Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15565 Anno 2024
AULA B
Civile Ord. Sez. L Num. 15565 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25713/2019 R.G. proposto
da
NOME COGNOME , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME , rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato -Contratti a termine -Reiterazione -Art. 10, comma 4ter, D.L. n. 158/2012 -Art. 29, D. Lgs. n. 81/2015
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
Ud. 21/05/2024 CC
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello L’Aquila n. 133/2019 depositata il 07/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 21/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 133/2019, pubblicata in data 7 marzo 2019, la Corte d’appello di L’Aquila, ha accolto l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di L’Aquila n. 371/2018, pubblicata in data 24 novembre 2018 , mentre ha respinto l’autonomo appello poi riunito -di NOME COGNOME avverso la medesima sentenza.
Il Tribunale di L’Aquila aveva accolto la domanda della stessa NOME COGNOME, dichiarando l’illegittimità della reiterazione di contratti di lavoro a termine conclusi tra le parti, condannando la RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno, quantificato nella misura di sei mensilità dell’ultima retribuzione di fatto.
La Corte territoriale, nell’accogliere il gravame della RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto che la conclusione del primo contratto a termine in data 16 aprile 2012, e dei successivi, fosse giustificata, da una parte, dalla situazione di blocco delle assunzioni a tempo indeterminato stabilito con Legge n. 78/2010 e, dall’altra parte, dalle previsioni derogatorie di cui al D.L. n. 159/2012 ed al D. Lgs. n. 81/2015.
La Corte d’appello ha quindi affermato che la RAGIONE_SOCIALE aveva concluso i contratti in questione nelle
condizioni di eccezionalità e contingenza previste dalla legge per ricorrere all’assunzione di personale a tempo determinato, nelle more della procedura concorsuale indetta nel 2012.
Dall’accoglimento del gravame della RAGIONE_SOCIALE, la Corte territoriale ha fatto discendere il rigetto dell’ autonomo appello di NOME COGNOME.
Quest’ultima ricorre ora p er la cassazione della sentenza della Corte d’appello di L’Aquila.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALEL’RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a quattro motivi non oggetto di specifica numerazione.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce:
-in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la ‘violazione e falsa applicazione violazione e falsa applicazione della direttiva CE 1999/70 del 28 giugno 1999 e dell’accordo quadro ad essa allegato nonché del D.L. n. 368 del 2001, artt. 1, 4, 5, 10 e 11’ ;
-in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., la ‘violazione e falsa applicazione artt.115 e 116 cpc’ .
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 2 c. 2, 36 c. 2 e 5 del d.lgs n. 165/2001 nonché della clausola 5 dell’Accordo
Quadro RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/79/CE’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte di Appello, ‘pur dando atto della illegittima reiterazione di contratti a termine per un lunghissimo periodo di tempo, ha tuttavia negato il diritto al risarcimento del danno comminato dal AVV_NOTAIO Giudice’ .
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., nonché ‘in relazione agli artt. 111, 24, 3 c. 2 Costituzione, 2697 c.c., 115 e 116 cpc l’omessa ammissione dei mezzi di prova richiesti’ .
La ricorrente si duole del fatto che la Corte di Appello non abbia ‘con assoluta assenza di motivazione’ , ammesso i mezzi di prova richiesti ‘così in attentato al principio di parità delle parti nel processo’ , ed in tal modo determinando ‘una palese contestazione della omissione probatoria’ .
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cpc in relazione all’art. 24 Costituzione’ nonché la violazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c., dolendosi la ricorrente del fatto che la Corte territoriale, pur nell’evidenza di una vicenda complessa e di mutamenti giurisprudenziali, non abbia disposto la compensazione delle spese.
Il primo motivo è inammissibile.
Quanto alla censura ricondotta all’ art. 360, n. 3), c.p.c., infatti, si deve rammentare che -per costante giurisprudenza di questa Corte il vizio di violazione o falsa applicazione deve essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4), c.p.c., non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual
modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione. (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 16700 del 05/08/2020; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 24298 del 29/11/2016).
Il ricorrente, quindi, a pena d’inammissibilità della censura, ha l’onere di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. Sez. U – Sentenza n. 23745 del 28/10/2020).
Il motivo di ricorso ora in esame, invece, non viene a rispettare tali principi, sostanziandosi in una serie di diffusi e tralatizi richiami alle decisioni della Corte di giustizia dell’Unione Europea, senza tuttavia in alcun modo confrontarsi con il percorso argomentativo della senza concreto confronto con la decisione della Corte d’appello, di cui vengono solo apoditticamente contestate le conclusioni.
L’inammissibilità dei profili di doglianza riferiti all’art. 360, n. 5), c.p.c. discende, invece, sia dai limiti individuati da questa Corte (Cass. Sez. U – Sentenza n. 20867 del 30/09/2020) per la deduzione della violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. sia dalla constatazione del fatto che il motivo di ricorso viene a sindacare in modo inammissibile la
valutazione delle prove operata dal giudice di merito ed a quest’ultimo riservata (Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 13918 del 03/05/2022; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004), traducendosi il motivo nella sollecitazione a questa Corte procedere ad una revisione della ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata nonché ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito (cfr. Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 11176 del 08/05/2017; Cass., Sez. 3, n. 3267 del 12/02/2008).
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Lo stesso, infatti, omette radicalmente di confrontarsi con quella che è la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale, ben lungi dall’affermare la sussistenza di una ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine -come sostiene il ricorso – ha invece escluso tale illegittimità, osservando che nel caso specifico la successione di rapporti a termine conclusi tra le parti, da un lato, era giustificata dalla situazione eccezionale di blocco delle assunzioni a tempo indeterminato stabilito con Legge n. 78/2010 e, dall’altra parte, rientrava nell’ambito delle previsioni derogatorie di cui al D.L. n. 159/2012 ed al D. Lgs. n. 81/2015.
Parimenti inammissibile è il terzo motivo di ricorso.
Il motivo di ricorso risulta infatti caratterizzato da molteplici carenze, atteso che
-in sede di ricorso per cassazione, qualora il ricorrente intenda lamentare la mancata ammissione da parte del giudice di appello della prova testimoniale – non ammessa in primo grado
perché superflua e riproposta in secondo grado (cosa che, evidentemente, non è avvenuta nel caso di specie) – deve dimostrare, a pena di inammissibilità, di aver ribadito la richiesta istruttoria in sede di precisazione delle conclusioni davanti al giudice di appello (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 22883 del 13/09/2019; Cass. Sez. 2 -Sentenza n. 5741 del 27/02/2019);
-la censura contenuta nel ricorso per cassazione relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile qualora con essa il ricorrente si duole della valutazione rimessa al giudice del merito, quale è quella di non pertinenza della denunciata mancata ammissione della prova orale rispetto ai fondamenti della decisione, senza allegare le ragioni che avrebbero dovuto indurre ad ammettere tale prova, né adempiere agli oneri di allegazione necessari a individuare la decisività del mezzo istruttorio richiesto e la tempestività e ritualità della relativa istanza di ammissione (Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 8204 del 04/04/2018)
-qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente i mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di prova, nonché di dimostrare sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove
(Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23194 del 04/10/2017; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19985 del 10/08/2017).
Inammissibile, infine, è anche il quarto ed ultimo motivo di ricorso.
È principio consolidato di questa Corte, infatti, quello per cui, in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 11329 del 26/04/2019; Cass. Sez. 6 3, Ordinanza n. 24502 del 17/10/2017; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 19613 del 04/08/2017).
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 4.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 21 maggio