Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30755 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30755 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19743/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, e per essa la sua procuratrice RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende, -ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME che la rappresenta e difende,
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e del socio accomandatario COGNOME NOME,
-intimati-
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino n. 8/2021 depositata in data 08/01/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/10/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 Con decreto, emesso il 10/12/2013, su istanza della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (di seguito denominata per brevità ‘RAGIONE_SOCIALE‘), il Tribunale di Asti ingiungeva alla RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE (debitore principale) e a COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (garanti) il pagamento della somma di € 203.193,06 per scoperto, maturato al 14/10/2013, relativo al conto corrente n. 07/01/63911, intrattenuto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALE d’RAGIONE_SOCIALE a far data dal 25/10/2005.
2 Sull’opposizione proposta dagli ingiunti, il Tribunale di Asti, con sentenza del 6/6/RAGIONE_SOCIALE, revocava il decreto ingiuntivo e condannava, in solido tra loro, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (il debitore principale RAGIONE_SOCIALE era stato dichiarato fallito e la curatela, riassunto il processo, non si era costituita) al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, della somma di € 192.372,23, oltre accessori di legge.
3 La Corte d’Appello di Torino, con l’impugnata sentenza, in accoglimento del gravame proposto da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (quest’ultima dichiarata fallita nel corso del processo di secondo grado, insieme al socio accomandatario COGNOME NOME) revocava il decreto ingiuntivo rigettando ogni domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nei confronti degli appellanti.
3.1 La Corte distrettuale rilevava che, come tempestivamente e correttamente eccepito dagli opponenti, la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nel
giudizio di primo grado era decaduta dal potere di produrre documentazione con la seconda memoria ex art. 183, comma 6° n. 2, c.p.c., depositata dopo che la stessa era stata rimessa in termini dal Tribunale, in quanto l’opposta aveva documentato l’esistenza del mancato funzionamento del sistema di deposito telematico che l’aveva costretta a depositare la memoria istruttoria, in forma cartacea il 29/12/2014, successivamente alla data del 18/12/2014, termine decadenziale assegnato con l’ordinanza del Giudice Istruttore del 23/10/2014.
3.2 La Corte precisava che la remissione in termini, pur corretta, si sarebbe dovuto attuare con l ‘ammissione dell’originaria memoria istruttoria depositata tardivamente in data 29/12/2014 e non con la concessione di un ulteriore termine ex art. 183, comma 6°n.2, c.p.c.; ne conseguiva che, non avendo la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE con la memoria tardiva del 29/12/2014 offerto in prova alcun documento, non potevano essere depositati successivamente documenti non depositati precedentemente in quanto non vi era alcuna ragione per riaprire i termini processuali al fine di garantire il contraddittorio.
3.4 Espunta la documentazione tardivamente prodotta, i giudici di seconde cure ritenevano che la certificazione di cui all’art 50 d.lvo 385/93 e gli estratti conto relativi al periodo dal 23/9/2013 a ritroso sino al 31/12/2010 non erano idonei a fornire la prova del credito fatto valere.
4 RAGIONE_SOCIALE, succeduta a RAGIONE_SOCIALE d’RAGIONE_SOCIALE nella titolarità del credito, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a due motivi; COGNOME NOME ha svolto difese mediante controricorso e memoria ex art 380 bos1 c.p.c.; RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e del socio accomandatario COGNOME NOME sono rimasti intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 103, 303, 305 c.p.c., 96 , comma 2°, l.fall., in relazione all’art. 360, comma 1°, n.4, c.p.c., per avere la Corte errato nel ritenere validamente instaurata la prosecuzione del giudizio nei confronti del RAGIONE_SOCIALE e del socio accomandatario COGNOME NOME benchè la loro posizione fosse scindibile rispetto a quella di COGNOME NOME che aveva riassunto il processo a seguito del fallimento della RAGIONE_SOCIALE e, in ripercussione, del socio illimitatamente responsabile. A dire della ricorrente si era verificato il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nei confronti del RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE e del socio.
2 Il motivo è destituito di fondamento.
2.1 Emerge dall’impugnata sentenza che, per effetto di dichiarazione di fallimento di due degli appellanti (la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e del socio accomandatario COGNOME NOME) il processo è stato dichiarato interrotto nella sua interezza ai sensi dell’art. 43, comma 3°, l.fall. ed è stato riassunto dall’appellante, non colpito dall’evento interruttivo (COGNOME NOME) con le forme dell’art 303, comma 1°, c.p.c. notificando alle altre parti e al RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE e del socio l’atto di riassunzione e decreto di fissazione dell’udienza.
2.2 Al riguardo, questa Corte ha avuto modo di chiarire che, nel caso di cumulo di cause scindibili (nella specie il cumulo soggettivo, realizzato per effetto dell’appello proposto dai garanti coobbligati solidali per effetto della prestata garanzia fideiussoria ), ove il giudice – a fronte di un evento che concerna uno solo dei soggetti coinvolti nelle diverse vertenze -non separi le cause ma interrompa l’intero processo, la riassunzione, effettuata mediante deposito del relativo ricorso in cancelleria nel termine previsto dall’art. 305 c.p.c., deve ritenersi tempestiva rispetto a tutte le
parti e non può essere dichiarata, rispetto a costoro, l’estinzione parziale del processo ( cfr. Cass. 8975/2020, 9686/2013 e 18318/2015).
2.3 Nel caso di specie, in un giudizio unitariamente interrotto, l’iniziativa di una delle garanti appellanti, una volta notificato l’atto di riassunzione altre parti, produce l’effetto della riattivazione dell’unico processo nei confronti di tutti gli altri garanti appellanti e la Corte d’Appello ben poteva pronunciarsi anche sui gravami di questi.
2.4 Non essendosi, quindi, verificato alcun effetto estintivo del processo, non può predicarsi la formazione del giudicato nei confronti dei garanti falliti che non avevano riassunto il giudizio.
3 Il secondo motivo deduce violazione degli artt. 153, comma 2°, 294, commi 2° e 3°, 112 e 342 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1° n. 4 c.p.c.: si sostiene che la Corte non poteva correggere, stravolgendone il contenuto, l’ordinanza del 18/3/2015 con la quale il Tribunale aveva inteso assegnare alle parti un nuovo termine , ex art. 183, comma 6° n. 2, c.p.c. che rispondeva alla logica di tutelare anche gli opponenti che con la nuova memoria avevano dedotto nuovi mezzi di prova e segnatamente una prova per testi non dedotta con la originaria memoria istruttoria.
3.1 L’accoglimento dell’istanza di rimessione in termini dell’opposta non poteva, a dire della ricorrente, che portare alla concessione di nuovi termini ex art. 183, comma 6°, c.p.c. per ripristinare, con efficacia ex tunc, la situazione processuale antecedente alla decadenza e la Corte non poteva sindacare, se non incorrendo in un vizio di ultrapetizione, il contenuto della decisione del Tribunale di concedere nuovi termini per il deposito dei mezzi istruttori una volta riconosciuta in astratto la sussistenza dei presupposti di cui agli artt. 153 , comma 2° e 294 , commi 2° e 4° c.p.c.. 4 Il motivo è infondato.
4.1 A fronte della tempestiva eccezione di parte, reiterata in uno specifico motivo di appello, va sicuramente riconosciuto al giudice di secondo grado, una volta accertato che la parte non abbia potuto tempestivamente depositare una memoria istruttoria ex art. 186 comma 6° n. 2, c.p.c., il sindacato sulle modalità concrete di remissione in termini da attuarsi attraverso il riconoscimento della legittimità del tardivo deposito dell’atto difensivo piuttosto che con la concessione, sia pur a tutte le parti, di un nuovo termine, così da determinare una non consentita regressione del processo riaprendo tutti i termini per il deposito delle memorie.
4.2 Il giudizio di appello stante l’effetto devolutivo del gravame, consente, infatti, al giudice di seconda istanza di pronunciarsi su una distorta applicazione degli effetti della rimessione operata dal giudice di prime cure.
4.3 Ben poteva, quindi, la Corte porre rimedio all’errore in cui è incorso il Tribunale, che avrebbe dovuto ammettere la memoria con le richieste istruttorie secondo il contenuto di quella tardivamente depositata a causa del malfunzionamento del sistema informatico, e non assegnare un nuovo termine che ha consentito all’opposta di versare in atti un atto difensivo contenente gli estratti di conto corrente scalari non presenti in quello tardivamente depositato.
Il ricorso va quindi rigettato.
5 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 7.200 di cui € 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 28 ottobre 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME