Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 23657 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 23657 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al 7455/2024 R.G., proposto da
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dell’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura in calce al ricorso; con domiciliazione digitale ex lege ;
-ricorrenti-
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri , in persona del Presidente del Consiglio pro tempore ; Ministero della Salute , Ministero dell’Economia e delle Finanze , Ministero dell’Università e Ricerca , in persona dei rispettivi Ministri; rappresentati e difesi ope legis dall ‘Avvocatura Generale dello Stato ; con domiciliazione digitale ex lege ;
-controricorrenti-
nonché sul ricorso successivo,
proposto da
NOME COGNOME in proprio; rappresentato e difeso da sé medesimo, ex art. 86 cod. proc. civ.; con domiciliazione digitale ex lege ;
-ricorrente-
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri , in persona del Presidente del Consiglio pro tempore ; Ministero della Salute , Ministero dell’Economia e delle Finanze , Ministero dell’Università e Ricerca , in persona dei rispettivi Ministri; rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato; con domiciliazione digitale ex lege ;
-controricorrenti-
e nei confronti di
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME ;
-intimati-
avverso la sentenza n. 6304/2023 della CORTE d ‘ APPELLO di ROMA, depositata il 4 ottobre 2023;
udìta la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I ricorrenti e gli intimati indicati in epigrafe convennero davanti al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri indicati in epigrafe, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni conseguenti alla mancata attuazione delle direttive europee 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE, in tema di adeguata remunerazione spettante per la frequenza di corsi di specializzazione medica in cui si erano immatricolati negli anni compresi tra il 1981 ed il 1991.
Il Tribunale, con sentenza n. 22241/2019, rigettò la domanda per intervenuta prescrizione.
La sentenza fu separatamente impugnata, dinanzi alla Corte d’ appello di Roma, da un lato, dagli intimati in epigrafe con capofila NOME COGNOME i quali iscrissero a ruolo il giudizio n. R.G. 3210/2020; dall’altro lato, dai ricorrenti in epigrafe con capofila NOME COGNOME i quali iscrissero a ruolo il giudizio n. R.G. 3880/2020.
La Corte d ‘ appello di Roma, riunite le due impugnazioni, con sentenza 4 ottobre 2023, n. 6304, le ha rigettate.
In confronto degli appellanti che avevano iscritto a ruolo il giudizio n. R.G. 3880/2020, ha integralmente confermato la statuizione di prescrizione del diritto emessa dal giudice di primo grado.
In confronto degli appellanti che avevano iscritto a ruolo il giudizio n. R.G. 3210/2020 ha osservato che l’atto d’appello riguardava altri soggetti che avevano dichiarato di impugnare la sentenza n.22242/2019 del Tribunale di Roma, ovverosia una sentenza diversa dalla sentenza n.22241/2019, resa nei loro confronti; pertanto ha dichiarato la nullità dell’iscrizione a ruolo della causa n. R.G. 3210/2020, avvenuta in difetto di produzione dell’atto d’appello della sentenza n. 22241/2019 del Tribunale di Roma, nonché in difetto di
procura, ponendo le spese del grado a carico del difensore, Avv. NOME COGNOME.
Per la cassazione della sentenza della Corte capitolina hanno proposto ricorso con atto notificato il 29 marzo 2024 i ricorrenti indicati in epigrafe con capofila NOME COGNOME sulla base di quattro motivi.
Con distinto atto notificato il 4 aprile 2024 ha proposto ricorso per la cassazione della medesima sentenza l’Avv. NOME COGNOME in proprio, sulla base di due motivi.
Ad entrambi i ricorsi hanno risposto con distinti controricorsi le amministrazioni intimate.
Non hanno invece risposto al ricorso notificato anche nei loro confronti dall’Avv. COGNOME gli intimati indicati in epigrafe con capofila NOME COGNOME.
Con atto depositato il 30 maggio 2024, l’Avv. COGNOME ha dichiarato di rinunciare al ricorso, invocando la compensazione delle spese.
La trattazione dei ricorsi è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero non ha presentato conclusioni scritte.
Il rinunciante ha depositato breve memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME si articola nei seguenti motivi.
1.1. Con il primo motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione dell’articolo 101, secondo comma, Cost., per avere la Corte d’appello fondato la propria decisione di rigetto della domanda esclusivamente sulla base dell’orientamento giurisprudenzial e di legittimità, senza procedere alla doverosa applicazione della legge.
1.2. Con il secondo motivo viene denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2935 cod. civ., per avere la Corte di merito individuato il termine iniziale di decorrenza della prescrizione decennale del diritto vantato dagli appellanti (odierni ricorrenti) nella data (27 ottobre 1999) di entrata in vigore della legge n.370 del 19 ottobre 1999: data in cui non sarebbe stato ancora possibile azionare il predetto diritto, non essendo ancora stato rimosso l’ostacolo all’adeguamento dell’ordinamento inter no a quello comunitario, ciò che sarebbe avvenuto solo con i DPCM del 7 marzo, del 6 luglio e del 2 novembre 2007.
1.3. Con il terzo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art.3 Cost . e dell’art. 14 CEDU, per lesione del principio di non discriminazione, non sussistendo alcuna ragionevole giustificazione del diverso trattamento riservato a medici specializzandi immatricolatisi in anni diversi e dovendosi anzi riconoscere il diritto alla adeguata remunerazione a « tutti i medici specializzandi dal 1° gennaio 1983 ».
1.4. Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.92, secondo comma, cod. proc. civ. per la mancata compensazione delle spese di lite, atteso il contrasto giurisprudenziale esistente in materia.
Va anzitutto dichiarata l’inammissibilità del primo, del terzo e del quarto motivo.
2.1. Il primo motivo, nel denunciare la violazione del principio costituzionale che sancisce che i giudici sono soggetti soltanto alla legge (art.101, secondo comma, Cost.) -e nel dedurre che, in tal modo, sarebbe stato fatto entrare indebitamente, nel nostro ordinamento, il contrario principio dello stare decisis -, si espone ad una sanzione di manifesta inammissibilità. Invero, il giudice d ‘ appello ha fondato la sua decisione proprio sulla base delle norme di legge –
in particolare, l’art.11 della legge n. 370 del 1999 che hanno consentito, attraverso un’operazione di natura interpretativa, di individuare il dies a quo del termine prescrizionale. La circostanza che, per confortare l’operazione interpretativa compiuta, il giudice del merito abbia evocato un precedente conforme orientamento giurisprudenziale, non si traduce nell’indebita applicazione del principio dello stare decisis in violazione del diverso principio costituzionale di esclusiva soggezione del giudice alla legge.
2.2. Inammissibile, è altresì il terzo motivo, il quale nell’invocare la violazione del principio di non discriminazione con riguardo al presunto diverso trattamento riservato in relazione a medici specializzandi immatricolatisi in anni diversi, non si confronta con la ratio della decisione impugnata, la quale non ha escluso il diritto alla adeguata remunerazione e al risarcimento del danno in ragione dell’anno di immatricolazione dei ricorrenti ma ha rigettato la loro domanda per intervenuta prescrizione del diritto azionato.
2.3. Inammissibile, ex art. 360bis n. 1 cod. proc. civ., per manifesta infondatezza è, ancora, il quarto motivo.
In proposito va ribadito -dando continuità ad un consolidato orientamento di questa Corte -che la regola che deve guidare il giudice del merito nella regolazione delle spese processuali è quella fondata sulla soccombenza (art.91 cod. proc. civ.), mentre la compensazione, parziale o totale, al verificarsi delle ragioni previste dall’art.92, secondo comma, cod. proc. civ. (nella formulazione applicabile ratione temporis ), è riservata al prudente apprezzamento del giudice e trova quindi fondamento in un potere di natura discrezionale, il cui esercizio è di norma incensurabile in sede di legittimità -salvo che per illogicità, inesistenza o apparenza della motivazione (Cass. 03/07/2019, n. 17816; Cass. 26/07/2021, n. 21400) -e che trova il suo unico limite
nell’impossibilità di porre le spese a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass. 24/06/2003, n. 10009; Cass. 26/11/2020, n. 26912).
La compensazione delle spese non costituisce, dunque, oggetto di un diritto della parte ma integra una facoltà discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l ‘ eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass., Sez. Un., 15/07/2005, n. 14989; Cass. 31/03/2006, n. 7607; Cass. 26/04/2019, n. 11329).
Perfettamente conforme a diritto è, dunque, la statuizione sulle spese contenuta nella sentenza gravata, in quanto la condanna nelle spese è stata emessa in legittima applicazione del principio della soccombenza e in quanto non sussiste un diritto della parte soccombente ad ottenere la compensazione delle spese medesime, in ragione della sussistenza di un contrasto giurisprudenziale sulle questioni evocate in giudizio.
Va, a questo punto, delibato il secondo motivo del ricorso in esame che, deve essere a sua volta dichiarato inammissibile, a norma dell’art. 360 -bis , n. 1, cod. proc. civ..
3.1. È ormai ius receptum , nella giurisprudenza di questa Corte, il principio secondo cui il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, sorto in favore dei soggetti che avevano seguito corsi di specializzazione medica iniziati, dopo l’applicabilità del regime eurounitario ed entro l’anno accademico 1990-1991, in condizioni tali che, se detta direttiva fosse stata attuata, avrebbero acquisito i diritti da essa previsti, si prescrive nel termine di
dieci anni decorrente dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore dell’art.11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370 (cfr. già Cass. 09/02/2012, n. 1917, che riprende Cass. 17/05/2011, nn. 10813, 10814, 10815, 10816 del 2011; successivamente, ex multis , Cass. 15/11/2016, n. 23199; Cass. 31/05/2018, n. 13758; Cass., Sez. Un., 27/11/2018, n. 30649; Cass. 19/06/2019, n. 16452; Cass. 19/07/2019, n. 16452; Cass. 24/01/2020, n. 1589; Cass. 07/07/2020, n. 14112; Cass. 11/09/2020, n. 18961; Cass.13/12/2021, n. 39421; Cass. 11/02/2022, n. 4573; Cass. 14/03/2022, n. 8096; Cass., Sez. Un., 31/05/2022, n. 17619; Cass., Sez. Un., 09/06/2022, n. 18640; Cass. 27/09/2022, n. 28130; Cass. 09/11/2022, n. 32959; Cass.03/03/2023, n.23697; Cass. 03/08/2023, n. 23771; Cass. 07/08/2023, n. 24029; Cass. 06/12/2023, n. 34212; Cass. 30/12/2023, n.36556; Cass. 14/03/2024, n.6891; Cass. 25/03/2024, n.7984; Cass. 02/04/2024, n.8691; Cass. 03/04/2024, n. 8715; Cass. 05/04/2024, n.9168).
3.2. Questo consolidato orientamento trova fondamento nel rilievo secondo il quale, «a seguito della tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari – realizzata solo con il d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257 – è rimasta inalterata la situazione di inadempienza dello Stato italiano in riferimento ai soggetti che avevano maturato i necessari requisiti nel periodo che va dal 1° gennaio 1983 al termine dell’anno accademico 1990 -1991. La lacuna è stata parzialmente colmata con la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, che ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore dei beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo; ne consegue che tutti gli aventi diritto ad analoga prestazione, ma tuttavia esclusi
dal citato art. 11, hanno avuto da quel momento la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa Europea. Nei confronti di costoro, pertanto, la prescrizione decennale della pretesa risarcitoria comincia a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore del menzionato art. 11» (così la citata Cass. n. 1917 del 2012) .
