Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16407 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16407 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 04030/2024 R.G., proposto da
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI , in persona del Presidente del Consiglio pro tempore ; MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERS ITÀ E DELLA RICERCA, MINISTERO DELLA SALUTE , MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE , in persona dei rispettivi Ministri pro tempore ; domiciliati ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato da cui sono difesi per legge;
-ricorrenti- contro
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’Avv. COGNOME in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrenti e ricorrenti incidentalinonché contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura allegata al controricorso;
-controricorrente e ricorrente incidentale-
per la cassazione della sentenza n. 5329/2023 del la CORTE d’APPELLO di ROMA, depositata il 24 luglio 2023;
udìta la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con citazione del 10 gennaio 2014, i controricorrenti indicati in epigrafe (insieme a molti altri) convennero davanti al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei Ministri e i Ministeri indicati in epigrafe, chiedendone la condanna alla remunerazione adeguata o al risarcimento dei danni conseguenti alla mancata attuazione delle direttive europee 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE, in tema di adeguata remunerazione spettante per la frequenza di corsi di specializzazione medica da loro frequentati in regime ante d.lgs. n. 257/1991.
Iscritto il procedimento al n. di R.G. 1000/2014, le amministrazioni convenute, costituitesi in giudizio con comparsa di risposta depositata il 12 maggio 2014, sollevarono l’eccezione di prescrizione.
All’udienza del 5 marzo 2015, la difesa degli attori eccepì la tardività della costituzione di parte convenuta per essere il termine ex art. 166 cod. proc. civ. scaduto il 9 maggio 2014.
In data 10 aprile 2015 le amministrazioni convenute formularono istanza di separazione della posizione dei diversi ricorrenti, avuto riguardo alla diversa situazione giuridica in cui essi versavano, taluni essendosi immatricolati prima del 1983, altri dopo il 1991, altri ancora avendo già azionato il loro diritto in sede giudiziaria.
Con ordinanza resa all’udienza del 15 maggio 2015 e trascritta nel relativo verbale, il Giudice procedente dispose la separazione delle cause, raggruppando gli attori in tre categorie: quelli iscrittisi al corso di specializzazione prima del 1983; quelli iscrittisi dopo il 1991; quelli indicati nella nota depositata alla medesima udienza dall’Avvocatura dello Stato, per i quali si ipotizzavano situazioni di litispendenza o addirittura pronunce già passate in giudicato.
Con ‘comparsa di costituzione per separazione dei fascicoli’, notificata il 21 ottobre 2015, 33 medici, tra cui gli odierni controricorrenti, convennero nuovamente le amministrazioni in epigrafe dinanzi al Tribunale capitolino, ribadendo le domande già formulate con l’originaria citazione.
Iscritto il procedimento al n. di R.G. 68471/2015, le amministrazioni convenute depositarono, in data 23 giugno 2016, una nuova comparsa di risposta nella quale: 1) eccepirono il difetto di legittimazione passiva dei Ministeri, per essere legittimata unicamente la Presidenza del Consiglio dei Ministri; 2) eccepirono la sussistenza del giudicato esterno nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (non anche nei confronti di NOME COGNOME); 3) invocarono il rigetto della domanda con riguardo alla prima delle due specializzazioni (biologia clinica) conseguite da NOME COGNOME in quanto immatricolatosi prima del 1983; 4) invocarono il rigetto della domanda con riguardo alla prima delle due specializzazioni conseguite da NOME COGNOME
(chirurgia della mano) e con riguardo alla specializzazione conseguita da NOME COGNOME (igiene e medicina preventiva, orientamento medicina scolastica), in quanto non menzionate negli artt. 5 e 7 della direttiva ‘riconoscimento’ 75/362/CEE, né comprese nell’elenco delle specializzazioni comuni a due o più Stati membri.
8. Con sentenza n. 21067/2019, depositata il 4 novembre 2019, il Tribunale di Roma: 1) accolse l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dei Ministeri, reputando unico soggetto passivamente legittimato la Presidenza del Consiglio dei Ministri; 2) rigettò espressamente l’eccezione di giudicato sollevata nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per non essere « risultata adeguatamente dimostrata » (pag. 3 della sentenza di primo grado); 3) accolse l’eccez ione preliminare di merito di prescrizione sollevata con l’originaria comparsa di risposta del 12 maggio 2014, espressamente motivando sulla sua tempestività, sul presupposto che « l’eccezione è da considerarsi tempestiva poiché se è vero che la prima citazione è stata notificata nell’anno 2014 è altrettanto vero che successivamente alla separazione delle originarie posizioni processuali gli odierni attori hanno notificato (pur non essendo necessario) una nuova citazione così restituendo in termini le controparti » (pag. 5 della sentenza di primo grado); 4) pronunciò, tuttavia, anche sul merito in senso proprio, escludendo la fondatezza della domanda con riguardo alla prima delle due specializzazioni (biologia clinica: 1980-1984) conseguite da NOME COGNOME in quanto immatricolatosi « precedentemente l’anno accademico 1982/1983 ovvero negli anni accademici … 1980/1984 »; 5) sempre pronunciando anche sul merito in senso proprio, escluse, infine, la fondatezza della domanda con riguardo alla prima delle due specializzazioni conseguite da NOME COGNOME (chirurgia della mano) e
con riguardo alla specializzazione conseguita da NOME COGNOMEigiene e medicina preventiva orientamento scolastico) per avere essi « conseguito diplomi di specializzazione non compresi nella cosiddetta direttiva ‘ riconoscimento ‘ 75/362/CEE del 16 giugno 1975 ».
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME proposero appello.
Con l’atto di impugnazione , nell’invocare la condanna della sola Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento della remunerazione adeguata o al risarcimento del danno, gli appellanti: 1) censurarono la statuizione preliminare di merito contenuta nella sentenza impugnata, ribadendo la già evidenziata « tardività della costituzione delle parti convenute e, conseguentemente, l’inammissibilità della dedotta eccezione di prescrizione, atteso che il termine di cui all’art. 166 c.p.c. scadeva il 9 maggio 2014 » (primo motiv o di appello: pag. 6 dell’atto di citazione in appello); 2) contestarono il parametro per la liquidazione del danno indicato in astratto dal giudice di primo grado mediante il riferimento all’art. 11 della legge n. 370/1999, parametro, tuttavia, non applicato nel caso concreto stante il rigetto delle domande: nel formulare tale contestazione, invocarono, tra l’altro, la giurisprudenza comunitaria « in relazione al caso di specializzandi che avevano iniziato il corso nel 1982 (e, perciò, prima della scadenza del termine di adempimento della direttiva) », il cui obiettivo sarebbe stato « quello di attribuire agli specializzandi, a partire dal 1° gennaio 1983, una remunerazione adeguata » (secondo motivo di appello: pag. 14 dell’atto di citazione in appello); 3) censurarono le statuizioni di rigetto delle domande proposte da NOME COGNOME con riferimento alla specializzazione in igiene e medicina preventiva, e NOME COGNOME con
riferimento alla specializzazione in chirurgia della mano (terzo motivo di appello: pag. 24 dell’atto di citazione in appello).
Le amministrazioni convenute, costituendosi nel giudizio d’appello, riproposero l’eccezione di giudicato nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME.
Con sentenza 24 luglio 2023, n. 5329, la Corte d’a ppello di Roma, in pressoché integrale accoglimento dell’ impugnazione, ha accolto le domande degli attori nei confronti di tutte le amministrazioni statali convenute, confermando, solo per NOME COGNOME, la reiezione della domanda limitatamente alla seconda specializzazione conseguita (chirurgia della mano).
La Corte territoriale ha ritenuto che l’ eccezione di giudicato non potesse trovare accoglimento, « in quanto, in caso di rigetto esplicito o implicito inequivoco di un’eccezione o di un motivo, il convenuto è tenuto a proporre appello incidentale » (pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata).
Con riguardo alla prescrizione, il giudice d’appello ha poi statuito che, sebbene fosse inammissibile il relativo motivo di gravame proposto dagli attori (i quali avrebbero dovuto dedurre la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., anziché la tardività dell’eccezione, che non era stata in realtà sollevata dalle amministrazioni convenute), tuttavia la sentenza di primo grado era « errata nella parte in cui ha pronunciato sull’eccezione di prescrizione in violazione dell’art. 112 c.p.c. ».
Esclusa la possibilità di dichiarare la prescrizione del diritto, con riguardo al merito in senso proprio la Corte d’appello ha reputato che il diritto alla remunerazione competeva, « a far tempo dal 1983 a coloro che, anche se iscritti precedentemente, avessero frequentato un corso di specializzazione comune a tutti gli stati membri … o ad a lmeno due o più fra essi », dunque rientrante negli elenchi di cui agli artt. 5 e 7
della direttiva 75/362/CEE. Pertanto, posto che nell’elenco di cui al citato art. 7 figurava non solo la seconda specializzazione conseguita da NOME COGNOME dopo il 1984 (microbiologia) ma anche la prima (biologia clinica) da lui conseguita tra il 1980 e il 1984, la domanda dell’attor e doveva essere accolta anche con riguardo a tale specializzazione, non assumendo rilievo che egli si fosse immatricolato prima del 1983.
La Corte d’appello ha infine ritenuto che dovessero essere accolte non solo le domande di NOME COGNOME e NOME COGNOMEsul rilievo che le loro specializzazioni -in chirurgia generale e in dermatologia e venereologia -erano previste , rispettivamente, nell’art.5 e nell’art.7 della direttiva ‘riconoscimento’ ) ma anche la domanda di NOME COGNOMEin quanto la giurisprudenza di legittimità aveva riconosciuto che la specializzazione in igiene e medicina preventiva esisteva in mol ti paesi dell’Unione, con la denominazione di ‘community medicine’ , nei paesi anglosassoni, e quella di santé publique e medicine sociale, in Francia) e, sia pure limitatamente alla specializzazione in ortopedia (contemplata dal citato art.5), la domanda di NOME COGNOME la quale invece andava rigettata in relazione al corso di specializzazione in chirurgia della mano, non incluso nei suddetti elenchi e per il quale non era « stata provata l’equipollenza con un corso previsto all’elenco di cui all’art. 7 » (pag.5 della sentenza impugnata).
Hanno proposto ricorso per cassazione la Presidenza del Consiglio dei Ministri e i Ministeri indicati in epigrafe, sulla base di quattro motivi.
Hanno risposto con un unico controricorso NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME proponendo altresì ricorso incidentale, sorretto da cinque motivi.
Ha risposto altresì, con distinto controricorso, NOME COGNOME proponendo altresì ricorso incidentale condizionato, fondato su un unico motivo.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero non ha presentato conclusioni scritte.
I controricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
A.1. Con il primo motivo del ricorso principale viene denunciata «Nullità della sentenza per grave vizio della motivazione (inconferenza, illogicità e contraddittorie tà intrinseca); violazione dell’art. 111, comma 6, C ost., dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. ».
Le amministrazioni ricorrenti deducono che « incomprensibilmente e illegittimamente », la Corte d’appello, da un lato, avrebbe decretato l’inammissibilità dell’appello , sul rilievo che esso aveva censurato la sentenza di primo grado (la quale aveva erroneamente dichiarato la prescrizione delle pretese, nonostante la relativa eccezione non fosse mai stata sollevata dalle amministrazioni convenute) con un motivo di violazione delle norme sulla prescrizione e non (come avrebbe dovuto) per violazione dell’art. 11 2 cod. proc. civ.; dall’altro, dopo averne dichiarato l’inammissibilità, contraddittoriamente lo avrebbe esaminato nel merito.
A.2. Il primo motivo del ricorso principale presenta elementi di connessione col ( e va pertanto esaminato congiuntamente al) secondo motivo, con cui viene denunciata «Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112, comma 1, c.p.c. in combinato disposto con gli artt. 359 e 342, i comma, n. 1), del medesimo codice, dal momento che la Corte d’appello non avrebbe potuto pronunciarsi d’ufficio sulla mancata
proposizione, in primo grado, dell’eccezione di prescrizione da parte della difesa delle amministrazioni, non essendo stato formulato dall’appellante alcun motivo sul punto, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ.» .
Sostengono le amministrazioni ricorrenti che « nessuna delle parti aveva impugnato in appello la sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. nella parte in cui aveva dichiarato decorsa una prescrizione mai eccepita: d’altra parte, il giudice di appello non poteva rilevare il vizio d’ufficio » (pag.8 del ricorso principale).
Reputano che, « una volta dichiarata l’inammissibilità del primo motivo -assorbente -di appello perché andava dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c. e non la tardività di una eccezione di prescrizione mai proposta, la Corte non avrebbe mai potuto esaminare nel merito la domanda avanzata dagli appellanti ».
A.2.1. I motivi in esame sono infondati, dovendosi procedere a correzione della motivazione della sentenza impugnata, il cui dispositivo, in relazione ai profili da essi evocati, risulta conforme a diritto (art. 384, ult. comma, cod. proc. civ.).
In primo luogo, va osservato che, contrariamente a quanto vigorosamente -ma infondatamente -sostenuto dalle amministrazioni ricorrenti, esse avevano formalmente sollevato l’eccezione di prescrizione nella originaria comparsa di risposta depositata nell’ambito del procedimento iscri tto al n. di R.G. 1000/2014, prima che il giudice procedente disponesse la separazione delle cause e che fosse iscritta a ruolo la nuova causa R.G. n. 68471/2015.
L’ eccezione era tuttavia tardiva, come esattamente controeccepito , nell’ immediatezza, dagli attori (attuali controricorrenti) al verbale d ‘ udienza del 5 marzo 2015, atteso che il termine ex art. 166 cod. proc. civ. era scaduto il 9 maggio 2014, laddove la costituzione
delle amministrazioni convenute era avvenuta, tardivamente, il successivo 12 maggio.
Né, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, le amministrazioni eccipienti erano state restituite nel termine per effetto della ‘nuova’ citazione posta in essere dagli attori con la comparsa del 21 ottobre 2015, successiva alla separazione delle cause, che aveva originato l’ iscrizione del nuovo procedimento n. 68471/2015.
In proposito va rammentato che la causa separata è mera prosecuzione della causa da cui origina e, quindi, le eccezioni fatte in quest’ultima valgono anche per l’altra; ne consegue che la tempestività dell’eccezione di prescrizione è rispettata se essa è formulata tempestivamente nella comparsa di costituzione e risposta depositata nel giudizio originario, non occorrendo una reiterazione di tale eccezione in quello separato (Cass. n. 18274 del 2020; Cass n. 18450 del 2024); peraltro , se l’originaria com parsa di risposta è depositata tardivamente, anche l’ eccezione in essa contenuta è tardiva.
Ciò posto, in sede di appello correttamente gli originari attori avevano censurato la statuizione di primo grado che, erroneamente, aveva reputato l’ eccezione tempestiva in ragione della presunta restituzione nel termine avvenuta in seguito alla ‘nuova’ citazione .
Nel censurare tale statuizione, gli appellanti avevano sì stigmatizzato la tardività dell’ eccezione sollevata dalle parti convenute, ma in t al modo avevano censurato l’ultra -petizione in cui era incorso il giudice di primo grado, per avere pronunciato su una eccezione preliminare di merito in senso proprio (dunque, non rilevabile d ‘u fficio), sebbene la parte legittimata l’avesse sollevata tardivamente.
Il vizio denunciato con il primo motivo d’ appello, pertanto, era proprio il vizio di violazione (per eccesso: ultra-petizione) del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, sicché la Corte
d’ appello, dopo avere erroneamente dichiarato inammissibile il motivo di gravame, nella sostanza ha correttamente proceduto alla sua delibazione nel merito, rilevandone la fondatezza.
I primi due motivi del ricorso principale per cassazione vanno dunque rigettati modificando nel senso sopra illustrato la motivazione resa dal giudice d’appello in ordine al primo motivo del gravame sottoposto al suo esame.
A.3. Con il terzo motivo del ricorso principale viene denunciata la « Violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. per mancata rilevazione del giudicato interno, formatosi su un capo della sentenza di primo grado, che ha dichiarato i convenuti ministeri carenti di legittimazione passiva (pagg. 2 e 3 sentenza di primo grado), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. ».
La sentenza impugnata risulterebbe gravemente contraddittoria poiché non solo ometterebbe di rilevare il giudicato interno formatosi sul capo della sentenza di primo grado che ha dichiarato i convenuti Ministeri (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, Ministero della Salute e Ministero dell’Economia e delle Finanze) carenti di legittimazione passiva, ma anche perché avrebbe condannato « alcuni di essi, e nemmeno tutti -in solido con la Presidenza del Consiglio dei Ministri -al risarcimento dei danni » (pag.10 del ricorso principale).
A.3.1. Il motivo è fondato.
Come si è veduto, il Tribunale di Roma aveva accolto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dei Ministeri, reputando unico soggetto passivamente legittimato la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Tale statuizione non solo non era stata espressamente appellata dagli originari attori ma essi vi avevano prestato acquiescenza, circoscrivendo la domanda, in sede di conclusioni in appello, alla sola Presidenza del Consiglio dei Ministri.
A.4. Con il quarto motivo del ricorso principale viene denunciata la « Violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. per mancata rilevazione del giudicato interno, formatosi su un capo della sentenza di primo grado, che ha deciso in punto di infondatezza della pretesa del dott. NOME COGNOME in relazione alla prima specializzazione in biologia clinica, con immatricolazione nel 1980, corso di 4 anni (pagg. 4 e 5 sentenza di primo grado), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. ».
Secondo le amministrazioni ricorrenti, la sentenza impugnata risulterebbe viziata anche per aver mancato di rilevare il giudicato interno formatosi sul capo della sentenza di primo grado che aveva deciso in punto di infondatezza della pretesa del dott. NOME COGNOME in relazione alla prima specializzazione da lui conseguita tra il 1980 e il 1984 (biologia clinica) per essersi egli immatricolato prima del 1983.
A.4.1. Il motivo è solo parzialmente fondato.
A.4.1.a. La statuizione con cui il giudice di primo grado aveva escluso la fondatezza della domanda con riguardo alla prima delle due specializzazioni (biologia clinica) conseguite da NOME COGNOME (sul presupposto che egli si era immatricolato « precedentemente l’anno accademico 1982/1983 ovvero negli anni accademici … 1980/1984 ») non è passata in giudicato, in quanto era stata oggettivamente gravata con il secondo motivo d’appello, con il quale, come si è veduto, gli appellanti (originari attori) non solo avevano contestato il parametro per la liquidazione del danno indicato in astratto nella sentenza impugnata mediante il riferimento all’art. 11 della legge n. 370/1999, ma avevano anche invocato la giurisprudenza comunitaria « in relazione al caso di specializzandi che avevano iniziato il corso nel 1982 (e, perciò, prima della scadenza del termine di
adempimento della direttiva) » (pag. 14 dell’atto di citazione in appello).
In tal senso, del resto, il contenuto del motivo di gravame è stato correttamente interpretato dal giudice di secondo grado, il quale ha reputato che gli appellanti avessero censurato, tra altro, « l’esclusione del diritto alla remunerazione di alcuni corsi poiché iniziati prima dell’anno accademico 1982/1983 ».
A.4.1.b. Nel merito, la statuizione diretta a riconoscere a NOME COGNOME in accoglimento d ell’illustrata censura, il diritto ad essere interamente remunerato anche per il corso in biologia clinica, frequentato tra il 1980 e il 1984, non è, però, corretta.
Si pone la questione se sussista o meno il diritto alla percezione degli emolumenti fissati dalla legge -in particolare dall’art. 11 della legge n. 370 del 1999 (lire 13 milioni all’anno per il periodo che va dall’anno accademico 1983 -1984 all’anno accademico 199 0-1991) -per i c.d. medici specializzandi ‘ a cavallo ‘, cioè quei medici che hanno frequentato e positivamente concluso uno dei corsi di specializzazione riconosciuti in sede europea iniziando nel 1982, o in anni precedenti, e terminando in data ovviamente successiva al 1° gennaio 1983.
La questione era stata già affrontata in sede di legittimità, con una giurisprudenza che aveva conosciuto un interno dissenso; ciò, in quanto, pacifica essendo l’impossibilità di configurare un inadempimento del legislatore nazionale prima del termine del 31 dicembre 1982 (fissato dall’art. 16 della Direttiva 82/76/CEE), sussistevano dubbi circa la posizione dei medici il cui corso si collocava -come nel caso dei medici intimati con il ricorso in esame -a cavallo di quella data, per i quali alcune pronunce avevano negato il diritto alla percezione della somma suindicata ed altre l’avevano, invece, riconosciuto.
Tale dissenso (cfr., sul punto, per tutte, le sentenze 10 luglio 2013, n. 17067, e 22 maggio 2015, n. 10612) aveva dato luogo alla rimessione della questione alle Sezioni Unite, le quali, con ordinanza interlocutoria 21 novembre 2016, n. 23581, avevano rinviato la relativa questione interpretativa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Quest’ultima, con la sentenza 24 gennaio 2018 (nelle cause riunite C-616/16 e C617/16) aveva stabilito che l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c ), l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, nonché l’allegato della Direttiva 75/363, come modificata dalla Direttiva 82/76, devono essere interpretati nel senso che una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, per la formazione a tempo pieno e a tempo ridotto dei medici sp ecialisti iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990, deve essere corrisposta per il periodo di tale formazione a partire dal 1° gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa.
Alla luce dell’interpretazione proveniente dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, pertanto, a coloro i quali avessero intrapreso il corso di specializzazione nell’anno 1982 e l’avessero terminato, a seconda della durata legale, tre, quattro o cinque anni dopo, avrebbe dovuto riconoscersi il diritto agli emolumenti di cui all’art. 11 della legge n. 370 del 1999, ma solo a decorrere dal 1° gennaio 1983.
Le Sezioni Unite di questa Corte, tornando ad occuparsi della materia con le sentenze 18 luglio 2018, n. 19107, e 31 luglio 2018, n. 20348, hanno interpretato il dictum della Corte europea affermando che «occorre commisurare il risarcimento stesso (per la mancata percezione di una retribuzione adeguata) non all’intero periodo di durata del primo anno accademico di corso, bensì alla frazione temporale di esso successiva alla scadenza del termine di trasposizione
della direttiva (31 dicembre 1982), a partire dalla quale si è verificato l’inadempimento».
La circostanza che il dictum del giudice europeo fosse circoscritto alla categoria di medici specializzandi, cc.dd. ‘a cavallo’, che avevano iniziato la specializzazione nel 1982, lasciava aperto il problema per coloro i quali l’avessero invece intrapresa negli anni precedenti, pur proseguendola dopo il 1° gennaio 1983.
Le Sezioni Unite di questa Corte, dunque, con ordinanza interlocutoria 29 ottobre 2020, n. 23901, hanno disposto un nuovo rinvio interpretativo alla Corte di Giustizia, sulla specifica questione se l’art. 189, terzo comma, TUE e gli articoli 13 e 16 della Direttiva 82/76 ostino ad un’interpretazione secondo cui il diritto alla remunerazione adeguata previsto dal medesimo art. 13 a favore dei sanitari che svolgano l’attività di formazione, sia a tempo pieno che a tempo ridotto, e sempre che sussistano tutti gli altri requisiti richiesti dalla normativa e dalla giurisprudenza europea, spetti anche ai medici che si siano iscritti ad una scuola di specializzazione in anni precedenti l’anno 1982, e che siano in corso al 1° gennaio 1983; nonché sulla conseguente questione se il diritto al risarcimento del danno per il ritardo nel recepimento della Direttiva 82/76 da parte dello Stato italiano competa anche a detti sanitari, limitatamente alla frazione di risarcimento successiva al 1° gennaio 1983.
La Corte di Giustizia ha deciso la questione con la sentenza 3 marzo 2022 (in causa C-590/20).
Il giudice europeo ha statuito che l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c) , l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, nonché l’allegato della Direttiva 75/363/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative per le attività di medico, come modificata dalla Direttiva
82/76/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1982, devono essere interpretati nel senso che qualsiasi formazione a tempo pieno o a tempo ridotto come medico specialista, iniziata prima dell’entrata in vigore, il 29 gennaio 1982, della Direttiva 82/76 e proseguita dopo la scadenza, il 1° gennaio 1983, del termine di trasposizione di tale direttiva, deve, per il periodo di tale formazione a partire dal 1° gennaio 1983 e fino alla fine della formazione stessa, essere oggetto di una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato sopra citato, a condizione che la formazione in parola riguardi una specializzazione medica comune a tutti gli Stati membri ovvero a due o più di essi e menzionata negli articoli 5 o 7 della Direttiva 75/362/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di medico e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 23 giugno 2022, n. 20278, recependo la risposta al quesito interpretativo, hanno enunciato il principio secondo cui il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della Direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, riassuntiva delle Direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, spetta anche in favore di soggetti iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici anteriori al 1982-1983, ma solo a partire dal primo gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa, sempre che si tratti di una specializzazione medica comune a tutti gli Stati membri, oppure a due o più, come menzionate agli artt. 5 e 7 della Direttiva 75/362/CEE.
In applicazione del principio alla fattispecie all’odierno esame, deve, dunque, affermarsi che il diritto al risarcimento -da liquidarsi negli importi previsti dall’art. 11 della legge n. 370 del 1999 e con decorrenza dal 1° gennaio 1983 -avrebbe dovuto essere riconosciuto
dal giudice del merito a NOME COGNOME con riguardo alla specializzazione in biologia clinica solo con decorrenza dal 1° gennaio 1983 , e dunque esclusivamente per l’ultimo anno di corso.
A.5. In definitiva, del ricorso principale proposto dalle amministrazioni statali vanno accolti il terzo motivo e, nei termini appena illustrati, il quarto, mentre vanno rigettati i primi due.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, escludendo dalla condanna emessa dal giudice d’appello i Ministeri e circoscrivendo l’importo dovuto a NOME COGNOME per la sola specializzazione in biologia clinica, ad Euro 6.713,00, oltre agli accessori come già riconosciuti dal giudice del merito.
B.1. Con l’unico motivo del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME formulato in via condizionata all’accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale o di almeno uno di essi, viene denunciata « Violazione e falsa applicazione dell’art. 103, co. 2 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3) e degli artt. 112, 166 e 167 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3) e n. 4) c.p.c. per avere la corte di appello erroneamente ritenuto inammissibile il primo motivo di appello nella parte in cui questo correttamente censurava la sentenza di primo grado che aveva ritenuto che il giudizio r.g. 68471/2015 fosse un nuovo giudizio autonomo e non la prosecuzione del giudizio separato dalla causa r.g. 1000/2014, e in conseguenza di tale errore ha ritenuto che non esistesse alcuna eccezione di prescrizione per non essere stata questa reiterata nel giudizio proseguito, mentre avrebbe dovuto invece accertare che l’eccezione era stata tardivamente proposta nel giudizio originario e quindi era inammissibile ».
B.1.1. Il motivo -e con esso l’intero ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME -resta assorbito per effetto del rigetto dei primi due motivi del ricorso principale.
C.1. Con il primo motivo del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, viene denunciata « Violazione e falsa applicazione dell’art. 112, 342, 346 e 359 c.p.c. in relazione ai nn. 3 e 4 dell’art. 360 c.p.c. ».
I ricorrenti incidentali, « nella denegata ipotesi in cui dovesse essere accolto il ricorso avverso », impugnano « la sentenza della Corte territoriale nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il primo motivo di appello » (pag.8 del controricorso contenete il ricorso incidentale).
C.1.1. Con evidenza, anche questo motivo risulta condizionato all’accoglimento dei primi due motivi (o di almeno uno di essi) del ricorso principale sicché resta assorbito per effetto della statuizione di rigetto di detti motivi.
C.2. Con il secondo motivo, riferibile al solo NOME COGNOME, viene denunciata la « Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie, degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE.; delle Dir CEE 82/76, 75/363 e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000, in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c. ».
È impugnata la statuizione con cui la Corte d’appello, nell’accogliere la domanda del ricorrente con riguardo alla specializzazione in ortopedia, l’ha però rigettata con riguardo a quella in chirurgia della mano, conseguita tra il 1983 e il 1986, corso non incluso negli elenchi della direttiva riconoscimento, sul rilievo che per esso non era « stata provata l’equipollenza con un corso previsto all’elenco di cui all’art. 7 » (pag.5 della sentenza impugnata).
Il ricorrente deduce che « l’elenco di cui alle Direttive CEE deve considerarsi tutt’altro che tassativo » e richiama la pronuncia di questa Corte (Cass. n. 5690/2024) ove si evidenzia come ‘ la normativa interna, in sede di formazione dell’elenco di cui al d.m. 31.10.1991, si sia posta in funzione meramente e fedelmente attuativa della fonte di ascendenza comunitaria, limitandosi ad esplicitare quanto nella stessa doveva ritenersi già immanente ‘ .
C.2.1. Il motivo è infondato.
Anzitutto, va ricordato che l’inclusione del corso di specializzazione nelle professioni sanitarie tra quelli di cui agli elenchi allegati alle direttive europee che sanciscono l’obbligo per lo Stato membro di provvedere ad una adeguata remunerazione per il periodo di frequenza (ovvero la sua equipollenza a quelli riconosciuti in almeno due Stati membri), rappresenta uno dei fatti costitutivi del diritto del medico specializzato ad ottenere l ‘ indennizzo per la mancata (o tardiva) attuazione delle suddette direttive ( ex multis , Cass. n. 25414 del 2022); fatto costitutivo che l ‘ attore deve specificamente allegare nella sua domanda e, ove occorra, deve altresì provare in giudizio.
La questione è rilevante sia in diritto (con riguardo alla corrispondenza tra la specializzazione conseguita dall’attore e quelle espressamente incluse negli elenchi allegati alle direttive), sia eventualmente in fatto (con riguardo alla sua equipollenza rispetto alle diverse specializzazioni previste negli altri Stati membri).
La circostanza che il giudizio sulla concreta equipollenza implichi necessariamente anche riscontri fattuali, devoluti al giudice di merito, esclude che esso possa essere formulato sulla base di una mera assonanza terminologica tra due o più corsi in comparazione.
Questa Corte ha già chiarito, al riguardo, che non si verte in materia di mera questione nominale, risolvibile attraverso la verifica della più o
meno simile denominazione della specializzazione, ma di questione di fatto che implica l’accertamento del contenuto e delle modalità di svolgimento dei corsi di specializzazione.
Per tale ragione, l’eventuale assonanza terminologica tra le denominazioni dei corsi di specializzazione frequentati con quelli comuni a tutti o ad almeno due paesi dell’Unione e ricompresi negli elenchi della direttiva ‘riconoscimento’, non giustifica l’a ssunto che i primi costituiscano solo una variante nominale dei secondi; piuttosto essa assonanza altro non esprime se non la prospettazione del fondamento di natura fattuale di cui s’è detto (concreta equipollenza del corso, indipendentemente dalla sua denominazione, ad un corso di specializzazione comune a due o più altri Stati membri e, come tale, indicato nell’art. 7 della direttiva); fondamento fattuale che è onere dell’istante allegare e provare, e che spetta al giudice del merito accertare (cfr., in termini, Cass. n. 25414 del 2002; in precedenza già, in tal senso, Cass. n. 458 del 2019).
Deve, poi, rilevarsi che -contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente -nessun rilievo può attribuirsi alla normativa interna di rango regolamentare in ordine alla ‘equipollenza’.
Questa Corte, in analoghe fattispecie, ha rimarcato che un credito risarcitorio (o, se si preferisce, indennitario) in tanto sarebbe predicabile in iure , in quanto potesse affermarsi che, se lo Stato italiano avesse dato attuazione alle direttive comunitarie entro il termine da quelle previsto, il ricorrente avrebbe beneficiato di un incremento patrimoniale che invece ha perduto.
Nel caso di specie, il ricorrente NOME COGNOME ha dedotto di avere frequentato la scuola di specializzazione in chirurgia della mano nel periodo ricompreso tra gli anni 1983-1986.
Pertanto, nel periodo compreso tra la scadenza del termine per lo Stato italiano di dare attuazione alle direttive comunitarie (1982) e il completamento del corso di specializzazione da parte del ricorrente principale, non esisteva ancora alcuna delle norme sulla «equipollenza» delle specializzazioni da lui invocate (segnatamente, il decreto ministeriale 30 ottobre 1991).
Giova, al riguardo, rammentare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito che i medici che, prima del 1991, hanno iniziato a frequentare una scuola di specializzazione non contemplata dalle direttive 75/362/CEE e 75/363/CEE e successive integrazioni – e della quale non sia stata dimostrata l’equipollenza di fatto a quelle ivi previste – non hanno diritto al risarcimento del danno nei confronti dello Stato per tardiva attuazione delle suddette direttive, a nulla rilevando che la specializzazione conseguita sia stata successivamente inclusa tra quelle qualificate ‘ conformi alle norme delle Comunità economiche europee ‘ dal d.m. 31 ottobre 1991 (Cass., Sez. Un., 14/10/2024, n. 26603).
Il motivo va dunque rigettato.
C.3. Con il terzo motivo del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, viene denunciata la « Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o te tardivo recepimento di direttive comunitarie, degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE.; delle Dir CEE 82/76, 75/363 e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000; degli artt. 2, 3, 10 e 97 Cost.; dell’art. 6 del Decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257 (in Gazz. Uff., 16 agosto, n. 191) e dell’art. 11 della Legge n. 370/99 – Violazione o falsa applicazione del REGCE 03/05/1998 n.974/98, (in G.U.C.E. 11 maggio 1998, n. L 139)
e REGCE 31 dicembre 1998, n. 2866/982 (in G.U.C.E. 31 dicembre 1998, n. L 359.); degli artt. 1223, 1226, 1227 e 2056 c.c., dell’art. 11 della Legge n. 370/99 e del D.lgs n. 257/91, violazione dell’art. 112 c.p.c., nonché omesso esame di un fatto decisivo in relazione ai nn. 3 dell’art. 360 c.p.c. » .
La sentenza impugnata è censurata perché, dopo avere riconosciuto la fondatezza delle pretese di tutti gli attori (ad eccezione di quella di NOME COGNOME relativa alla prima delle due specializzazioni da lui conseguite), ha liquidato l’importo spettante a ciascuno di essi sulla base del parametro p revisto dall’art. 11 d ella legge n. 370 del 1999, ovverosia l’importo di Euro 6.713,94 .
I ricorrenti sostengono che, nel solco della sentenza della C.G.U.E. del 24 gennaio 2018 (nelle cause riunite C-616/16 e C-617/16), il risarcimento, ai fini del ristoro della perdita sofferta dai medici specializzandi, avrebbe dovuto conformarsi ai principi di equivalenza, effettività ed adeguatezza.
Deducono che l ‘ unica normativa di riferimento sarebbe il D.Lgs. n. 257 del 1991, di trasposizione della normativa comunitaria.
Citano le affermazioni della Commissione Europea nel procedimento n. C -590/20 e invocano un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia perché « chiarisca quali siano i parametri astratti dell ‘ equivalenza, effettività ed adeguatezza del risarcimento del danno ».
C.4. Con il quarto motivo del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, viene denunciata la « violazione o falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 1227, 2056 c.c., dell’art. 11 della L. 370/1999 e del D. Lgs. 257 del 1991, nonché omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione in punto di liquidazione del danno in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c .».
I ricorrenti censurano la sentenza impugnata per non aver liquidato gli interessi compensativi, nonostante il debito gravante a carico dell’amministrazione avesse natura di debito di valore.
C.5. Con il quinto motivo del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, viene denunciata la « violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di risarcimento del danno derivante da omesso e/o tardivo recepimento di direttive comunitarie, degli artt. 5 e 189 del Trattato CEE, delle Dir CEE 82/76, 75/363 e 93/16, delle sentenze della Corte di Giustizia Europea 25 febbraio 1999 (procedimento C-131/97) e del 3 ottobre 2000; degli artt. 2,3,10 e 97 Cost; violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU (diritto al rispetto dei beni), dell’art. 6 del Decreto Legislativo 8 agosto 1991, n. 257 (in Gazz. Uff. 16 agosto n. 191) e dell’art. 11 della Legge 370/99 -violazione o falsa applicazione del REGCE 03/05/1998 n. 974/98, (in G.U.C.E. 11 maggio 1998, n. L. 139) e REGCE 31 dicembre 1998, n. 2866/982 (in G.U.C.E. 31 dicembre 1998, n. L. 359), degli artt. 1223, 1226, 1227 e 2056 c.c. dell’art. 11 della Legge n. 370/99 e del D.Lgs. n. 257/91, violazione dell’art. 112 c.p.c., nonché omesso esame di un fatto decisivo in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c. ».
I ricorrenti, con riferimento alle precedenti censure, deducono che l’omesso riconoscimento del diritto al risarcimento del danno per la mancata puntuale trasposizione della Direttiva 82/76/CEE, nonché di quello alla corresponsione della rivalutazione monetaria e degli interessi compensativi sulle somme tardivamente conferite a titolo risarcitorio, avrebbe concretato una ingerenza nel diritto al pacifico
godimento dei beni incompatibile con l’art. 1, Protocollo 1, della Convenzione EDU.
C.5.1. Il terzo, il quarto e il quinto motivo del ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME -da esaminare congiuntamente stante la loro connessione -sono inammissibili, ai sensi dell ‘ art. 360bis n. 1 cod. proc. civ., poiché la Corte d ‘ appello ha deciso conformemente alla consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità e l’esame delle prospettate doglianze non offre elementi per una rimeditazione della stessa.
C.5.1.a. Questa Corte ha reiteratamente affermato che le somme da corrispondere ai medici specializzandi italiani che hanno frequentato il corso di specializzazione dopo il 31 dicembre 1982, derivanti dal tardivo recepimento delle direttive CEE n. 362 del 1975 e n. 76 del 1982, non possono essere commisurate all’importo della borsa di studio così come introdotta e quantificata nel d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257, che non ha efficacia retroattiva ed è diretto ad individuare, secondo la discrezionalità del legislatore interno, la misura della retribuzione dovuta per le prestazioni fornite dai medici specializzandi.
L’obbligazione scaturente dalla mancata attuazione di direttive, invece, non ha natura retributiva né può dar luogo ad una riparazione integrale, desumibile dai criteri di calcolo della legge sopracitata. Essa ha piuttosto natura para-risarcitoria e la prestazione che ne forma oggetto deve essere quantificata sulla base di un parametro equitativo fondato sul canone di parità di trattamento per situazioni analoghe.
Questo parametro deve essere desunto dalle indicazioni contenute nella legge 19 ottobre 1999, n. 370, con la quale lo Stato italiano ha ritenuto di procedere ad un parziale adempimento soggettivo nei confronti di tutte le categorie che, dopo il 31 dicembre 1982, si siano
trovate nelle condizioni fattuali idonee all’acquisizione dei diritti previsti dalle direttive comunitarie, senza però essere ricompresi nel d.lgs. n. 257 del 1991.
Con l’art.11 della legge n. 370 del 1999, lo Stato italiano, in coerenza ai criteri dettati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha compiuto una aestimatio del danno da ritardata attuazione della direttiva comunitaria in grado di contemplare le sue diverse componenti, e dunque tanto il pregiudizio da mancata percezione della remunerazione adeguata da parte dello specializzando, quanto quello relativo all’ini doneità del diploma di specializzazione al riconoscimento negli altri Stati membri, e al suo minor valore sul piano interno ai fini dei concorsi per l’accesso ai profili professionali.
il parametro di cui al citato art. 11 della legge n. 370 del 1999, è di per sé sufficiente a coprire tutta l’area dei pregiudizi causalmente collegabili al tardivo adempimento del legislatore italiano all’obbligo di trasposizione della normativa comunitaria, salva la rigorosa prova -nella fattispecie mancante -di circostanze diverse da quelle normali, tempestivamente e analiticamente dedotte in giudizio prima della maturazione delle preclusioni assertive o di merito e di quelle istruttorie ( ex multis , cfr., solo tra le più recenti, Cass. 21/12/2021, n. 41076; Cass. 26/07/2022, n. 23350; Cass. 25/08/2022, n. 25365; Cass. 12/09/2022, n. 26812; Cass. 13/09/2022, n. 26901).
C.5.1.b. Quanto alle specifiche doglianze sulla mancata corresponsione degli interessi compensativi e della rivalutazione monetaria, va ribadito che, venendo in considerazione un peculiare diritto (para)risarcitorio, la sua liquidazione equitativa -da compiersi, come detto, sulla base delle indicazioni contenute nella legge n. 370 del 1999 -comporta esclusivamente la decorrenza degli interessi (moratori) nella misura legale (e non anche la necessità della
rivalutazione monetaria, salva la prova del maggior danno ai sensi dell’art. 1224, secondo comma, c.c.) dalla data in cui l’obbligazione risarcitoria, mediante ‘monetizzazione’, si converte da debito di valore a debito di valuta (Cass., Sez. Un., 27/11/2018, n. 30649; in precedenza cfr. già Cass. 09/02/2012, n. 1917 e Cass. 06/11/2014, n. 23635; successivamente v. Cass. 10/01/2019, n. 458 e Cass. 24/01/2020, n. 1641).
C.5.1.c. Neppure può essere accolta l’istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Al riguardo, questa Corte ha già chiarito (v. Cass. 21/12/2021, n. 41076, cit. ) che lo stabilire quale dovesse essere la remunerazione dovuta ai frequentanti i corsi di specializzazione in medicina è una scelta discrezionale che l’ordinamento europeo ha lasciato agli Stati membri.
Pertanto, nella sentenza impugnata non è ravvisabile alcuna violazione del diritto eurounitario, il quale non si occupa della quantificazione della remunerazione dovuta ai frequentanti le scuole di specializzazione (Cass. 13/06/2018 n. 15520; Cass.28/06/2018, n. 17051; Cass. 10/12/2018, n. 31922).
C.5.1.d. In proposito, non è ipotizzabile alcuna disparità di trattamento fra coloro che si sono iscritti alle scuole di specializzazione dopo il 1991 e coloro che le hanno frequentate in precedenza.
Se è vero, infatti, che ai secondi è stata riconosciuta una remunerazione maggiore del risarcimento liquidato ope legis ai primi, è altrettanto vero che soltanto i secondi, nell’iscriversi alle scuole di specializzazione, hanno assunto oneri ed impegni (quali, ad es., il tempo pieno) non gravanti sui primi.
C.5.1.e. Deve, ancora, evidenziarsi, reiterando un rilievo già formulato e ribadito da questa Corte (Cass.12/09/2022, n. 26812, cit. )
che la doglianza dei ricorrenti circa la mancata liquidazione del danno nella maggior misura prevista dal d.lgs. n. 257 del 1991, muove dall’indimostrato assunto che se il legislatore avesse dato tempestiva attuazione alla Direttiva 82/76, il compenso che lo Stato avrebbe loro corrisposto tra il 1982 ed il 1991 sarebbe stato comunque superiore a quello che sarebbe stato poi stabilito dalla legge n. 370 del 1999.
L’assunto, tuttavia, è arbitrario in quanto omette di tenere conto sia della cesura temporale tra le due epoche, nonché dei profondi mutamenti macroeconomici che le differenziano, sia della già evidenziata circostanza che la quantificazione della remunerazione dovuta ai frequentanti i corsi di specializzazione in medicina costituisce oggetto di un potere discrezionale del legislatore interno, sul quale nessuna ingerenza svolge il diritto eurounitario.
C.5.1.f. Infine, è appena il caso di aggiungere che non può attribuirsi alcuna rilevanza, in senso contrario, all’eccentrico argomento, formulato dai ricorrenti, fondato sulla circostanza che la Commissione Europea avrebbe stigmatizzato la contrarietà al diritto comunitario di norme nazionali che precludono il pagamento di somme a titolo di interessi o rivalutazione, essendo sufficiente rilevare, al riguardo, che il procedimento in cui tale posizione sarebbe stata espressa riguardava soggetti iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici anteriori al 1982-1983, ai quali si è riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, peraltro a partire dal 1° gennaio 1983, da liquidarsi negli importi previsti dall’art. 11 della legge n. 370 del 1999 (cfr. la sentenza 3 marzo 2022, in C-590/20, della Corte di giustizia Europea, nonché Cass., Sez. Un., 23/06/2022, n. 20278, cit.).
In conclusione, va accolto il terzo motivo e, nei sensi di cui in motivazione, il quarto motivo del ricorso principale proposto dalle
amministrazioni statali indicate in epigrafe; vanno rigettati i primi due motivi di questo ricorso.
Va dichiarato assorbito il ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME.
Va complessivamente rigettato il ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Cassata la sentenza in relazione ai motivi del ricorso principale accolti e nei limiti di tale accoglimento, decidendo la causa nel merito, le statuizioni di condanna emesse dalla Corte d’appello va nno circoscritte, soggettivamente, alla sola Presidenza del Consiglio dei Ministri e, oggettivamente, in relazione al solo importo spettante a NOME COGNOME per la specializzazione in biologia clinica, alla somma di Euro 6.713,00, oltre accessori come liquidati dal giudice del merito, mentre restano ferme le altre statuizioni, anche in ordine alle spese dei gradi di merito.
La reciproca soccombenza giustifica invece l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo e, nei sensi di cui in motivazione, il quarto motivo del ricorso principale proposto dalle amministrazioni statali indicate in epigrafe; rigetta i primi due motivi di questo ricorso.
Dichiara assorbito il ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME.
Rigetta il ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, circoscrive soggettivamente le statuizioni di condanna emesse dalla Corte d’appello di Roma alla sola Presidenza
del Consiglio dei Ministri, escludendo dai loro destinatari i Ministeri indicati in epigrafe; limita oggettivamente l’importo dovuto a NOME COGNOME per il corso di specializzazione in biologia clinica, alla somma di Euro 6.713,00, oltre accessori come già riconosciuti dal giudice del merito, ferme le ulteriori statuizioni della sentenza impugnata, anche in ordine alle spese dei gradi di merito.
Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione