Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14975 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14975 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11578/2022 R.G., proposto da
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME ; rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procure su fogli separati allegati al ricorso;
-ricorrenti-
contro
MINISTERO della PUBBLICA ISTRUZIONE , MINISTERO dell’ ECONOMIA e delle FINANZE , MINISTERO della SALUTE , in persona dei rispettivi Ministri pro tempore ; STATO ITALIANO , in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri; UNIVERSITA’ degli STUDI di PALERMO , in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimati- per la cassazione della SENTENZA della CORTE d’ APPELLO di PALERMO n. 1676/2021, depositata il 20 ottobre 2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I ricorrenti indicati in epigrafe convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Palermo, lo Stato italiano, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Pubblica Istruzione, il Ministero della Salute ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nelle persone dei rispettivi Ministri, nonché l’Università degli Studi di Palermo, deducendo che:
erano tutti medici titolari di diplomi di specializzazione, sulla base di corsi frequentati tra il 1995 e il 2005, ed avevano percepito gli emolumenti di cui all’art.6 del d.lgs. n. 257 del 1991, attuativo delle direttive nn. 75/362/CEE, 75/363/CEE, 82/76/CEE, riguardanti la formazione dei medici specialisti e i corsi per il conseguimento dei relativi diplomi;
-questa norma, nello stabilire per gli specializzandi un trattamento di Lire 21.500.000 annuali (poi portato ad Euro 11.603,46), aveva prescritto anche che esso doveva incrementarsi al tasso annuale di inflazione e rideterminarsi ogni triennio con decreto ministeriale, ma tali prescrizioni erano restate inapplicate per effetto del ‘blocco’ previsto da disposizioni normative sopravvenute;
successivamente, il d.lgs. n. 368 del 1999 -di recepimento, tra l’altro, della direttiva 93/16/CE aveva previsto (artt. 37 e ss.) che all’atto di iscrizione alle scuole di specializzazione fosse stipulato un contratto annuale di formazione-lavoro, rinnovabile di anno in anno e di durata pari a quella del corso di specializzazione, con attribuzione di un trattamento economico annuo più alto di quello contemplato dalla legislazione precedente, da determinarsi con decreto ministeriale; questa previsione, però, per effetto del disposto di cui all’art. 46 d.lgs. n. 368/1999, aveva avuto effettiva
attuazione solo con l’art. 1, comma 300, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, con decorrenza dall’anno accademico 2006 -2007.
Sulla base di queste deduzioni, gli attori -previa richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, nonché di sollevazione di questione di legittimità costituzionale o, comunque, di disapplicazione dell’art. 46 del d.lgs. n. 368/1999 e succ. modif. domandarono l ‘accertamento del loro diritto a percepire l’adeguata remunerazione prevista dalla direttiva 93/16/CE in luogo del compenso previsto dall’art. 6 d.lgs. n. 257/1991, nonché la condanna delle amministrazioni convenute al pagamento, in loro favore, delle differenze retributive, da parametrarsi alla retribuzione di un medico neoassunto al Servizio Sanitario Nazionale, con interessi e rivalutazione.
In subordine, domandarono la condanna delle amministrazioni convenute, in solido tra loro, al risarcimento del danno per la tardiva trasposizione nei loro confronti delle direttive comunitarie, nonché alla rivalutazione della borsa di studio prevista dal d.lgs. n.257/1991, con indicizzazione annuale e adeguamento triennale.
Si costituirono le amministrazioni convenute, che resistettero alle domande, sollevando altresì l’eccezione di prescrizione del diritto azionato.
Il Tribunale di Palermo, con sentenza n.1771/2018, depositata il 12 aprile 2018, rigettò le domande e compensò le spese, osservando in motivazione, quanto alle specifiche pretese concernenti l’indicizzazione annuale e la rideterminazione triennale, che, mentre la prima non aveva ‘ alcun sostegno normativo ‘, per essere stata bloccata da disposizioni successive reputate costituzionalmente legittime dalla Corte costituzionale, la seconda, fondata sulla previsione dell’art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 257/1991, era ‘ ormai prescritta ‘ per maturazione del termine di prescrizione quinquennale ex art. 2948, n.4, cod. civ..
La Corte d’appello di Palermo, con sentenza n. 1676/2021, depositata il 20 ottobre 2021 , ha rigettato l’impugnazione degli attori soccombenti, pronunciando sul merito in senso proprio di tutte le domande da loro proposte, rigettandole per infondatezza.
I medici indicati in epigrafe propongono ricorso per cassazione, sorretto da quattro motivi.
Non svolgono difese in sede di legittimità le amministrazioni intimate.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
Non sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è improcedibile.
Esso è stato notificato il 19 aprile 2022 sicché avrebbe dovuto essere depositato entro il 9 maggio successivo. Dall’esame degli atti risulta invece spedito per il deposito in data 10 maggio 2022.
Deve quindi dichiararsene l’improcedibilità per violazione del termine di cui all’art.369, primo comma, cod. proc. civ..
Al di là dell’esposta, assorbente ragione di improcedibilità, il ricorso sarebbe comunque inammissibile, ex art. 360bis n. 1 cod. proc. civ..
2.1. Con il primo motivo viene denunciata « Violazione e/o falsa applicazione, nonché travisamento della ratio della Direttiva 93/16/CEE e degli art.3 e 36 della Cost., in relazione all’art. 360 comma 1, nn.3 e 4 c.p.c., laddove il giudice d’appello, nel disattendere il secondo motivo d’appello, dopo aver escluso ‘la portata retroattiva del DPCM 2007, dal momento che fino all’anno accademi co 2006/2007 esisteva un’espressa diposizione normativa e cioè il D.Lgs. 257/91 …’, ha ritenuto ‘… In definitiva, la previsione di una adeguata remunerazione per i medici che avevano
frequentato le scuole di specializzazione nel periodo ante 2005 è contenuta nelle precedenti direttive n. 75/362, n. 75/363, e n.82/76 (le cui disposizioni la direttiva n. 93/16 si limita a recepire e riprodurre senza alcuna modifica), e, si ripete, i relativi obblighi risultano già attuati dallo Stato italiano con l’introduzione della borsa di studio di cui al D.Lgs. n . 257 del 1991. Pertanto l’importo della borsa di studio è da ritenersi di per sé sufficiente e idoneo adempimento degli indicati obblighi comunitari, rimasti immutati dopo la direttiva n. 93/16, quanto meno sotto il profilo economico, come confermano le pronunce della Suprema Corte che ne hanno riconosciuto ‘l’ adeguatezza nella sua iniziale misura, anche a prescindere dagli ulteriori incrementi annuali connessi alla svalutazione monetaria, originariamente previsti dallo stesso testo legislativo e poi sospesi dalla successiva legislazione, sottolineando che ‘nella disciplina comunitaria non è rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata, né sono posti i criteri per la determinazione della stessa …’ ».
La sentenza impugnata è censurata con peculiare riferimento alla statuizione di rigetto della domanda principale di accertamento del diritto all’adeguata remunerazione e al pagamento delle differenze dovute, sull’assunto che la Corte d’appello avrebbe erroneamente escluso la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato e il carattere illecito della protratta applicabilità, sino all’anno accademico 2005-2006, della disciplina del d.lgs. n. 257/1991, alla luce della portata del d.lgs. n. 368/1999, di recepimento della Direttiva 93/16/CEE.
2.2. Con il secondo motivo viene denunciata « Violazione e/o falsa applicazione, nonché travisamento della ratio della Direttiva 93/16/CEE e degli art.3 e 36 della Cost., in relazione all’art. 360 comma 1, nn.3 e 4 c.p.c., laddove il giudice d’appello, nel rigettare il terzo motivo d’appello, ha ritenuto ‘… In conclusione, riti ene la Corte che il nuovo ordinamento delle scuole universitarie di
specializzazione in medicina e chirurgia, introdotto con il D.Lgs. n. 368 del 1999 (a decorrere dall’anno 2006 -2007, in base alla L. n. 226 del 2005), e il relativo meccanismo di retribuzione non possono ritenersi il primo atto di effettivo recepimento e adeguamento dell’ordinamento italiano agli obblighi derivanti dalle direttive comunitarie, in particolare per quanto riguarda la misura della remunerazione spettante ai medici specializzandi, ma costituiscono il frutto di una successiva scelta discrezionale del legislatore nazionale, non vincolata o condizionata dai suddetti obblighi. L’inadempimento dell’Italia agli obblighi comunitari, sotto il profilo in esame, è cessato con l’emanazione del D.Lgs. n.257 del 1991. Ogni successiva questione sul punto può quindi riguardare esclusivamente l’ordinamento interno … Inoltre il detto importo va ritenuto adeguato nella sua iniziale misura, anche a prescindere dagli ulteriori incrementi connessi alla svalutazione monetaria, originariamente previsti dallo stesso testo legislativo e poi sospesi dalla successiva legislazione, poiché nella disciplina comunitaria non è rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata né sono posti i criteri per la sua determinazione …’ ».
La sentenza impugnata è censurata con peculiare riferimento alla statuizione di rigetto della domanda subordinata di risarcimento del danno per mancato recepimento delle direttive comunitarie.
