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Remunerazione medici specializzandi: Cassazione chiarisce

Una specialista in chirurgia vascolare ha citato in giudizio lo Stato per la mancata remunerazione durante la scuola di specializzazione, in violazione delle direttive UE. Dopo una sentenza d’appello sfavorevole, la Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso. La Suprema Corte ha stabilito che la piena corrispondenza nominale tra la specializzazione italiana (‘chirurgia vascolare’) e la ‘categoria’ prevista dalla direttiva europea è sufficiente per il riconoscimento del diritto alla remunerazione per i medici specializzandi. Non è richiesta alcuna prova aggiuntiva di equivalenza di fatto, trattandosi di una questione di puro diritto.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Remunerazione Medici Specializzandi: La Cassazione sul Diritto per la Chirurgia Vascolare

La questione della remunerazione medici specializzandi per i corsi frequentati prima dell’attuazione completa delle direttive europee è da decenni al centro di un vasto contenzioso. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: il diritto alla remunerazione per gli specialisti in ‘Chirurgia Vascolare’. La Corte ha chiarito che la semplice corrispondenza del nome della specializzazione con una categoria prevista dalla normativa UE è sufficiente a fondare il diritto, senza necessità di ulteriori prove.

Il Contesto del Caso: Dalla Richiesta al Ricorso in Cassazione

Una dottoressa, specializzatasi in ‘Chirurgia vascolare’ tra il 1985 e il 1990, aveva citato in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e diversi Ministeri per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla mancata percezione di qualsiasi remunerazione durante gli anni di studio post-laurea. La sua richiesta si basava sulla mancata attuazione da parte dello Stato italiano delle direttive CEE 75/362, 75/363 e 82/76, che prevedevano un’adeguata retribuzione per i medici in formazione specialistica.

In primo grado, il Tribunale aveva accolto la domanda, condannando la Presidenza del Consiglio al pagamento di oltre 20.000 Euro. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, rigettando la richiesta. Secondo i giudici di secondo grado, la specializzazione in ‘Chirurgia vascolare’ non era inclusa negli elenchi delle specializzazioni comuni a tutti gli Stati membri e la dottoressa non aveva provato la sua ‘equipollenza di fatto’ con quelle istituite in almeno altri due Paesi dell’Unione, come richiesto, a loro avviso, dalla direttiva.

Remunerazione Medici Specializzandi: L’Interpretazione della Cassazione

La Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza d’appello, accogliendo il motivo di ricorso della specialista e affermando un principio di diritto fondamentale in materia.

La Corrispondenza Nominale è Sufficiente

Il punto centrale della decisione è l’interpretazione dell’articolo 7 della Direttiva 75/362/Cee. La Corte ha stabilito che la Corte d’Appello ha commesso un error in iudicando (errore di giudizio). La direttiva, infatti, elenca una serie di ‘categorie di specializzazioni’ e, per ciascuna, le denominazioni specifiche esistenti nei vari Paesi membri.

La Cassazione ha chiarito che, se la specializzazione conseguita in Italia corrisponde esattamente, nel nome, a una delle ‘categorie’ elencate (in questo caso, proprio ‘chirurgia vascolare’), tale corrispondenza nominale è di per sé sufficiente a integrare il fatto costitutivo del diritto. Non è quindi richiesta all’interessato l’ulteriore e onerosa prova dell’equipollenza di fatto del suo corso con quelli di altri due Stati membri.

Questione di Diritto, non di Fatto

Stabilire se una specializzazione rientri o meno tra quelle previste dalla direttiva è una ‘questione di puro diritto’, non una ‘questione di fatto’. Questo significa che si tratta di un’operazione di interpretazione normativa (sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta), che il giudice può e deve compiere d’ufficio, anche per la prima volta in appello. La Corte territoriale ha errato nel trasformarla in una questione di prova a carico della parte.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Cassazione si fonda su una lettura sistematica e logica della direttiva europea. La Corte ha evidenziato che l’elenco delle specializzazioni contenuto nella normativa comunitaria prevede esplicitamente la ‘categoria’ denominata ‘chirurgia vascolare’. Il fatto che per l’Italia, all’interno di quella categoria, fosse indicata la dicitura ‘cardio-angio chirurgia’ non esclude il diritto per chi ha conseguito un diploma con la stessa denominazione della categoria generale. Il diritto alla remunerazione medici specializzandi sorge direttamente dalla corrispondenza con la categoria, a prescindere dalle specifiche denominazioni nazionali elencate.

L’onere di provare l’equipollenza di fatto, chiarisce la Corte, sorge solo nel caso in cui la corrispondenza nominale non sussista. In questo caso, invece, la coincidenza era palese e sufficiente a fondare la pretesa.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza la tutela dei medici che si sono specializzati negli anni ’80 e ’90 senza percepire alcuna borsa di studio. Il principio affermato semplifica notevolmente l’onere probatorio a loro carico. Per tutti coloro che hanno conseguito una specializzazione il cui nome corrisponde a una delle ‘categorie’ elencate nelle direttive comunitarie, sarà sufficiente invocare tale corrispondenza per vedersi riconosciuto il diritto al risarcimento. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà ora decidere nuovamente la questione attenendosi a questo fondamentale principio di diritto.

Un medico specializzando in ‘Chirurgia Vascolare’ ha diritto alla remunerazione per gli anni di formazione antecedenti al 1991?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la specializzazione in ‘Chirurgia Vascolare’ ha una piena corrispondenza nominale con una delle ‘categorie di specializzazione’ indicate nella direttiva europea, e questo è sufficiente a far sorgere il diritto alla remunerazione.

È necessario dimostrare l’equivalenza di fatto di una specializzazione con quelle di altri due Paesi UE per ottenere la remunerazione?
No, non è necessario se il nome della specializzazione conseguita in Italia corrisponde esattamente a una delle ‘categorie’ elencate nella direttiva. La prova dell’equipollenza di fatto è richiesta solo quando tale corrispondenza nominale non sussiste. La Corte ha chiarito che si tratta di una questione di puro diritto.

Cosa significa ‘cassare con rinvio’ una sentenza?
Significa che la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del giudice precedente (in questo caso, la Corte d’Appello) perché viziata da un errore di diritto. La causa viene quindi rinviata a un altro giudice dello stesso grado (un’altra sezione della Corte d’Appello), che dovrà riesaminare il caso e decidere nuovamente, ma questa volta dovrà obbligatoriamente seguire il principio giuridico stabilito dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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