Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7313 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7313 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3446/2021 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocatessa COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di ROMA n. 3186/2020 depositata il 02/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
R.G. 3446/2021
COGNOME.
Rep.
C.C. 25/1/2024
C.C. 14/4/2022
MEDICI SPECIALIZZANDI.
FATTI DI CAUSA
Il AVV_NOTAIO NOME COGNOME, insieme ad altri medici, convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, il Presidente del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE dell’istruzione e assumendo di aver frequentato e positivamente concluso la scuola di specializzazione in medicina interna, della durata di cinque anni, conseguendo il relativo diploma l’8 luglio 1986 chiese che fosse riconosciuto l’inadempimento dello Stato italiano in ordine al recepimento delle direttive comunitarie regolatrici delle scuole di specializzazione, con condanna dei convenuti al pagamento, in suo favore, dell’adeguata remunerazione ovvero, in subordine, al risarcimento del danno.
Si costituirono in giudizio tutti i convenuti, eccependo la prescrizione del diritto e chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda.
Il Tribunale accolse la domanda e condannò la RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di euro 33.569,70, oltre interessi al tasso legale dal 6 luglio 2009, con compensazione delle spese di lite.
La sentenza è stata impugnata dalla RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 2 luglio 2020, ha accolto il gravame e, in riforma della decisione del Tribunale, ha rigettato la domanda del AVV_NOTAIO COGNOME.
Ha osservato la Corte territoriale, per quanto di interesse in questa sede, che l’appellato aveva conseguito il diploma di specializzazione in data 8 luglio 1986 e che da tanto si doveva desumere che il corso avesse avuto inizio nell’anno accademico 1981-1982; ragione per cui in suo favore non poteva essere riconosciuta alcuna somma.
Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma propone ricorso il AVV_NOTAIO NOME COGNOME con atto affidato a due motivi.
Resiste la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
La trattazione è stata fissata, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ., presso la Terza Sezione Civile e il Pubblico RAGIONE_SOCIALE non ha depositato conclusioni.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 345, secondo comma, e 112 cod. proc. civ., sul rilievo che la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE aveva sollevato per la prima volta in grado di appello la questione dell’anno di iscrizione al corso di specializzazione, di talché la Corte d’appello avrebbe dovuto pronunciarsi sulla eccepita inammissibilità della medesima.
1.1. Il motivo è per certi versi inammissibile e per altri infondato.
La censura di pretesa violazione dell’art. 112 cit. è inammissibile alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il mancato esame, da parte del giudice di merito, di una questione puramente processuale non è suscettibile di dar luogo a vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande o eccezioni di merito, potendo profilarsi, invece, al riguardo, un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 cod. proc. civ. se, ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data da detto giudice alla problematica prospettata dalla parte (così la sentenza 6 dicembre 2004, n. 22860, confermata dalla sentenza 12 gennaio 2016, n. 321, e dall’ordinanza 14 marzo 2018, n. 6174).
La censura di pretesa violazione dell’art. 345 cit. è, invece, priva di fondamento.
Ed infatti, posto che la questione relativa al momento di inizio del corso di specializzazione si fondava, nella specie, su un documento che lo stesso AVV_NOTAIO aveva prodotto in primo grado, la prospettazione del problema in grado di appello, da parte della RAGIONE_SOCIALE (appellante), integrava gli estremi di una questione di diritto, ossia una difesa in iure e non un’eccezione, come pretenderebbe l’odierno ricorso. Ne consegue che non sussiste la violazione dell’art. 345, secondo comma, cit. che il motivo in esame lamenta.
Può enunciarsi il seguente principio di diritto: «in una controversia introdotta da un medico specializzando per invocare il risarcimento del danno da inadempimento statuale alle direttive comunitarie, qualora il medico attore abbia prodotto documentazione evidenziante l’anno di inizio del corso di specializzazione e, dunque, valendosi del documento abbia allegato tale circostanza, costituisce mera difesa in iure in appello e non eccezione la deduzione da parte della difesa erariale che in relazione alla data di inizio del corso di specializzazione le direttive comunitarie non avevano rilievo. Ne consegue che è infondato il motivo di ricorso per cassazione con cui si lamenti la violazione dell’art. 345, secondo comma, cod. proc. civ. per avere il giudice di appello dato rilievo a detta difesa».
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione delle direttive comunitarie n. 75/362, n. 75/363, n. 82/76 e n. 93/16 CEE, dell’art. 2043 cod. civ. e del d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257.
La parte ricorrente rileva che il diritto alla remunerazione prevista dalle suindicate direttive sussisterebbe non soltanto per i medici i cui corsi siano cominciati a partire dall’anno 1982, ma anche per quelli iscrittisi in anni precedenti, anche se con effetti economici a decorrere dalla data del 1° gennaio 1983. Lo Stato
italiano, infatti, sarebbe inadempiente rispetto agli obblighi assunti in ambito comunitario e da questo deriverebbe la perdita di chance per i medici che, come il ricorrente, non avevano potuto fruire della remunerazione loro spettante.
2.1. Il motivo è fondato.
Com’è stato già più volte affermato da questa Corte (v., tra le altre, l’ordinanza 27 giugno 2023, n. 18341), a seguito della rimessione operata dalle Sezioni Unite di questa Corte con l’ ordinanza interlocutoria 29 ottobre 2020, n. 23901, la Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata con la sentenza 3 marzo 2022 (in causa C-590/20), nella quale ha stabilito che l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c ), e l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, nonché l’allegato della direttiva 75/363/CEE del RAGIONE_SOCIALE, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative per le attività di medico, come modificata dalla direttiva 82/76/CEE del RAGIONE_SOCIALE, del 26 gennaio 1982, devono essere interpretati nel senso che qualsiasi formazione a tempo pieno o a tempo ridotto come medico specialista, iniziata prima dell’entrata in vigore, il 29 gennaio 1982, della direttiva 82/76 e proseguita dopo la scadenza, il 1° gennaio 1983, del termine di trasposizione di tale direttiva, deve, per il periodo di tale formazione a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla fine della formazione stessa, essere oggetto di una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato sopra citato, a condizione che la formazione in parola riguardi una specializzazione medica comune a tutti gli Stati membri ovvero a due o più di essi e menzionata negli articoli 5 o 7 della direttiva 75/362/CEE del RAGIONE_SOCIALE, del 16 giugno 1975, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di medico e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con la successiva sentenza 23 giugno 2022, n. 20278, hanno confermato il principio suindicato.
Ne consegue che la decisione della Corte d’appello non è corretta, perché, richiamando la giurisprudenza di questa Corte maturatasi in epoca precedente rispetto agli ultimi sviluppi che qui si sono descritti, ha affermato che al AVV_NOTAIO COGNOME non dovesse essere riconosciuto alcun diritto ad una remunerazione.
In conclusione, è rigettato il primo motivo di ricorso, mentre è accolto il secondo.
La sentenza impugnata è cassata in relazione e il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione