Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12369 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12369 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19297/2024 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOMECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -ricorrente-
Contro
PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI UDINE, QUESTURA DELLA PROVINCIA DI UDINE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che li rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di GIUDICE DI PACE UDINE n. 323/2024 depositata il 21/08/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1.- COGNOME MeriCOGNOME proveniente dalla Georgia, presentava ricorso al Giudice di pace di Udine proponendo opposizione avverso il decreto di espulsione emesso e contestualmente notificato dal locale Prefetto in data 27 marzo 2024 per essere la cittadina straniera, già entrata nel territorio dello Stato in data 28/09/2022, presente illegalmente in violazione dell’art.13, comma 2 del d.lgs. n.286/1998 (TUI) e succ. mod., non avendo chiesto il permesso di soggiorno
Il Giudice di Pace, con sentenza depositata in data 21 agosto 2024 ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto il 10 maggio 2024 perché presentato oltre il termine di legge, ovvero oltre il termine di giorni venti di cui all’art 18, comma 3, del d.lgs. n.150/2011.
La cittadina straniera ha proposto ricorso per la cassazione prospettando un motivo di doglianza illustrato con memoria.
Il Ministero dell’Interno, la Prefettura e la Questura di Udine si sono costituiti al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
È stata disposta la trattazione camerale.
CONSIDERATO CHE:
2.- L’unico motivo denuncia la violazione degli artt. 153 e 294 c.p.c., nonché dell’art. 3 comma 1 della legge 241/1990
La ricorrente si duole che non sia stata concessa la remissione in termini richiesta e deduce che la decadenza dal termine impugnatorio si era verificata per causa non imputabile, causa che la ricorrente riconduce alla mancata comprensione del contenuto del decreto espulsivo in ragione della lingua in cui è stato redatto e delle formule motivazionali utilizzate, a suo parere, costituite da mere clausole di stile.
Il motivo è inammissibile.
La rimessione in termini, regolata dall’art. 153, comma 2, c.p.c., presuppone che l’evento addotto per integrare una causa non imputabile abbia carattere di impedimento assoluto, il cui accertamento compete al giudice del merito ed è incensurabile per cassazione, se non nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.» (Cass. Sez. U. n. 6431/2025) ed inoltre la rimessione in termini, sia nella norma dettata dall’art. 184-bis c.p.c. che in quella di più ampia portata contenuta nell’art. 153, comma 2, c.p.c., come novellato dalla l. n. 69 del 2009, richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà (Cass. n. 18435/2024; Cass. n. 17729/2018).
Nel caso di specie, il Giudice di pace ha escluso la ricorrenza dei presupposti per la concessione della remissione in termini, in quanto ha osservato che «(…) il provvedimento tradotto nella lingua georgiana è di contenuto semplice quanto meno nella parte in cui sono riportate le modalità di impugnazione. Peraltro, la ricorrente si trova in Italia dal 2022 e ha richiesto il codice fiscale e presentato la domanda di protezione internazionale, dimostrando, quindi, di comprendere la normativa in genere.» (fol.2).
Il Giudice di pace, quindi, ha accertato con giudizio di merito di cui in questa sede non può sollecitarsi la revisione perché il Giudice di pace ha motivatamente escluso la ricorrenza di una causa di remissione in termini sul rilievo che il decreto è stato tradotto nella lingua madre della opponente, oltre che nella lingua veicolare inglese, circostanza che risulta incontestata, ed ha svolto anche una valutazione di tipo presuntivo circa la sua capacità di comprendere la normativa in materia, stante la sua permanenza in Italia sin dal 2022.
La censura non coglie nemmeno la ratio decidendi e risulta inammissibile, laddove risulta focalizzata sulla necessità di
traduzione del decreto espulsivo in quanto, nel presente caso, la traduzione risulta essere stata eseguita proprio nella lingua georgiana e la deduzione in merito ad una non corretta traduzione (fol. 10 del ric.) è svolta in termini generici ed assertivi.
Ne consegue che l’esame della critica svolta in relazione all’accertamento presuntivo circa la comprensione della lingua italiana diviene ininfluente, posto che la ratio decidendi ad essa collegata, anche ove ritenuta autonoma, è ulteriore rispetto a quella della avvenuta traduzione del decreto espulsivo in lingua comprensibile al cittadino straniero, giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata ed il motivo non risulterebbe in nessun caso idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione oggetto della prima censura dichiarata inammissibile (Cass. n. 15399/2018; Cass. n. 15350/2017; Cass. n. 21490/2005).
Risultano infine inammissibili le deduzioni circa i difetti motivazionali del decreto espulsivo, a parere della ricorrente, redatto in violazione dell’art. 3 comma 1 della legge 241 del 1990 che stabilisce l’obbligo generale di motivazione dei provvedimenti amministrativi.
Va rammentato che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di merito, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio (cfr . Cass. n. 32804/2019; Cass. n. 2038/2019; Cass. n. 20694/2018; Cass. n. 15430/2018; Cass. n. 23675/2013; Cass. 16632/2010): in quest’ottica, risulta decisivo osservare che dalla stessa esposizione del contenuto dell’opposizione proposta in primo grado, riportata nel ricorso, si evince che la questione non venne sottoposta al giudice di pace.
3.- In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensiva degli intimati.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso;
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima