Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17986 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17986 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/07/2025
Oggetto
Responsabilità civile p.a. -Mancata attuazione direttive comunitarie -Medici specializzandi
NOME COGNOME
Presidente –
Oggetto
NOME COGNOME
Consigliere –
R.G.N. 16647/2020
NOME COGNOME
Consigliere Rel. –
NOME COGNOME
Consigliere –
COGNOME
NOME COGNOME
Consigliere –
CC – 27/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16647/2020 R.G. proposto da COGNOME COGNOME rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME domiciliati digitalmente ex lege ;
-ricorrenti –
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Salute, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e Ministero dell’Economia e delle Finanze, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata digitalmente ex lege ;
-controricorrenti – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 7792/2019, depositata il 13 dicembre 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME convenne in giudizio, nel 2010, davanti al Tribunale di Roma, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e gli altri Ministeri in epigrafe, chiedendo il riconoscimento della remunerazione dovuta per l’attività svolta durante il corso di specializzazione in oncologia medica presso l’Università degli studi ‘Sapienza’ di Roma (ove aveva aveva conseguito il diploma nell’anno 1993), anche a titolo di risarcimento del danno o equo indennizzo per arricchimento senza causa.
Il Tribunale accolse in parte la domanda riconoscendo il diritto dell’istante al risarcimento del danno per la mancata attuazione della direttiva CEE 82/76 e liquidandolo nell’importo di Euro 33.568,69.
In accoglimento del gravame interposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed in totale riforma della decisione di primo grado la Corte d’appello di Roma ha rigettato la domanda del COGNOME sul duplice rilievo che la specializzazione conseguita non rientrava negli elenchi delle direttive europee e che l’istante non aveva allegato né dato prova che il corso frequentato avesse comunque, di fatto, caratteristiche analoghe a quelle di una scuola di specializzazione comune a due o più Stati membri.
Per la cassazione di tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, cui le Amministrazioni intimate hanno resistito, depositando controricorso.
Il P .G. ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto l’accoglimento del ricorso, in relazione al primo motivo.
All’esito della pubblica udienza del 26 maggio 2023 la Prima Sezione Civile di questa Corte, con ordinanza interlocutoria n. 20453 del 17/07/2023, ha rimesso la causa ad altra pubblica udienza in attesa del deposito della relazione richiesta, con ordinanza della
stessa Sezione resa in altro procedimento, all’Ufficio del Massimario , su alcune delle questioni agitate anche nel ricorso in esame.
All’esito della successiva udienza pubblica del 13 giugno 2024 , in vista della quale il P .G. aveva depositato conclusioni scritte nello stesso senso di quelle precedentemente rassegnate, la Prima Sezione Civile con ordinanza interlocutoria n. 23459 del 02/09/2024 ha rinviato la causa a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite sulla questione ad esse rimessa con ordinanza interlocutoria della Prima Sezione n. 5690 del 04/03/2024.
Con successivo decreto del 31 gennaio 2025 il ricorso è stato trasmesso a questa Sezione per competenza tabellare.
È stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata da rituale comunicazione alle parti.
Non sono state depositate nuove conclusioni dal Pubblico Ministero.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia « violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 », lamentando che la Corte d’appello abbia pronunciato ultra petita su eccezione (quella della non inclusione della specializzazione conseguita negli elenchi di cui alle direttive europee) mai tempestivamente sollevata nel giudizio di primo grado e inammissibilmente opposta dalla controparte per la prima volta con l’atto d’appello.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia « violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 189 Trattato CEE, delle direttive CEE 82/6, 75/363 e 93/16, art. 7, comma 2, della Direttiva 75/362/CEE, degli artt. 2, 3 e 10 Cost., d.lgs. n. 257 del 1991, e degli artt. 61, 62, 115, 116 e 184 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 » lamentando la mancata considerazione, da parte della Corte d’appello, dell’alternativo presupposto della equipollenza di fatto della specializzazione conseguita a quella comune a due o più Stati membri, anche alla luce del fatto che, con il decreto 31 ottobre 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 262 dell’8 novembre 1991, il Ministero dell’università aveva inserito la specializzazione in oncologia tra le specializzazioni di tipologia e durata conformi alle norme della comunità europea.
3. Il primo motivo è infondato.
In disparte la non illustrata prospettazione di un vizio di motivazione « omessa, insufficiente e contraddittoria », comunque inammissibile nella parte in cui evoca un vizio cassatorio non più previsto tra quelli tipizzati ne ll’art. 360 c.p.c. , l’unica censura effettivamente proposta deduce un vizio di ultrapetizione ( error in procedendo ) in realtà certamente insussistente.
Occorre invero rammentare che, come già più volte evidenziato da questa Corte (v. Cass. 11/02/2022, n. 4575; 14/12/2021, n. 39826; 29/11/2021, n. 37251; 14/12/2020, n. 28440; 26/07/2019, n. 20303; 26/08/2022, n. 25414) e come anche correttamente rilevato dalla Corte di merito:
-l’inclusione del corso di specializzazione nelle professioni sanitarie tra quelli di cui agli elenchi allegati alle direttive europee che sanciscono l’obbligo per lo Stato membro di prevedere una adeguata remunerazione per il periodo di frequenza (ovvero la sua equipollenza a quelli riconosciuti in almeno due stati membri), rappresenta uno dei fatti costitutivi del diritto del medico specializzato ad ottenere l’indennizzo per la mancata (o tardiva) attuazione delle suddette direttive (cfr. Cass. n. 23577 del 2011 e n. 458 del 2019);
-non è dunque configurabile la mancata inclusione negli elenchi in questione come un fatto impeditivo del diritto di cui si discute;
-si tratta, in altri termini, di un elemento costitutivo della fattispecie, che l’attore deve specificamente allegare nella sua domanda e, ove occorra, deve altresì provare in giudizio;
-la sua effettiva sussistenza va, di conseguenza, sempre verificata dal giudice, indipendentemente dalla proposizione di una specifica eccezione in proposito da parte del convenuto (e senza che vi sia alcuna necessità di sollecitare le parti ad un ulteriore contraddittorio su di esso);
-a fortiori deve pertanto considerarsi non preclusa dal divieto di cui all’art. 345, comma secondo, cod. proc. civ. la contestazione che l’amministrazione opponga in appello, trattandosi di mera difesa, salvi solo gli effetti della eventuale non contestazione;
-al riguardo occorre però considerare che la questione – come pure più volte sottolineato da questa Corte -è rilevante sia in diritto (con riguardo alla corrispondenza tra la specializzazione conseguita dall’attore e quelle espressamente incluse negli elenchi allegati alle direttive), sia eventualmente in fatto (con riguardo alla sua equipollenza rispetto alle diverse specializzazioni previste negli altri stati membri): lo stesso principio di non contestazione, in proposito, può quindi eventualmente operare con esclusivo riguardo agli aspetti rilevanti in fatto (eventuale equipollenza);
─ in altri termini, solo l’acquisizione al processo di detta componente fattuale del fondamento della domanda, in virtù del principio di non contestazione, può rilevarsi preclusiva del rilievo in appello officioso o su impulso dell’amministrazione – del difetto del requisito della equipollenza;
-l’operatività del principio di non contestazione è però condizionata, come noto, anche al grado di specificità delle allegazioni in fatto poste a fondamento della domanda: se questa è generica,
basterà dunque una contestazione altrettanto generica;
─ onde dunque far valere, nel giudizio di legittimità, detta preclusione non è sufficiente dedurre la novità della contestazione perché per la prima volta proposta in appello, non trattandosi di eccezione in senso stretto soggetta al divieto di cui all’art. 345, comma secondo, cod. proc. civ., ma occorre allegare l’esistenza di un accertamento di fatto, già formatosi e consolidatosi in primo grado in virtù del principio di non contestazione e, dunque, indicare la sede dei da cui tale accertamento emergeva e, prima ancora, il modo in cui si era formato (v., in tal senso, Cass. 15/11/2016, n. 23199, in motivazione);
─ nella specie, mancano specifiche indicazioni in ricorso circa la sede dei gradi merito e il tenore delle allegazioni in cui detto accertamento sia stato sollecitato.
Il motivo, dunque, si appalesa carente sotto tale profilo, omettendo di individuare in quali termini erano stati indicati i fatti costitutivi della domanda.
4. Il secondo motivo è parimenti infondato.
Pronunciando sulla questione ad esse rimessa con la sopra menzionata ordinanza interlocutoria della Prima Sezione n. n. 5690 04/03/2024, le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 26603 del 14/10/2024 alle cui motivazione è sufficiente in questa sede far rimando, hanno affermato il principio secondo cui « i medici che, prima del 1991, hanno iniziato a frequentare una scuola di specializzazione non contemplata dalle direttive 75/362/CEE e 75/363/CEE e successive integrazioni – e della quale non sia stata dimostrata l’equipollenza di fatto a quelle ivi previste – non hanno diritto al risarcimento del danno nei confronti dello Stato per tardiva attuazione delle suddette direttive, a nulla rilevando che la specializzazione conseguita sia stata successivamente inclusa tra quelle qualificate ‘conformi alle norme delle Comunità economiche
europee” dal d.m. 31 ottobre 1991 ».
Il principio, considerato quanto già rilevato con riferimento al primo motivo, evidenzia di per sé l’infondatezza dell’argomento sussidiariamente proposto con il secondo motivo.
5. Il ricorso deve essere dunque rigettato.
Avuto tuttavia riguardo alle incertezze manifestatesi nella giurisprudenza di questa Corte con riferimento alla questione posta con il secondo motivo, per tal motivo rimessa alle Sezioni Unite, si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione delle spese.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese processuali.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P .R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza