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Remissione in termini: quando non è concessa?

Una cittadina straniera ha impugnato tardivamente un decreto di espulsione, chiedendo la remissione in termini per una presunta mancata comprensione dell’atto. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha stabilito che la traduzione del provvedimento nella lingua madre della ricorrente e la sua permanenza in Italia da tempo erano elementi sufficienti per escludere la causa non imputabile, requisito fondamentale per ottenere la remissione in termini.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Remissione in Termini: Quando la Mancata Comprensione Non Basta

L’istituto della remissione in termini rappresenta un’ancora di salvezza nel processo civile, permettendo di ‘recuperare’ una scadenza processuale mancata per cause di forza maggiore. Ma quali sono i limiti di questo strumento? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la semplice difficoltà di comprensione di un atto, soprattutto se tradotto, non è sufficiente a giustificare un ritardo. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: L’impugnazione Tardiva del Decreto di Espulsione

Una cittadina di origine georgiana, presente in Italia da circa due anni, riceveva un decreto di espulsione emesso dal Prefetto. L’atto le veniva notificato il 27 marzo 2024. La legge prevede un termine di venti giorni per opporsi a tale provvedimento davanti al Giudice di Pace. Tuttavia, la signora presentava il suo ricorso solo il 10 maggio 2024, ben oltre la scadenza.

Il Giudice di Pace, investito della questione, non poteva fare altro che dichiarare il ricorso inammissibile per tardività. A questo punto, la cittadina decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, sostenendo di aver diritto alla remissione in termini.

La Richiesta di Remissione in Termini e il suo Rigetto

La difesa della ricorrente si basava su un punto cruciale: il ritardo non era a lei imputabile. A suo dire, la decadenza dal termine era avvenuta a causa della mancata comprensione del contenuto del decreto di espulsione. Sosteneva che l’atto era redatto in un linguaggio tecnico-giuridico e con ‘clausole di stile’ difficilmente comprensibili per uno straniero.

Questa argomentazione, tuttavia, non ha convinto i giudici, né in primo grado né in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Cassazione: Perché la Remissione in Termini è Stata Negata

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del Giudice di Pace, dichiarando il ricorso inammissibile. Le motivazioni fornite sono chiare e tracciano confini precisi per l’applicazione della remissione in termini.

La Traduzione del Provvedimento come Elemento Decisivo

Il punto centrale della decisione è che il decreto di espulsione era stato tradotto non solo in inglese, ma anche nella lingua madre della ricorrente, il georgiano. Questo fatto, non contestato dalla difesa, è stato ritenuto sufficiente a superare qualsiasi ostacolo linguistico. Secondo la Corte, la presenza di una traduzione in una lingua comprensibile all’interessato rende l’atto pienamente conoscibile, almeno nelle sue parti essenziali, come le modalità e i termini per l’impugnazione.

La Valutazione Presuntiva sulla Capacità di Comprensione

Oltre alla traduzione, i giudici hanno svolto una valutazione presuntiva. La ricorrente si trovava in Italia dal 2022, aveva richiesto e ottenuto un codice fiscale e aveva presentato una domanda di protezione internazionale. Questi passaggi, secondo la Corte, dimostrano una certa familiarità con le procedure amministrative e legali italiane, e quindi una capacità di comprendere la necessità di agire tempestivamente di fronte a un provvedimento ufficiale.

L’inammissibilità di Motivi Nuovi in Cassazione

Infine, la Corte ha respinto le doglianze relative a presunti difetti di motivazione del decreto di espulsione stesso. Questi argomenti non erano stati sollevati nel ricorso iniziale davanti al Giudice di Pace. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: in sede di legittimità non si possono introdurre nuove questioni o temi di contestazione che non siano già stati trattati nel merito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma che la remissione in termini è un rimedio eccezionale, concesso solo in presenza di un ‘impedimento assoluto’ e non di una semplice difficoltà. In secondo luogo, sottolinea l’importanza della traduzione degli atti destinati a cittadini stranieri: se l’atto è tradotto correttamente in una lingua comprensibile, diventa molto difficile per il destinatario sostenere di non averne capito il contenuto. Infine, ci ricorda che la strategia processuale deve essere completa fin dal primo grado di giudizio, poiché non è possibile ‘aggiungere’ nuovi motivi di ricorso nel successivo giudizio di Cassazione.

È sufficiente non capire la lingua di un provvedimento per ottenere la remissione in termini?
No. Secondo la Corte, se il provvedimento è stato tradotto in una lingua comprensibile al destinatario (come la sua lingua madre), la semplice difficoltà di comprensione del linguaggio giuridico non costituisce una causa non imputabile sufficiente per concedere la remissione in termini.

Quali elementi possono escludere il diritto alla remissione in termini?
La Corte ha ritenuto decisivi due elementi: la traduzione del decreto di espulsione nella lingua madre della ricorrente e una valutazione presuntiva basata sulla sua permanenza in Italia da due anni e sul fatto che avesse già interagito con la burocrazia italiana (richiesta di codice fiscale e di protezione internazionale), dimostrando una certa capacità di comprendere la normativa.

Si possono presentare nuove contestazioni per la prima volta in Cassazione?
No. Il ricorso per cassazione deve basarsi su questioni già discusse nel giudizio di merito (primo grado o appello). È inammissibile sollevare per la prima volta in Cassazione nuovi temi di contestazione, come i difetti di motivazione del decreto di espulsione nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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