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Remunerazione Specializzandi: ecco quando non è dovuta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4280/2025, ha stabilito che lo Stato non è tenuto a risarcire il danno per la mancata remunerazione di uno specializzando se il corso frequentato, nel caso specifico ‘psicologia clinica’, non era incluso tra quelli previsti dalle direttive comunitarie 75/362 e 75/363. L’inclusione successiva di tale specializzazione con un decreto ministeriale è stata ritenuta una scelta discrezionale del legislatore italiano e non un adempimento tardivo di un obbligo europeo. Di conseguenza, non sussiste un ‘illecito comunitario’ e la domanda di risarcimento è stata respinta, ribaltando la decisione della Corte d’Appello.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Remunerazione Specializzandi: Quando lo Stato Non è Obbligato a Pagare

La questione della remunerazione specializzandi è da anni al centro di un vasto contenzioso. Molti professionisti che hanno frequentato scuole di specializzazione senza percepire un compenso hanno agito in giudizio contro lo Stato italiano, accusandolo di tardiva o incompleta attuazione delle direttive europee. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 4280/2025, fornisce un chiarimento cruciale, distinguendo nettamente tra gli obblighi derivanti dal diritto comunitario e le scelte discrezionali del legislatore nazionale. Analizziamo insieme questo importante provvedimento.

I Fatti di Causa: Una Specializzazione in Psicologia Clinica Senza Compenso

Una professionista si iscriveva nel 1996 a una scuola di specializzazione post-laurea in ‘psicologia clinica’, concludendo il percorso nel 2000. Durante i quattro anni di formazione, non percepiva alcuna remunerazione. Quindici anni dopo, decideva di citare in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri per ottenere il risarcimento del danno, sostenendo che lo Stato italiano non avesse attuato correttamente le direttive comunitarie (75/362 e 75/363) che imponevano agli Stati membri di garantire un’adeguata remunerazione agli specializzandi del settore medico.

Il Percorso Giudiziario e le Decisioni dei Giudici di Merito

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda, accogliendo l’eccezione dello Stato: la specializzazione in ‘psicologia clinica’ non rientrava tra quelle specificamente elencate dalle direttive UE, pertanto non sussisteva alcun obbligo di retribuzione a carico dello Stato.

La Corte d’Appello, invece, accoglieva parzialmente il gravame. Pur riconoscendo che la psicologia clinica non fosse originariamente coperta dalle direttive, i giudici di secondo grado rilevavano che un decreto ministeriale dell’11 febbraio 1999 l’aveva inclusa tra le specializzazioni per le quali era previsto il diritto al compenso. Di conseguenza, condannavano lo Stato a risarcire la professionista per il solo periodo compreso tra l’entrata in vigore del decreto e la fine del corso (febbraio 1999 – dicembre 2000). Contro questa sentenza, la Presidenza del Consiglio dei Ministri proponeva ricorso per Cassazione.

La Remunerazione Specializzandi e i Limiti dell’Obbligo Comunitario

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dello Stato, ribaltando la decisione d’appello e rigettando definitivamente la domanda della specializzanda. Il ragionamento della Suprema Corte si fonda su una distinzione fondamentale.

Le Motivazioni

La Corte ha stabilito che la responsabilità dello Stato per ‘illecito comunitario’ può sorgere solo in caso di violazione di un obbligo specifico imposto dal diritto dell’Unione Europea. Nel caso in esame, le direttive 75/362 e 75/363 imponevano la remunerazione solo per le specializzazioni mediche in esse elencate. Poiché la ‘psicologia clinica’ non era tra queste, lo Stato italiano non aveva alcun obbligo comunitario di remunerare i frequentanti di tale corso.

Il fatto che, con un decreto ministeriale del 1999, il legislatore italiano abbia deciso di estendere il diritto alla remunerazione anche a questa categoria è stato interpretato dalla Corte non come un adempimento tardivo di un obbligo europeo, ma come una scelta puramente discrezionale e autonoma. Tale scelta, non avendo natura riparatoria di un precedente inadempimento, non poteva avere effetto retroattivo né poteva fondare una pretesa risarcitoria basata sulla violazione del diritto comunitario.

Inoltre, la Corte ha precisato un altro punto importante: quando la professionista si era iscritta nel 1996, lo Stato italiano aveva già adempiuto all’obbligo comunitario per le specializzazioni mediche con il D.Lgs. 257/91. Pertanto, se un’eventuale mancata retribuzione fosse avvenuta per una specializzazione inclusa nelle direttive, la responsabilità sarebbe stata dell’Università e non più dello Stato per mancata attuazione della normativa europea.

Conclusioni

L’ordinanza chiarisce in modo definitivo che il diritto al risarcimento del danno per la mancata remunerazione specializzandi è strettamente legato all’inclusione della specifica area di specializzazione negli elenchi previsti dalle direttive europee. L’ampliamento di tali diritti operato autonomamente dalla legislazione nazionale non crea una responsabilità pregressa dello Stato per inadempimento comunitario. Questa decisione segna un punto fermo per il contenzioso in materia, limitando le possibilità di azione risarcitoria a quei soli casi in cui vi sia una diretta e comprovata violazione di un obbligo derivante dal diritto dell’Unione Europea.

Uno specializzando ha sempre diritto al risarcimento dallo Stato se non ha ricevuto una remunerazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il diritto al risarcimento per ‘illecito comunitario’ sorge solo se la specifica scuola di specializzazione frequentata era espressamente inclusa tra quelle per cui le direttive europee imponevano un obbligo di remunerazione a carico degli Stati membri.

Se una legge nazionale estende il diritto alla remunerazione a nuove specializzazioni, questa decisione ha effetto retroattivo?
No. La Corte ha stabilito che l’estensione del diritto alla remunerazione a nuove categorie, non previste dalle direttive UE, è una scelta discrezionale del legislatore nazionale. Non può essere considerata un adempimento tardivo di un obbligo comunitario e, pertanto, non può fondare una pretesa risarcitoria per il periodo precedente alla sua entrata in vigore.

Chi è responsabile se uno specializzando avente diritto non viene pagato, dopo che lo Stato ha emanato la legge di attuazione delle direttive?
La Corte chiarisce che una volta che lo Stato ha adempiuto al suo obbligo introducendo la normativa nazionale (in questo caso, il d.lgs. 257/91), la responsabilità per il mancato pagamento della remunerazione ricade sull’ente che eroga la formazione (ad esempio, l’Università) e non più sullo Stato a titolo di inadempimento di un obbligo comunitario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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