Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9426 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9426 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 460/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE) EX OPCM 3922/11, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO NAPOLI n. 2823/2019 depositata il 23/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, affidataria del servizio predisposto per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti nella Regione Campania, proponeva opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla RAGIONE_SOCIALE per la remunerazione delle prestazioni svolte in suo favore nel periodo dal 1.1.2008 al 30.6.2008, nell’ambito della gestione del ciclo dei rifiuti nel periodo dell’emergenza in Campania, e chiedeva la condanna della RAGIONE_SOCIALE del Consiglio dei ministri (PCM), chiamata in causa, al pagamento diretto a favore della RAGIONE_SOCIALE o a essere tenuta indenne da ogni esborso.
Il tribunale rigettava l’opposizione della RAGIONE_SOCIALE. Il suo gravame veniva rigettato dalla Corte d’appello di Napoli con sentenza 23.5.2019, la quale osservava che la RAGIONE_SOCIALE aveva diritto al rimborso di quanto versato e «tuttavia i pagamenti potevano essere effettuati alle condizioni previste dall’art. 1 della O.PCM n. 3479/2005 e cioè ‘previa presentazione di regolare fattura e rendicontazione da parte degli affidatari del servizio e comunque a fronte di autorizzazione da parte del soggetto attuatore di cui all’art. 1, comma 7, decreto legge 30 novembre 2005, n. 245’». Tanto premesso, la Corte concludeva, «non essendo stata svolta alcuna attività di rendicontazione, né presentata regolare fattura, il pagamento non può essere effettuato. Non può procedersi al pagamento sulla base di un mero riconoscimento del debito da parte della RAGIONE_SOCIALE in favore della RAGIONE_SOCIALE», né essendo opponibili alla RAGIONE_SOCIALE gli atti di riconoscimento del debito effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE.
Quest’ultima ha proposto ricorso, resistito dalla PCM. La RAGIONE_SOCIALE ha presentato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La RAGIONE_SOCIALE deduce, con il primo motivo, violazione del giudicato inter partes e degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., in relazione a una sentenza della Corte d’appello di Napoli (n. 4076/2015) che, in fattispecie analoga, avrebbe accertato il diritto di RAGIONE_SOCIALE di essere manlevata dalla P.A., pur in assenza della dovuta rendicontazione delle somme versate.
Il motivo è infondato, essendo l’invocato precedente riferibile a una vicenda diversa, riguardante la richiesta di manleva di NOME verso la PCM per quanto pagato in favore di altri soggetti estranei alla causa, come risulta da un esame diretto della sentenza, essendo compito del giudice di legittimità verificare l’effettiva esistenza di una pronuncia avente valore di giudicato esterno, in presenza di una eccezione sul punto (cfr. Cass. n. 25432/2022). Si tratta quindi di un precedente di merito che non assume valore di giudicato nella controversia in esame.
Con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 d.l. n. 245/2005, convertito in L. n. 21/2006, e 12 d.l. n. 90/2008, convertito in L. n. 123/2008, nonché della O.PCM n. 3479/2005, per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che l’adempimento dell’obbligo di rendicontazione dei costi fosse un requisito necessario e non surrogabile, con l’effetto che, in mancanza di rendicontazione, fosse precluso l’accertamento giudiziale dei presupporti per il rimborso, conculcando il diritto di NOME di dimostrare il proprio credito, in violazione dell’art. 24 Cost..
Il motivo in esame è fondato.
La sentenza impugnata ha rigettato la domanda di RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE volta ad ottenere la rifusione dei costi sostenuti nel periodo decorrente dalla data di risoluzione dei contratti in essere tra il Commissario governativo per l’emergenza rifiuti e la RAGIONE_SOCIALE (affidataria in regime di esclusiva del servizio di smaltimento
dei rifiuti nella Regione Campania) alla stipula dei contratti con il nuovo affidatario del servizio. La sentenza ha ritenuto, nel caso di specie, inapplicabile quanto previsto dal d.l. n. 245/2005, convertito dalla L. n. 21/2006 che, dopo aver disposto, all’art. 1, comma 1, la risoluzione dei contratti in essere con gli affidatari, ha imposto che gli ex affidatari assicurassero la prosecuzione del servizio a titolo gratuito, con la sola copertura dei costi assicurata dalla PCM (art. 1, comma 7) , al fine di assicurare la continuità del servizio di smaltimento rifiuti sino al passaggio di consegne ai nuovi affidatari.
La pronuncia è imperniata sul mancato espletamento della procedura di rendicontazione, prevista dall’art. 1, comma 4, O.PCM n. 3479/05, delle attività svolte dall’affidataria, sul presupposto che la rendicontazione sia condizione necessaria e insostituibile per il rimborso alla RAGIONE_SOCIALE dei pagamenti effettuati a RAGIONE_SOCIALE per lo svolgimento del servizio, escludendo la possibilità di considerare equipollente alla rendicontazione o comunque rilevante l’atto ricognitivo dei crediti maturati da RAGIONE_SOCIALE, sulla cui base la NOME ha quantificato l’entità dei costi chiesti a rimborso alla PCM.
Così ragionando, la Corte territoriale ha, in sostanza, omesso di pronunciarsi sulla richiesta di NOME di accertare la sussistenza del proprio diritto al ristoro delle spese sostenute, richiesta supportata dalla produzione di documentazione che avrebbe dovuto essere valutata, o quale possibile ragione della dimostrata effettività, pertinenza e congruità dei costi o, alternativamente, quale possibile motivo per disporre l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio in ordine ai profili della inerenza e adeguatezza degli oneri sostenuti.
In fattispecie analoga questa Corte – dopo avere premesso che «l’attività di cui al presente ricorso si è svolta nel regime successivo alla risoluzione del contratto di affidamento disposta dal d.l. n. 245 del 2005, sicché la RAGIONE_SOCIALE ha agito sotto il controllo
dell’Amministrazione dello Stato quale mera esecutrice della stessa. Nel regime successivo alla risoluzione, infatti, la normativa ha disposto la continuità del servizio e dunque la perdurante legittimazione della precedente affidataria, in qualità di mera esecutrice della P.A. fino al nuovo affidamento ad altri soggetti, attività da svolgere senza alcuna remunerazione ma con la copertura dei costi assicurata dalla PCM, ai sensi dell’art. 1, co. 7 del d.l. n. 245 del 2005» – ha confermato l’ordinanza impugnata con la quale la Corte d’appello aveva «svolto un’attenta ed approfondita istruttoria, anche tramite c.t.u., al fine di accertare la congruità e la pertinenza delle spese effettuate da RAGIONE_SOCIALE rispetto alla prosecuzione del servizio di smaltimento». In particolare, la Corte ha osservato che «Nel caso in esame l’analitica indagine compiuta dal c.t.u. (…) assorbe e supera l’onere di rendicontazione imposto dalla legge alla RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenere il rimborso richiesto. Tale onere, come osservato dalla impugnata sentenza, peraltro, esigerebbe nulla altro che la presentazione degli stessi documenti prodotti in questa sede e consistenti nei contratti e nelle fatture emesse dall’appaltatrice (…), la cui attività è risultata funzionale allo stoccaggio provvisorio e definitivo dei rifiuti solidi (…)» (Cass. ord. n. 11605/2020).
La Corte napoletana ha, in sostanza, impropriamente negato che possano trovare applicazione gli ordinari strumenti processuali di accertamento del credito in una fattispecie, quale è quella in esame, non condizionata dall’esercizio di poteri autoritativi: spetta al giudice di merito giudicare sulla fondatezza della domanda, verificando l’esistenza dei presupposti del diritto di credito azionato dal privato nei confronti della pubblica amministrazione, esaminando a tal fine le prove documentali prodotte e accertando la inerenza e congruità degli oneri oggetto della richiesta di rimborso. Non è possibile configurare la procedura di rendicontazione come una forma di pregiudiziale amministrativa
condizionante l’accertamento del credito azionato, né come espressione di una riserva (di amministrazione) al soggetto attuatore per verificare il corretto adempimento delle direttive impartite alle affidatarie del servizio e valutare la congruità delle spese sostenute con riguardo alle condizioni definite nei contratti risolti, ai sensi dell’art. 8, comma 2, O.P.C.M. cit.
In conclusione, la sentenza impugnata, avendo omesso di pronunciare sulla domanda intesa ad ottenere una valutazione delle prove documentali della esistenza, pertinenza e congruità delle spese oggetto della richiesta di rimborso, ha di fatto precluso alla ricorrente di dimostrare la fondatezza della sua pretesa attraverso gli ordinari strumenti di tutela del diritto di credito avanti al giudice civile, il che integra violazione dei parametri indicati.
Il terzo motivo, deducente violazione del principio di non contestazione in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., è assorbito.
In conclusione, rigettato il primo motivo e assorbito il terzo, il ricorso è accolto in relazione al secondo motivo; la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli per un nuovo esame e per le spese della presente fase.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo e dichiara assorbito il terzo motivo del ricorso; in relazione al motivo accolto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 07/03/2024.