenza di quei requisiti, così da far considerare illegittima la nomina pregressa che ha sorretto il presupposto di accesso alla selezione successiva è fatto individuativo della domanda.
Ciò in linea con l’assetto di fondo per cui anche nella logica di Cass., S.U., 30 ottobre 2001, n. 13533 è pur sempre onere di chi agisca a titolo contrattuale allegare l’inadempimento o l’inesatto
adempimento (v. Cass. 17 gennaio 2024, n. 1838 e Cass. 10 gennaio 2024, n. 1055, punto 12.2, in tema di adempimento; Cass. 16 marzo 2018, n. 6618 in tema di risarcimento da inadempimento), anche per evidenti ragioni di contraddittorio sull’oggetto del contendere. Ma anche considerando la particolarità della situazione, in cui si va a discutere della legittimità di presupposti che sono esterni rispetto alla procedura interessata in via diretta dall’azione giudiziale.
6. Ciò posto, la norma del Regolamento -per come trascritta nella sentenza impugnata -prevede che « l’Amministrazione può conferire, fornendone esplicita motivazione, incarichi dirigenziali e di alta specializzazione con contratto a tempo determinato a soggetti esterni all’Amministrazione Comunale di particolare e comprovata qualificazione, non rinvenibile nell’Amministrazione, che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale eo scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post-universitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete e qualificate esperienza di lavoro, o provenienti dalle aree delle ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato ».
Tale previsione regolamentare si inserisce in una composita trama normativa, in cui l’art. 110, co. 1 e 2, del d. lgs. n. 267 del 2000 rimanda allo Statuto ed al Regolamento dell’ente locale la definizione di criteri, limiti e modalità di nomina di c.d. esterni a posti dirigenziali o di alta specializzazione e l’art. 19, co. 6 -ter del d. lgs. n. 165 del 2001 stabilisce, nel medesimo contesto, che il comma 6 dello stesso art. 19 si applichi alle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, tra cui rientrano gli enti locali.
In ogni caso, sia la norma regolamentare, sia la norma primaria dell’art. 19, co. 6, cit. prevedono come requisito per la nomina di dirigenti ‘esterni’ lo svolgimento di funzioni dirigenziali per un quinquennio in altra P.A., ma anche in alternativa la maturazione di
una particolare specializzazione professionale, culturale o scientifica, desumibili dalla formazione, dalle pubblicazioni e dalle esperienze pregresse.
Dalla sentenza della Corte di Appello si evince che il ricorrente sollevò solo successivamente agli atti introduttivi del giudizio la questione sulla legittimità del comando del 2017 per carenza del requisito dell’esperienza dirigenziale quinquennale pregressa.
Il dato è in sé pacifico e giustificato dal ricorrente nel primo motivo con il fatto che egli solo in esito alle acquisizioni svolte in corso di causa aveva avuto contezza di tale aspetto.
7.1 La Corte d’Appello, pur ritenendo la tardività della deduzione, ha tuttavia ritenuto anche l’assenza di decisività di essa, argomentando sul fatto che il Regolamento (come del resto, si è già detto, anche l’art. 19, co. 6) consentiva il comando o comunque la nomina di dirigenti ‘esterni’ anche in base al requisito della particolare specializzazione professionale, culturale o scientifica.
7.2 Il motivo in esame si concentra quindi su quest’ultimo requisito, sostenendo che sarebbe stata pacifica l’assenza dei requisiti di formazione, pubblicazioni ed esperienza che cumulativamente dovevano ricorrere per la sua sussistenza.
7.3 Come si è detto, dalla narrativa della Corte d’Appello non risulta però che quel tema fosse stato posto a base della domanda giudiziale del ricorrente, né che esso facesse parte con specificità delle deduzioni aggiuntive svolte all’udienza di discussione in primo grado.
Dal ricorso per cassazione (pag. 15) si evince che in appello era stato dedotto, tra le altre cose, che il COGNOME era privo del requisito consistente nell’esperienza dirigenziale quinquennale « eo nell’avere maturato particolari esperienze professionali desumibili dalla formazione universitaria, post universitaria eo da pubblicazioni scientifiche ».
A parte la genericità di tali deduzioni, il punto è che esse, proprio per il riguardare fatti da considerare come costitutivi della domanda, non potevano essere introdotti in giudizio in secondo grado.
La Corte d’Appello non ha poi verificato in concreto la loro esistenza, limitandosi ad utilizzare quei requisiti al fine di escludere la fondatezza della domanda basata sull’esperienza dirigenziale quinquennale.
Ciò senza alcuna ultrapetizione, come infondatamente si afferma nel motivo, perché si è trattato semplicemente di prendere atto che la censura sull’esperienza quinquennale di dirigente non era comunque sufficiente ad attestare come errone a l’ammissione alla successiva selezione del 2021/2022, dovendosi tenere conto che la nomina pregressa comunque esisteva, il che risulta coerente con l’assetto processuale e sostanziale quale delineato al punto 5.
Nel dedurre come motivo di ricorso per cassazione la insussistenza in concreto dei presupposti utili ad integrare il requisito della particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica -che a dire del ricorrente sarebbero pacifici – doveva tuttavia dimostrarsi che la domanda, almeno entro il giudizio di primo grado ove vi era stata l’acquisizione dei documenti istruttori, fosse stata indirizzata in tal senso, realizzandosi altrimenti l’introduzione di un inammissibile nuovo tema del decidere (v., per il principio, Cass. 20 ottobre 2005, n. 20265; Cass. 24 novembre 2004, n. 22153; Cass. 25 agosto 2003, n. 12460): novità che è resa palese dalla diversa natura degli accertamenti di fatto e di diritto che coinvolgerebbe la verifica dell’esistenza del requisito della particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica, sia in punto di fatto (natura esperienze pregresse; titoli di studio etc.), sia in punto di diritto (ad es., cumulatività o alternatività dei presupposti di tale specializzazione; presupposti di esperienza per le nomine previste dalle diverse norme coinvolte).
Senza contare che l’assunto del ricorrente che si trattasse di fatti pacifici è smentito dalle contestazioni che sono mosse nel controricorso del Comune (pag. 34), sulla base dei dati di esperienza ad altro fine valorizzati nella sentenza e del COGNOME, che appunto ribadisce la propria esperienza e professionalità (pag. 24, ultimo periodo).
Della proposizione tempestiva di domanda nel senso menzionato non vi è tuttavia traccia nel ricorso per cassazione -che in ipotesi, in ossequio al principio di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., doveva far constare quanto si è detto – ed il Comune di Milano ha espressamente eccepito (pag. 34 del controricorso) che la questione andava sollevata in primo grado.
7.4 In definitiva, il motivo è anche inammissibile in quanto riguardante un profilo di cui non è dimostrata l’appartenenza a quanto oggetto di tempestiva deduzione in causa.
8. Quanto appena detto manda assorbiti i motivi dal primo ed al terzo che si incentrano sulla deduzione in ordine all’esperienza dirigenziale quinquennale sul piano processuale (primo motivo), e sostanziale (secondo motivo e terzo motivo, con riferimento alla necessità, comunque, di applicare i criteri di cui all’art. 42 cit. ed all’art. 19, co., 6, cit. anche in caso di comando).
Secondo la linea decisoria seguita dalla Corte d’Appello e destinat a a resistere al motivo (il quarto), sviluppato in relazione ad essa, infatti, la presenza di un possibile presupposto legittimante alternativo a quello del quinquennio dirigenziale non consente di parlare di illegittimità dell’incarico del 2017 e quindi non si può addebitare alla P.A. di avere condotto in modo irregolare la procedura del 2012/2022.
Il ragionamento della Corte territoriale è sul punto coerente con l’assetto degli oneri di allegazione ed individuazione della domanda giudiziale quali ricostruiti al punto 5 e quindi ciò -oltre a quanto si è detto anche al punto 4 – definisce comunque il giudizio.
Viene quindi in evidenza il quinto motivo, rubricato come violazione (art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.) dell’art. 132, co. 2, n. 4 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c., con omessa pronuncia e motivazione apparente, carente ed inesistente.
Nella censura si sostiene che la motivazione sarebbe talmente illogica da risultare apparente, non consentendo di comprendere le ragioni a base della decisione.
10. L’inesistenza della motivazione va radicalmente esclusa.
Dalla lettura della sentenza è infatti palese quale sia stato l’asse decisionale.
Il punto su cui si concentra il motivo riguarda l’esperienza e la conoscenza del ‘contesto’ e in particolare la valutazione della sottovoce ‘complessità/quantità tematiche/processi e relazioni con i diversi organi/stakeholders’, per la quale sono stati attribuiti dieci punti al ricorrente e sedici punti al COGNOME.
La Corte territoriale evidenzia come il giudizio ed i punteggi, attribuiti questi ultimi sulla base di una ‘matrice’ valutativa in sé incontestata nella sua costruzione, siano stati assegnati in esito a colloqui ed all’esame dei curricula .
