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Remunerazione extra budget: no pagamenti oltre il tetto

La Corte di Cassazione ha negato a una clinica privata la remunerazione extra budget per prestazioni di terapia intensiva erogate in regime di urgenza su richiesta di ospedali pubblici. La sentenza stabilisce che il tetto di spesa concordato con il sistema sanitario è invalicabile, anche in caso di prestazioni indifferibili. Viene inoltre esclusa la possibilità di ricorrere all’azione di ingiustificato arricchimento, poiché il rapporto è regolato da un preciso quadro normativo e contrattuale.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Remunerazione extra budget: la Cassazione conferma il tetto di spesa per le cliniche accreditate

La questione della remunerazione extra budget per le prestazioni sanitarie fornite da strutture private accreditate è un tema cruciale, che bilancia il diritto alla salute con la necessità di sostenibilità del sistema sanitario pubblico. Con l’ordinanza n. 14576/2024, la Corte di Cassazione è intervenuta su un caso emblematico, chiarendo che il superamento del tetto di spesa concordato non dà diritto a pagamenti aggiuntivi, neppure per prestazioni urgenti e indifferibili.

I Fatti del Caso

Una clinica privata accreditata aveva fornito prestazioni di terapia intensiva a pazienti provenienti da ospedali pubblici. Tali ricoveri erano avvenuti in regime di emergenza-urgenza, su diretta richiesta dei Pronto Soccorso e dei reparti per acuti delle strutture pubbliche, a causa della momentanea indisponibilità di posti letto nel sistema sanitario pubblico. La clinica, ritenendo che tali prestazioni esulassero dall’ordinaria programmazione e dal budget annuale pattuito con l’Azienda Sanitaria Locale (ASL), aveva chiesto il pagamento delle relative prestazioni. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la richiesta, sostenendo che le prestazioni, seppur urgenti, rientravano nell’ambito della convenzione e del relativo tetto di spesa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della clinica, confermando le decisioni dei giudici di merito. I giudici hanno stabilito un principio netto: il rapporto tra Servizio Sanitario Nazionale e strutture private accreditate si fonda su accordi contrattuali che definiscono un volume massimo di prestazioni remunerabili. Tale limite, rappresentato dal budget annuale, è invalicabile e non consente una remunerazione extra budget.

Le Motivazioni: Perché la remunerazione extra budget è stata negata?

La decisione della Corte si basa su una solida interpretazione del quadro normativo che regola il sistema sanitario nazionale, in particolare il D.Lgs. 502/1992.

Il budget come limite invalicabile

La Cassazione ha chiarito che il budget assegnato a una struttura accreditata rappresenta un tetto di spesa assoluto. Questo limite è giustificato dalla necessità di programmazione e controllo della spesa pubblica sanitaria. L’erogazione di prestazioni oltre tale soglia, anche se urgenti e salvavita, non crea un diritto automatico al pagamento. La Corte ha sottolineato che la struttura privata non è obbligata a erogare prestazioni eccedenti quelle concordate. Se decide di farlo, se ne assume il rischio economico, a meno che non dimostri l’esistenza di specifiche risorse pubbliche disponibili per coprire tali costi, prova che nel caso di specie non è stata fornita.

L’inapplicabilità dell’azione di ingiustificato arricchimento

La clinica aveva proposto in via subordinata un’azione per ingiustificato arricchimento (art. 2041 c.c.), sostenendo che l’ASL si era comunque avvantaggiata delle prestazioni senza corrisponderne il valore. La Corte ha respinto anche questa tesi. L’azione di arricchimento ha natura residuale, cioè può essere esercitata solo quando non esistono altri rimedi legali. In questo caso, esiste un preciso rapporto contrattuale e una normativa specifica che regolano i rapporti tra le parti. La comunicazione del limite di spesa da parte dell’ente pubblico manifesta la sua contrarietà a una spesa superiore. Di conseguenza, l’eventuale arricchimento che ne deriva è considerato “imposto” e non dà diritto a indennizzo, poiché la struttura privata era consapevole del limite e non era obbligata a superarlo.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale per la gestione della sanità pubblica: la programmazione e il rispetto dei tetti di spesa sono elementi cardine del sistema di accreditamento. Le strutture private che operano in convenzione devono pianificare la loro attività entro i limiti del budget assegnato. La decisione chiarisce che il dovere di assistenza in situazioni di emergenza non può tradursi automaticamente in un obbligo di remunerazione extra budget a carico della finanza pubblica. Questo orientamento impone alle strutture accreditate una gestione oculata delle risorse e una chiara comunicazione con gli enti pubblici per evitare di erogare prestazioni che potrebbero non essere rimborsate.

Una struttura sanitaria accreditata ha diritto alla remunerazione extra budget per prestazioni urgenti?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il budget di spesa concordato rappresenta un tetto invalicabile. La struttura privata non può pretendere pagamenti per prestazioni erogate oltre tale limite, anche se si tratta di servizi urgenti e indifferibili richiesti da enti pubblici.

È possibile agire per ingiustificato arricchimento se le prestazioni superano il budget concordato?
No. L’azione di ingiustificato arricchimento non è ammissibile in questo contesto. La presenza di un accordo contrattuale e di una specifica normativa esclude la possibilità di ricorrere a tale azione, che ha carattere sussidiario. L’arricchimento derivante da prestazioni extra budget è considerato “imposto” e non risarcibile.

La struttura accreditata è obbligata a fornire prestazioni urgenti anche se ha già raggiunto il tetto di spesa?
No. La Corte ha chiarito che la struttura privata accreditata non ha l’obbligo di rendere prestazioni che eccedono quelle concordate nel budget. Se decide di erogarle ugualmente, lo fa a proprio rischio economico, senza poter pretendere un pagamento aggiuntivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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