Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10255 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10255 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
Oggetto: specializzandi – Direttive 75/362 e 75/363 – danno da tardiva attuazione – diritto alla rivalutazione annuale ed all’adeguamento triennale della borsa di studio esclusione.
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 18647/20 proposto da:
-) COGNOME NOMECOGNOME COGNOME EMILIA, COGNOME NOMECOGNOME UMBERTOCOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOMENOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME , domiciliati ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
-) Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Salute, Ministero dell’Università, Ministero dell’ Economia e delle Finanze, in persona rispettivamente del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei ministri pro tempore , domiciliati ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato; ;
– resistenti – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma 11 novembre 2019 n. 6879;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 febbraio 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
N.R.G.: 18647/20
Camera di consiglio del 18 febbraio 2025
FATTI DI CAUSA
Gli odierni ricorrenti sono laureati in medicina che si iscrissero alla scuola di specializzazione dopo il 1991.
Nel 2017 convennero dinanzi al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica, il Ministero della Salute ed il Ministero dell’economia, esponendo che:
-) durante la frequenza del corso di specializzazione erano stati remunerati con una borsa di studio dell’importo di lire 21.500.000, ai sensi dell’art. 6 d. lgs. 8.8.1991 n. 257;
-) tale importo non rappresentava quella ‘adeguata remunerazione’ che gli Stati membri dell’Unione Europea avrebbero dovuto garantire, ai sensi della Direttiva 93/16/CEE;
-) non era stato loro riconosciuto né l’indicizzazione annuale del compenso, né la rivalutazione triennale.
Chiesero pertanto la condanna delle amministrazioni convenute al risarcimento del danno sofferto in conseguenza della tardiva attuazione della normativa comunitaria, quantificata in euro 13.897 per ciascun anno di frequenza della scuola di specializzazione per ciascuno degli attori.
Con sentenza 5.12.2018 n. 23496 il Tribunale rigettò la domanda, ritenendo che:
-) la domanda di risarcimento del danno era infondata, perché gli attori avevano percepito una remune razione da ritenersi ‘adeguata’, e la scelta del legislatore di incrementare tale remunerazione solo a partire dall’anno accademico 2006-2007 era un atto sovrano, libero nel fine e non sindacabile;
-) la domanda di pagamento delle somme dovute a titolo di indicizzazione annuale ed adeguamento triennale del compenso era infondata in virtù dei provvedimenti normativi che avevano disposto e poi via via prorogato il blocco della rivalutazione dei compensi di qualsiasi genere dovuti dalla pubblica amministrazione (d.l. 19.9.1992 n. 384 e successivi) sia l’ adeguamento triennale dei. compensi dovuti al personale sanitario (art. 32, comma 12, della l. 27.12.1997 n. 449).
La sentenza fu appellata dagli odierni ricorrenti.
Con sentenza 11.11.2019 n. 6879 la Corte d’appello di Roma:
-) confermò le statuizioni di primo grado circa l’insussistenza d’una violazione da parte del legislatore nazionale di obblighi imposti dal diritto comunitario;
-) dichiarò prescritto il diritto all’adeguamento triennale del compenso.
La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione dai soggetti indicati in epigrafe, con ricorso fondato su sei motivi.
Le amministrazioni non hanno notificato controricorso , ma depositato un ‘atto di costituzione’ al solo fine di partecipare all’eventuale discussione in pubblica udienza.
Il ricorso, già fissato per la decisione nell’adunanza camerale del 18 aprile 2024, con ordinanza interlocutoria 28 giugno 2024 n. 17918 è stato rinviato a nuovo ruolo, poiché la questione posta dal quarto motivo di ricorso aveva formato oggetto di rimessione alle Sezioni Unite di questa Corte.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo i ricorrenti censurano la sentenza d’appello nella parte in cui:
ha ritenuto che il diritto comunitario non imponesse alcun vincolo al legislatore nazionale circa il quantum della remunerazione da corrispondere ai frequentanti le scuole di specializzazione;
ha escluso che il diritto comunitario imponesse agli Stati membri di prevedere misure di previdenza sociale in favore dei frequentanti le scuole di specializzazione.
1.1. Il motivo è inammissibile ex art. 360bis , n. 1, c.p.c., alla luce del consolidato orientamento di questa Corte secondo cui ‘ la disciplina del
trattamento economico dei medici specializzandi, prevista dall’art. 39 del d.lgs. n. 368 del 1999, si applica, per effetto di ripetuti differimenti, in favore dei medici iscritti alle relative scuole di specializzazione solo a decorrere dall’anno accademico 2006-2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti, che restano soggetti alla disciplina di cui al d.lgs. n. 257 del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che economico, giacché la Direttiva 93/16/CEE non introduce alcun nuovo ed ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio di cui al d.lgs. cit. ‘ (così, con ampia motivazione, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13445 del 29/05/2018, Rv. 648963 -01; nello stesso senso, ex permultis , Sez. 3, Ordinanza n. 35376 del 18.12.2023; Sez. 3, Ordinanza n. 1157 del 17.1.2022; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6355 del 14/03/2018, Rv. 648407 -01).
Alle motivazioni sottese dai provvedimenti appena richiamati si può qui rinviare ex art. 118, primo comma, ultimo periodo, disp. att. c.p.c..
1.2. Del pari infondata è la censura rivolta avverso il capo di sentenza con cui è stata rigettata la domanda di risarcimento del danno da mancata previsione da parte del legislatore nazionale di misure di previdenza sociale in favore degli iscritti alle scuole di specializzazione.
Identici motivi di ricorso, proposti dal medesimo difensore degli odierni ricorrenti avverso identiche decisioni in identiche fattispecie, sono già stati ripetutamente ritenuti infondati da questa Corte (Sez. 3, Ordinanza n. 35376 del 18/12/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 24749 del 17/08/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 23651 del 02/08/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 23122 del 28/07/2023).
Alle ampie motivazioni di tali decisioni, certamente ben note al difensore degli odierni ricorrenti, basterà qui fare rinvio ex art. 118, comma primo, ultimo periodo, disp. att. c.p.c..
1.3. Non sarà inutile rammentare, infine, che la Corte EDU, sez. I, 29.8.2023, COGNOME c. Italia , in causa 362/18 (evidentemente ben nota al difensore dei ricorrenti, che figura tra i difensori delle parti di quel giudizio), ai §§ 18 e 19
ha affermato : ‘ i diritti ad una pensione di vecchiaia o ad una prestazione sociale non rientrano tra i diritti e le libertà garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli (…). Nel caso di specie, poiché, secondo i giudici interni, nessuna copertura previdenziale ed assistenziale per i medici specialisti era prescritta dalle citate direttive e l’art. 41 del decreto n. 368/1999 non era in vigore durante la formazione di specializzazione dei ricorrenti, i ricorrenti non possono affermare di aver avuto un legittimo affidamento equivalente ad un possesso ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 (…). Alla luce di quanto sopra, la Corte conclude che tali doglianze sono incompatibili ratione materiae con le disposizioni della Convenzione e dei suoi Protocolli ai sensi dell’articolo 35 § 3 (a) e devono essere respinte ai sensi dell’articolo 35 § 4 ‘.
Col secondo motivo (da qualificare più esattamente come ‘istanza’) i ricorrenti chiedono che questa Corte chieda alla Corte di giustizia dell’Unione Europea di stabilire se l’ art. 1 della Direttiva 1993/16/CE imponesse o meno agli Stati membri di assicurare la copertura previdenziale dei frequentanti le scuole di specializzazione.
2.1. L’istanza va rigettata. Nessuna violazione del diritto comunitario è ipotizzabile da parte dell’ordinamento interno sulla questione qui in esame, per la semplice ragione che il diritto comunitario non si occupa e non si è mai occupato né del quantum dovuto ai frequentanti le scuole di specializzazione; né delle misure di previdenza sociale da accordare ad essi ( ex multis , Sez. 3, Ordinanza n. 35376 del 18/12/2023; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 31922 del 10.12.2018; Sez. 3, Sentenza n. 17051 del 28.6.2018; Sez. L, Sentenza n. 15520 del 13.6.2018).
Col terzo motivo la sentenza d’appello è censurata nella parte in cui ha rigettato la domanda di risarcimento del danno derivante dalla mancata corresponsione della rivalutazione annua del compenso prevista dall’art. 6 d. lgs. 257/91.
3.1. Il motivo è infondato alla luce dei princìpi stabiliti dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza Cass. Sez. U., 19/07/2024, n. 20006, alla cui motivazione si può qui rinviare ex art. 118, primo comma, ultimo periodo, disp. att. c.p.c..
Col quarto motivo è censurata la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto prescritto il diritto al pagamento dell’adeguamento triennale della remunerazione, di cui all’art. 6 d. lgs. 257/91.
4.1. E’ superfluo – in virtù del principio della ragione più liquida – stabilire se sia stata correttamente applicata nel caso di specie la previsione di cui all’art. 2948, n. 4, c.c., dal momento che il preteso diritto all’adeguamento triennale invocato dai ricorrenti è in realtà inesistente, come stabilito dalle SS.UU. di questa Corte con la già ricordata decisione di Cass. Sez. U., 19/07/2024, n. 20006, alla cui motivazione si può qui rinviare ex art. 118 disp. att. c.p.c..
Col quinto motivo i ricorrenti lamentano che la Corte d’appello avrebbe ‘ omesso di pronunziare sulla questione di legittimità costituzionale ‘ da essi prospettata, e cioè la pretesa illegittimità costituzionale dell’art. 46 d. lgs. 368/99, con riferimento a varie norme della Costituzione (indicate nell’epigrafe del motivo negli artt. 3, 36 e 97; nella illustrazione del motivo negli artt. 3, 38 e 97).
5.1. Premesso che una ‘omessa pronuncia’ è concepibile rispetto ad una domanda, non rispetto ad una istanza intesa a sollecitare un incidente di costituzionalità; e che il suddetto ‘motiv o ‘, più che come mezz o di impugnazione, va qualificato come una reiterata istanza di sollevare questione di legittimità costituzionale della norma sopra indicata, tale istanza non merita accoglimento, alla luce degli argomenti spesi nei §§ che precedono, come già ritenuto da questa Corte su identiche istanze proposte dall’ identico difensore degli odierni ricorrenti (Sez. 3, Ordinanza n. 35376 del
18/12/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 1157 del 17.1.2022, alla cui motivazione può qui farsi rinvio ex art. 118, comma primo, disp. att. c.p.c.).
Col sesto motivo è censurata la regolazione delle spese di lite per come compiuta dal giudice d’appello.
Nella illustrazione del motivo i ricorrenti non indicano esattamente in cosa sarebbe consistito l’errore di diritto della Corte d’appello (ad es., erronea determinazione del valore della causa, erronea scelta del parametro, erronea applicazione delle maggiorazioni di cui all’art. 4 d.m. 55/14).
Si limitano a sostenere che:
-) il giudizio d’appello si è svolto in una sola udienza e non ha avuto istruttoria;
-) l’Avvocatura Generale dello stato ha depositato un solo atto;
-) la giurisprudenza in materia era ‘contrastata’;
-) la condanna alle spese è immotivata.
6.1. Il motivo è manifestamente inammissibile ai sensi dell’art. 366 n. 4 c.p.c.. Se, infatti, in esso si cercasse una ragionata censura in diritto avverso la sentenza impugnata, null’altro si rinverrebbe se non una generica ed indistinta geremiade per il fatto di essere stati condannati alle spese.
6.2. Nondimeno reputa non superfluo il Collegio osservare che in primo grado gli odierni 19 ricorrenti domandarono una condanna al pagamento di euro 13.897 per ogni anno di specializzazione , ‘ nonché interessi e rivalutazione’ (così il ricorso, p. 6).
Il valore della causa nel caso di cumulo soggettivo si determina dalla domanda di valore più elevato (Cass. Sez. 3, 17/04/2024, n. 10367): e dunque quella di NOME COGNOME iscritta alla scuola di specializzazione nel 1992 per un corso di 5 anni.
NOME COGNOME formulò dunque un domanda di valore pari ad euro 69.485 di capitale, oltre interessi e rivalutazione dal 1992 ad oggi (è ben noto infatti che ai sensi dell’art. 10, secondo comma, c.p.c., gli interessi scaduti si
sommano al capitale ai fini della determinazione del valore della causa): e dunque euro 196.738,07 alla data della decisione d’appello (11.11.2019).
Per una causa di tale valore senza svolgimento di istruttoria i parametri vigenti all’epoca della decisione prevedevano la liquidazione di un compenso minimo di euro 4.758 e massimo di euro 17.127.
La Corte d’appello, dunque, lungi dall’adottare una liquidazione illegittima, ha liquidato le spese di lite con somma benevolenza e senza tenere conto del prescritto aumento spettante a chi sia costretto a difendersi contro più domande.
Non è luogo a provvedere sulle spese, non avendo le amministrazioni resistenti notificato il controricorso.
P.q.m.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della