Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20777 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20777 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
R.G. 14875/2022
COGNOME
Rep.
C.C. 25/6/2025
C.C. 14/4/2022
MEDICI SPECIALIZZANDI.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14875/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME tutti rappresentati e difesi da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliati presso l’indirizzo PEC indicato dal difensore
-ricorrenti-
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL ‘ ECONOMIA E FINANZE, MINISTERO DELL’ ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA, MINISTERO DELLA SALUTE, tutti rappresentati e difesi per legge dall’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO, elettivamente domiciliati presso l’indirizzo PEC indicato dal difensore
-controricorrenti-
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di ROMA n. 8340/2021 depositata il 17/12/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/06/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso ai sensi dell’art. 702 -bis cod. proc. civ. i dottori NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero della salute, il Ministero dell’istruzione e dell’università e il Ministero dell’economia e delle finanze e -sulla premessa di aver frequentato e positivamente concluso alcuni corsi di specializzazione nel periodo che va dal 1984 al 1991, senza percepire alcun compenso -chiesero che fosse riconosciuto il loro diritto a percepire un’adeguata remunerazione in relazione al periodo di specializzazione, nella misura di euro 11.103,82 per ciascun anno di corso.
A sostegno della domanda gli attori esposero, tra l’altro, di essersi laureati in medicina e di aver conseguito, rispettivamente, il dott. COGNOME e la dott.ssa COGNOME la specializzazione in medicina legale e delle assicurazioni, il dott. COGNOME la specializzazione in criminologia clinica e la dott.ssa COGNOME quella in pediatria preventiva e puericultura.
Si costituirono in giudizio la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri convenuti, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e la prescrizione del diritto e chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda.
Il Tribunale rigettò la domanda e compensò le spese di lite, rilevando che, pur non essendo fondata l’eccezione di prescrizione, le specializzazioni conseguite dai medici attori non rientravano tra quelle comprese negli elenchi di cui agli artt. 5 e 7 della direttiva 75/362/CEE.
La decisione è stata impugnata dai medici soccombenti e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 17 dicembre 2021, ha rigettato il gravame e ha condannato gli appellanti al pagamento delle spese del grado.
Dopo aver confermato, rigettando il primo motivo di appello, che la legittimazione passiva doveva essere riconosciuta soltanto alla Presidenza del Consiglio dei ministri, la Corte territoriale ha osservato che gli appellanti non avevano «tempestivamente allegato nell’atto introduttivo del giudizio né dimostrato l’equipollenza delle specializzazioni da loro conseguite rispetto ad una di quelle previste da almeno due Stati membri, al di là delle denominazioni, a fronte della specifica contestazione della difesa erariale in merito alla loro inclusione nell’elenco di cui agli artt. 5 e 7 della direttiva CEE 362 del 1975».
Soltanto nell’atto di appello essi avevano sostenuto che le specializzazioni da loro conseguire fossero comprese nell’elenco di cui al d.m. 31 ottobre 1991. Quest’ultimo, però, era intervenuto quando i dottori NOME e NOME COGNOME avevano già conseguito i rispettivi diplomi di specializzazione, né era stata allegata e dimostrata l’equipollenza con una delle specializzazioni contenute negli elenchi suindicati. Analogamente, la dott.ssa COGNOME non aveva mai provato l’equipollenza del suo diploma con quello di specializzazione in pediatria. Quanto, poi, alla specializzazione in medicina legale conseguita dal dott. COGNOME la Corte di merito ha rilevato che non sussisteva alcuna inadempienza dello Stato italiano in relazione alla medicina legale, per cui la domanda risarcitoria doveva essere rigettata.
Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma propongono ricorso i dottori NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con unico atto affidato a due motivi.
Resistono la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli altri Ministeri suindicati con un unico controricorso.
La trattazione è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ. e il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 4), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione delle direttive CEE 82/76, 75/363, 75/362, dell’art. 6 del d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257, del d.m. 31 ottobre 1991 e degli artt. 99, 101, 102 e 112 cod. proc. civ., in particolare per aver rigettato la domanda avanzata dal dott. COGNOME per l’asserita esclusione della specializzazione da lui conseguita dagli elenchi di cui alle suindicate direttive europee.
Il motivo premette che il dott. COGNOME si iscrisse alla scuola di specializzazione in medicina legale nell’anno accademico 1990 -1991 e che conseguì il diploma in data 6 luglio 1994. Il diritto del medico a conseguire la giusta remunerazione dovrebbe essere valutato non solo in base agli elenchi contenuti nelle direttive europee suindicate, ma anche in base ai successivi decreti emessi dal Ministero dell’università in accordo con la previsione dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 257 del 1991. Fra questi, in particolare, il d.m. 31 ottobre 1991 ricomprende la specializzazione in medicina legale e la stessa Corte d’appello ha accertato che il dott. COGNOME aveva completato la propria formazione dopo l’entrata in vigore di quest’ultimo. Il d.m. 31 ottobre 1991 sancisce, secondo i ricorrenti, l’equipollenza tra le specializzazioni, con conseguente spettanza del relativo risarcimento negato dalla Corte d’appello.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione delle direttive CEE 82/76, 75/363, 75/362, della direttiva n. 93/16 CE, del d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257, del d.m. 31 ottobre 1991, del d.m. 27 luglio 1990, del d.P.R. n. 162 del 1982,
del d.m. 10 marzo 1983 e del d.m. 30 gennaio 1998, per aver negato la sussistenza del diritto alla remunerazione in capo agli altri ricorrenti anche se le specializzazioni da loro conseguite erano state già riconosciute equipollenti in virtù di espressi provvedimenti normativi.
La censura richiama alcune osservazioni contenute nel primo motivo e insiste sul fatto che si sarebbe dovuta riconoscere l’equipollenza tra le specializzazioni conseguite dai ricorrenti NOME COGNOME NOME COGNOME e COGNOME e quelle di cui alle direttive europee. In relazione, specialmente, alla specializzazione in pediatria preventiva e puericultura conseguita dalla dott.ssa COGNOME il ricorso osserva che l’equipollenza sarebbe derivante anche dal d.m. 27 luglio 1990 relativo alle modalità di assunzione presso le USL, e che la specializzazione in criminologia clinica conseguita dal dott. COGNOME sarebbe equivalente a quella in medicina legale.
Il Collegio ricorda, innanzitutto, che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 14 ottobre 2024, n. 26603, recependo una giurisprudenza che già si era andata stabilizzando nello stesso senso (ordinanza 7 luglio 2023, n. 19313), hanno affermato il principio secondo cui i medici che, prima del 1991, hanno iniziato a frequentare una scuola di specializzazione non contemplata dalle direttive 75/362/CEE e 75/363/CEE e successive integrazioni, della quale non sia stata dimostrata l’equipollenza di fatto a quelle ivi previste, non hanno diritto al risarcimento del danno nei confronti dello Stato per tardiva attuazione delle suddette direttive, a nulla rilevando che la specializzazione conseguita sia stata successivamente ricompresa tra quelle qualificate ‘conformi alle norme delle Comunità economiche europee’ dal d.m. 31 ottobre 1991.
La sentenza ha affermato, tra l’altro, che, se la specializzazione è presente nell’elenco, al medico spetta
pacificamente il risarcimento; se, invece, tale inserimento manca, l’interessato è tenuto a provare l’equipollenza tra il corso da lui frequentato e quello previsto negli elenchi, non assumendo alcun rilievo il fatto che la specializzazione sia stata poi ricompresa nel d.m. suindicato. Il relativo onere della prova è sottoposto ai seguenti criteri indicati dalle Sezioni Unite alla p. 14 della motivazione:
«(a) se l’allegazione attorea è specifica, e la contestazione del convenuto manca od è generica, l’attore è sollevato dall’onere di provare i fatti allegati e genericamente contestati;
(b) se l’allegazione attorea è specifica, e la contestazione del convenuto è altrettanto specifica, l’attore ha l’onere di provare i fatti allegati;
(c) se l’allegazione attorea è generica (e sempre che tale genericità non comporti la nullità della citazione, ai sensi dell’art. 164 c.p.c.), e la contestazione del convenuto è altrettanto generica, l’attore ha l’onere di provare i fatti allegati;
(d) se l’allegazione attorea è generica, e la contestazione del convenuto è specifica (il che non può teoricamente escludersi), l’attore ha non solo l’onere di provare i fatti allegati, ma prima ancora -quello di contestare analiticamente i fatti dedotti dal convenuto, che altrimenti dovranno darsi per ammessi (per tutti e quattro questi princìpi si vedano già Sez. Terza, Ordinanza n. 11252 del 10/05/2018 e Sez. Terza, Ordinanza n. 19340 del 03/08/2017)».
Tali principi, ai quali l’odierna decisione intende dare continuità, devono essere letti alla luce di quello che è un passaggio decisivo della sentenza impugnata, là dove la Corte d’appello con un’affermazione che non risulta essere stata contestata nel ricorso -ha osservato che gli appellanti (odierni ricorrenti) non avevano «tempestivamente allegato nell’atto introduttivo del giudizio né dimostrato l’equipollenza delle
specializzazioni da loro conseguite rispetto ad una di quelle previste da almeno altri due Stati membri». Il che viene a significare che le osservazioni critiche contenute nei due motivi di ricorso -ciascuno in relazione alle singole specializzazioni di cui si discute -dimostrano di non cogliere la ratio decidendi della sentenza impugnata, proprio alla luce dell’orientamento tracciato dalle Sezioni Unite nella suindicata pronuncia.
Ciò premesso, il Collegio ritiene di dover puntualizzare, ad abundantiam , che vi sono alcuni precedenti pronunce di questa Corte che si sono già occupate delle specializzazioni oggi in discussione.
In relazione a quella in medicina legale e delle assicurazioni si deve richiamare l’ordinanza 24 maggio 2023, n. 14404, secondo cui ai fini del riconoscimento, in favore dei medici specializzandi che abbiano frequentato un corso di medicina legale anteriormente all’anno accademico 1991/92, del diritto al risarcimento del danno per il tardivo recepimento delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, è necessaria la prova in concreto della relativa equipollenza a quelli previsti in almeno due Stati membri, il cui onere grava sull’attore, trattandosi di fatto costitutivo della domanda.
Quanto alla specializzazione in pediatria preventiva -assimilabile a quella conseguita dalla dott.ssa COGNOME in pediatria preventiva e puericultura -il Collegio richiama le ordinanze 26 luglio 2019, n. 20303, 11 febbraio 2022, n. 4575, e 29 agosto 2023, n. 25388, tutte in senso contrario all’equipollenza.
In relazione, infine, alla specializzazione in criminologia -la quale, ad ogni buon conto, non è stata neppure ricompresa nel noto d.m. 31 ottobre 1991 -è da richiamare l’ordinanza 29 maggio 2023, n. 15080, che pure ha escluso l’equipollenza.
Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna in solido dei ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n. 55, da compiere, attesa la pluralità dei ricorrenti, secondo i criteri di cui all’ordinanza 17 aprile 2024, n. 10367, ribaditi dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 26603 del 2024 già citata. La liquidazione deve avvenire assumendo a base di calcolo lo scaglione di valore compreso tra euro 26.001 ed euro 52.000 euro, pari all’importo della domanda di più elevato valore; individuando quale parametro base il valore di euro 4.000 (applicabile ratione temporis , e cioè prima delle modifiche di cui al d.m. n. 147 del 2022); aumentando il suddetto valore nella misura stabilita dall’art. 4, comma 2, ultimo periodo, del d.m. n. 55 del 2014, e quindi del 30 per cento per ciascuno dei soccombenti successivo al primo,
Sussistono, inoltre, i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna solidalmente i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 7.600, più spese eventualmente prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di tutti i ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza