Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5214 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5214 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29404/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE LOCALE INDIRIZZO, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO NOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 2895/2022 depositata il 03/05/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
1.- La struttura RAGIONE_SOCIALE è stata accreditata dalla Regione Lazio ad erogare prestazioni sanitarie rimborsabili: in via provvisoria, a partire dal 2001, e poi in via definitiva a partire dal 2014.
Ha dunque effettuato le prestazioni sanitarie convenute con la regione, e, per quanto riguarda quelle relative al mese di dicembre 2010, ha emesso fattura per averne pagamento.
2.La Regione Lazio ha decurtato la somma fatturata, riconoscendone una minore, nei limiti del budget assegnato alla struttura, e dunque negando il corrispettivo per le somme eccedenti quel badget.
3.- La struttura Villa Alba ha tuttavia ceduto il credito ad Ubi Factor, che ha agito in giudizio per ottenere il pagamento anche della somma eccedente il budget.
Nel relativo procedimento si è costituita la ASL Roma 5 ed ha eccepito l’esistenza del limite di remunerazione, oltre il quale non si ha diritto al corrispettivo.
4.- Il Tribunale di Tivoli ha accolto la tesi della ASL che è stata confermata altresì dalla Corte di Appello di Roma.
5.- Ricorre qui Intesa San Paolo spa, che ha assorbito RAGIONE_SOCIALE, con due motivi di censura. La ASL Roma 5 si è costituita ed ha replicato controricorso.
Le parti hanno depositato rispettiva memoria.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo si prospetta violazione della DCA 38/ 2010, dell’articolo 12 preleggi degli articoli 115 e 116 c.p.c., degli articoli 1362 e ss.
La tesi è la seguente.
La Corte di appello, nel negare il diritto al corrispettivo, ha supposto erroneamente che la determinazione del limite massimo di rimborso (cosiddetto budget) fosse definitiva, con la conseguenza che ogni prestazione eccedente quel limite non doveva essere rimborsata.
Invece, la delibera regionale prevedeva un limite provvisorio, costitutiva cioè la determinazione di un tetto di spesa momentaneo, come risulta dai considerando della delibera stessa, nei quali si stabiliva di prevedere un successivo tavolo di lavoro per determinare ulteriormente le prestazioni da rimborsare, nonché per la rideterminazione del fabbisogno di prestazioni.
Né in quella delibera erano indicati i criteri remunerativi delle prestazioni eccedenti il tetto.
E dunque, poiché le delibere si interpretano con gli stessi criteri con cui si interpretano i contratti, secondo la ricorrente, i giudici di merito avrebbero dovuto tenere conto della volontà di superare o di meglio precisare il contenuto di quella delibera, e, se lo avessero fatto, l’avrebbero intesa come una delibera provvisoria e non definitiva.
2.- Con il secondo motivo si prospetta violazione sia delle citate delibere regionali, che dell’articolo 8 legge n. 4 del 2003, che dell’articolo 2697 c.c.
Il motivo ribadisce che la natura provvisoria del tetto massimo di prestazioni rimborsabili era ricavabile altresì dal contratto stipulato tra la casa di cura e la Regione, a seguito dell’accreditamento della prima da parte della seconda, contratto in cui mancavano gli elementi essenziali per poter affermare come definitiva quella soglia di rimborso: mancava la regressione tariffaria e l’indicazione dei criteri di stima delle prestazioni eccedenti il tetto massimo.
Inoltre, si sostiene, la remunerazione extra budget non è esclusa dalla giurisprudenza corrente, sia quella ordinaria che amministrativa, ed è imposta dalla natura insopprimibile del diritto alla salute, che esige, per l’appunto, che le prestazioni siano remunerate.
Questi due motivi pongono una questione comune e sono infondati.
Non sono inammissibili nel senso eccepito dalla controricorrente. La questione della natura provvisoria o definitiva della delibera non è posta qui per la prima volta, ma risulta discussa già in appello, mentre qui non si fa questione della definitività della delibera, che sarebbe, secondo la ASL controricorrente, questione nuova.
Ciò detto.
Innanzitutto, va ribadito un principio ormai consolidato e secondo il quale le prestazioni sanitarie in regime di accreditamento vanno remunerate nei limiti del tetto massimo assegnato dalla regione, e non v’è dunque diritto alla remunerazione per la parte eccedente (Cass. 27608/ 2019; Cass. 26334/ 2021), neanche sotto forma di ingiustificato arricchimento (Cass. 25514/ 2024).
Fatta questa premessa, la ricorrente sostiene che in realtà, se si fosse correttamente intesa la delibera, si sarebbe arrivati ad ammettere che essa non prevedeva un tetto massimo, se non
in via provvisoria. Il che lascerebbe intendere che le regole prima citate non si applicano in questo caso, proprio in quanto presuppongono un limite al rimborso che sia definitivo e non provvisorio.
Questa tesi è tuttavia infondata per due ragioni.
La prima è che non è chiarito per quale ragione la delibera, che ha attribuito il tetto di rimborso alla società di cura, debba intendersi come provvisoria anziché definitiva. Ed infatti, dal ‘considerando’ di quella delibera si ricava soltanto la volontà di meglio precisare i criteri o di fissarli in modo diverso ove nel futuro sorgessero diverse esigenze.
Il che non rende provvisoria quella determinazione, posto che non è previsto alcun termine di efficacia, né un tale termine può implicitamente dedursi dalla previsione di un futuro approfondimento o di una futura diversa volontà. E in ogni caso la provvisorietà implica la disciplina del rapporto nei termini imposti dal suo contenuto fino alla relativa vigenza. Una delibera provvisoria è pur sempre una delibera, il cui contenuto si impone alle parti fino a che la delibera è efficace e non venga sostituita da un’altra.
Diversamente deve dirsi in caso di delibera parziale, prevedente cioè quel tetto come superabile, vale a dire salva la remunerazione di altre prestazioni, che è cosa diversa, laddove, va ribadito, una delibera provvisoria è limitata solo nel tempo, non già nel suo contenuto, ponendo comunque un tetto da rispettare fino a che non venga sostituita da altra delibera.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 10/1/2025