I ricorrenti, dopo aver ribadito che l’adeguato compenso previsto dalla direttiva 93/16/CEE ha trovato attuazione solo con il DPCM del 2007, non potendosi considerare idoneo al riguardo l’importo della borsa di studio riconosciuta dal d.lgs. n. 257 del 1991, sostengono la sussistenza di tutte le condizioni integrative del loro diritto risarcitorio in confronto dello Stato italiano, inadempiente all’obbligo di attuazione della normativa europea, atteso, da un lato, che le direttive riconoscevano ai medici specializzandi uno status giuridicoeconomico con correlativi diritti, facilmente identificabili alla luce delle norme contenute nel d.lgs. n.368/1999, nonché desumibili
dalla disciplina ordinamentale del contratto di formazione lavoro, e considerato, dall’altro lato, che la tardiva attuazione delle direttive medesime aveva determinato una violazione incidente su un diritto inviolabile della persona, sulla libertà di circolazione dei lavoratori e dei servizi in ambito unionale e sul principio di effettività del diritto comunitario.
2.2.1. Al di là delle suesposte, assorbenti ragioni di improcedibilità del ricorso, i primi due motivi -da esaminarsi congiuntamente per ragioni di connessione -sono inammissibili ai sensi dell ‘ art. 360bis n. 1 cod. proc. civ., posto che sul punto la giurisprudenza di questa Corte è ormai da tempo consolidata.
2.2.1.a. Preliminarmente, giova ricordare alcuni fondamentali passaggi dell’articolata evoluzione normativa sulla materia.
Con l’art. 6 del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, il legislatore italiano, dando attuazione, sia pure tardivamente, al disposto della direttiva n. 82/76/CEE del Consiglio, stabilì in favore dei medici ammessi alle scuole di specializzazione una borsa di studio determinata per l’anno 1991 nella somma di lire 21.500.000.
Questa somma era destinata ad un incremento annuale, a decorrere dal 1° gennaio 1992, sulla base del tasso programmato di inflazione, incremento fissato ogni triennio con decreto interministeriale.
Il meccanismo di adeguamento venne peraltro bloccato successivamente, con effetto retroattivo, dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549, passata indenne al vaglio della Corte costituzionale (sentenza n. 432 del 1997), e da altre leggi successive (v. sul punto, ampiamente, Cass. 23/02/2018, n. 4449).
In seguito, dando attuazione alla direttiva n. 93/16/CE, il legislatore nazionale intervenne sulla materia con il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368. Questo decreto legislativo – poi ampiamente modificato dall’art. 1, comma 300, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 riorganizzò l’ordinamento delle scuole
universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, istituendo e disciplinando un vero e proprio contratto di formazione (inizialmente denominato ‘contratto di formazione -lavoro’ e poi ‘contratto di formazione specialistica’: art. 37 d.lgs. cit. ), da stipulare e rinnovare annualmente tra Università (e Regioni) e medici specializzandi, con un meccanismo di retribuzione articolato in una quota fissa ed in una quota variabile, in concreto periodicamente determinate da successivi decreti ministeriali (art. 39 d.lgs. cit. ).
Detto contratto, peraltro, come la Sezione Lavoro di questa Corte ha ribadito in plurime occasioni, non dà luogo ad un rapporto inquadrabile nell’ambito del lavoro subordinato, né è riconducibile alle ipotesi di parasubordinazione, non essendo ravvisabile una relazione sinallagmatica tra l’attività degli specializzandi e gli emolumenti previsti dalla legge, restando conseguentemente inapplicabili l’art. 36 della Costituzione e il principio di adeguatezza della retribuzione ivi contenuto (in tal senso, sulla scia di un consolidato orientamento, Cass. 27 luglio 2017, n. 18670).
Peraltro, il nuovo meccanismo retributivo di cui al d.lgs. n. 368 del 1999 divenne operativo solo a decorrere dall’anno accademico 2006-2007 (art. 46, comma 2, d.lgs. cit. , nel testo risultante dalle modifiche introdotte prima dall’art. 8 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, e poi dal già citato art. 1, comma 300, della legge n. 266 del 2005); mentre le disposizioni del d.lgs. n. 257 del 1991 rimasero applicabi li fino all’anno accademico 2005 -2006.
Il trattamento economico spettante ai medici specializzandi in base al contratto di formazione specialistica fu poi in concreto fissato con i d.P.C.M. 7 marzo, 6 luglio e 2 novembre 2007.
2.2.1.b. Tutto ciò premesso, la delibazione dei motivi di ricorso in esame postula la soluzione di tre questioni strettamente connesse tra loro: a) se la direttiva n. 93/16/CE abbia avuto o meno una portata innovativa rispetto a quanto stabilito dalle precedenti direttive n. 75/362/CEE, n. 75/363/CEE e n. 82/76/CEE; b) se il
concetto di retribuzione adeguata sia mutato nel passaggio dalle precedenti alla più recente direttiva; c) se e quando lo Stato italiano abbia adempiuto all’obbligo di garantire ai medici specializzandi una retribuzione adeguata.
Queste questioni sono state già numerose volte affrontate da questa Corte ( ex multis , Cass. 14/03/2018, n. 6355; Cass. 28/06/2018, n. 17051; Cass. 27/02/2019, n. 5698; Cass. 15/10/2019, n. 26074; Cass. 28/02/2020, n. 5455; Cass. 06/03/2020, n. 8503; Cass. 12/11/2020, n. 25463; Cass. 02/01/2021, n. 1114; Cass. 17/11/2021, n. 34882; Cass. 16/09/2022, n. 27287; Cass. 05/12/2022, n.35623; da ultimo, Cass.20/02/2025, nn. 4464, 4466, 4479), la quale, in relazione a fattispecie perfettamente sovrapponibili a quella in esame, è pervenuta a conclusioni che possono dirsi oramai consolidate ed alle quali il collegio intende dare piena e convinta continuità.
2.2.1.c. Al riguardo si è incisivamente evidenziato (cfr., ad es., Cass. 16/09/2022, n. 27287 e Cass. 05/12/2022, n.35623, citt. ) -e va qui ribadito -che la direttiva n. 93/16/CE, come risulta dalla sua stessa formulazione (cfr. il primo Considerando ) non ha una portata innovativa, prefiggendosi soltanto l’obiettivo, « per motivi di razionalità e per maggiore chiarezza », di procedere alla codificazione delle tre suindicate direttive « riunendole in un testo unico »; il che risulta ancor più evidente per il fatto che la direttiva in questione lascia « impregiudicati gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini per il recepimento delle difettive » di cui all’allegato III, parte B (così l’ultimo dei Considerando ).
È opportuno ricordare, del resto, che il termine « adeguata remunerazione » compare per la prima volta nell’Allegato alla direttiva n. 82/76/CEE e si ritrova, senza alcuna modificazione, nell’Allegato I alla direttiva n. 93/16/CE; pertanto, è dalla scadenza del termine di adempimento della direttiva del 1982 che l’esigenza
di tale adeguatezza divenne regola di obbligatorio recepimento nel diritto interno.
Tuttavia, lo Stato italiano aveva adempiuto al proprio obbligo di fissazione di una adeguata remunerazione già con l’art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991; la normativa dell’Unione europea, infatti, non contiene, né potrebbe essere diversamente, alcuna definizione di quale sia la remunerazione adeguata, la cui soglia deve essere fissata dagli Stati membri nell’esercizio della propria discrezionalità, la quale trova un invalicabile limite anche nelle esigenze di contenimento della spesa pubblica.
Come ha efficacemente spiegato la citata sentenza 23/02/2018, n. 4449 della Sezione Lavoro di questa Corte, il legislatore, « nel disporre il differimento dell’applicazione delle disposizioni contenute negli artt. da 37 a 42 (del d.lgs. n. 368 del 1999) e la sostanziale conferma del contenuto del d.lgs. n. 257 del 1991, ha esercitato legittimamente la sua potestà legislativa (Cass. 15362/2014), non essendo vincolato a disciplinare il rapporto dei medici specializzandi secondo un particolare schema giuridico né ad attribuire una remunerazione di ammontare preindicato (cfr. punti nn. 23 e 24 di questa sentenza). Né vale argomentare che lo stesso legislatore italiano, intervenendo in materia, ha modificato la legislazione del 1991 con l’introduzione di una nuova normativa nel 1999 incentrata sullo schema della formazione-lavoro; anche ammettendo che il nuovo sistema sia più congeniale a disciplinare la specifica condizione dei medici specializzandi, non può desumersi dalla sola successione di leggi diverse che la precedente disciplina non fosse idonea in ordine al recepimento delle direttive ed a dare effettiva tutela al diritto ivi affermato dell’adeguata retribuzione ».
In altri termini, il « nuovo ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia introdotto con il decreto legislativo n. 368 del 1999 (a decorrere dall’anno accademico 2006/2007, in base alla legge n. 266 del 2005), e il relativo
meccanismo di retribuzione, non possono … ritenersi il primo atto di effettivo recepimento ed adeguamento dell’ordinamento italiano agli obblighi derivanti dalle direttive comunitarie, in particolare per quanto riguarda la misura della remunerazione spettante ai medici specializzandi, ma costituiscono il frutto di una successiva scelta discrezionale del legislatore nazionale, non vincolata o condizionata dai suddetti obblighi » (Cass. 14/03/2018, n. 6355).
Deve dunque ritenersi che l’inadempimento dell’Italia agli obblighi comunitari, sotto il profilo in esame, è cessato con l’emanazione del d.lgs. n. 257 del 1991, come del resto la Corte di giustizia dell’Unione europea ha già da tempo affermato (v. le sentenze 25 febbraio 1999, in causa C-131/97, COGNOME, e 3 ottobre 2000, in causa C-371/97, Gozza); il d.lgs. n. 368 del 1999 è invece intervenuto in un ambito di piena discrezionalità per il legislatore nazionale.
2.2.1.d. Alla luce di quanto si è detto, risulta evidente che non vi è alcuno spazio per invocare ipotetiche violazioni del diritto dell’Unione europea e che ogni questione non può che riguardare « esclusivamente l’ordinamento interno » (così Cass. n. 6355 del 2018).
Né possono ravvisarsi margini per un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, atteso che, come già evidenziato, «nella disciplina comunitaria non è rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata, né sono posti i criteri per la determinazione della stessa» (Cass. 19/10/2022, n. 30793; 18/10/2022, n. 30700; 18/10/2022, n. 30508), sicché è compito del legislatore nazionale determinare «nell’esercizio della propria discrezionalità quale sia la remunerazione adeguata» (Cass. 24/10/2022, n. 31311; 18/10/2022, n. 30710; 18/10/2022, n. 30506).
La domanda proposta dai ricorrenti è, dunque, finalizzata, ad ottenere l’applicazione retroattiva del d.lgs. n. 368 del 1999 o
comunque a neutralizzare le regole che ne avevano disposto l’efficacia differita. In proposito, osserva peraltro il Collegio che il differimento dell’entrata in vigore della normativa di cui al d.lgs. n. 368 del 1999 -che è una normativa più favorevole -rientrava nella discrezionalità del legislatore, sicché la circostanza che essa sia entrata in vigore a partire dal 2007 non solo non ha potuto determinare alcuna situazione di tardivo recepimento del diritto comunitario, ma nemmeno ha violato l’art. 3 de lla Costituzione sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto una normativa di favore e migliorativa rispetto ad una vigente può essere fatta entrare in vigore dal legislatore nazionale nel momento in cui, secondo la discrezionalità che gli appartiene, egli lo reputi opportuno. Non si pone, perciò, alcuna questione di rinvio pregiudiziale e nemmeno alcuna questione di costituzionalità di diritto interno.
2.2.1.e. Sintetizzando tutto quanto si è andato dicendo, possono ribadirsi i seguenti principi:
le direttive n. 75/362/CEE, n. 75/363/CEE e n. 82/76/CEE, le quali hanno prescritto che i medici specializzandi dovessero ricevere un’adeguata remunerazione, sono state attuate dallo Stato italiano con il d.lgs. n. 257 del 1991, con il riconoscimento di una borsa di studio annua;
la successiva direttiva n. 93/16/CEE ha rappresentato un testo meramente compilativo, di coordinamento e aggiornamento delle precedenti disposizioni comunitarie già vigenti e, quindi, privo di carattere innovativo, con riguardo alla misura dei compensi da riconoscere agli iscritti alle scuole di specializzazione;
quest’ultima direttiva è stata recepita in Italia dal d.lgs. n. 368 del 1999 che, dal momento della propria applicazione, avvenuta a partire dall’anno accademico 2006-2007, ha riorganizzato l’ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, istituendo un contratto di formazione da stipulare e rinnovare annualmente tra le Università (e le Regioni) e i
detti specializzandi, con un meccanismo articolato in una quota fissa ed in una variabile;
in relazione agli anni accademici anteriori al 2006-2007, è rimasta operativa la sola disciplina del d.lgs. n. 257 del 1991, poiché la menzionata direttiva n. 93/16/CEE non ha introdotto alcun nuovo e ulteriore obbligo con riferimento alla misura della borsa di studio di cui alla normativa del 1991.
Dal riferito consolidato orientamento la Corte non ritiene di doversi discostare non essendo stati portati con i motivi in esame -di cui si conferma pertanto l’inammissibilità elementi che inducano a modificarlo.
Ne discende l’inammissibilità, ex art. 360 -bis n. 1 cod. proc. civ., dei primi due motivi di ricorso.
Con il terzo motivo viene denunciata « Violazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui all’art. 2909, nonché degli artt. 329, II comma, 324 e 346 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n.3 e/o, comunque, error in procedendo per violazione del principio del giudicato interno in re lazione all’art. 360, comma 1, n.4 c.p.c. ».
Viene censurata la statuizione di rigetto del capo di domanda avente ad oggetto la rideterminazione triennale della borsa di studio percepita durante il corso di specializzazione in funzione del miglioramento stipendiale tabellare minimo previsto dal CCNL di riferimento.
I ricorrenti osservano che questo capo di domanda era stato ritenuto fondato nel merito dal giudice di primo grado, il quale aveva peraltro dichiarato prescritto il relativo diritto, erroneamente reputando applicabile il termine di prescrizione quinquennale, anziché quello decennale, tra l’a ltro in difetto di sollevazione della relativa eccezione.
Sostengono che, accertata, in sede di esame del quarto motivo d’ appello , l’insussistenza della dichiarata prescrizione, la Corte di merito, in assenza di impugnazione incidentale da parte delle
amministrazioni appellate, avrebbe dovuto reputare sceso il giudicato sull’ acclarata spettanza del diritto alla rideterminazione triennale, senza poter rigettare la relativa domanda per infondatezza.
Soggiungono che, in ogni caso, anche tale statuizione sarebbe errata, in quanto avrebbe dovuto essere dichiarata la sussistenza sia del diritto alla corresponsione dell’adeguamento al tasso programmato di inflazione a far tempo dal 1992 (c.d. indicizzazione annuale, indebitamente negata già dal giudice di primo grado), sia il diritto alla rideterminazione triennale in funzione del miglioramento stipendiale tabellare minimo, indebitamente negata dalla Corte d’appello dopo che il Tribunale lo aveva reputato erroneamente prescritto, non potendo reputarsi applicabile al riguardo il termine di prescrizione quinquennale.
Con il quarto motivo viene denunciata « Violazione e falsa applicazione della Direttiva comunitaria 93/16/CEE, degli artt. 3 e 36 della Cost., nonché del disposto di cui all’art.6, comma 1, del D.Lgs. 257/91, in relazione all’art.360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., laddove la Corte d’Appello palermitana ha ritenuto di rigettare l’ulti mo motivo di gravame (leggasi il quarto motivo di gravame) con specifico riguardo al diritto dei ricorrenti alla percezione della indicizzazione annuale della borsa di studio ».
4.1. Al di là della suesposta, assorbente ragione di improcedibilità del ricorso, il terzo e il quarto motivo -anche essi come i precedenti avvinti da reciproca connessione -sarebbero comunque inammissibili (il quarto lo sarebbe ai sensi dell’art. 360 -bis n. 1 cod. proc. civ.), dovendosi confermare, in continuità con un orientamento progressivamente consolidatosi, ribadito da una recente pronuncia del massimo consesso di questa Corte (sulla quale, v., infra ), il giudizio sull’insussistenza sia del diritto all’indicizzazione annuale sia di quello alla rideterminazione triennale del trattamento previsto dall’art.6 del d.lgs. n. 257 del 1991.
4.1.a. In relazione al terzo motivo, la ragione di inammissibilità risiede nella circostanza che esso predica la sussistenza di un giudicato interno sulla configurabilità in iure della pretesa azionata senza riprodurre la motivazione della sentenza di primo grado che rivelerebbe l’oggetto di detto giudicato; omissione non supplita dalla lunga riproduzione del contenuto dell’appello e di altri atti difensivi, la quale non evidenzia in alcun modo l’oggetto del preteso giudicato.
In ogni caso, dovrebbe rilevarsi che il giudice di primo grado, accogliendo -correttamente o meno -l’eccezione preliminare di merito di prescrizione del diritto alla rideterminazione triennale, non aveva emesso alcuna statuizione sul merito in senso proprio di tale specifica pretesa, in quanto la domanda dei ricorrenti era stata complessivamente rigettata, a prescindere dalle disquisizioni sulla questione di diritto circa l a portata dell’art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 257/1991; pertanto, non veniva in considerazione, al riguardo, né l’accoglimento di una d omanda proposta dagli attori, né il rigetto di un’eccezione sollevata dalle amministrazioni convenute che avrebbe onerato queste ultime della proposizione di uno specifico motivo gravame, eventualmente in via incidentale; dunque, del tutto infondatamente viene prospettato un giudicato sul presunto accertamento in iure che avrebbe operato il primo giudice.
4.1.b. Ciò posto, giova comunque osservare, in ordine al merito delle pretese in esame, come sia ormai jus receptum , nella giurisprudenza di questa Corte, che l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione negli anni accademici dal 1998 al 2005 non è soggetto ad indicizzazione né all’adeguamento triennale previsto dall’art. 6, comma 1, del d. lgs. n. 257 del 1 991, in quanto l’art. 32, comma 12, della legge n. 449 del 1997, con disposizione confermata dall’art . 36, comma 1, della legge n. 289 del 2002, ha consolidato la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio ed escluso integralmente l’applicazione del citato art. 6 (Cass. 27/07/2017, n.
18670; Cass. 23/02/2018, n. 4449; Cass.20/05/2019, n. 13572; Cass.21/01/2021, n.1114; Cass.26/07/2022, n. 23349 e Cass.16/09/2022, n. 27287).
4.1.c I meccanismi di adeguamento originariamente previsti (dunque, non solo l’indicizzazione automatica annuale, ma anche la rivalutazione triennale da disporsi con decreto ministeriale) sono stati, inoltre, congelati anche nel periodo precedente al 31 dicembre 1997.
Le numerose disposizioni legislative succedutesi nel tempo (d.l. n. 384 del 1992, art. 7, comma 5, convertito nella l. n. 438 del 1992; l. n. 537 del 1993, art. 3, comma 36; l. n. 549 del 1995, art. 1, comma 33; l. n. 662 del 1996, art. 1, comma 66; l. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12; l. n. 488 del 1999, art. 22; l. n. 289 del 2002, art. 36; tale ultima norma è stata poi prorogata, per il triennio 20062008, dalla l. n. 266 del 2005, art. 1, comma 212; l’art. 41, comma 7, d.l. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, ha poi disposto che «le disposizioni della l. n. 289 del 2002, art. 36, così come interpretate dalla l. n. 350 del 2003, art. 3, comma 73, sono prorogate per gli anni 2009, 2010, 2011, 2012 e 2013») danno contezza dell’intento del legislatore di congelare al livello del 1992 l’importo delle singole borse di studio e correlativamente di disporre analoghi blocchi sugli aggregati economici destinati al loro finanziamento, al fine di evitare nell’attuale contesto storico, caratterizzato da una ormai cronica carenza di risorse finanziarie, la riduzione progressiva del numero dei soggetti ammessi alla frequenza dei corsi, con correlato danno sociale (Cass., Sez. 6-3, n. 13572 del 20/05/2019; Cass. Sez. 3, n. 8378 del 29/04/2020; Sez. 3, n. 17995 del 28/08/2020; Sez. 6 – 3, n. 18106 del 31/08/2020; Sez. 6 – 3, n. 29124 del 18/12/2020; Sez. L, n. 9104 del 01/04/2021; Sez. 6 – 3, n. 27263 del 07/10/2021; Sez. 6 – L, n. 1287 del 17/01/2022; Sez. 6 – 1, n. 1821 del 20/01/2022; Sez. 3, nn. 9219-9220 del 22/03/2022; Sez. 3, n.
15139 del 12/05/2022; Sez. 3, n. 29311 del 07/10/2022; Sez. 6 3, nn. 30506-30507 del 18/10/2022; Sez. 3, n. 3234 del 02/02/2023; Sez. 3, n. 12702 del 10/05/2023; Sez. 3, n. 3867 e n. 4082 del 08/08/2023; Sez. 3, n. 16078 del 07/06/2023; Sez. 3, n. 16365 del 08/06/2023; Sez. 3, n. 20043 del 13/07/2023; Sez. 3, n. 20692 del 17/07/2023; Sez. 1, nn. 28430, 28441, 28456, 28466 e 28496 del 12/10/2023; Sez. 1, nn. 28539, 28552, 28555 e 28565 del 13/10/2023; Sez. 3, n. 36591 del 30/12/2023; Sez. 3, nn. 3411, 3431 del 06/02/2024; Sez. 3, nn. 3546, 3555 del 07/02/2024; Sez. 3, n. 10023 del 12/04/2024; Sez. 3, n. 10628 del 19/04/2024).
4.1.d. È stato anche evidenziato come, rispetto alla questione dell’adeguamento agganciato all’evolversi della contrattazione collettiva, l’art. 32, comma 12, legge n. 449 del 1997 abbia stabilito che «a partire dal 1998 resta consolidata in lire 315 miliardi la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio per la formazione dei medici specialisti di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257; conseguentemente, non si applicano per il triennio 1998-2000 gli aggiornamenti di cui all’articolo 6, comma 1, del predetto decreto legislativo n. 257 del 1991», con dato letterale inevitabilmente destinato a riguardare entrambi gli aggiornamenti di cui alla disposizione interessata e dunque non solo la riparametrazione ai nuovi valori della contrattazione collettiva, ma anche l’indicizzazione. Infatti, il dato letterale dell’art. 32 evidenzia che il legislatore ha inteso riferirsi all’intero corpus normativo contenuto nell’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 257 del 1991, e, dunque, sia all’incremento annuale del tasso programmato d’inflazione, sia alla rideterminazione triennale (Cass.n.36591/2023, cit. ).
4.1.e. D’altra parte, la tesi della reviviscenza degli aggiornamenti previsti dall’art. 6 d.lgs. n. 257 del 1991 non può essere avallata, oltre che alla luce delle successive disposizioni già sopra ricordate, anche per una ragione intrinseca alla disposizione
che quella norma aveva abrogato. Occorre, infatti, considerare che l’art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991 è stato abrogato dalla legge finanziaria 23 dicembre 2005, n. 266, la quale ne ha fatto salva la vigenza fino all’anno accademico 2005 – 2006 (art. 46, comma 2, ultimo inciso, d. lgs. 17 agosto 1999, n. 368, come sostituito dal comma 300 dell’art. 1 legge n. 266 del 2005). Questa disposta vigenza a termine non poteva comportare l’adeguamento triennale per l’anno accademico 2005 -2006, come effetto della permanenza dell’art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991, giacché il presupposto del triennio non si poteva verificare, atteso che lo stesso art. 6 era venuto meno prima del triennio giustificativo dell’adeguamento (Cass. 07/10/2022, n. 29311; Cass. 08/06/2023, n. 16365; Cass. m.36891/2023, cit. ).
4.1.f. Il blocco di tale incremento -si è sottolineato -non può dirsi irragionevole, iscrivendosi in una manovra di politica economica riguardante la generalità degli emolumenti retributivi in senso lato erogati dallo Stato (Cass., Sez Un., 16/12/2008, n. 29345; Cass. 15/06/2016, n. 12346; Cass. 23/02/2018, n. 4449, Cass. 19/10/2020, n. 22633, Cass. 01/04/2021, n. 9104; Cass. 22/03/2022, n. 9215); né le norme richiamate, come sopra interpretate -è stato pure puntualizzato -, risultano incompatibili con il dettato costituzionale e con il diritto dell’Unione Europea, dovendosi escludere qualsiasi dubbio di incostituzionalità e dovendosi ritenere inutile una remissione degli atti alla Corte di giustizia (cfr. Cass. nn. 31922, 17051 e 15520 del 2018).
4.1.g. L’orientamento circa l’avvenuto congelamento (sin dal 1992) di entrambi i meccanismi di adeguamento previsti dall’art. 6 del d.lgs. n. 257/1991, già « affermatosi trasversalmente, e sulla base di assai numerose pronunce, nelle tre sezioni -la Prima, la Terza e la Quarta n.d.r. -che hanno avuto modo di affrontare ripetutamente la questione » è stato ribadito, come si è accennato, in una recente pronuncia del massimo consesso di questa Corte, il
quale rispondendo alla questione posta dalla Sezione lavoro, con ordinanza interlocutoria 14/3/2024, n. 6998, ‹‹ se l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione sia soggetto, per il periodo dal 1° gennaio 1994 al 31 dicembre 1997, all’adeguamento triennale previsto dall’art. 6, comma 1, del d. lgs. n. 257 del 1991 ››, ha affermato il principio secondo il quale: « l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione negli anni accademici compresi tra il 1992/1993 e il 2005/2006 non è soggetto, né ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita, né all’adeguamento triennale previsto dall’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 257 del 1991; ciò per effetto del blocco di tali aggiornamenti previsto, con effetti convergenti e senza soluzione di continuità, dall’art. 7, comma 5, d.l. n. 384 del 1992, convertito nella l. n. 438 del 1992, come interpretato dall’art. 1, comma 33, l. n. 549 del 1995; dall’art. 3, comma 36, l. n. 537 del 1993; dall’art. 1, comma 66, l. n. 662 del 1996; dall’art. 32, comma 12, l. n. 449 del 1997; dall’art. 22 l. n. 488 del 1999; dall’art. 36 l. n. 289 del 2002 » (Cass., Sez. Un., 19/07/2024, n. 20006)
4.1.h. A tale orientamento, già consolidatosi nella giurisprudenza delle sezioni semplici e autorevolmente riaffermato dalle Sezioni Unite, il collegio intende dare doverosa e convinta continuità (in proposito v., dopo l’arresto delle Sezioni Unite, Cass. 15/11/2024, n. 29499 e, da ultimo, Cass. 20/02/2025, n. 4479, cit. ).
In definitiva, il ricorso va dichiarato improcedibile.
Non vi è luogo provvedere sulle spese, avuto riguardo alla circostanza che le amministrazioni intimate, risultate vittoriose, non hanno svolto difese in questa sede di legittimità.
Sussistono, invece, i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza