Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16301 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16301 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18394/2022 R.G., proposto da
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME SARAH, NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME
elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo Studio dell’ Avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende, in virtù di procure conferite con atto separato da intendersi in calce al ricorso;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri , in Persona del Presidente pro tempore ; Ministero della Salute , Ministero dell’Economia e delle Finanze , Ministero dell’ Università e della Ricerca, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore ; ex lege domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato , da cui sono difesi ope legis ;
-controricorrenti-
per la cassazione della sentenza n. 573/2022 del la CORTE d’APPELLO di ROMA, depositata il 27 gennaio 2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I ricorrenti indicati in epigrafe convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la Presidenza del Consiglio di Ministri, il Ministero dell’Istruzione , dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, deducendo che:
-erano tutti medici titolari di diplomi di specializzazione, immatricolati negli anni 1991-2006, ed avevano percepito gli emolumenti di cui all’art.6 del d.lgs. n. 257 del 1991, attuativo delle direttive nn. 75/362/CEE, 75/363/CEE, 82/76/CEE, riguardanti la formazione dei medici specialisti e i corsi per il conseguimento dei relativi diplomi;
questa norma, nello stabilire per gli specializzandi un trattamento di Lire 21.750.000 annuali, aveva prescritto anche che esso doveva incrementarsi al tasso annuale di inflazione e rideterminarsi ogni triennio con decreto ministeriale, ma tali prescrizioni erano restate
inapplicate per effetto del ‘blocco’ previsto da disposizioni normative sopravvenute;
– successivamente, il d.lgs. n. 368 del 1999 -di recepimento, tra l’altro, della direttiva 93/16/CE aveva previsto (artt. 37 e ss.) che all’atto di iscrizione alle scuole di specializzazione fosse stipulato un contratto annuale di formazione-lavoro, rinnovabile di anno in anno e di durata pari a quella del corso di specializzazione, con attribuzione di un trattamento economico annuo più alto di quello contemplato dalla legislazione precedente, da determinarsi con decreto ministeriale; questa previsione, però, aveva avuto effettiva attuazione solo con l’art. 1, comma 300, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, con decorrenza dall’anno accademico 2006 -2007.
Sulla base di queste deduzioni, gli attori domandarono la condanna delle amministrazioni convenute, in solido tra loro, al pagamento delle differenze retributive e contributive maturate e mai corrisposte a titolo di remunerazione adeguata, ovvero al risarcimento del danno per la tardiva trasposizione nei loro confronti delle direttive comunitarie che tale remunerazione adeguata avevano previsto.
Gli attori domandarono, altresì, la condanna delle amministrazioni convenute al risarcimento del danno per mancato incremento secondo il tasso annuale di inflazione, ai sensi del d.lgs. n. 257 del 1991 e per la mancata applicazione della rideterminazione triennale prevista in funzione del miglioramento tabellare minimo di cui alla contrattazione collettiva relativa al personale medico dipendente del Servizio Sanitario Nazionale.
Si costituirono in giudizio le amministrazioni convenute, che resistettero alle domande, invocandone il rigetto.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n.20009/2017, rigettò le domande.
La Corte d ‘ appello di Roma, con sentenza n. 573/2022, depositata il 27 gennaio 2022 , ha rigettato l’impugnazione degli attori soccombenti.
I medici indicati in epigrafe propongono ricorso per cassazione, sorretto da due motivi.
Resistono con un unico controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Università e della Ricerca (già Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) e il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero non ha presentato conclusioni scritte.
Sia i ricorrenti che le amministrazioni controricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo viene denunciata ‘ violazione e falsa applicazione delle norme di diritto: Direttive nn. 1975/362/CEE, 75/363/CEE, 1982/76/CEE, 1993/16/CEE e 2005/36/CEE; art. 6 D.Leg.vo n. 257/1991, artt. 37 e ss. D.Leg.vo n. 368/1999; D.P.C.M. 7/3/2007 e ss., principi enunciati nelle sentenze CGUE 25/2/1999 -causa C-131/1997 (Carbonari) e CGUE 3/10/2000 -causa C-371/1997 (Gozza) ‘.