Quanto ai colloqui -rileva la Corte territoriale -nulla era stato dedotto dall’appellante.
Quanto ai curricula , nella sentenza impugnata si riconosce come non irragionevole o illogica l’attribuzione al COGNOME del massimo dei punti per lo svolgimento di funzioni di comandante di Polizia Municipale di Milano (4 anni) e di Responsabile della sezione di Polizia Giudiziaria della stessa città (14 anni).
Al contempo, la Corte distrettuale ha ritenuto non irragionevole l’attribuzione del punteggio minore al ricorrente per essere la sua esperienza maturata « in realtà territoriali diverse e non comparabili per complessità, caratteristiche e dimensioni, con una metropoli come Milano ».
La motivazione, dunque, in sé sussiste, in quanto sviluppata nei termini appena detti, sul presupposto della maggiore coerenza dell’esperienza del COGNOME rispetto alle dimensioni territoriali dell’incarico da conferire.
Ciò posto, vi è quindi da esaminare se si manifestino carenze o profili di manifesta irragionevolezza o contraddittorietà che possano far pensare ai vizi denunciati di omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.) o di apparenza della motivazione resa (art. 132 n. 4 c.p.c.).
11.1 Nel motivo in proposito si evidenzia la radicale diversità quantitativa degli anni di esperienza specifica del ricorrente presso la Polizia Municipale (oltre undici, contro i quattro del COGNOME), in contesti « di indubbia difficoltà quali la cintura torinese caratterizzata da un vasto fenomeno migratorio e dalla presenza, anche radicata di criminalità organizzata » e si sottolinea l’esistenza di un chiaro criterio di indirizzo elaborato dalla Commissione nel senso di valutare l’esperienza professionale « con particolare riferimento alle specifiche funzioni della figura dirigenziale da ricercare ».
Ciò per sottolineare come l’esperienza presso la città di Milano potesse assumere rilievo rispetto alla sottovoce riguardante la ‘complessità/caratteristiche e dimensioni del contesto/ente’ (di seguito, ‘criterio contesto ente’) per la quale entrambi i candidati avevano avuto una valutazione di ‘elevato’ ma non avrebbe dovuto assumere rilievo alcuno, se non meramente residuale, con riferimento alla sottovoce riguardante la ‘complessità/quantità, tematiche/processi e relazioni con i diversi organi/stakeholders’ (di seguito, ‘criterio complessità processi e relazioni’), sicché era illogico che al ricorrente fosse stato da questo punto di vista attribuito un punteggio inadeguato, senza valorizzare l’esperienza svolta per oltre undici anni in contesti differenti e variegati al culmine di una carriera connotata in tutto il suo sviluppo nel
rapporto con gli organi comunali e nello svolgimento delle specifiche funzioni della Polizia Locale.
Il ricorrente osserva altresì come fosse illogica – e denunciata come tale, pur se la Corte d’Appello aveva travisato il senso della censura
-l’attribuzione al COGNOME di un solo punto su sei per l’esperienza professionale maturata come dirigente comandante e il massimo dei voti per l’ ‘esperienza professionale’ rispetto a tematiche e processi svolti solo per poco tempo.
La sentenza di appello aveva poi del tutto omesso di considerare la diversità dell’esperienza svolta presso la Polizia di Stato rispetto a quella svolta presso la Polizia Locale, senza spiegare neanche la ragione delle riconducibilità di tali esperienze del COGNOME rispetto al criterio in esame, profilo fatto oggetto di specifica censura in appello, rimasta in sé priva di risposta.
11.2 In relazione alla indicazione in rubrica di profili di omessa pronuncia, con richiamo all’art. 112 c.p.c., si rileva che un’impostazione in tal senso della censura si può evincere appunto nella parte in cui (pag. 52) si assume la mancata pronuncia sul denunciato difetto di attinenza tre le esperienze maturate nel contesto milanese ed il ‘criterio complessità processi e relazioni’.
Non si può tuttavia dire che sia mancata una pronuncia su questo profilo, perché come si è già riepilogato, la Corte territoriale ha ritenuto che l’esperienza presso la Polizia di Stato fosse riportabile ad una operatività « nel medesimo contesto territoriale e in un ambito fortemente integrato a quello della Polizia Locale ».
Già sul piano formale è dunque insussistente una violazione dell’art. 112 c.p.c.
11.3 Viene allora in evidenza la denuncia delle altre carenze motivazionali ed in particolare i rilievi sulla asserita contraddittorietà -al punto da determinarsi apparenza della motivazione – della sentenza di appello.
Va premesso che la valutazione svolta in sede di selezione, riguardante una scelta di diritto privato, in tanto può essere censurata, in quanto si ravvisino violazioni dell’atto che ha proposto agli interessati quel posto e la partecipazione alla cernita o in quanto nelle valutazioni si ravvisino manifeste irragionevolezze, tali da far ipotizzare un’utilizzazione abusiva della posizione datoriale.
Il motivo, anche per le norme richiamate in rubrica, non fa riferimento ad una violazione del c.d. bando o avviso iniziale, quanto piuttosto a difetti motivazionali della sentenza impugnata destinati a riflettere difetti valutativi da parte del Comune e degli organi da esso destinati alla selezione dei candidati.
11.4 Le difese svolte nel giudizio di cassazione coinvolgono le valutazioni svolte rispetto a tre gruppi di punteggi, ovverosia quello riguardante l’esperienza professionale come ‘dirigente comandante’ (COGNOME punti 1,00; COGNOME punti 6,00), quello che si è detto il ‘criterio contesto ente’ (in cui sia il COGNOME sia il COGNOME hanno avuto valutazione di ‘elevato’) e quello che si è detto il ‘criterio complessità processi e relazioni’ (che per il COGNOME è stato valutato come ‘elevato’ e per il Riva Cambrino è stato valutato come ‘medio’).
La Corte d’Appello ha in proposito ritenuto che. rispetto al ‘criterio complessità processi e relazioni’ fossero da valutare le esperienze maturate in relazione alla natura del contesto territoriale cui si sarebbe riferito l’incarico.
Su tale base essa ha ritenuto che « non appare irragionevole » la valorizzazione dell’operatività del COGNOME, sia nel periodo presso il Comune di Milano, sia in quello presso la P.G. della medesima città, all’interno di realtà organizzative riguardanti il « medesimo contesto territoriale e in un ambito -anche quello della Polizia di Stato, n.d.r. -fortemente integrato a quello della Polizia Locale », ritenendo viceversa meno importante il contesto di esperienza del
COGNOME perché riguardanti « realtà territoriali diverse e non comparabili ».
Premesso che il dato in sé non trova smentita nel riepilogo (pag. 2 del ricorso per cassazione) del curriculum del ricorrente (ove le attività svolte si collocano in città di dimensioni minori, quali Chivasso, Vercelli, Parma e Modena), non può in sé ravvisarsi una contraddizione o una duplicazione nella valutazione di quegli aspetti.
Infatti, il punteggio riguardante l’attività svolta come comandante riguarda in sé la copertura di quella funzione e il ‘criterio contesto ente’ può essere inteso come riguardante l’esperienza interna alla tipologia di ente (caratteristiche e dimensioni, come da tabella di pag. 45 del ricorso per cassazione), mentre il ‘criterio complessità processi e relazioni’ può essere inteso come riguardante l’esperienza rispetto alle relazioni ed ai processi coinvolti dall’attività.
Nulla di manifestamente irragionevole vi è dunque nell’essersi apprezzato, rispetto a quest’ultimo punto, le tipologie delle realtà territoriali e di contesto entro cui le attività pregresse si sono inserite, mentre già si è detto che non è priva di motivazione anche la valutazione svolta dalla Corte territoriale sul periodo di servizio al vertice della Sezione di Polizia Giudiziaria, ove il riferimento appunto al « medesimo contesto territoriale » e ad un ambito « fortemente integrato » con quello della Polizia Locale non si può dire siano, nella logica appena detta, apprezzamenti manifestamente contraddittori, ma anzi coerenti rispetto al complessivo impianto motivazionale.
Si tratta poi, più in generale, di valutazioni, rispetto alle quali le deduzioni, pur nella prospettazione di insussistenti vizi di manifesta contraddittorietà della motivazione, hanno in realtà il fine di indurre ad assecondare una diversa ricostruzione del merito, inammissibile
in sede di legittimità (Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148).
Nell’ambito di quest’ultimo non è infatti possibile sollecitare, contra ius e cercando di superare i limiti istituzionali di esso, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass. 2 febbraio 2010, n. 2338; Cass. 14 marzo 2006, n. 5443).
12. Il ricorso va dunque complessivamente disatteso e le spese restano regolate secondo soccombenza nei termini di cui al dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore delle controparti delle spese del giudizio di cassazione, che liquida, per ciascuna di esse, in euro 3.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 18 marzo 2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
La Presidente
NOME COGNOME