3.3. In senso contrario, non assume rilevanza l’argomento secondo il quale solo in tempi ampiamente successivi al 1999 la giurisprudenza di questa Corte avrebbe escluso quelle incertezze inibenti la decorrenza della prescrizione in pregiudizio del danneggiato, relative ad aspetti quali: l’individuazione della giurisdizione, se ordinaria o amministrativa; la natura dell’azione esperibile, se contrattuale o aquiliana; il termine di prescrizione; l’individuazione del legittimato passivo della domanda.
Detti argomenti – come già questa Corte ha più volte avuto modo di rimarcare (tra le altre, cfr. la citata Cass. 09/11/2022, n.32959) sono del tutto infondati e inidonei a indurre a un ripensamento della stabile nomofilachia sopra richiamata.
Giova ricordare, al riguardo, che la questione della giurisdizione non incide affatto sulla consapevolezza della cristallizzazione della lesione e quindi sulla possibilità, per il danneggiato, di interrompere la sua inerzia e il decorso del termine prescrizionale che, come noto, non ha bisogno di iniziative giurisdizionali ma può ben essere stragiudiziale.
Del pari, non ha alcun rilievo l’individuazione della natura dell’azione esperibile mentre la più ampia durata decennale della prescrizione, quale riconosciuta, fa sì che la predetta individuazione non abbia avuto alcun riflesso sulla maturazione della stessa.
Quanto alla legittimazione passiva -premesso che è dello Stato in persona della Presidenza del Consiglio dei Ministri, mentre l’evocazione
in giudizio di un diverso organo statuale non si traduce nella mancata instaurazione del rapporto processuale, costituendo una mera irregolarità, sanabile ai sensi dell’art. 4 della legge n. 260 del 1958 (Cass., Sez. Un., 27/11/2018, n. 30649), sicché solo se diretta nei confronti della sola Università l’interruzione della prescrizione risulta inidonea (Cass. 25/07/2019, n. 20099) -va osservato che dalla normativa del 1999 doveva ragionevolmente desumersi che il destinatario del credito era individuabile nell’amministrazione statale e non nell’autonomia universitaria.
3.4. Con riferimento alla remunerazione, deve porsi in evidenza che, a séguito dell’intervento con il quale il legislatore dettando l ‘ art.11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370 -ha effettuato una aestimatio del danno, alla precedente obbligazione risarcitoria per mancata attuazione delle direttive si è sostituita un’obbligazione satisfattiva avente natura di debito di valuta, iscritta in una cornice di disciplina comunitaria nella quale non è rinvenibile una definizione di retribuzione adeguata, né sono posti i criteri per la determinazione della stessa, come ribadito anche dalla pronuncia della Corte di giustizia 24 gennaio 2018, C-616/16 e C-617-16 (cfr., ancora, tra le altre, la citata Cass. n. 32959 del 2022, nonché, in modo articolato, Cass.24/01/2020, n. 1641).
3.5. Quanto sopra si coordina con i rilievi da svolgere in ordine alla disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi di cui all ‘ art. 39 del d.lgs. n. 368 del 1999, la quale è applicabile, per effetto di ripetuti differimenti, in favore dei medici iscritti alle scuole di specializzazione a decorrere dall’anno accademico 2006 -2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti, che restano soggetti alla regolazione di cui al d.lgs. n. 257 del 1991, sia sotto il profilo ordinamentale che economico, giacché, in particolare, la direttiva n.
93/16 non ha introdotto alcun nuovo e ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio.
In altre parole, non è individuabile alcun momento in cui si è stabilita una remunerazione adeguata da valutarsi come la sola recettiva della disciplina unionale, tale da poter concludere, anche in tesi, che esclusivamente a far data da allora avrebbe potuto decorrere la prescrizione (cfr., in termini, Cass. 09/11/2022, n. 32959, cit. ).
3.6. Alla luce di quanto si è rilevato, non vi è alcuna incertezza, sulla questione in esame, che imponga un rinvio interpretativo alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Questa Corte ha infatti già osservato -cfr., ad es., la già citata Cass., Sez. Un., n. 18640 del 2022 -come, alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia che si è occupata della decorrenza e del dies a quo della prescrizione in relazione alla posizione dei medici specializzandi, non emerga un potenziale contrasto tra la soluzione adottata e il principio di effettività tutelato dal diritto europeo, in quanto la predetta soluzione appare ampiamente rispettosa del richiamo a termini di prescrizion e ‘ragionevoli’, mediante i quali sia garantita l’adeguatezza dei mezzi di tutela a fronte di un ‘ azione giurisdizionale proposta da un singolo per ottenere la protezione dei diritti conferiti da una direttiva comunitaria.
Nella specie, non solo a partire dal 27 ottobre 1999 nessuna norma dell ‘ ordinamento interno impediva agli odierni ricorrenti di promuovere un giudizio per domandare il risarcimento del danno da tardiva attuazione delle direttive comunitarie, ma – deve aggiungersi – nessuna incertezza poteva sussistere su quale fosse il soggetto tenuto a rispondere di tale danno (lo Stato), né poteva dubitarsi che qualsiasi eventuale incertezza circa l’individuazione del giudice munito di giurisdizione a conoscere della relativa domanda non poteva impedire
il decorso della prescrizione, dal momento che qualsiasi eventuale errore poteva essere rimediato mediante lo strumento del regolamento di giurisdizione (cfr., ancora, sul punto, la citata Cass. n.32959 del 2022).
3.7. Va pure sottolineata la compatibilità della soluzione adottata con i principi affermati dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Umani concernente la tutela del diritto di accesso ad un tribunale, sancito dall’art. 6, par. 1 della Convenzione Europea dei Diritti Umani; da questa giurisprudenza, infatti, si ricava che, se, da un lato, il diritto di accesso ad un tribunale deve essere «concreto ed effettivo» (Bellet c. Francia, 4.12.1995; Zubac c. Croazia, 5.4.2018), nonché offrire alla persona «una chiara e concreta possibilità di opporsi ad un atto che costituisce un’ingerenza nei suoi diritti» (Bellet c. Francia, cit.; COGNOME c. Portogallo, 10.4.2003; COGNOME c. Bulgaria, 16.7.2013), dall’altro lato le norme che disciplinano le forma lità e i termini da rispettare al fine della presentazione di un ricorso o di una domanda di riesame giudiziario sono finalizzate ad assicurare la corretta amministrazione della giustizia e in particolare il rispetto del principio della certezza del diritto (Canete de Goni c. Spagna, 15.10.2003); è pertanto necessario, alla stregua dell’orientamento della Corte di Strasburgo, che i tribunali applichino le norme procedurali evitando sia l’eccessivo formalismo che l’eccessiva flessibilità che vanificherebbe i requisiti procedurali stabiliti dalla legge (COGNOME ad altri c. Turchia, 30.4.2017).
In particolare, con riferimento ai termini di prescrizione, la Corte EDU (Miragall Escolano e altri c. Spagna, 30.4.2000) si è limitata ad affermare che il diritto di instaurare un’azione o di proporre appello deve sorgere a decorrere dal momento in cui le parti hanno potuto effettivamente essere informate di una decisione giudiziaria che
impone loro un obbligo o lede potenzialmente i loro legittimi diritti o interessi.
Non appare dunque ipotizzabile, nel caso di specie, la possibilità di una violazione dell ‘ art. 6 della Convenzione, se solo si consideri che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno per tardiva attuazione delle direttive comunitarie è fissata in dieci anni, secondo la chiara indicazione fornita dalle Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., n. 9147 del 17/04/2009) e che il diritto era esercitabile immediatamente, non necessitando della proposizione preventiva dell’azione davanti al giudice amministrativo, trattandosi di diritto autonomo, scaturente dalla condotta dello Stato italiano (in termini, in motivazione, Cass., Sez. Un., n. 18640 del 2022, cit. ).
3.8. Sulla base di tutte le considerazioni che precedono, può concludersi che la statuizione di rigetto della domanda dei ricorrenti, in accoglimento dell’eccezione preliminare di merito di prescrizione del diritto risarcitorio sollevata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stata correttamente assunta dal giudice del merito, conformandosi, in piena legittimità, ai principi consolidati reiteratamente affermati da questa Corte ed assurti a situazione di ‘diritto vivente’.
Il ricorso proposto da NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Solo per completezza va aggiunto che costituisce un ‘ non motivo ‘ la ‘ Reiterazione dei motivi assorbiti ‘ , illustrata alle pagg.22-23 del ricorso, in cui si rammentano doglianze di merito che avrebbero potuto essere riproposte al giudice del rinvio in caso di accoglimento del ricorso, il quale va invece dichiarato inammissibile per le ragioni esposte.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, avuto riguardo all’attività difensiva spiegata ed in applicazione dell’art. 4, commi 2 e 4, del DM n. 55 del 2014, vigente ratione temporis .
I ricorrenti vanno anche condannati al pagamento, di una somma equitativamente determinata, ai sensi dell’art.96, terzo comma, cod. proc. civ., nella misura liquidata in dispositivo, pari alla metà dei compensi calcolati sulle spese processuali.
Le censure proposte -come si è veduto, inammissibili ex art. 360bis n.1 cod. proc. civ. -, infrangendosi su orientamenti nomofilattici consolidati da molto tempo, si sono tradotte in una condotta processuale connotata da mala fede o colpa grave, contraria ai canoni di correttezza, nonché idonea a determinare oggettivamente, attraverso un uso abusivo del mezzo di impugnazione, un ingiustificato sviamento del sistema processuale dai suoi fini istituzionali, ponendosi in posizione incompatibile con un quadro ordinamentale che, da una parte, deve universalmente garantire l’accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti (art.6 CEDU) e, dall’altra, deve tenere conto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo e della conseguente necessità di strumenti dissuasivi rispetto ad azioni meramente dilatorie, defatigatorie o pretestuose. Tale condotta si presta, dunque, ad essere sanzionata con la condanna dei soccombenti al pagamento, in favore delle controparti, di una somma equitativamente dete rminata, ai sensi dell’art.96, terzo comma, cod. proc. civ. (Cass. 04/08/2021, n. 22208; Cass. 21/09/2022, n. 27568; Cass. 05/12/2022, n. 35593).
Sussistono, infine, i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il
versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Passando al ricorso proposto dall’Avv. NOME COGNOME come si è detto, il ricorrente, già con atto del 30 maggio 2024, ha dichiarato di rinunciare al ricorso.
La rinuncia soddisfa i requisiti di cui agli artt. 390, secondo comma, cod. proc. civ., per cui, a norma dell’art. 391 cod. proc. civ., sussistono le condizioni per dichiarare l’estinzione del presente giudizio di cassazione in relazione al rapporto processuale in esame.
Avuto riguardo alla circostanza che la rinuncia è stata posta in essere poco dopo il decorso dei 40 giorni dalla notifica del ricorso, le spese relative al medesimo rapporto processuale possono essere compensate tra le parti nella misura di ¾, con condanna del ricorrente a rimborsare alle amministrazioni resistenti il residuo ¼, liquidato come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
condanna i ricorrenti NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, in solido tra loro, a rimborsare alle amministrazioni controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00, oltre le spese prenotate a debito.
Condanna altresì NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, in solido tra loro, a pagare alle amministrazioni controricorrenti, ai sensi dell’art.96, terzo comma, c od. proc. civ., la somma di Euro 3.500,00, oltre interessi legali dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Dichiara estinto il giudizio di cassazione in relazione al ricorso proposto dall’Avv. NOME COGNOME compensa per ¾ tra le parti le spese del relativo rapporto processuale e condanna il ricorrente a rimborsare alle amministrazioni controricorrenti il residuo ¼, che liquida in Euro 1.200,00, oltre le spese prenotate a debito.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in