Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11313 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11313 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
Oggetto
Responsabilità civile p.a. -Mancata attuazione direttive comunitarie -Medici specializzandi
NOME COGNOME
Presidente –
Oggetto
NOME COGNOME
Consigliere Rel. –
R.G.N. 17478/2022
NOME COGNOME
Consigliere –
NOME COGNOME
Consigliere –
COGNOME
NOME COGNOME
Consigliere –
CC – 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17478/2022 R.G. proposto da COGNOME AnnaCOGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME domiciliato digitalmente ex lege ;
-ricorrente –
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Salute, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e Ministero dell’Economia e delle Finanze, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata digitalmente ex lege ; -controricorrenti – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 8549/2021,
depositata il 29 dicembre 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1° aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME convenne in giudizio, nel 2013, davanti al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute e il Ministero dell’Economia e delle Finanze chiedendone la condanna, in solido, al risarcimento dei danni conseguenti alla mancata attuazione delle direttive europee 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE, assumendo di non aver percepito remunerazione alcuna, a titolo di borse di studio, durante gli anni di frequenza della scuola di specializzazione postuniversitaria in « Chirurgia vascolare » presso l’Università di Palermo dall’anno accademico 1985/86 al 1989/1990.
Con sentenza n. 16995 del 2015 il Tribunale, dichiarato il difetto di legittimazione passiva dei Ministeri, accolse la domanda in quanto proposta nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri, che condannò al pagamento in favore dell’istan te dell’importo di Euro 20.141,82, oltre interessi legali dal 27 marzo 2003 al soddisfo.
In accoglimento del gravame interposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e in riforma di tale decisione la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 8549/2021, resa pubblica il 29 dicembre 2021, ha rigettato la domanda, compensando le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ha infatti ritenuto che la specializzazione in « Chirurgia vascolare » non fosse inclusa negli elenchi delle specializzazioni comuni a tutti gli Stati membri e che non ne fosse stata provata l’e quipollenza a quelle istituite in almeno altri due Stati membri dell’UE, come richiesto dall’art. 7 della direttiva 75/362/CEE.
Per la cassazione di tale sentenza NOME COGNOME propone ricorso sulla base di due motivi, cui resistono le amministrazioni
intimate, depositando controricorso.
È stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata da rituale comunicazione alle parti.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo ─ rubricato « omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 comma primo punto 3 c.p.c.; omessa pronuncia sui motivi di gravame di cui al ricorso di appello; sulla non prescrizione del diritto vantato dalla ricorrente; violazione dell’art. 132 c.p.c. e 111 Cost.; violazione delle Direttive 16 giugno 1975, n. 75/362/Cee e n. 75/363/Cee » ─ la ricorrente rileva che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’Appello di Roma, la specializzazione in « Chirurgia vascolare » è inclusa negli elenchi delle specializzazioni comuni a due o più Stati membri dell’Unione Europea, come previsto dalle direttive comunitarie.
Sono svolte poi considerazioni volte a contestare la pure eccepita prescrizione del credito vantato (questione rimasta assorbita nel giudizio di appello).
Con il secondo motivo ─ rubricato « in merito alla legittimazione passiva violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., art. 39 d.lgs. 368/1999, art. 6 co. l, 2 e 3 d.lgs. 257/1991 » ─ la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto « assorbita ogni altra questione; ivi compreso l’appello incidentale sulla legittimazione passiva e sul merito, proposto in via condizionata all’accoglimento del l’ appello principale ».
Sostiene che la Presidenza del Consiglio dei Ministri è legittimata passivamente in quanto responsabile del recepimento delle direttive comunitarie nell’ordinamento interno e che lo sono anche i Ministeri convenuti (Ministero della Salute, Ministero dell’Istruzione, Università
e Ricerca, Ministero dell’Economia e delle Finanze), poiché hanno un potere d’impulso e/o concerto nell’applicare la normativa comunitaria.
Il primo motivo, nella pur confusa e contraddittoria enunciazione in rubrica di una pletorica serie di vizi cassatori, coglie nel segno là dove denuncia error in iudicando per violazione delle Direttive europee in relazione all’affermazione secondo cui la specializzazione in « Chirurgia vascolare » non sarebbe compresa nella Direttiva n. 75/362/Cee.
Il convincimento al riguardo espresso in sentenza si appalesa, invero, frutto di una lettura o, comunque, di una interpretazione erronea della menzionata Direttiva.
Questa invero, nella versione italiana, dispone all’articolo 6 (sono qui omesse le parti della norma non rilevanti per la questione in esame): « Ogni Stato membro … riconosce i diplomi, certificati ed altri titoli di medico specialista rilasciati ai cittadini degli Stati membri da altri Stati membri … elencati all’articolo 7 … »; il successivo articolo 7 dispone al paragrafo 1: « I diplomi, certificati ed altri titoli di cui all’articolo 6 sono quelli che … corrispondono per la specializzazione in questione, alle denominazioni che figurano -per quanto concerne gli Stati membri in cui essa esiste -nel paragrafo 2 del presente articolo »; segue quindi nel paragrafo 2 dello stesso articolo, l’indicazione di una serie di ‘categorie’ di specializzazioni per le quali vengono specificate le denominazioni esistenti nei vari Paesi che hanno istituito corsi corrispondenti a ciascuna categoria.
Naturalmente, non per tutte le ‘categorie’ di specializzazione sono indicati corsi istituiti in tutti i paesi membri, dovendo trattarsi di corsi istituiti in almeno due paesi membri (per alcune categorie, dunque, ne sono indicati più di due; per altre categorie, ne sono indicati solo due).
In tale elenco di «categorie di specializzazioni» è espressamente contemplata anche quella di « chirurgia vascolare ».
Questa più precisamente è proprio la denominazione della « categoria di specializzazione », sotto la quale sono poi indicate le specializzazioni che, in tre Paesi, sono da considerare ad essa corrispondenti.
Si ricava univocamente dal combinato disposto delle citate disposizioni che la corrispondenza nominale tra la specializzazione conseguita in Italia e la categoria di specializzazione considerata in detto elenco integra già di per sé il fatto costitutivo del diritto azionato, non essendo a tal fine richiesta ─ diversamente da quanto erroneamente postulato dalla Corte territoriale ─ anche l’allegazione e prova, da parte dell’istan te, della equipollenza de facto tra la specializzazione conseguita e quelle istituite in almeno altri due Stati membri dell’UE.
Tale allegazione e prova è richiesta invero solo nel caso in cui tale corrispondenza nominale non sussista.
Come è stato ripetutamente affermato da questa Corte (v. ex multis Cass. 11/02/2022, n. 4575; 07/07/2023, n. 19313), invero, lo stabilire se una certa specializzazione post lauream in medicina rientri o non rientri fra quelle direttamente previste dalla direttiva comunitaria (o con espressa indicazione fra quelle comuni a tutti i Paesi membri o con espressa indicazione di conformità a specializzazioni comuni ad almeno due di essi) è questione di diritto, e non di fatto. Una decisione di questo tipo, infatti, consiste nel sussumere una fattispecie concreta ed oggettiva (la specializzazione conseguita) in una fattispecie astratta (la previsione della Direttiva), e costituisce perciò il paradigma stesso delle valutazioni in iure .
In quanto questione di puro diritto, essa può essere rilevata d’ufficio o prospettata dalle parti anche per la prima volta in grado di appello.
Mentre i corsi istituiti in uno dei Paesi membri ed esattamente corrispondenti alle denominazioni elencate nella direttiva danno
senz’altro diritto alla remunerazione adeguata, senza necessità di accertamenti di fatto (si tratta, quindi, in sostanza, di una questione di mero diritto), i corsi istituiti in altri paesi ed equipollenti a quelli specificamente indicati e rientranti nelle categorie elencate nella direttiva danno anch’essi diritto alla remunerazione adeguata, ma in tal caso va allegata e dimostrata in fatto l’equipollenza (si tratta, come già chiarito, di una questione di diritto che richiede anche accertamenti di fatto).
Né potrebbe obiettarsi che, nella specie, ad una tale conclusione osti la circostanza che lo stesso paragrafo 2 dell’art. 7 della Direttiva, nell’elenco delle specializzazioni che, in tre Paesi, sono da considerare equipollenti all’interno della categoria « chirurgia vascolare », comprenda ─ accanto a quella di chirurgie des vaisseaux in Belgio e di chirurgie cardio-vasculaire in Lussemburgo ─ quella, in Italia, di « cardio-angio chirurgia ».
Non si è mai dubitato, invero, e deve qui ribadirsi, che anche l’eventuale corso di specializzazione istituito in Italia con una denominazione corrispondente a quella della ‘categoria’ inclusa nell’art. 7 (cioè, esattamente e totalmente coincidente con la denominazione della ‘categoria’) dà diritto alla remunerazione adeguata, senza necessità di verifica dell’equipollenza e, dunque, sulla base di una valutazione di mero diritto, senza necessità di accertamenti di fatto, indipendentemente dalla circostanza che nella direttiva siano indicati oppure no specifici corsi istituiti in Italia con quella o altra denominazione (v. Cass. n. 4575 del 2022).
In applicazione di tale principio deve dunque ritenersi che non solo la specializzazione in Italia in « cardiochirurgia » o « angiochirurgia » (sulla inclusione di entrambe v. Cass. n. 19313 del 2023) ma anche quella in « chirurgia vascolare » sia da ritenere inclusa negli elenchi delle Direttive, e ciò per il solo fatto della sua piena corrispondenza nominale alla categoria di specializzazione
indicata nella Direttiva, senza che occorra dunque allegare o dimostrare l’equipollenza tra quest’ultima specializzazione e quella in angio-chirurgia.
Il secondo motivo è inammissibile, ponendo esso questioni rimaste assorbite e che andranno dunque esaminate dal giudice del rinvio.
In accoglimento dunque del primo motivo, nei termini di cui in motivazione, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinvia al giudice a quo , cui va demandato anche il regolamento delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il secondo motivo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Roma, comunque in