I ricorrenti, con gli argomenti svolti in ricorso e ulteriormente illustrati in memoria, censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la disciplina introdotta dal d.lgs. n. 368/1999 -fonte di attuazione della direttiva 93/16/CEE -sia il risultato di una scelta discrezionale riservata esclusivamente al legislatore nazionale, escludendo, di conseguenza, la possibilità di un sindacato giurisdizionale in ordine all’adeguatezza della retribuzione corrisposta
ai medici iscritti ai corsi di specializzazione negli anni academici dal 1991-1992 al 2005-2006.
Deducono che il principio di ‘adeguata remunerazione’, posto dalle direttive comunitarie, era sin dall’origine ‘sufficientemente preciso incondizionato’ e trovava fondamento nell’esigenza di garantire ai medici specializzandi la possibilità che la loro formazione si svolgesse a tempo pieno e fosse retribuita.
Sostengono che, avuto riguardo ai principi enunciati dalla Corte di Giustizia -particolarmente nelle sentenze CGUE 25/271999-causa C131/1997 (COGNOME) e CGUE 3/10/2000-causa C-371/1997 (Gozza) -l’ordinamento giuridico interno era rimasto inadempiente all’obbligo prescritto dalle direttive comunitarie di riferimento di riconoscere ai medici specializzandi la remunerazione adeguata da intendersi come suscettibile di essere incrementata secondo i meccanismi di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991, i quali erano stati indebitamente ‘paralizzati’ dai provvedimenti normativi successivi (d.l. n. 384/1992 e ss.), mentre al sistema di remunerazione previsto dal d.lgs. n. 368/1999 (con particolare riferimento agli artt. 37-42) era stata data tardiva attuazione solo a decorrere dall’anno accademico 2006 -2007, per effetto dell’adozione dei DPCM 7 marzo 2007 e ss. .
Concludono che pertanto illegittimamente il giudice del merito, sia di primo che di secondo grado, aveva omesso di riconoscere loro il diritto alla remunerazione adeguata o quello al risarcimento del danno, da liquidarsi secondo i detti criteri di valutazione.
1.2. Con il secondo motivo viene denunciata ‘ violazione e falsa applicazione delle norme di diritto: art. 6 D.Leg.vo n. 257/1991, art.7, comma 1, D.L. 19/9/1992 n.384, convertito con modificazioni nella L. 14/11/1992, n.438, art.32, comma 12, L. 27/12/1997 n.449, art. 36, comma 1, L. 27/12/2002 n. 289’ .
Sul presupposto che, in base al d.lgs. n. 257 del 1991, ai titolari delle relative borse di studio sarebbero spettati sia l’indicizzazione annuale in base al tasso programmato di inflazione che la rideterminazione triennale in funzione del miglioramento tabellare minimo di cui alla contrattazione collettiva del personale medico dipendente del Servizio Sanitario Nazionale, i ricorrenti osservano che, se con riferimento all’indicizzazione annuale può convenirsi che la sua operatività fosse stata ‘sterilizzata’ con i successivi provvedimenti di ‘blocco,’ invece, in relazione alla rideterminazione triennale, la borsa di studio di cui erano titolari avrebbe dovuto essere rideterminata con riguardo al « periodo antecedente al 31/12/1997 », segmento temporale per il quale non era stato emesso alcun provvedimento che paralizzasse il meccanismo di adeguamento di cui all’art. 6 d.lgs. cit. .
In memoria, i ricorrenti richiamano, al riguardo, la giurisprudenza della Sezione Lavoro di questa Corte ed in particolare, oltre alla più risalente Cass. n.4449/2018, l’ordinanza interlocutoria n . 6928/2024, del 14 marzo 2024, con cui la detta Sezione ha rimesso alle Sezioni Unite questione ‹‹ se l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione sia soggetto, per il periodo dal 1° gennaio 1994 al 31 dicembre 1997, all’adeguamento triennale previsto dall’art. 6, comma 1, del d. lgs. n. 257 del 1991 ››.
I ricorrenti, inoltre, sostengono che la sentenza n. 20006/2024 del 19 luglio 2024 delle Sezioni Unite, che ha risolto negativamente la questione, confermando la sussistenza del ‘blocco’ anche con riguardo al triennio 1994-1997, « oltre a dimostrare che la questione è tutt’altro che da ritenersi definitivamente chiarita in sede giurisprudenziale, risulta ancora non soddisfacente, per non aver reso, in modo esauriente, i chiarimenti invocati dal Collegio remittente », avuto riguardo alla « evidenziata la differente natura e funzione delle due
tipologie di adeguamento previste dall’art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991 ».
Il primo motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360bis n. 1 cod. proc. civ., posto che sul punto la giurisprudenza di questa Corte è ormai da tempo consolidata.
2.1. Preliminarmente, giova ricordare alcuni fondamentali passaggi dell’articolata evoluzione normativa sulla materia.
Con l’art. 6 del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, il legislatore italiano, dando attuazione, sia pure tardivamente, al disposto della direttiva n. 82/76/CEE del Consiglio, stabilì in favore dei medici ammessi alle scuole di specializzazione una borsa di studio determinata per l’anno 1991 nella somma di lire 21.500.000.
Questa somma era destinata ad un incremento annuale, a decorrere dal 1° gennaio 1992, sulla base del tasso programmato di inflazione, incremento fissato ogni triennio con decreto interministeriale.
Il meccanismo di adeguamento venne peraltro bloccato successivamente, con effetto retroattivo, dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549, passata indenne al vaglio della Corte costituzionale (sentenza n. 432 del 1997), e da altre leggi successive (v. sul punto, ampiamente, Cass. 23/02/2018, n. 4449).
In seguito, dando attuazione alla direttiva n. 93/16/CE, il legislatore nazionale intervenne sulla materia con il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368. Questo decreto legislativo – poi ampiamente modificato dall’art. 1, comma 300, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 -riorganizzò l’ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, istituendo e disciplinando un vero e proprio contratto di formazione (inizialmente denominato ‘contratto di formazione -lavoro’ e poi ‘cont ratto di formazione
specialistica’: art. 37 d.lgs. cit. ), da stipulare e rinnovare annualmente tra Università (e Regioni) e medici specializzandi, con un meccanismo di retribuzione articolato in una quota fissa ed in una quota variabile, in concreto periodicamente determinate da successivi decreti ministeriali (art. 39 d.lgs. cit. ).
Detto contratto, peraltro, come la Sezione Lavoro di questa Corte ha ribadito in plurime occasioni, non dà luogo ad un rapporto inquadrabile nell’ambito del lavoro subordinato, né è riconducibile alle ipotesi di parasubordinazione, non essendo ravvisabile una relazione sinallagmatica tra l’attività degli specializzandi e gli emolumenti previsti dalla legge, restando conseguentemente inapplicabili l’art. 36 della Costituzione e il principio di adeguatezza della retribuzione ivi contenuto (in tal senso, sulla scia di un consolidato orientamento, Cass. 27 luglio 2017, n. 18670).
Peraltro, il nuovo meccanismo retributivo di cui al d.lgs. n. 368 del 1999 divenne operativo solo a decorrere dall’anno accademico 2006 -2007 (art. 46, comma 2, d.lgs. cit. , nel testo risultante dalle modifiche introdotte prima dall’art. 8 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, e poi dal già citato art. 1, comma 300, della legge n. 266 del 2005); mentre le disposizioni del d.lgs. n. 257 del 1991 rimasero applicabi li fino all’anno accademico 2005 -2006.
Il trattamento economico spettante ai medici specializzandi in base al contratto di formazione specialistica fu poi in concreto fissato con i d.P.C.M. 7 marzo, 6 luglio e 2 novembre 2007.
2.2. Tutto ciò premesso, la delibazione del motivo di ricorso, postula la soluzione di tre questioni strettamente connesse tra loro: a) se la direttiva n. 93/16/CE abbia avuto o meno una portata innovativa rispetto a quanto stabilito dalle precedenti direttive n. 75/362/CEE, n. 75/363/CEE e n. 82/76/CEE; b) se il concetto di retribuzione adeguata
sia mutato nel passaggio dalle precedenti alla più recente direttiva; c) se e quando lo Stato italiano abbia adempiuto all’obbligo di garantire ai medici specializzandi una retribuzione adeguata.
Queste questioni sono state già numerose volte affrontate da questa Corte ( ex multis , Cass. 14/03/2018, n. 6355; Cass. 28/06/2018, n. 17051; Cass. 27/02/2019, n. 5698; Cass. 15/10/2019, n. 26074; Cass. 28/02/2020, n. 5455; Cass. 06/03/2020, n. 8503; Cass. 12/11/2020, n. 25463; Cass. 02/01/2021, n. 1114; Cass. 17/11/2021, n. 34882; Cass. 16/09/2022, n. 27287; Cass. 05/12/2022, n.35623), la quale, in relazione a fattispecie perfettamente sovrapponibili a quella in esame, è pervenuta a conclusioni che possono dirsi oramai consolidate ed alle quali il collegio intende dare piena e convinta continuità.
2.3. Al riguardo si è incisivamente evidenziato (cfr., ad es., Cass. 16/09/2022, n. 27287 e Cass. 05/12/2022, n.35623, citt. ) -e va qui ribadito -che la direttiva n. 93/16/CE, come risulta dalla sua stessa formulazione (cfr. il primo Considerando ) non ha una portata innovativa, prefiggendosi soltanto l’obiettivo, « per motivi di razionalità e per maggiore chiarezza », di procedere alla codificazione delle tre suindicate direttive « riunendole in un testo unico »; il che risulta ancor più evidente per il fatto che la direttiva in questione lascia « impregiudicati gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini per il recepimento delle difettive » di cui all’allegato III, parte B (così l’ultimo dei Considerando ).
È opportuno ricordare, del resto, che il termine « adeguata remunerazione » compare per la prima volta nell’Allegato alla direttiva n. 82/76/CEE e si ritrova, senza alcuna modificazione, nell’Allegato I alla direttiva n. 93/16/CE; pertanto, è dalla scadenza del termine di adempimento della direttiva del 1982 che l’esigenza di ta le
adeguatezza divenne regola di obbligatorio recepimento nel diritto interno.
Tuttavia, lo Stato italiano aveva adempiuto al proprio obbligo di fissazione di una adeguata re munerazione già con l’art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991; la normativa dell’Unione europea, infatti, non contiene, né potrebbe essere diversamente, alcuna definizione di quale sia la remunerazione adeguata, la cui soglia deve essere fissata dagli Stati membri nell ‘ esercizio della propria discrezionalità, la quale trova un invalicabile limite anche nelle esigenze di contenimento della spesa pubblica.
Come ha efficacemente spiegato la citata sentenza 23/02/2018, n. 4449 della Sezione Lavoro di questa Corte, il legislatore, « nel disporre il differimento dell’applicazione delle disposizioni contenute negli artt. da 37 a 42 (del d.lgs. n. 368 del 1999) e la sostanziale conferma del contenuto del d.lgs. n. 257 del 1991, ha esercitato legittimamente la sua potestà legislativa (Cass. 15362/2014), non essendo vincolato a disciplinare il rapporto dei medici specializzandi secondo un particolare schema giuridico né ad attribuire una remunerazione di ammontare preindicato (cfr. punti nn. 23 e 24 di questa sentenza). Né vale argomentare che lo stesso legislatore italiano, intervenendo in materia, ha modificato la legislazione del 1991 con l’introduzione di una nuova normativa nel 1999 incentrata sullo schema della formazione-lavoro; anche ammettendo che il nuovo sistema sia più congeniale a disciplinare la specifica condizione dei medici specializzandi, non può desumersi dalla sola successione di leggi diverse che la precedente disciplina non fosse idonea in ordine al recepimento delle direttive ed a dare effettiva tutela al diritto ivi affermato dell’adeguata retribuzione ».
In altri termini, il « nuovo ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia introdotto con il decreto legislativo n. 368 del 1999 (a decorrere dall’anno accademico 2006/2007, in base alla legge n. 266 del 2005), e il relativo meccanismo di ret ribuzione, non possono … ritenersi il primo atto di effettivo recepimento ed adeguamento dell’ordinamento italiano agli obblighi derivanti dalle direttive comunitarie, in particolare per quanto riguarda la misura della remunerazione spettante ai medici specializzandi, ma costituiscono il frutto di una successiva scelta discrezionale del legislatore nazionale, non vincolata o condizionata dai suddetti obblighi » (Cass. 14/03/2018, n. 6355).
Deve dunque ritenersi che l’inadempimento dell’Italia agli obblighi comunitari, sotto il profilo in esame, è cessato con l’emanazione del d.lgs. n. 257 del 1991, come del resto la Corte di giustizia dell ‘ Unione europea ha già da tempo affermato (v. le sentenze 25 febbraio 1999, in causa C-131/97, COGNOME, e 3 ottobre 2000, in causa C-371/97, Gozza); il d.lgs. n. 368 del 1999 è invece intervenuto in un ambito di piena discrezionalità per il legislatore nazionale.
2.4. Alla luce di quanto si è detto, risulta evidente che non vi è alcuno spazio per invocare ipotetiche violazioni del diritto dell’Unione europea e che ogni questione non può che riguardare « esclusivamente l ‘ ordinamento interno » (così Cass. n. 6355 del 2018).
Né possono ravvisarsi margini per un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, atteso che, come già evidenziato, «nella disciplina comunitaria non è rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata, né sono posti i criteri per la determinazione della stessa» (Cass. 19/10/2022, n. 30793; 18/10/2022, n. 30700; 18/10/2022, n. 30508), sicché è compito del legislatore nazionale determinare «nell’esercizio della propria discrezionalità quale sia la
remunerazione adeguata» (Cass. 24/10/2022, n. 31311; 18/10/2022, n. 30710; 18/10/2022, n. 30506).
La domanda proposta dai ricorrenti è, dunque, finalizzata, ad ottenere l’applicazione retroattiva del d.lgs. n. 368 del 1999 o comunque a neutralizzare le regole che ne avevano disposto l’efficacia differita. In proposito, osserva peraltro il Collegio che il differimento dell’entrata in vigore della normativa di cui al d.lgs. n. 368 del 1999 che è una normativa più favorevole -rientrava nella discrezionalità del legislatore, sicché la circostanza che essa sia entrata in vigore a partire dal 2007 non solo non ha potuto determinare alcuna situazione di tardivo recepimento del diritto comunitario, ma nemmeno ha violato l’art. 3 della Costituzione sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto una normativa di favore e migliorativa rispetto ad una vigente può essere fatta entrare in vigore dal legislatore nazionale nel momento in cui, secondo la discrezionalità che gli appartiene, egli lo reputi opportuno. Non si pone, perciò, alcuna questione di rinvio pregiudiziale e nemmeno alcuna questione di costituzionalità di diritto interno.
2.5. Sintetizzando tutto quanto si è andato dicendo, possono ribadirsi i seguenti principi:
le direttive n. 75/362/CEE, n. 75/363/CEE e n. 82/76/CEE, le quali hanno prescritto che i medici specializzandi dovessero ricevere un’adeguata remunerazione, sono state attuate dallo Stato italiano con il d.lgs. n. 257 del 1991, con il riconoscimento di una borsa di studio annua;
la successiva direttiva n. 93/16/CEE ha rappresentato un testo meramente compilativo, di coordinamento e aggiornamento delle precedenti disposizioni comunitarie già vigenti e, quindi, privo di carattere innovativo, con riguardo alla misura dei compensi da riconoscere agli iscritti alle scuole di specializzazione;
quest’ultima direttiva è stata recepita in Italia dal d.lgs. n. 368 del 1999 che, dal momento della propria applicazione, avvenuta a partire dall’anno accademico 2006-2007, ha riorganizzato l’ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, istituendo un contratto di formazione da stipulare e rinnovare annualmente tra le Università (e le Regioni) e i detti specializzandi, con un meccanismo articolato in una quota fissa ed in una variabile;
in relazione agli anni accademici anteriori al 2006-2007, è rimasta operativa la sola disciplina del d.lgs. n. 257 del 1991, poiché la menzionata direttiva n. 93/16/CEE non ha introdotto alcun nuovo e ulteriore obbligo con riferimento alla misura della borsa di studio di cui alla normativa del 1991.
Dal riferito consolidato orientamento la Corte non ritiene di doversi discostare non essendo stati portati con il motivo in esame -di cui si conferma pertanto l’inammissibilità elementi che inducano a modificarlo.
Ne discende l’inammissibilità, ex art. 360 -bis n. 1 cod. proc. civ., del primo motivo di ricorso.
Il secondo motivo è infondato e deve essere rigettato, dovendosi confermare, in continuità con un orientamento progressivamente consolidatosi -ribadito dalla recente pronuncia del massimo consesso di questa Corte (sulla quale v., infra ), richiamata dagli stessi ricorrenti in sede di memoria illustrativa -, il giudizio sull’insussistenza sia del diritto all’indicizzazione annuale sia di quello alla rideterminazione triennale del trattamento previsto dall’art.6 del d.lgs. n. 257 del 1991.
È stato infatti più volte affermato che l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione negli anni accademici dal 1998 al 2005 non è soggetto ad indicizzazione né
all’adeguamento triennale previsto dall’ art. 6, comma 1, del d. lgs. n. 257 del 1991, in quanto l’art. 32, comma 12, della legge n. 449 del 1997, con disposizione confermata dall’art. 36, comma 1, della legge n. 289 del 2002, ha consolidato la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio ed escluso integralmente l’applicazione del citato art. 6 (Cass. 27/07/2017, n. 18670; Cass. 23/02/2018, n. 4449; Cass.20/05/2019, n. 13572; Cass.21/01/2021, n.1114; Cass.26/07/2022, n. 23349 e Cass.16/09/2022, n. 27287).
3.1. I meccanismi di adeguamento originariamente previsti (dunque, non solo l’indicizzazione automatica annuale, ma anche la rivalutazione triennale da disporsi con decreto ministeriale) sono stati, inoltre, congelati anche nel periodo precedente al 31 dicembre 1997.
Le numerose disposizioni legislative succedutesi nel tempo (d.l. n. 384 del 1992, art. 7, comma 5, convertito nella l. n. 438 del 1992; l. n. 537 del 1993, art. 3, comma 36; l. n. 549 del 1995, art. 1, comma 33; l. n. 662 del 1996, art. 1, comma 66; l. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12; l. n. 488 del 1999, art. 22; l. n. 289 del 2002, art. 36; tale ultima norma è stata poi prorogata, per il triennio 2006-2008, dalla l. n. 266 del 2005, art. 1, comma 212; l’art. 41, comma 7, d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, ha poi disposto che «le disposizioni della l. n. 289 del 2002, art. 36, così come interpretate dalla l. n. 350 del 2003, art. 3, comma 73, sono prorogate per gli anni 2009, 2010, 2011, 2012 e 2013») danno contezza dell’intento del legislatore di congelare al livello del 1992 l’importo delle singole borse di studio e correlativamente di disporre analoghi blocchi sugli aggregati economici destinati al loro finanziamento, al fine di evitare nell’attuale contesto storico, caratterizzato da una ormai cronica carenza di risorse finanziarie, la
riduzione progressiva del numero dei soggetti ammessi alla frequenza dei corsi, con correlato danno sociale (Cass., Sez. 6-3, n. 13572 del 20/05/2019; Cass. Sez. 3, n. 8378 del 29/04/2020; Sez. 3, n. 17995 del 28/08/2020; Sez. 6 – 3, n. 18106 del 31/08/2020; Sez. 6 – 3, n. 29124 del 18/12/2020; Sez. L, n. 9104 del 01/04/2021; Sez. 6 – 3, n. 27263 del 07/10/2021; Sez. 6 – L, n. 1287 del 17/01/2022; Sez. 6 1, n. 1821 del 20/01/2022; Sez. 3, nn. 9219-9220 del 22/03/2022; Sez. 3, n. 15139 del 12/05/2022; Sez. 3, n. 29311 del 07/10/2022; Sez. 6 – 3, nn. 30506-30507 del 18/10/2022; Sez. 3, n. 3234 del 02/02/2023; Sez. 3, n. 12702 del 10/05/2023; Sez. 3, n. 3867 e n. 4082 del 08/08/2023; Sez. 3, n. 16078 del 07/06/2023; Sez. 3, n. 16365 del 08/06/2023; Sez. 3, n. 20043 del 13/07/2023; Sez. 3, n. 20692 del 17/07/2023; Sez. 1, nn. 28430, 28441, 28456, 28466 e 28496 del 12/10/2023; Sez. 1, nn. 28539, 28552, 28555 e 28565 del 13/10/2023; Sez. 3, n. 36591 del 30/12/2023; Sez. 3, nn. 3411, 3431 del 06/02/2024; Sez. 3, nn. 3546, 3555 del 07/02/2024; Sez. 3, n. 10023 del 12/04/2024; Sez. 3, n. 10628 del 19/04/2024).
3.2. È stato anche evidenziato come, rispetto alla questione dell’adeguamento agganciato all’evolversi della contrattazione collettiva, l’art. 32, comma 12, legge n. 449 del 1997 abbia stabilito che «a partire dal 1998 resta consolidata in lire 315 miliardi la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio per la formazione dei medici specialisti di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257; conseguentemente, non si applicano per il triennio 1998-2000 gli aggiornamenti di cui all’articolo 6, comma 1, del predetto decreto legislativo n. 257 del 1991», con dato letterale inevitabilmente destinato a riguardare entrambi gli aggiornamenti di cui alla disposizione interessata e dunque non solo la riparametrazione ai nuovi valori della contrattazione collettiva, ma anche l’indicizzazione.
Infatti, il dato letterale dell’art. 32 evidenzia che il legislatore ha inteso riferirsi all’intero corpus normativo contenuto nell’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 257 del 1991, e, dunque, sia all’incremento annuale del tasso programmato d’inflazione, sia alla rideterminazione triennale (Cass.n.36591/2023, cit. ).
3.3. D’altra parte, la tesi della reviviscenza degli aggiornamenti previsti dall’art. 6 d.lgs. n. 257 del 1991 non può essere avallata, oltre che alla luce delle successive disposizioni già sopra ricordate, anche per una ragione intrinseca alla disposizione che quella norma aveva abrogato. Occorre, infatti, considerare che l’art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991 è stato abrogato dalla legge finanziaria 23 dicembre 2005, n. 266, la quale ne ha fatto salva la vigenza fino all’anno accademico 2005- 2006 (art. 46, comma 2, ultimo inciso, d. lgs. 17 agosto 1999, n. 368, come sostituito dal comma 300 dell’art. 1 legge n. 266 del 2005). Questa disposta vigenza a termine non poteva comportare l’adeguamento triennale per l’anno accademico 2005 -2006, come effetto della permanenza dell’art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991, giacché il presupposto del triennio non si poteva verificare, atteso che lo stesso art. 6 veniva meno prima del triennio giustificativo dell’adeguamento (Cass. 07/10/2022, n. 29311; Cass. 08/06/2023, n. 16365; Cass. m.36891/2023, cit. ).
3.4. Il blocco di tale incremento -si è sottolineato -non può dirsi irragionevole, iscrivendosi in una manovra di politica economica riguardante la generalità degli emolumenti retributivi in senso lato erogati dallo Stato (Cass., Sez Un., 16/12/2008, n. 29345; Cass. 15/06/2016, n. 12346; Cass. 23/02/2018, n. 4449, Cass. 19/10/2020, n. 22633, Cass. 01/04/2021, n. 9104; Cass. 22/03/2022, n. 9215); né le norme richiamate, come sopra interpretate -è stato pure puntualizzato -, risultano incompatibili con il dettato costituzionale e
con il diritto dell’Unione Europea, dovendosi escludere qualsiasi dubbio di incostituzionalità e dovendosi ritenere inutile una remissione degli atti alla Corte di giustizia (cfr. Cass. nn. 31922, 17051 e 15520 del 2018).
3.5. L’orientamento circa l’avvenuto congelamento (sin dal 1992) di entrambi i meccanismi di adeguamento previsti dall’art. 6 del d.lgs. n. 257/1991, già « affermatosi trasversalmente, e sulla base di assai numerose pronunce, nelle tre sezioni -la Prima, la Terza e la Quarta n.d.r. -che hanno avuto modo di affrontare ripetutamente la questione » è stato ribadito, come si è accennato, in una recente pronuncia del massimo consesso di questa Corte, il quale rispondendo alla questione posta dalla Sezione lavoro, con ordinanza interlocutoria 14/3/2024, n. 692 8, ‹‹ se l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione sia soggetto, per il periodo dal 1° gennaio 1994 al 31 dicembre 1997, all’adeguamento triennale previsto dall’art. 6, comma 1, del d. lgs. n. 257 del 1991 ››, ha affermato il principio secondo il quale: « l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione negli anni accademici compresi tra il 1992/1993 e il 2005/2006 non è soggetto, né ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita, né all’adeguamento triennale previsto dall’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 257 del 1991; ciò per effetto del blocco di tali aggiornamenti previsto, con effetti convergenti e senza soluzione di continuità, dall’art. 7, comma 5, d.l. n. 384 del 1992, convertito nella l. n. 438 del 1992, come interpretato dall’art. 1, comma 33, l. n. 549 del 1995; dall’art. 3, comma 36, l. n. 537 del 1993; dall’art. 1, comma 66, l. n. 662 del 199 6; dall’art. 32, comma 12, l. n. 449 del 1997; dall’art. 22 l. n. 488 del 1999; dall’art. 36 l. n. 289 del 2002 » (Cass., Sez. Un., 19/07/2024, n. 20006).
3.6. A tale orientamento, già consolidatosi nella giurisprudenza delle sezioni semplici e autorevolmente riaffermato dalle Sezioni Unite, il collegio intende dare doverosa e convinta continuità (in proposito v., dopo l’arresto delle Sezioni Unite, Cass. 15/11/2 024, n. 29499 e Cass. 20/02/2025, n. 4479).
In definitiva, il ricorso va rigettato per essere inammissibile, ex art. 360bis n. 1 cod. proc. civ., il primo motivo e infondato il secondo.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo , avuto riguardo all’attività difensiva spiegata ed in applicazione dell’art. 4, commi 2 e 4, del DM n. 55 del 2014, vigente ratione temporis .
Sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, a rimborsare alle amministrazioni controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 16.500,00 per compensi oltre le spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione