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Reiterazione illegittima contratti: i limiti per enti

Un lavoratore agricolo ha contestato la reiterazione illegittima contratti a termine da parte di un ente pubblico. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione d’appello, stabilendo che un ente pubblico non economico non può essere considerato imprenditore agricolo e non beneficia delle deroghe sui limiti di durata dei contratti a termine se non per attività strettamente stagionali, il cui onere della prova spetta al datore di lavoro.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Reiterazione Illegittima Contratti a Termine: La Cassazione e i Limiti per gli Enti Pubblici in Agricoltura

L’abuso della reiterazione illegittima contratti a tempo determinato è una problematica centrale nel diritto del lavoro, specialmente in settori come l’agricoltura, dove la stagionalità può giustificare una maggiore flessibilità. Tuttavia, quando il datore di lavoro è un ente pubblico, le regole cambiano. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta, distinguendo la disciplina applicabile agli imprenditori agricoli privati da quella per gli enti pubblici non economici, con importanti conseguenze per la tutela dei lavoratori.

I Fatti del Caso: Anni di Precariato nel Settore Agricolo

Un lavoratore agricolo ha prestato servizio per un Ente Pubblico di Sviluppo Agricolo per circa trent’anni, dal 1987 al 2017, attraverso una serie continua di contratti a tempo determinato. Svolgendo mansioni di operatore agricolo e lavori meccanici, il lavoratore ha ritenuto che tale successione di contratti fosse abusiva e illegittima. Pertanto, si è rivolto al Tribunale per ottenere il risarcimento del danno derivante da questa prolungata precarietà. Il Tribunale di primo grado gli ha dato ragione, condannando l’Ente al risarcimento.

La Decisione della Corte d’Appello

L’Ente Pubblico ha impugnato la decisione davanti alla Corte d’Appello. Quest’ultima, ribaltando la sentenza di primo grado, ha accolto l’appello. La Corte territoriale ha sostenuto che nel settore agricolo il criterio della stagionalità, pur essendo una ragione valida, non è l’unica a giustificare deroghe alla normativa sui contratti a termine. Secondo i giudici d’appello, le peculiarità dell’attività agricola consentirebbero tipologie di rapporti a termine non necessariamente legate alla durata delle stagioni, legittimando di fatto la condotta dell’Ente.

L’Analisi della Cassazione sulla reiterazione illegittima contratti

Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, che ha accolto le sue ragioni, cassando la sentenza d’appello. La Suprema Corte ha chiarito diversi punti fondamentali, smontando l’impianto argomentativo della Corte territoriale.

Distinzione tra Ente Pubblico e Imprenditore Agricolo

Il punto cruciale della decisione è la natura giuridica del datore di lavoro. La Cassazione ha affermato con forza che l’Ente di Sviluppo Agricolo, essendo un ente pubblico non economico, non può essere qualificato come ‘imprenditore agricolo’ ai sensi dell’art. 2135 c.c. Di conseguenza, non può beneficiare delle deroghe normative previste specificamente per gli imprenditori del settore agricolo riguardo ai contratti a termine. La sua attività è soggetta alla disciplina del pubblico impiego contrattualizzato.

L’Interpretazione Rigorosa della Stagionalità

La Corte ha inoltre precisato che la deroga al limite massimo di durata dei contratti a tempo determinato (36 mesi) nel settore agricolo si applica solamente quando i contratti riguardano attività genuinamente stagionali. Non è sufficiente che l’attività sia genericamente ‘agricola’. La stagionalità deve essere intesa in senso stretto, come attività legata a un ciclo temporale definito e non permanente. Attività come la manutenzione dei macchinari o la custodia, che si protraggono per tutto l’anno, non possono essere considerate stagionali e devono essere coperte da contratti a tempo indeterminato.

Le Motivazioni

La Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base di una lettura sistematica della normativa nazionale e comunitaria (Direttiva 1999/70/CE), volta a prevenire l’abuso dei contratti a termine. I giudici hanno sottolineato che le eccezioni alla regola generale della stabilità del rapporto di lavoro devono essere interpretate restrittivamente. Permettere a un ente pubblico di utilizzare in modo generalizzato e per decenni contratti a termine, sulla base di una generica ‘peculiarità’ del settore, svuoterebbe di significato le tutele previste per i lavoratori. La Corte ha ribadito che l’onere di provare la natura specificamente stagionale delle mansioni svolte dal lavoratore grava interamente sul datore di lavoro. Nel caso di specie, la Corte d’Appello non aveva condotto questo accertamento in concreto, limitandosi a un’affermazione di principio sulla flessibilità del settore agricolo, ritenuta errata dalla Cassazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza stabilisce un principio di diritto di grande importanza: un ente pubblico non economico che opera nel settore agricolo non è un imprenditore agricolo e non può avvalersi delle deroghe ampie sui contratti a termine previste per questi ultimi. La reiterazione illegittima contratti a termine può essere giustificata solo da reali e comprovate esigenze stagionali, non da una generica ciclicità dell’attività agricola. La decisione rafforza la tutela contro il precariato nel pubblico impiego, anche in settori speciali come l’agricoltura, e impone ai giudici di merito un’analisi rigorosa e concreta delle mansioni effettivamente svolte, ponendo a carico del datore di lavoro la prova della loro natura temporanea e stagionale.

Un ente pubblico non economico può essere considerato ‘imprenditore agricolo’ ai fini della disciplina sui contratti a termine?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un ente pubblico non economico, come l’Ente Sviluppo Agricolo, non è qualificabile come imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c. e, pertanto, non può beneficiare delle specifiche deroghe previste per questi ultimi in materia di contratti di lavoro a tempo determinato.

La deroga al limite di durata dei contratti a termine in agricoltura si applica a qualsiasi attività o solo a quelle strettamente stagionali?
La deroga si applica solamente quando i contratti riguardano attività stagionali in senso stretto, cioè quelle legate a cicli temporali definiti. Non si applica ad attività che, pur svolte in un contesto agricolo, hanno carattere permanente e continuativo durante l’anno, come la manutenzione o la custodia.

Cosa deve dimostrare il datore di lavoro se un lavoratore contesta la natura stagionale delle sue mansioni?
Il datore di lavoro ha l’onere di provare che il lavoratore era adibito esclusivamente ad attività stagionali. Deve dimostrare in concreto che le mansioni svolte rientrano in quelle previste dall’elenco tassativo del d.P.R. n. 1525/1963 o dalla contrattazione collettiva e che tali mansioni avevano un carattere effettivamente temporaneo e non permanente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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