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Requisiti di accesso: la Cassazione valuta i bandi

Un ente di ricerca ha escluso alcuni candidati da una selezione perché non possedevano i requisiti di accesso alla data richiesta dal bando, sebbene li avessero conseguiti il giorno successivo, data di decorrenza giuridica. Le corti di merito hanno dato ragione ai lavoratori. La Corte di Cassazione, riconoscendo l’importanza della questione per l’uniforme interpretazione della legge, ha rinviato il caso a una pubblica udienza per una decisione definitiva sulla legittimità di tali clausole nei bandi di concorso.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Requisiti di Accesso nei Concorsi Pubblici: Quando Devono Essere Posseduti?

La definizione dei requisiti di accesso rappresenta un momento cruciale in ogni procedura selettiva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha acceso i riflettori su una questione di grande rilevanza: è legittimo che un bando di concorso richieda il possesso di un titolo a una data antecedente a quella della sua stessa decorrenza giuridica ed economica? La Suprema Corte, con un’ordinanza interlocutoria, ha ritenuto la questione talmente importante da meritare un approfondimento in pubblica udienza, preannunciando una decisione che avrà un impatto significativo sulla redazione dei futuri bandi e sulla tutela dei candidati.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un bando di selezione indetto da un importante ente di ricerca nazionale per la progressione di carriera al livello di dirigente di ricerca. Il bando specificava, tra i requisiti di accesso, che i candidati dovessero essere inquadrati nel profilo di primo ricercatore (II livello) alla data del 31 dicembre 2022.

Alcuni ricercatori, pur avendo maturato il diritto a tale inquadramento, vedevano la decorrenza giuridica ed economica della loro posizione fissata al 1° gennaio 2023. Di conseguenza, l’ente li ha esclusi dalla selezione, ritenendoli privi del requisito alla data richiesta. I ricercatori hanno impugnato l’esclusione, ottenendo ragione sia in primo grado che in appello. I giudici di merito hanno considerato illegittima la clausola del bando, giudicandola in violazione dei principi generali sulle procedure concorsuali.

Il Ricorso per Cassazione e la Questione dei Requisiti di Accesso

L’ente di ricerca non si è arreso e ha presentato ricorso in Cassazione. La sua difesa si è basata su un’interpretazione specifica del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) di settore. Secondo l’ente, il CCNL distinguerebbe volutamente tra il termine per la decorrenza degli effetti giuridici ed economici dell’inquadramento e quello per il possesso dei requisiti di accesso alla selezione.

La ratio di tale previsione, a dire dell’ente, sarebbe quella di garantire una minima permanenza nel livello inferiore, necessaria per maturare il merito scientifico e tecnologico che giustifica la progressione. In sostanza, l’ente sosteneva la legittimità di una clausola che ‘retrodata’ artificialmente il possesso del requisito per assicurare un consolidato bagaglio di esperienza.

Le Motivazioni dell’Ordinanza Interlocutoria

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, non ha fornito una risposta definitiva, ma ha preparato il terreno per una sentenza di principio. I giudici hanno riconosciuto il carattere ‘nomofilattico’ della questione, ovvero la sua importanza per assicurare un’interpretazione uniforme della legge su tutto il territorio nazionale.

Il dilemma interpretativo riguarda il conflitto tra le norme generali sui concorsi pubblici, che impongono requisiti ragionevoli e non discriminatori, e l’autonomia della contrattazione collettiva. La Corte ha ritenuto che stabilire se una clausola come quella contestata sia legittima richieda un’analisi approfondita, da svolgersi nel contraddittorio di un’udienza pubblica, coinvolgendo anche il Procuratore Generale. La decisione di rinviare la causa a nuovo ruolo sottolinea la delicatezza e la portata generale della questione.

Conclusioni: L’Importanza della Decisione Futura

La futura sentenza della Corte di Cassazione sarà di fondamentale importanza. Essa chiarirà in modo definitivo i limiti entro cui le pubbliche amministrazioni e gli enti possono definire i requisiti di accesso temporali nei loro bandi. Una decisione in un senso o nell’altro influenzerà non solo il settore della ricerca, ma tutte le procedure di selezione pubblica, stabilendo un principio di equilibrio tra l’esigenza di selezionare candidati con un’esperienza consolidata e il diritto dei lavoratori a partecipare alle selezioni sulla base del loro status giuridico effettivo. L’esito di questo giudizio è atteso con grande interesse per la certezza del diritto che potrà offrire sia agli enti banditori sia ai candidati.

Qual è la questione principale del caso?
La questione centrale è se un bando di selezione pubblica possa legittimamente richiedere il possesso dei requisiti di accesso a una data antecedente a quella in cui tali requisiti acquisiscono efficacia giuridica ed economica per il candidato.

Perché la Corte di Cassazione non ha deciso subito il caso?
La Corte ha rinviato la decisione perché ha riconosciuto il carattere ‘nomofilattico’ della questione, ossia la sua elevata importanza per garantire un’interpretazione uniforme della legge. Ha quindi ritenuto necessario un approfondimento in una pubblica udienza per una discussione più ampia e ponderata.

Cosa sosteneva l’ente di ricerca per giustificare il requisito temporale?
L’ente sosteneva che la contrattazione collettiva permetteva di fissare una data antecedente per il possesso dei requisiti al fine di assicurare che i candidati avessero maturato una minima permanenza nel livello inferiore, considerata essenziale per consolidare il merito scientifico e tecnologico richiesto per la progressione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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